Operazione “Mauser” 31 luglio 2014; 16 gli
arresti, i dettagli, i nomi, le fotografie e il video. Le rivelazioni di una
pentita, Giuseppina Multari, vedova di Antonio Cacciola, morto suicida in circostanze mai chiarite, il 13 novembre 2005, e
perciò istesso, legata da vincoli familiari con i medesimi vertici della cosca
Cacciola-Curmace (D’Agostino-Piromalli), dai quali era stata ridotta in
schiavitu’, sono state determinanti per le indagini, che hanno portato
stamattina all’operazione ‘Mauser’ contro la cosca Cacciola della ‘ndrangheta,
con l’arresto di 16 presunti affiliati. Sono emersi i comportamenti
vessatori attuati dalla famiglia Cacciola contro la collaboratrice di
giustizia. Alla donna, costretta anche alla segregazione, secondo quanto
riferito dai carabinieri, che si agiscono
agli ordini del tenente Giuseppe Anobile che ha preso il posto del collega
Stefano Santucci, veniva attribuita la colpa del suicidio del marito,
appartenente al gruppo criminale: perché si è suicidato? La direzione
dell’inchiesta è stata affidata al capitano Francesco Cinnirella, comandante
della Compagnia di Gioia Tauro, competente per territorio, coordinato dal
colonnello Lorenzo Falferi, comandante provinciale. Sovrintende il p.m. della
DDA, Alessandra Cerreti Gip di
Reggio Calabria, Antonio Scortecci coordinati dal procuratore capo della
Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho. L’operazione è stata
effettuata in Calabria, in Olanda e in Germania e in collaborazione con la polizia olandese e
tedesca,
ROSARNO ARCHIVIATO IL
CASO DELLA COLLABORATRICE DI GIUSTIZIA MARIA CONCETTA CACCIOLA, “SUICIDATASI”
CON L’ACIDO MURIATICO, SE NE PROFILA UN ALTRO. QUELLO DELLA PENTITA GIUSEPPINA ‘GIUSY’
MULTARI, ANCH’ESSA SEGREGATA E VESSATA, PER TANTI ANNI PRIMA DELLA LIBERAZIONE
“SALVATA” DAI CARABINIERI?
Domenico Salvatore
I Multari, sulla
scorta di quanto emerga da questa storia, non godono dello status di clan
mafioso. Sono insomma o sarebbero che dir si voglia, una famiglia ‘normale’,
caduta nelle sabbie mobili di ‘Scarcagnosso’; se non nelle grinfie della
“Gramigna”. Giuseppina Multari, sposata e vedova Cacciola, una cosca, che
invece godeva dello status di “Famiglia Montalbano”, era stata ridotta in schiavitù dai familiari e parenti del
defunto marito e non poteva neppure assicurare le cure alla figlioletta più
piccola senza essere 'scortata' dai parenti del marito o accompagnare a scuola
le altre due figliolette più grandi. Sentendosi
oppressa e senza via di scampo, ha rischiato il suicidio, come il marito; salvata
in quel caso dal fratello Angelo, che l’acciuffò per i capelli, mentre stava
per affogare sotto le onde del mare. Quante storie, coperte dal
più assoluto anonimato, vengono fuori nelle conferenze stampa, presiedute dai
procuratori capo della DDA. In questo caso da Federico Cafiero De Raho. E
quante altre invece, dormono il sonno della violenza e della solitudine. Sebbene,
siano gli stessi pentiti e le pentite, sempre più numerose e coraggiose, a
raccontare le loro vicissitudini; vere avventure, disavventure e sventure.
