AGGRESSIONE AI PATRIMONI MAFIOSI
AD AGRIGENTO
LA DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA
SEQUESTRA E CONFISCA
BENI PER UN
VALORE DI OLTRE
6 MILIONI
E MEZZO DI EURO AD ELEMENTI DI SPICCO E “UOMINI D’ONORE” DI
“COSA NOSTRA” DI QUELLA PROVINCIA.
Nel quadro
delle attività istituzionali tese all’aggressione dei patrimoni illecitamente
accumulati dalle organizzazioni criminali, la Direzione Investigativa
Antimafia di Agrigento ha sequestrato e confiscato beni per un valore complessivo
di oltre 6 milioni e mezzo di euro.
I
provvedimenti ablativi, tre di sequestro ed uno di confisca, sono stati emessi
dal Tribunale di Agrigento – Sez. Misure
di Prevenzione, a seguito di dettagliate proposte del Procuratore della
Repubblica di Palermo e, per quello afferente la confisca, del Direttore della
D.I.A..
La Procura
della Repubblica di Palermo, che ha coordinato
le indagini, ha condiviso appieno le risultanze dei complessi ed articolati
accertamenti patrimoniali e bancari, svolti dal personale della Sezione Operativa D.I.A. di Agrigento che, con la dimostrazione di una forte
sperequazione economico patrimoniale, ha determinato l’emissione dei suddetti
provvedimenti, evitando, così, la
reimmissione dei patrimoni illeciti nel circuito dell’economia legale, che
avrebbe, quindi, causato l’alterazione
del sistema economico.
I provvedimenti hanno colpito i beni riconducibili al
noto boss mafioso FALSONE Giuseppe, 44enne da Campobello di Licata (AG), in atto detenuto e già ritenuto il capo di cosa nostra nella provincia di
Agrigento; a MARINO
Giovanni, imprenditore 47 enne
nativo di Canicattì (AG) e residente in Campobello di Licata (AG), in atto
detenuto, perché condannato per il reato di trasferimento
fraudolento di valori; a CAPIZZI Giuseppe, 45enne di Ribera (AG),
coniugato, in atto detenuto, uomo d’onore ed elemento di spicco della locale
famiglia mafiosa; all’imprenditore BONANNO Ferdinando 73enne, nativo di Regalbuto (EN) e residente a
Ragalna (CT), deceduto lo scorso mese di marzo 2014.
Il
valore complessivo dei beni, illecitamente accumulati dalla mafia agrigentina,
sottratti ad essa attraverso l’applicazione delle misure di
prevenzione da parte della D.I.A. di
Agrigento, è di oltre 6.500.000,00
di euro.
FALSONE Giuseppe, tratto
in arresto il 25 giugno 2010 a Marsiglia (Francia), dopo oltre dieci anni di
latitanza, era inserito nel Programma Speciale di Ricerca predisposto dal
Ministero dell’Interno, tra i primi trenta latitanti del territorio nazionale.
Lo
stesso annovera nel suo curriculum criminale molteplici vicende giudiziarie e condanne : nel dicembre 2000 condannato per associazione mafiosa; nel luglio
2001 condannato dalla Corte d’Assise di Agrigento alla pena
dell’ergastolo per il reato di omicidio aggravato; nel giugno del 2002 colpito dalla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per anni 4, con obbligo di soggiorno nel comune di
residenza; nel novembre 2005 e nel marzo 2010
nuovamente condannato per associazione di tipo mafioso.
MARINO
Giovanni, colpito dalla confisca dei beni a seguito di proposta del
Direttore della D.I.A., era stato arrestato il 26.03.2010, nell’ambito
dell’indagine antimafia denominata “APOCALISSE”, in esecuzione di una Ordinanza di custodia
cautelare richiesta dalla Procura Distrettuale ed emessa dal GIP del Tribunale
di Palermo a carico di 8 persone indagate, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, concorso
esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni e riciclaggio
aggravato.
Per
quanto riguarda gli esiti giudiziari, dopo un giudizio di assoluzione emesso in
data 1.3.2011 dal GUP del Tribunale di Palermo (la DDA aveva richiesto la
condanna a 6 anni di reclusione, per trasferimento fraudolento di valori e
riciclaggio aggravato), il 21.5.2014 la Corte d’Appello di Palermo riformava il
precedente giudizio e condannava il MARINO
Giovanni alla pena di anni 2 e mesi 8, per il reato di trasferimento
fraudolento di valori, ritenendo accertato che lo stesso, al fine di eludere le
disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, si sia fittiziamente intestato le quote del
capitale della società LA.E.S. SRL - Lavori Edili e Stradali Srl (oggetto di confisca), mantenendo
occulta la partecipazione alla società del citato boss
mafioso FALSONE Giuseppe.
