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Diaspora, disordini, confusione, ingovernabilità, Ma che sta succedendo in Libia? E c'è chi rimpiange Gheddafi

Libia in fiamme 29 luglio 2014-L'Italia ha deciso di inviare in Libia 7 canadair per contrastare gli incendi esplosi in depositi di petrolio e gas colpiti da razzi nei combattimenti per l'aeroporto di Tripoli. Lo riferisce sul proprio sito il governo ad interim libico che ieri aveva chiesto l'aiuto internazionale per domare le fiamme divampate domenica sulla strada per lo scalo della capitale."Su richiesta del governo libico provvisorio, il governo italiano e la società Eni hanno deciso di mandare in Libia 7 aerei antincendio con il loro equipaggio per contribuire al controllo dell'incendio dei depositi di petrolio e gas situati sulle strade che portano all'aeroporto", si legge nella nota in cui il governo di Tripoli "rivolge un appello a tutti i belligeranti affinché fermino i combattimenti per permettere ai pompieri di spegnere l'incendio al più presto possibile". Ieri l'esecutivo aveva ecovato il rischio di "catastrofe umanitaria e ambientale dalle conseguenze difficili da prevedere". Anche l'Austria ha deciso lo sgombero della propria ambasciata a Tripoli: tutto il personale, diplomatico e non, verra' trasferito, secondo quanto annunciato a Vienna dal ministero degli esteri. La precaria situazione di sicurezza suggerisce di lasciare il paese il prima possibile, si precisa. La misura vale anche per i turisti: dopo un avvertimento che sconsigliava viaggi in Libia, il ministero sollecita ora tutti i cittadini austriaci a lasciare il paese.  Tra i paesi che hanno deciso l'evacuazione dei propri cittadini, la Germania, la Gran Bretagna, la Francia e l'Olanda, mentre Gli Stati Uniti due giorni fa avevano trasferito tutto ilpersonale diplomatico fuori dal paese. L'Italia ha evacuato nei giorni scorsi oltre 100 italiani che avevano chiesto di lasciare il Paese; uno Stato del Nordafrica. La Libia, occupa la parte centrale del Nordafrica, affacciandosi sul Mar Mediterraneo intorno al Golfo della Sirte, tra il 10º e il 25º meridiano est; la Libia è il quarto paese dell'Africa per superficie, il diciassettesimo del mondo. Confina a nord-ovest con la Tunisia, a ovest con l'Algeria, a sud con il Niger e il Ciad, a sud-est col Sudan, a est con l'Egitto.
MA CHE STA SUCCEDENDO IN LIBIA?!?!? DOV’É FINITA LA “PRIMAVERA TRIPOLITANA? MA GHEDDAFI ERA ‘VERAMENTE’ UN ASSE D’EQUILIBRIO? A CHI E PERCHÉ CONVENIVA LA SUA MORTE?
Domenico Salvatore

Non abbiamo la pretesa e la presunzione di essere un esperto di cose estere. Il termometro della situazione non ce l’hanno nemmeno i “topi d’ambasciata’ che passano tutta la loro vita diplomatica sotto una bandiera, piantata in un ‘buco’cittadino delle Capitali estere. Ma nemmeno vogliamo (possiamo) lasciare a bocca asciutta i nostri lettori sovrani che ci telefonano, ci contattano de visu e distrattamente ci chiedono…”Domenico, ma che sta succedendo in Libia, oramai Cheddafi è morto e sepolto dunque…? E ci piantano un punto interrogativo grosso come l’Himalaya. Qualcosa abbiamo studiato sui libri di scuola d’accordo, ma poi? Un pochino ci hanno spiegato i nostri maestri e professori. Il resto l’ha completato la televisione, la radio, i giornali, le agenzie di stampa, i manifesti, le riviste ed i convegni. Morale della favola, una ‘qualche’ idea della Libia, sulla Libia & dintorni ce la siamo fatta. Tuttavia, chiediamo umilmente scusa e perdono ai nostri lettori sovrani perciò se, in questa sede, non saremo esaustivi ed esaurienti, come loro vorrebbero; e come sarebbe giusto, sacrosanto ed inalienabile. Internet, come al solito ci darà una mano. Do ut des. Il mitico “cicciodemetrio”, presunto ‘roi’ del Corso Garibaldi, ci consente di dare una sbirciatina ai titoli dei giornali, sottotitoli e sommari. Qualche “ugghiata” ce la rifila, pure lui a gentile richiesta, con quel suo stile tutto particolare e l’infarinatura è perfetta. Ma tale è; e tale rimane; se possa bastare…Il dottor Demetrio, ha una sua idea e nemmeno la nasconde, premesso che appartenga all’ala intellettuale, non molto larga se non dell’intellighencija melitota, ma è stato intervistato anche da radio e televisioni straniere. Un filologo di rinomata fama, poeta dialettale conosciuto. Insomma un personaggio degno di questo nome. Con lui, abbiamo convissuto le vicissitudini e le vicende di Muammar Gheddafi, non solo la fase dell’omicidio premeditato, aggravato. Va da sé che Gheddafi abbia pure commesso i suoi errori, per carità.  Con lui al potere gli sbarchi sulla “quarta sponda” erano nell’ordine delle decine e poi anche centinaia; oggi invece a migliaia di persone. Si sta profilando uno scenario imprevedibile. Non vogliamo essere scambiati per conservatori reazionari, ma la fine di Saddam Hussei, di Gheddafi, di Sadat, dell’Ayatollah Khomeini, del premier israeliano Rabin (la sera del 4 novembre 1995) ecc. ha segnato in qualche modo la politica delle loro nazioni, ma anche del Medioriente, se non dello scacchiere internazionale. Muammar Gheddafi, (Qasr Abu Hadi, 7 giugno 1942 – Sirte, 20 ottobre 2011), come ognuno può capire, cliccando su Wikipedia, è stato un militare e politico libico. Per quarantadue anni è stato la massima autorità del proprio paese, fino alla sua deposizione da parte del Consiglio nazionale di transizione (CNT) durante la Guerra civile libica del 2011, senza ricoprire stabilmente alcuna carica ufficiale ma fregiandosi soltanto del titolo onorifico di Guida e Comandante della Rivoluzione della Grande Jamāhīriyya Araba Libica Popolare. Gheddafi è stato infatti la guida ideologica del colpo di stato militare che il 1º settembre 1969 portò alla caduta della monarchia (accusata di essere corrotta ed eccessivamente filo-occidentale) del re Idris I di Libia e del suo successore Hasan. Gheddafi instaurò dapprima una dittatura militare, poi, si avvicinò al socialismo arabo di Gamal Abd el-Nasser, infine proclamò il "regime delle masse", basato sulla nuova ideologia, ispirata all'incontro tra Islam, socialismo e capitalismo, del libro verde. Gheddafi è stato ucciso dai ribelli del CNT e la sua morte ha segnato, almeno formalmente, la fine della guerra civile 

Ognuno di voi, ognuno di noi, cari lettori sovrani, può farsi una sua idea, essendo un cittadino libero. Ben difficile sarà invece, per quei cittadini, che liberi non sono(“La verità ci farà liberi, diceva Gesù nel Discorso della montagna”) asserviti ad un’ideologia, al sistema, alla logica del potere, agl’interessi di scuderia, campanile e municipio se non fazione, farsi un’idea autonoma ed indipendente; poiché in questi casi saranno come cagnolini al guinzaglio; incapaci ed impossibilitati a farsi una loro, propria idea. Non indulgeremo su giudizi, pareri ed opinioni, in questa sede. Intanto, perché non vogliamo convincere, persuadere ed indottrinare proprio nessuno, per carità; ma poi, anche perché, abbiamo il massimo rispetto per il nostro prossimo e per le sue idee. Gheddafi, a sfogliare i giornali a sentire le opinioni, era un ottimo governante per i favorevoli; un pessimo statista per i contrari. É notorio che Gheddafi fosse l’ottava persona più ricca del mondo e che una parte dei suoi tesori mobili ed immobili, siano stati sequestrati e confiscati; un’altra parte sono andati dispersi…” Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti”.  