Dapprima sottoscrivendo i verbali della FF di PP; e poi, confermandole in
Tribunale; ed in qualche caso, in televisione, sui libri e sui giornali. Il
controllo della mafia sul territorio e sulle persone che le interessano è
asfissiante, opprimente e soffocante. Macchine e scooter, telefonini, vedette,
doppiogiochisti ecc. funzionano h 24, come ci raccontò pure il colonnello
Antonio Fiano, quando comandava i Carabinieri di Reggio Calabria; ma,
altrettanto lo è il check-up delle forze di polizia (Carabinieri, Guardia di
Finanza, Polizia, CFS, Polizia Penitenziaria ecc) coordinate dalla Direzione
Distrettuale Antimafia e dalla magistratura ordinaria. Macchine civetta ed
altri mezzi di comunicazione, smartphone, ‘cimici e pulci’, controlli
ambientali e telefonici, confidenti (e malandrini), pentiti, liberi cittadini,
che amano la quiete e la legalità, società civile, associazionismo,
volontariato. In primis, va detto che il clan dei Cacciola, sia legato e
collegato al cartello dei Pesce-Bellocco-Ascone-Pisano e tutto il resto. Galeotta
fu una “lettera scarlatta” e chi la scrisse, quel giorno più non vi leggemmo
avante ? Sebbene qui non ci sia nessuna Hester. Oppure il suicidio di Antonio
Cacciola, sul quale aleggia un’ombra di mistero. Compì l’insano gesto al culmine di una serie di liti e
contrasti con la moglie o c’è “dietro” un’altra storia ? Va in onda,
finanche il pentimento, un altro, di una donna di ‘ndrangheta e sempre a
Rosarno; oramai sono tante. C’è la storia di altre due donne pentite, Maria
Concetta Cacciola, suicidatasi con l'acido muriatico, e Giusy Pesce, che vive
oggi in una località protetta. Diverse, sono state uccise, sia pure con
motivazioni diverse; altre, seppure non godano dello status di pentite, sono costrette
a vivere l’inferno dantesco in casa. Senza vita di relazione, senza libertà,
senza autonomia di movimento. Perché la donna in Calabria a prescindere se
appartenga o meno alla ‘ndrangheta, è considerata poco meno di un soprammobile;
un oggetto spersonalizzato e privo di autonomia decisionale. Salvo le eccezioni
ovviamente. Le rivelazioni di una pentita, legata da vincoli familiari con la
cosca Cacciola di Rosarno, hanno portato all'arresto, da parte del comando
provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, diretto dal colonnello Lorenzo
Falferi, di 16 presunti affiliati al clan per traffico internazionale di droga.
La donna, secondo quanto emerso dalle indagini della Dda reggina, era stata
ridotta in schiavitù e costretta alla segregazione perché ritenuta colpevole
del suicidio del marito, appartenente alla medesima cosca. Le eloquenti
dichiarazioni della MULTARI circa lo stato di prostrazione fisica ed emotiva in
cui era stata costretta a vivere (che l’aveva indotta a tentare il suicidio la
notte del 11 febbraio 2006) risultano graniticamente confermate dalle
dichiarazioni rese dai genitori, i quali, pur non sottacendo il vero e proprio
stato di terrore che aveva pervaso l’intero nucleo familiare in questa fosca
vicenda, hanno confermato le circostanze riferite dalla collaboratrice di
giustizia. La storia
parte da lontano.
Da quando Giuseppina
Multari consegnava una lettera al padre. Ma non era “La lettera scarlatta”. Il genitore, provvedeva a consegnare la missiva ai Carabinieri
in data 30 settembre 2006. I militari, riuscivano a liberare la donna e per lei
scattava il servizio di protezione. Il contenuto dell’epistola riguardava le difficili
condizioni di vita che l’avevano spinta in data 11 febbraio 2006 a tentare il
suicidio. In particolare, le continue