CAPIZZI Giuseppe appartiene
ad un contesto familiare del quale fanno parte soggetti che, nel tempo, hanno rivestito un ruolo di rilievo
all’interno della famiglia mafiosa di Ribera e nel contesto più ampio
della cosa nostra agrigentina.
La famiglia CAPIZZI ha assunto un ruolo di
rilievo nella consorteria mafiosa riberese a metà anni ’80, dopo l’omicidio di Carmelo COLLETTI, tanto che, alla fine degli anni ’80, il capo della famiglia mafiosa era Simone CAPIZZI, il quale è stato anche il reggente provinciale di cosa nostra dal 1991 sino al suo arresto,
avvenuto nel 1993.
Il CAPIZZI Giuseppe, destinatario dell’odierno provvedimento di
sequestro, è nipote di Simone CAPIZZI, in quanto figlio
del fratello Paolo CAPIZZI,
scarcerato per fine pena nel 2007, dopo avere scontato una condanna per
associazione di tipo mafioso.
Il
citato Simone CAPIZZI ed i suoi
figli Mario, Giuseppe classe 1966 e Carmelo
sono tutti detenuti per associazione di tipo mafioso; in
particolare Mario CAPIZZI sta scontando una sentenza
definitiva all’ergastolo anche per
l’omicidio del piccolo Giuseppe DI
MATTEO, figlio del collaboratore di
giustizia di Altofonte (PA) DI MATTEO Mario Santo, sequestrato in
un maneggio di Villabate (PA) nel novembre del 1993 e fatto uccidere il 10
gennaio 1996 da BRUSCA Giovanni nella Contrada Giambascio di San Giuseppe Jato (PA), dopo
oltre due anni in cui era stato tenuto “nascosto” in diverse località della Sicilia
occidentale.
CAPIZZI Giuseppe è stato colpito, unitamente ad altre 24 persone, da un
provvedimento di fermo, emesso in data 3.7.2008 dalla Direzione Distrettuale Antimafia
di Palermo, nell’ambito dell’indagine
denominata “SCACCO MATTO”, siccome indiziato di associazione di tipo
mafioso.
Successivamente
veniva raggiunto da un provvedimento cautelare, emesso in data 14.7.2008 dal
GIP del Tribunale di Palermo, indi l’iter processuale si concludeva, il
12.6.2013, con la conferma, da parte della Corte di Cassazione, della sentenza
emessa il 18.2.2010 dal GUP di Palermo della pena di 8 anni ed 8 mesi di reclusione, per il reato di associazione di tipo mafioso.
Anche BONANNO Ferdinando, in data 26.03.2010,
veniva tratto in arresto, come il MARINO, in esecuzione di una O.C.C.C. emessa
il 19 marzo 2010 dal GIP del Tribunale di Palermo, nell’ambito dell’indagine
antimafia denominata “APOCALISSE”.
In
particolare, il BONANNO era accusato del reato di concorso esterno
in associazione mafiosa, in quanto – quale referente della EUROSPIN SICILIA S.P.A., impresa con sede a Catania ed operante nel
settore della grande distribuzione alimentare – avrebbe consapevolmente posto
in essere condotte funzionali alla realizzazione degli interessi e delle attività
di cosa nostra, cercando ed ottenendo un preventivo contatto con il vertice
mafioso della provincia di Agrigento, segnatamente con persone vicine
all’allora latitante di Campobello di Licata (AG) FALSONE Giuseppe, capo di cosa
nostra della provincia di Agrigento, al fine di consentire alla EUROSPIN SICILIA SPA una penetrazione commerciale
nell’agrigentino, con l’apertura di nuovi punti vendita, senza insidie di
carattere ambientale e, anzi, con il decisivo appoggio della menzionata organizzazione criminale.
A tale fine, Ferdinando
BONANNO si sarebbe rivolto anche al fratello del noto esponente della famiglia mafiosa di Catania Vincenzo AIELLO, e tramite lui a BUGGEA Giancarlo (già destinatario di
provvedimento di sequestro beni operato dalla DIA di Agrigento), elemento della famiglia mafiosa di
Canicattì (AG), grazie al quale era riuscito a far pervenire le proposte della
società EUROSPIN SICILIA al vertice
mafioso della provincia di Agrigento.
