Ricordo di Don Italo Calabrò.
“…amate
tutti coloro che incontrate sulla vostra strada, nessuno escluso, mai!”
Con
queste parole si conclude il testamento spirituale di don Italo Calabro che ventiquattro
anni fa lasciava la sofferenza terrena per tornare alla casa del Padre. Sono
vivi, in me, tramite i racconti dei miei familiari, i ricordi di quel pastore
buono, docile nell’aspetto ma deciso nei modi.
Un
sacerdote che ha sempre dedicato la sua vita agli altri. Ai poveri, ai senza
tetto, a chiunque avesse bisogno di aiuto. Ha fondato, insieme ad alcuni
giovani amici, quel fiore all’occhiello dell’Agape e della Piccola Opera, veri
e propri punti di riferimento del nostro tessuto cittadino. Don Italo,
tuttavia, non era solo l’incarnazione del buon samaritano, ma è colui che senza
timore alcuno si è opposto con tutti i mezzi alla ‘ndrangheta: annunciando il
Vangelo di Cristo, infatti, ha voluto contrastare la criminalità organizzata in
un periodo in cui i morti ammazzati durante la faida, si contavano per strada.
Per questo suo impegno a favore della giustizia e della legalità, spesso, è
stato definito un “monsignore dell’antimafia”, ma don Italo non era un prete
contro, semplicemente era un sacerdote impegnato al fianco degli uomini, per
offrire loro una nuova opportunità, un sostegno, un modo per recuperare.
È
chiaro, quindi, che il contrasto alla criminalità organizzata era vissuto non
come la necessità di essere riconosciuto quale paladino della giustizia, ma
semplicemente l’offrire agli uomini e alle donne di ‘ndrangheta la visione di
una vita diversa, decisamente migliore, fuori dalle cosche.
Quelle
parole “nessuno escluso, mai” dovrebbero essere la colonna sonora per chiunque
ricopra una carica politica. Oggi più che mai avvertiamo la necessità di porre
in essere politiche inclusive, ovvero riportare al centro dell’attenzione della
nostra azione politica coloro che fino ad oggi sono stati tenuti ai margini: i
poveri, gli anziani, i bambini, le persone con disabilità, tutti, nessuno
escluso.
Ecco
allora, che in questo giorno di commemorazione e di ricordo, faccio mio
l’insegnamento che don Italo ci ha lasciato. Un insegnamento da perseguire nel
nostro agire quotidiano. È il momento del coraggio. Don Italo ha sempre
invitato i giovani reggini (e non solo) a non delegare gli altri, perché vivano
al loro posto. Egli sosteneva che ci fosse una delega per tutto, ma non una
perché qualcuno viva la vita al posto nostro.
Mi piace ricordarlo così, don Italo, quel sacerdote che ha
scosso le coscienze di molti e continua a farlo ancora oggi con i suoi
insegnamenti. Sentiamoci tutti parte del cambiamento, non deleghiamo agli altri
la rinascita della nostra città, coinvolgiamo tutti, nessuno escluso!
Reggio Calabria 17 giugno 2014


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