limitazioni alla propria libertà di autodeterminarsi e di continue minacce subite ad opera del suocero Domenico Cacciola e
del cognato Gregorio Cacciola. Una narrativa lunga e dettagliata, che ha portato
prima alla scoperta delle armi da guerra della cosca e poi al rinvenimento di
un bunker, che aveva ospitato il mammasantissima Gregorio Bellocco. Questa
storia s’intreccia con quella delle famiglie di ‘ndrangheta che ruotano intorno
al cartello dei Pesce-Bellocco-Ascone-Pisano e via di seguito. Sono oramai una
quarantina dall’istituzione della DDA, le operazioni che di riffe o di raffe
riguardano la ‘ndrangheta di Rosarno & dintorni… Tirreno (2 giugno
1993); Cartagine, (18 giugno 1994); Porto (1995); Nduja), (2001);
Conchiglia (2001); Tallone d’Achille ( 26 gennaio 2002); Bosco selvaggio (novembre 2003); Nasca e
Timpano (5 marzo 2004); Onda blu (19 gennaio 2006); Arca (14 luglio 2007); Cent’anni di storia (23 luglio 2008); Rosarno
è nostro (22 luglio 2009); Piano Verde (21 novembre 2009); All Inside I (28 aprile 2010); All Inside 2, (23 novembre 2010); All Inside 3 (16 aprile 2011); Redux-Caposaldo (14 marzo
2011); All Clean 1 ( 21 aprile 2011); All Clean 2 (13 ottobre 2011); Cosa
Mia I (8 giugno 2010); Cosa Mia 2 (22
dicembre 2010); Cosa Mia 3 ( 18 luglio 2012); Crimine I (14 luglio 2010); Crimine
2 ( 22 febbraio 2011); Crimine 3 ( 14 luglio 2011); Imelda (10 marzo 2011); Pettirosso (27 luglio 2010);
Califfo 1” (9 febbraio 2012); Califfo 2 (18 aprile 2012); Doppia Sponda, ( 25
gennaio 2011); Maestro (22 dicembre 2009); Rosarno è nostra 1 (22 luglio 2009);
Rosarno è nostra 2 (12 gennaio 2010); Hybris (22 giugno 2012); Cicala ( 14
febbraio 2013); Griffe ( 1 ottobre 2013); Lucilla ( 10 novembre 2013); Abbraccio
(14 febbraio 2014); Sant’Anna II ( 16 luglio 2014); Mauser (31 luglio 2014.
Alcuni capi e gregari sono passati a miglior vita; altri sono in galera ; od
all’ergastolo; od al 41 bis. Oppure, in attesa di giudizio. Nei cartelli di
mafia (Pesce-Bellocco-Ascone-Pisano-Rao-Cacciola-Ferraro-Figliuzzi-Bonarrigo-Leotta-Arena-Di
Marte ecc.) comandano sempre i capibastone, coordinati dal capo locale che
comunque devono badare al mutuo soccorso. Se queste figure apicali, dovessero
trovarsi in difficoltà, toccherebbe ai vicecapo, ai contabili e perfino ai
Mastri di giornata. Poi ci sono i figli ed i figli dei figli. Per intenderci la
seconda e la terza generazione. Ci sono da pagare gli stipendi degli adepti o
affiliati in libertà. Poi, ci sono le spese correnti per pagare le vedove e le
famiglie dei carcerati. Ed ovviamente, quelli che stanno in galera, devono ricevere
le loro speranze. Infine ci sono gli avvocati da pagare. Senza onorario pagato,
cause non se ne vincono e le condanne fioccano come la neve.
Cifre impressionanti,
che si presentano una volta al mese per certi aspetti. Poi ci sono
gl’imprevisti. Tipo gli arresti improvvisi. I responsabili del clan sanno già
quali avvocati chiamare e via di seguito. I cartelli o ‘ndrine forti, ricche,
prestigiose e di rango, non hanno mai avuto problemi di questo tipo. Da decenni
incassano miliardi del vecchi conio, con la motopala e possono assolvere bene
ai loro compiti di mutua assistenza nei confronti degli affiliati. Le piccole
cosche sono costrette ad allearsi, federarsi o scendere a patti con quelle più
grosse. E c’è sempre un prezzo da pagare. Oppure si ‘distaccano’ e si spostano
da un’altra parte. I figli dei mammasantiassima, padrini per successione, di
solito fanno più successo dei loro padri, fuori casa e possono mandare
le…rimesse da emigranti, per mantenere la…famiglia.