Le parole di Maḥmūd Jibrīl, un politico libico, a capo fino al 23 ottobre del 2011 del governo provvisorio del Consiglio nazionale di transizione libico, organismo formatosi durante la "rivoluzione del 17 febbraio" che si propone come “unico rappresentante del popolo libico”, hanno alimentato forti sospetti, secondo i quali, il vero esecutore del rais, non sarebbe stato un ribelle del CNT. La natura dell’uomo. Ai posteri, l’ardua sentenza, diceva Alessandro Manzoni. Ma il dopo Gheddafi è segnato da astio, rancore, odio, livore e ruggine. Armi belliche, ultramoderne, veloci, micidiali e belluine. E morti, tanti morti. Venti di guerra, fumo, fuoco, disordine, caos, insicurezza, squilibrio. Il 20 ottobre, viene catturato e ucciso nella sua città natale di Sirte Mu'ammar Gheddafi, portando di fatto alla caduta del suo regime e alla fine della guerra. da Corriere del Ticino…” Il nuovo governo libico di Ahmed Miitig, la cui elezione è stata contestata, ha annunciato di aver preso possesso della sede del primo ministro nonostante il rifiuto del premier uscente Abdallah al-Theni di cedere il potere. Miitig ha subito convocato i suoi ministri e ha annunciato che il suo governo è entrato in carica.”. 

Dal Secolo XIX° …La Corte Suprema libica ha definito oggi «anticostituzionale» l’elezione di inizio maggio del primo ministro Ahmed Miitig, aprendo così la strada ad una soluzione della crisi nel Paese, dove due governi si contendono il potere. Il premier uscente Abdallah al-Theni si è rifiutato di lasciare dopo che l’elezione di Miitig è stata invalidata. Molti Stati, a partire dalla Francia, hanno riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione come unico rappresentante del popolo libico; altri Stati hanno stabilito legami diplomatici con il CNT mantenendo tuttavia un rapporto con il governo di Gheddafi. Il 17 ottobre, cade l'ultima città lealista pro-Gheddafi di Beni Ulid. I gheddafiani sono ormai asserragliati in poche zone nei dintorni di Beni Ulid e Sirte e la Libia si può considerare quasi interamente liberata dal regime di Gheddafi. Un Paese instabile in mano a bande armate e criminali. Molti italiani hanno pensato che rovesciare un amico di Berlusconi sia stato giusto, ma invece così non è stato. Ma l’Italia, non ha una ‘casa solida’ né economicamente, né moralmente. Il popolo sfiduciato e rassegnato aspetta un segnale, che tarda ad arrivare. La Libia, da quello che so, era un paradiso rispetto alle nazioni africane…. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”. La libia, era messa meglio anche di certi paesi europei in crisi, come l'Italia e il Portogallo nonostante il Pil Pro Capite più basso di tali paesi (per il fatto della conversione euro-dinaro). Lo stato provvedeva a tutto, era un mix di capitalismo e socialismo. Il petrolio costava meno di mezzo euro al litro, c'erano servizi di avanguardia e le donne erano emancipate. Guerra ed ancora guerra. E’ guerra a Tripoli. Quasi 100 morti e 400 feriti è il nuovo bilancio di due settimane di scontri nella sola capitale, dove le diverse milizie si contendono il controllo dell’aeroporto internazionale, in una prova di forza che non è solo territoriale e che si dimostra sempre più violenta. Anche a Bengasi, in Cirenaica, si contano solo oggi almeno 38 morti in scontri tra forze speciali libiche e gruppi armati islamici.Da dove viene la crisi, il Post: Secondo i media locali, fonte candidonews.wordpress.com/  sono tra i più gravi da quando è caduto il regime di Muammar Gheddafi nel 2011. Gli attacchi organizzati dalle diverse milizie hanno causato la chiusura di buona parte degli uffici governativi nel paese e hanno portato a diversi problemi di consegna delle merci, a partire da quelle di carburante.Milizie. Diverse milizie che controllano alcune parti della Libia sono finanziate, in maniera più o meno diretta, dal governo libico allo scopo di garantire la sicurezza in alcune zone del paese. Le forze governative non hanno infatti la capacità di tenere sotto controllo l’intera regione. Il problema è che le milizie stesse sono difficili da controllare e in molti casi fanno ciò che vogliono nei loro territori di competenza. 