Per quanto riguarda l’esito giudiziario, nell’udienza
dell’1.3.2011 il Tribunale di Palermo assolveva BONANNO Ferdinando dalle accuse, ma in data 27.5.2013 la Corte d’Appello di Palermo, a parziale
riforma della sentenza di primo grado, lo
condannava alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione per il reato
di concorso esterno in associazione mafiosa.
Le
dichiarazioni rese al riguardo dal collaboratore di giustizia Giuseppe SARDINO, uomo di fiducia dello
stesso FALSONE, trovavano conforto
nel rinvenimento di alcuni pizzini nel covo corleonese del noto boss Bernardo PROVENZANO, dai quali si
apprendeva che FALSONE Giuseppe
aveva appunto comunicato al PROVENZANO
che una ditta di supermercati di fuori provincia “si è venuta a mettere nelle mani della nostra società”,
precisandogli che c’era bisogno di creare lavoro per gli appartenenti alla
consorteria tramite i supermercati.
Nella
circostanza, il FALSONE Giuseppe aveva chiesto al PROVENZANO di interessare in via preliminare il noto latitante
trapanese Matteo MESSINA DENARO, poiché se questi non avesse avuto interesse
all’affare, egli avrebbe dato il benestare per procedere all’apertura di punti
vendita EUROSPIN nella provincia di
Agrigento.
Nel provvedimento di sequestro, il Tribunale di Agrigento ha
evidenziato come, dalla sentenza con cui la Corte di Appello ha condannato il BONANNO Ferdinando, emergeva
chiaramente che l’iniziativa del “patto di protezione” con la mafia era stata
assunta da EUROSPIN per l’apertura
di punti vendita a Campobello di Licata (AG) ed a Palma di Montechiaro (AG).
Sempre nel provvedimento di sequestro della Prima Sezione Penale del Tribunale di
Agrigento, si rileva come dagli elementi acquisiti emerge che l’attività
imprenditoriale del BONANNO Ferdinando
sia stata fortemente agevolata grazie al contributo decisivo offerto da
importanti esponenti mafiosi di cosa
nostra agrigentina facenti capo
all’allora latitante Giuseppe FALSONE.
Il Tribunale ha ritenuto, quindi, sussistenti fondati motivi per ritenere il BONANNO Ferdinando inserito nel lucroso
settore dell’imprenditoria mafiosa agrigentina, grazie al legame esistente con
i principali esponenti della mafia locale, e per ritenere che l’ampliamento
della penetrazione commerciale di EUROSPIN SICILIA, acquisito e mantenuto
con l’ausilio del sodalizio mafioso, abbia determinato un incremento del
patrimonio aziendale e di conseguenza della partecipazione sociale del medesimo
BONANNO Ferdinando.
Tra i beni sottratti ed oggetto degli odierni provvedimenti
figurano:
-
un’impresa individuale con sede a Campobello di
Licata (AG), destinata alla coltivazione di cereali ed all’allevamento di
animali, ove sono stati sequestrati 347 capi, tra cui bovini, suini, ovini e
caprini;
-
n. 13 fabbricati ed un terreno agricolo siti nel
comune di Campobello di Licata (AG);
-
quote sociali pari ad € 15.495,00 della LA.E.S. Srl - Lavori Edili e Stradali S.r.l. -
con sede legale a Campobello di Licata (AG);
-
n. 1
autovettura;
-
un’impresa individuale con sede a Ribera, avente
per oggetto l’attività di colture miste viticole, olivicole e frutticole, e due
terreni siti in provincia di Agrigento, uno a Ribera e l’altro a Villafranca
Sicula, nonché il saldo attivo di un conto corrente acceso
presso un istituto di credito di Ribera;
-
partecipazioni azionarie, corrispondenti al 6%
del capitale sociale, del BONANNO Ferdinando nella società EUROSPIN
SICILIA SPA, operante nel settore
della grande distribuzione alimentare, con sede
a Catania e punti vendita in diverse province della Sicilia;
-
le quote societarie dei figli del BONANNO in una
società con sede a Paternò (CT) con oggetto sociale l’attività di commercio
all’ingrosso ed al dettaglio di prodotti alimentari;
-
una ditta individuale riconducibile alla moglie
del BONANNO, sempre con sede a Paternò ed oggetto sociale l’attività di
commercio di casalinghi, cristalleria e vasellame;
-
il saldo attivo di 27 rapporti bancari intestati
al defunto BONANNO ed ai componenti del nucleo familiare.
Il valore dei suddetti
beni
è stato complessivamente stimato in oltre
6 milioni e 500 mila euro.-


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