Al Nord od all’estero. Senza per questo,
recidere mai il cordone ombelicale. Chi cerca spinte autonomiste senza il
placet della “Provincia” organo supremo di autogoverno della ‘ndrangheta
planetaria, rischia di ritrovarsi con un “cappotto di legno” addosso,
confezionato dagli”stilisti” della ‘ndrangheta. La via più veloce per fare
soldi è il rakett delle estorsioni, la filiera del cemento, il traffico di
boat-people ed il traffico dei rifiuti di vario tipo. Ma il più redditizio,
congruo, corposo, fruttuoso e produttivo, è sicuramente la droga. Il turpe,
squallido mercato degli stupefacenti, consente di arrivare agl’incassi
immediati ed abbondanti. Si possono sostenere tutte le spese necessarie che si
vogliano. Ma c’è lo Stato a rompere le uova nel paniere. Lo Stato vuole
rientrare in possesso dei territori, intanto. E poi, ha il dovere di garantire
l’ordine e la sicurezza, se non la democrazia e la libertà al cittadino che la
pretende, Costituzione alla mano. Come Giusy Multari per intenderci… L'incontro con il marito Antonio quando
aveva 16 anni, il matrimonio a 20, tre figlie e un rapporto coniugale fatto di
umiliazioni e botte; quando lui alzava il gomito, se altro non ci sia sotto.
Dopo la morte del marito che comunque amava, si spalancarono per lei le porte
dell’inferno. Tutto depositato nelle cinquecento pagine dell’ordinanza; messo,
nero su bianco Uno
scontro fra colossi. La mafia infatti è uno Stato nello Stato; se non l’anti
Stato. Rosarno, Operazione Mauser. Scrive Luigi nell’anticipo…”Il 31 luglio
2014, nella provincia di Reggio Calabria, in Germania ed in Olanda, i
Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, in collaborazione con i
collaterali organismi di polizia olandesi e tedeschi, hanno dato esecuzione ad
un’Ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di
Reggio Calabria, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei
confronti di 16 soggetti, responsabili a vario titolo di:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190);
- concorso in più episodi di produzione
e traffico illecito di sostanze stupefacenti anche di ingenti quantità (art.
110 c.p. e art. 73 del D.P.R. n. 309/190);
- concorso in riduzione o mantenimento
in schiavitù o in servitù (artt. 110, 600 e 61 n. 11 c.p.);
- concorso in sequestro di persona
(artt. 110 e 605 c.p.).
Premessa
L’attività investigativa in esame - avviata nell’ottobre
del 2006 - ha messo in luce, da un lato la commissione di reati contro la persona
nei confronti della collaboratrice di giustizia MULTARI Giuseppina commessi da
appartenenti alla famiglia CACCIOLA di Rosarno, dall’altra l’esistenza di uno stabile sodalizio criminale
dedito alla commercializzazione di sostanza stupefacente, insediato sul
territorio della provincia di Reggio Calabria, con ramificazioni in nord
Europa, organizzato da membri delle famiglie CACCIOLA e CURMACE.
L’attività
investigativa ha preso le mosse dalle dichiarazioni rese da MULTAR1 Giuseppina
- oggi collaboratrice di giustizia destinataria di misure di protezione - la
quale, dopo il suicidio
del marito CACCIOLA Antonio, avvenuto il 13 novembre 2005, fornì
informazioni su una serie di attività criminali riconducibili a soggetti
facenti capo alle famiglie
CACCIOLA-CURMACE. In particolare, in data 30 settembre 2006, il padre
della collaboratrice di giustizia, MULTARI Francesco, consegnava una lettera
fattagli pervenire dalla figlia Giuseppina, in cui la stessa rappresentava la
difficile situazione in cui era stata costretta a vivere dopo la morte del
marito, CACCIOLA Antonio, presso l’edificio in cui dimorava la famiglia del
marito.
La MULTARI, dal 2
ottobre 2006, rendeva dichiarazioni su attività illecite commesse dai parenti
del marito, consentendo il rinvenimento di numerose armi e munizioni anche da
guerra (sia abilmente occultati, che nella pronta disponibilità dei CACCIOLA),
denaro, sostanza da taglio e di un bunker destinato alla latitanza di BELLOCCO
Gregorio e forniva una serie di elementi che permettevano di avviare una
intensa attività investigativa, soprattutto estrinsecatasi in attività di
intercettazione, su membri della famiglia CACCIOLA e su soggetti ad essi
collegati.