Capita spesso che si combattano tra loro per conquistare pozzi petroliferi, da usare poi come contropartita con il governo per ottenere altri benefici. Alcuni miliziani hanno anche attaccato uffici pubblici e sedi ministeriali, sempre con l’obiettivo di trarre concessioni e vantaggi di tipo politico ed economico. Da Gheddafi alle elezioni di maggio 2014. Dopo la caduta di Gheddafi la Libia fu governata dal Consiglio di transizione nazionale, il comitato che raggruppava le opposizioni. Poi ci furono le elezioni parlamentari e il nuovo Parlamento, il 14 novembre 2012, nominò come primo ministro Ali Zeidan. L’instabilità politica ha portato a succedersi tre diversi primi ministri tra marzo e giugno. Il primo a dimettersi è stato lo stesso Ali Zeidan, sfiduciato per come aveva gestito la crisi di una petroliera sequestrata dai ribelli e rientrato in Libia un mese fa dopo un esilio in Germania. Gli è succeduto Abdullah al-Thani, ex ministro della Difesa che ha poi lasciato ad Ahmed Miitig. La sua elezione avvenuta all’inizio di maggio è stata però dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema della Libia a inizio giugno. Al potere è quindi tornato Abdullah al-Thani, con un incarico ad interim.Khalifa Haftar. Un personaggio da tenere d’occhio per comprendere la situazione in Libia è Khalifa Haftar, ex colonnello dell’esercito libico e a capo di una delle forze paramilitari più potenti. Lo scorso maggio ha organizzato a Bengasi, seconda città del paese per grandezza, una serie di offensive contro estremisti islamici accusati di “destabilizzare la Libia”. Ha poi condotto un attacco armato contro il Parlamento di Tripoli, nel quale sono morte almeno due persone.Un articolo apparso un mese fa sulla Stampa, che anticipava la degenerazione della crisi:Finora, la Libia bruciava dentro. Decine di morti ogni settimana negli scontri per strada, fucilate contro gli avversari, qualche lancio di granate anticarro, e comunque la vita continuava nel suo impossibile equilibrio. Ma ora questo fuoco comincia ad ardere di brutto, e la puzza e il fumo si allargano oltre i confini. Aveva cominciato la «battaglia del petrolio», con pozzi e raffinerie prese d’assalto: da 1 milione 700 mila barili al giorno, la produzione era precipitata a poco più di 130 mila, e quella che appariva una guerra per bande era poi, in realtà, il primo serio segno dell’attacco lanciato all’unità della Libia. Gran parte dei bacini di idrocarburi sono a Est, in Cirenaica; e la Cirenaica si sente derubata dal centralismo di Tripoli. Vuole autonomia, chissà anche indipendenza (ha già nominato un suo primo ministro «locale»), e poi è la regione dove sono acquartierati gli islamisti: Derna ne è la capitale, Bengasi una dépendance, e quella che era una delle primavere arabe si sta contaminando, anch’essa, in una guerra dove logiche tribali e tentazioni fondamentaliste si allargano a coprire il vuoto istituzionale del potere.  Autonomia, dunque, per una «più equa spartizione» dei petrodollari. 

