Milano 30 giugno 2014 - Soggetti della Provincia di Reggio Calabria (Brancaleone) e
soggetti del milanese (Monza in particolare) unitamente ad esponenti della
criminalità organizzata albanese di Tirana - Le indagini avevano consentito di
accertare i rapporti criminali sull’asse Reggio Calabria-Tirana-Milano
finalizzati allo spaccio dello stupefacente nell’interland milanese
| Avv. Alfredo Foti |
Nel mese di dicembre 2013 la complessa attività
investigativa delle forze dell’ordine di Milano e Monza – coordinata dalla
Procura Distrettuale Antimafia di Milano e dalla Procura della Repubblica di
Monza – aveva portato al sequestro di un ingente quantitativo di eroina
(18 kg) oltre che di strumenti atti a favorire lo spaccio della sostanza
(bilancia per la pesatura e 500 bustine per il confezionamento) e la
conseguente esecuzione di plurime ordinanze di custodia cautelare in carcere.
| Avv. Franco Lento |
A seguito di una complessa attività di intercettazione
telefonica/ambientale (sulle utenze telefoniche degli indagati e sulle
autovetture degli stessi) e di osservazione-controllo-pedinamento, i
Carabinieri erano riusciti ad individuare il nascondiglio dello stupefacente in
una abitazione di Monza, di proprietà di due soggetti, Monieri Renata Bruna (monzese) e Cuzzilla Francesco (di Galati
fraz. di Brancaleone) tuttavia solo grazie all’intervento dei cani antidroga le
forze dell’ordine erano riuscite a trovare lo stupefacente, adeguatamente
occultato dai due soggetti. Dalle risultanze investigative emergeva il ruolo
fondamentale svolto dai due all’interno dell’organizzazione criminale
Italo-albanese.
I due imputati, difesi dagli avv.ti Alfredo Foti del Foro di
Roma e Franco Lento del Foro di Reggio Calabria, avevano scelto di essere
giudicati con le forme del rito abbreviato.
All’udienza del 26 Giugno scorso i legali, durante le loro
arringhe, hanno sviluppato le loro tesi difensive in favore dei degli imputati sulla scorta della più recente giurisprudenza
della Corte di Cassazione in materia di stupefacenti.
In particolare, la difesa si è incentrata su alcuni importanti principi di
diritto relativi, tra l’altro, all’onere della pubblica accusa di dimostrare
che la detenzione era finalizzata allo spaccio e, ancora, sull’applicazione
dell’ipotesi della c.d. “lieve entità” di cui all’art. 73 comma 5 dpr 309/90
(che, in caso di reati in materia di stupefacenti, comporta pene edittali
decisamente inferiori rispetto alle ipotesi ordinarie) alla luce delle recenti
modifiche legislative e giurisprudenziali che hanno riformato quella che era
una mera attenuante ad effetto speciale in una autonoma fattispecie di reato.
La Procura, a supporto della tesi accusatoria, aveva invece depositato
la perizia di laboratorio effettuata sullo stupefacente sequestrato, che aveva
riscontrato la presenza di addirittura 3.400 (tremilaquattrocento) dosi singole
di eroina destinate ad essere immesse sul mercato milanese.
All’udienza del 26 Giugno scorso, il Giudice dell’Udienza
Preliminare, condividendo le tesi difensive degli avvocati Foti e Lento, ha
escluso la finalità di spaccio dello stupefacente ed ha condannato i due
imputati alla pena di soli 2 anni e 5 mesi di reclusione, concedendo loro anche
le circostanze attenuanti generiche, ed accogliendo, inoltre, la richiesta di
immediata revoca della custodia cautelare in carcere e di sostituzione con gli
arresti domiciliari.
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