I reati commessi ai
danni della collaboratrice di giustizia MULTARI Giuseppina
Come anticipato in
premessa, MULTARI
Giuseppina consegnava una lettera al padre - che lo stesso provvedeva a
consegnare ai Carabinieri in data 30 settembre 2006 - in cui la stessa
raccontava delle difficili condizioni di vita che l’avevano spinta in data 11
febbraio 2006 a tentare il suicidio. Nella missiva, in particolare, riferiva di
continue limitazioni alla propria libertà di autodeterminarsi e di continue
minacce subite ad opera del suocero CACCIOLA Domenico e del cognato CACCIOLA
Gregorio.
In verità la MULTARI Giuseppina
aveva subito costanti maltrattamenti già dal marito e, in seguito al “suicidio”
dello stesso, dal suocero che la costringeva a rispettare le sue imposizioni
vessandola continuamente e attribuendole la colpa del suicidio del marito.
Nelle sue indicazioni
MULTARI Giuseppina aveva anche espresso la forte preoccupazione, vissuta
durante la convivenza con la famiglia CACCIOLA, per aver intuito la loro
volontà di occuparsi in via esclusiva delle bambine.
Il fattore oggettivo
della privazione della libertà personale, attuata da CACCIOLA Domenico con
minacce esplicite e no, si riscontrava indirettamente anche dalle conversazioni
intercettate, poiché si registrava il timore della famiglia MULTARI per le
probabili ritorsioni dei CACCIOLA anche nei confronti di soggetti a loro
vicini. Il timore di una ritorsione anche nei confronti del fratello della
MULTARI, residente in Germania, infatti era così forte che il padre gli
consigliava di tutelarsi con un’arma e di attivarsi per ostacolare eventuali
azioni della famiglia CACCIOLA nei suoi confronti. I MULTARI temevano anche gli appartenenti alla
famiglia CURMACE (residenti in Germania) e che questi potessero rivelare ai
CACCIOLA il luogo dove abitava MULTARI Antonio, poiché alleati dei CACCIOLA.
L’accanimento di tutta
la famiglia CACCIOLA si raccoglieva, anche, in alcuni messaggi e si manifestava
nel tentativo che questi facevano di prendere contatto con la MULTARI per
scoprire la località dove era stata trasferita, poiché sottoposta a protezione.
CACCIOLA Michele,
padre di Giuseppe (arrestato) e della defunta collaboratrice di giustizia Maria
Concetta e cugino di CACCIOLA Domenico, era riuscito a individuare una delle
figlie di MULTARI Giuseppina, che in quel periodo era ricoverata, a causa di
una patologia, presso il nosocomio “GASLINI” di Genova. Dopo avere ricevuto la
notizia dell’individuazione della minore, i membri della famiglia CACCIOLA si
attivavano e CACCIOLA Francesco, raggiungeva il suddetto ospedale, mentre il
resto della famiglia cercava di averne conferma chiamando l’ospedale e altri
nosocomi per individuare altri appuntamenti eventualmente presi dalla MULTARI.
In sintesi, sono
state documentate una serie di circostanze, quali:
- la costrizione a casa CACCIOLA imposta
alla MULTARI Giuseppina;
- le difficoltà poste alla MULTARI nei
rapporti con la famiglia di origine;
- le continue violenze psicologiche;
- la minaccia di occuparsi delle bambine
in via esclusiva, desumibile dagli atteggiamenti dei CACCIOLA;
- le mancate cure prestate alla MULTARI;
- le minacce di morte esplicite rivolte
alla collaboratrice;
- il precario stato di salute generale
della MULTARI allorquando veniva prelevata in data 02.10.2006 dalle FF.PP., che
si presentava fortemente svigorita nel fisico e terrificata nell’animo,
che concorrono
nell’affermare che la MULTARI Giuseppina era sottoposta a pesanti vessazioni e
privazioni sia fisiche che di sostegno morale.
All’esito di
un’ulteriore attività istruttoria sviluppata nel 2013, si è provveduto alla
escussione della collaboratrice di giustizia e dei genitori della donna:
PIROMALLI Concetta e MULTARI Francesco. Tale attività ha consentito di
aggravare le responsabilità penali dei CACCIOLA e di ampliare il numero di
coloro che hanno concorso nel reato.