Però, poi, la Cirenaica confina con l’Egitto, e il suo petrolio libico fa gola al nuovo Faraone del Cairo, al-Sisi; il quale nell’Operazione Dignità che un generale in pensione, Khalifa Haftar, sta conducendo a suon di cannonate contro gli islamisti a Bengasi (ma fino a Tripoli) vede un’ottima occasione per mettere un semaforo egiziano sui pozzi nominalmente libici, oltre che ottenere la pulizia della frontiera da qualsiasi rimasuglio di Fratellanza Musulmana. Nel ri-disegno di una Mezzaluna che si sfalda dal Maghreb fino al Golfo, la nuova geostrategia regionale intreccia una lotta per l’egemonia che ormai non ha più frontiere. Haftar ha con sé l’Egitto e la Brigata Zintan (che sono 23 milizie dure come la pietra), contro gli stanno gli islamisti di Ansar al-Sharia e la Brigata Misurata (duri anch’essi come pietre, con 200 milizie, 40 mila uomini, e 800 carri armati rubati a Gheddafi).Potrebbe essere un’altra faccia delle guerre di religione che si combattono nel vicino Oriente, ora che Gheddafi non li tiene più a bada. Ma noi prendiamo dalla Libia il 23% dei nostri idrocarburi, e abbiamo a mal galleggiare in acqua centinaia di migliaia di migranti che partono dalle coste libiche. Se la Libia brucia, rischiamo di ustionarci di brutto.(In collaborazione con Mediterranean Affairs. Alla ricerca di un premier. Dopo gli ultimi mesi di schizofrenia politica, fonte www.termometropolitico.it, i libici sono chiamati nuovamente alle urne per eleggere il loro Primo ministro. Tra marzo e giugno tre uomini si sono avvicendati al potere: prima lo sfiduciato Ali Zeidan, poi il dimissionario Abdullah Al Thani, in ultimo Ahmed Maitik, la cui elezione è stata dichiarata incostituzionale. Sullo sfondo un contesto socio-economico turbolento e un uomo che muove le fila, il generale Kahlifa Haftar. Ex fedelissimo di Gheddafi rientrato in Libia al momento della caduta del regime per guidare le forze di terra del Consiglio di transizione, Haftar conduce oggi l’Operazione dignità, aspra offensiva contro le milizie islamiche nell’est del Paese. Vero regista della destituzione di Maitik, ha dalla sua parte le Forze speciali (ossia l’élite dell’esercito regolare), gli ufficiali di aria di Tobruk, la potente tribù cirenaica Al Barasa e le Brigate Zintan, che fanno base nel nord-ovest della Libia. Questo fronte ha come suo candidato Mahmud Jibril, attuale leader delle forze non islamiste in Parlamento. Libia. Dall’altra parte del ring la fazione islamista, il cui vero candidato rimane Maitik, rampante imprenditore nipote di Abdulrahman Swehli, influente leader di Misurata. Questa corrente vede come suo esponente di spicco il Presidente del Parlamento e della Repubblica ad interim Nuri Abu Sahimin ed è composto dal Partito della Giustizia e della Costruzione e dalle milizie di Misurata. Rimangono in campo Al-Thani, che fin dal principio aveva misconosciuto l’elezione di Maitik ed è l’attuale premier ad interim, e Ali Zeidan, rientrato nel Paese lo scorso 19 giugno dopo un periodo di esilio in Germania. Sullo sfondo della contesa elettorale, si pone il possibile golpe di Haftar che, in un futuro più o meno prossimo, non può essere escluso. A fare da cornice alle consultazioni è una situazione economica critica. 