L’attività di
indagine sopravvenuta, infatti, ha consentito di riqualificare le condotte
antigiuridiche contestate ai CACCIOLA nel reato di “riduzione o mantenimento in
schiavitù o in servitù”, perché, in concorso tra loro, mediante violenza e
minacce, esercitavano su MULTARI Giuseppina, poteri corrispondenti a quelli del
diritto di proprietà, riducendola in uno stato di soggezione continuativa. In
particolare:
- minacciandola di morte ed
attribuendole la responsabilità del suicidio del marito CACCIOLA Antonio;
- sottoponendola ad una serie continua
di vessazioni morali;
- impedendole una normale vita di
relazione;
- impedendole di uscire liberamente da
casa senza la loro presenza;
- impedendole di accompagnare a scuola
le proprie figlie minori;
- impedendole di scegliere il medico
curante;
- impedendole di trasferirsi presso
l’abitazione dei propri genitori dopo il tentativo di suicidio del 11.02.2006;
- impedendole di esercitare poteri
gestori sulle figlie minori;
- prelevando e gestendo le figlie minori
contro la sua volontà.
Le eloquenti dichiarazioni della MULTARI circa lo stato
di prostrazione fisica ed emotiva in cui era stata costretta a vivere (che
l’aveva indotta a tentare il suicidio la notte del 11 febbraio 2006) risultano graniticamente confermate
dalle dichiarazioni rese dai genitori, i quali, pur non sottacendo il vero e
proprio stato di terrore che aveva pervaso l’intero nucleo familiare in questa
fosca vicenda, hanno confermato le circostanze riferite dalla collaboratrice di
giustizia.
Nel caso di specie,
il grave quadro indiziario raccolto dimostra che gli indagati esercitavano
sulla MULTARI Giuseppina poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà,
limitandone la libertà di locomozione ed annientandone, con espresse minacce e
violente pressioni psicologiche, la capacità di autodeterminazione.
Dalla morte del
marito, MULTARI Giuseppina era stata, infatti, sottoposta ad una serie
reiterate e crescente di minacce e violenze psicologiche. Tutto aveva avuto
origine dal suicidio del giovane Antonio, CACCIOLA Domenico, ritenendone
responsabile la nuora, aveva aggredito fisicamente la nuora, strattonandola e
minacciandola di morte. Da quell’evento, già di per sé così traumatico, la vita
di MULTARI Giuseppina era stata segnata da un incredibile crescendo di
vessazioni psicologiche, privazioni, divieti, costrizioni.
Alla giovane donna
era stato impedito di uscire da casa, se non accompagnata da uno dei membri
femminili della famiglia, ossia, la suocera D’AGOSTINO Teresa e la cognata
CACCIOLA Maria. Persino a piangere sulla tomba del marito (nei confronti del
quale MULTARI Giuseppina ha ammesso essere stata molto innamorata) le era stato
vietato, se non accompagnata dalle sue solerti carceriere. Le era stato
impedito di accompagnare le figliolette a scuola e di scegliere il medico da
cui farsi curare. Persino i contatti con la madre erano controllati dalla
famiglia CACCIOLA, che ne determinava rigorosamente il “tempo massimo”,
coincidente con la chiusura del portone d’ingresso per la notte.
L’associazione
finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti
Le indagini sono
state condotte su un nutrito gruppo di soggetti, via via individuati nel corso
delle indagini, articolatosi ed organizzatosi in forma associata. Il centro di
"interessi" principale del sodalizio criminale va individuato
certamente in Rosarno - luogo di consumazione del reato associativo - in quanto
residenza di CACCIOLA Giovanbattista, principale protagonista dell’intera
vicenda criminale, promotore ed organizzatore dell’associazione e soprattutto
poiché luogo in cui veniva organizzato il traffico - unitamente a CURMACE
Mercurio e CURMACE Girolama - e smistato lo stupefacente proveniente dal nord
Europa per la successiva distribuzione.
L’attività
investigativa ha portato alla luce importanti elementi a carico di CURMACE
Girolama alias "‘Mommina" residente in Germania, dove gestiva una
pizzeria (la Locanda di Mina) e che viaggiava con sistematica frequenza tra la
Calabria e la Germania avvalendosi, per il traffico di stupefacenti, oltre che
del fratello Mercurio, anche di altri membri facenti parte dell’organizzazione,
tutti residenti in Germania, che collaboravano con la stessa anche nella gestione
delle attività commerciali a Dusseldorf.
L’attività di
indagine ha consentito di dimostrare come i promotori dell’associazione, i
CACCIOLA, hanno gestito l’importazione di ingenti quantità di cocaina
dall’estero attraverso basi logistiche in Germania ed in Francia grazie ad una
efficace rete criminale, armata e ben organizzata. Le attività di
intercettazioni e l’avvio della cooperazione con la polizia giudiziaria tedesca
hanno permesso di comprendere che lo stupefacente veniva trasportato a Rosarno
attraverso un consolidato sistema che veniva ripetuto con cadenza mensile e che
prevedeva l’acquisto di sostanza stupefacente dall’Olanda, il successivo
trasporto attraverso auto prese a noleggio, prima presso la base logistica in
Germania e poi a Rosarno. Una volta capito il modus operandi è stato possibile
effettuare attività di riscontro che hanno avuto esito positivo.
Il 13.08.2008, infatti, in Rosarno venivano sottoposti a
perquisizione CURMACE Mercurio e la sorella Girolama, alla giuda di una Seat
Leon noleggiata in Germania, al cui interno venivano rinvenuti, ben occultati
all’interno di una cavità sottostante il paraurti posteriore, nr. 14 panetti
dal peso complessivo di circa 15,7 kg., confezionati con cellophane e nastro
isolante di colore nero, con all’interno cocaina.
Il 17.09.2008,
ancora, veniva rinvenuto e sequestrato in Francia un nuovo carico di cocaina
(circa 5 kg), ad opera della Polizia Francese nei confronti di due indagati.
Riassumendo,
l’attività di indagine ha fatto emergere che la famiglia CACCIOLA gestisce in
qualità di organizzatori e finanziatori il traffico di cocaina, che attraverso
membri dei CURMACE - DE MARIA (base logistica) in Germania, acquistano mediante
auto prese a noleggio lo stupefacente dal fornitore olandese BIART Marc Feren
Claude, lo importano a Rosarno, che passa attraverso l’azienda denominata
"Rosarnese" riconducibile ai CACCIOLA, per poi finire nel circuito
della distribuzione.
Gli indagati, per le
loro comunicazioni, si avvalevano anche di impianti di telefonia pubblica
sempre diversi o di schede GSM intestate a soggetti terzi non direttamente
riferibili agli utilizzatori. Si è rilevato, inoltre, come le comunicazioni
telefoniche avvenissero sempre in modo criptico ed utilizzando metafore
difficilmente interpretabili se non attraverso alcuni riscontri oggettivi. Il
contatto tra gli indagati, e comunque con i soggetti d’interesse coinvolti in
qualche modo nei loro traffici, avveniva attraverso l’utilizzo di nomi di
comodo e noti ad ognuno di loro, sia per indicarsi vicendevolmente, o per
indicare terzi soggetti non partecipanti alla conversazione, o anche per
segnalare all’interlocutore località prefissate per gli incontri, o tragitti da
compiere.
Nonostante le
precauzioni adottate, segno evidente della necessità di celare l’illiceità di
condotte programmate ovvero in atto, i Carabinieri, attraverso un meticoloso e
certosino lavoro di analisi, hanno puntualmente colto e verificato il reale
contenuto delle conversazioni, risalendo esattamente ai diretti protagonisti dei
fatti in esame, sì che ogni dubbio in proposito risulta fugato alla radice
Reggio Calabria, 31
luglio 2014.
ELENCO ARRESTATI
CARCERE
1. BIART Marc Feren Claude, nato a Roma il
05.08.1967, localizzato in Olanda:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190)
- concorso in più episodi di produzione
e traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del
D.P.R. n. 309/190)
2. CACCIOLA Domenico, nato a Rosarno (RC) il
22.05.1954, scomparso dal 18.08.2013:
- concorso in riduzione o mantenimento
in schiavitù o in servitù (artt. 110, 600 e 61 n. 11 c.p.)
- concorso in sequestro di persona
(artt. 110 e 605 c.p.)
3. CACCIOLA Francesco, nato a Rosarno (RC) in
data 08.10.1968:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190)
- concorso in produzione e traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del D.P.R. n.
309/190)
4. CACCIOLA Giovanni Battista, nato Rosarno il
31.08.1964:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190)
- concorso in più episodi di produzione
e traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del
D.P.R. n. 309/190)
5. CACCIOLA Gregorio, nato a Rosarno (RC) il
07.05.1980:
- concorso in riduzione o mantenimento
in schiavitù o in servitù (artt. 110, 600 e 61 n. 11 c.p.)
- concorso in sequestro di persona
(artt. 110 e 605 c.p.)
6. CACCIOLA Maria, nata a Gioia Tauro (RC) il
19.04.1975:
- concorso in riduzione o mantenimento
in schiavitù o in servitù (artt. 110, 600 e 61 n. 11 c.p.)
- concorso in sequestro di persona
(artt. 110 e 605 c.p.)
7. CACCIOLA Vincenzo, nato a Rosarno (RC) il
25.10.1977:
- concorso in riduzione o mantenimento
in schiavitù o in servitù (artt. 110, 600 e 61 n. 11 c.p.)
- concorso in sequestro di persona (artt. 110
e 605 c.p.)
8. CINQUEGRANI Concetta, nata a Hilden
(Germania) il 20.07.1978, localizzata in Germania:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190)
9. CURMACE Cinzia, nata a Polistena il
25.04.1983:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190)
- concorso in produzione e traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del D.P.R. n.
309/190)
10. CURMACE Girolama, nata a Rosarno
(RC) il 09.03.1973:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190)
- concorso in più episodi di produzione
e traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del
D.P.R. n. 309/190)
11. CURMACE Mercurio, nato a Rosarno il
07.03.1969:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190)
- concorso in più episodi di produzione
e traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del
D.P.R. n. 309/190)
12.D’AGOSTINO Teresa,
nata a Rosarno (RC) il 18.07.1956:
- concorso in riduzione o mantenimento
in schiavitù o in servitù (artt. 110, 600 e 61 n. 11 c.p.)
- concorso in sequestro di persona
(artt. 110 e 605 c.p.)
13.DE MARIA Carmelo,
nato a Rosarno il 17.04.1974, localizzato in Germania:
- associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n.
309/190)
- concorso in produzione e traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del D.P.R. n.
309/190)
14.OPPEDISANO
Jessica, nata in Lussemburgo il 16.06.1982:
- concorso in riduzione o mantenimento
in schiavitù o in servitù (artt. 110, 600 e 61 n. 11 c.p.)
- concorso in sequestro di persona
(artt. 110 e 605 c.p.)
ARRESTI DOMICILIARI
15. CACCIOLA
Giuseppe, nato a Cinquefrondi (RC) il 12.03.1981, in atto detenuto:
- concorso in produzione e traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del D.P.R. n.
309/190)
16.GALLO Raffaele,
nato a Taurianova il 16.04.1974:
- concorso in produzione e traffico
illecito di sostanze stupefacenti (art. 110 c.p. e art. 73 del D.P.R. n.
309/190)”
Un altro duro colpo
al cartello dei Pesce-Bellocco-Ascone-Pisano…spezzato il traffico Dusseldorf-Rosarno,
che consentiva d’importare centinaia di chili di cocaina. Per gl’inquirenti, la
conferma del canale tedesco alla droga. Galeotto fu quel controllo. Il
13.08.2008, infatti, in Rosarno venivano sottoposti a perquisizione CURMACE
Mercurio e la sorella Girolama, alla giuda di una Seat Leon noleggiata in
Germania, al cui interno venivano rinvenuti, ben occultati all’interno di una
cavità sottostante il paraurti posteriore, nr. 14 panetti dal peso complessivo
di circa 15,7 kg., confezionati con cellophane e nastro isolante di colore
nero, con all’interno cocaina. Anche quest’operazione parte da lontano. La
Giustizia cammina piano, ma è inesorabile con i delinquenti. Con tutti i
farabutti, mascalzoni, canaglie e manigoldi. Domenico Salvatore
Social Plugin