Negli ultimi mesi, il blocco dei porti marittimi ha causato un crollo delle rendite petrolifere, con la produzione di greggio passata da un milione e mezzo a duecentocinquantamila barili al giorno. Parallelamente la valuta nazionale, il dinar, è crollata del 7% rispetto al dollaro. Un eventuale definitivo venir meno dello Stato assistenziale, alimentato dai proventi dell’olio nero e a lungo unico vero collante sociale del Paese, difficilmente sottrarrà la Libia da scenari anarchici. Considerazioni importanti vanno inoltre mosse sulle ingerenze esterne, che infiltrano e condizionano gli attuali conflitti domestici libici. In un Paese diviso e conteso da più di milleduecento milizie, la lotta fra laici democratici e radicalismo islamico vede sullo sfondo un duello più ampio: quello fra Arabia Saudita ed Emirati Arabi da una parte e Fratellanza Musulmana dall’altra, che si contendono la leadership della fede islamica nella regione mediorientale. Si tratta di una partita che non si gioca solo in Libia, ma anche (con dinamiche simili) in Egitto, Siria e Yemen.Il voto del 25 giugno non porterà un governo forte. È improbabile ipotizzare scenari di equilibrio politico se prima la Libia non troverà la sponda di un ente, consuetamente individuato nella comunità internazionale, capace di trovare una sintesi virtuosa fra i numerosissimi ed eterogenei localismi di cui si compone il Paese. Unione Europea e Stati Uniti, dopo aver chiuso l’epoca Gheddafi, hanno il dovere politico e morale di accompagnare Tripoli in una transizione che garantisca la stabilità, non solo mediorientale, ma anche occidentale. Matteo Anastasi (Mediterranean Affairs – Editorial board”. Tripoli ha bussato alle porte dell’Italia. E l’Italia ha risposto O.K. Ma intanto ecco un nuovo flash dell’Ansa emblematico della situazione…” Nuova tragedia dell'immigrazione al largo della Libia: almeno 20 persone sono morte e decine risultano disperse nel naufragio di un barcone a 100 chilometri ad est di Tripoli. Lo ha reso noto il portavoce della Marina libica. Secondo i 22 clandestini tratti in salvo, a bordo c'erano circa 150 migranti."Una pattuglia della marina ha messo in salvo 22 migranti immigrati clandestini che erano aggrappati ai resti del loro barca", ha detto il colonnello Kassem Ayoub, portavoce della marina libica, aggiungendo che oltre venti corpi sono stati recuperati. Secondo i sopravvissuti - ha riferito - circa 150 migranti, provenienti dall'Africa sub-sahariana, erano a bordo dell'imbarcazione diretta verso le coste italiane e affondata al largo di Al Khums, 100 km a est di Tripoli. I soccorsi - ha aggiunto - sono al lavoro alla ricerca di altri possibili sopravissuti. A Porto Empedocle nave con 112 migranti - Saranno trasferiti a Trapani i 112 subsahariani, fra cui 25 donne, che stanno sbarcando a Porto Empedocle, nell'Agrigentino. Nel centro d'accoglienza di Siculiana sono, al momento, ospitati 260 persone e non c'è posto per accogliere altri migranti.In serata atteso sbarco 404 profughi a Taranto - Questa sera, intorno alle 22, nave Zeffiro dovrebbe approdare al primo sporgente del porto mercantile di Taranto per fare sbarcare 404 migranti salvati nell'operazione 'Mare nostrum'. Tra i profughi vi sono 241 uomini, 62 donne (una delle quali incinta) e 101 minori, dei quali 52 non accompagnati, e 4 neonati. Ad annunciarlo è il Comando marittimo sud in attesa dell'ufficialità da parte del Ministero dell'Interno. Nello specifico, si tratta di 396 siriani, 6 sudanesi e 2 egiziani, che saranno smistati in centri di accoglienza prima di essere accompagnati in bus o treno verso altre destinazioni.

Nave con 114 somali ferma per malore migranti - E' ferma al largo di Torre dell'Orso, marina di Melendugno, a circa 35 miglia da Brindisi dov'è diretta, la Teesta Spirit, la chimichiera (trasporta gas e petrolio) battente bandiera delle Bahamas con a bordo 114 profughi (89 uomini e 25 donne) di nazionalità somala salvati mentre erano a bordo di un barcone al largo delle coste della Libia. Il mercantile è stato costretto ad uno stop improvviso per il malore di due profughi a bordo. La richiesta di aiuto, inoltrata al Comando generale della guardia costiera, è stata subito dirottata alle unità territoriali: una motovedetta della capitaneria di porto di Otranto ha condotto sulla nave medici che stanno valutando le condizioni dei due profughi per valutare se trasbordali sulla motovedetta e ricoverarli in ospedale”.  Fuga dalla Libia in fiamme, via anche francesi e tedeschi. Chiude ambasciata ParigiIl sito della Farnesina "Viaggiare sicuri" sconsiglia "tassativamente" di recarsi a Bengasi o in CirenaicaIl nuovo Parlamento libico terrà una riunione d'urgenza sabato a Tobruk, a est di Bengasi. Lo annuncia il deputato Abu Bakr Biira, che dovrà presiedere la sessione. Il Parlamento libico doveva prendere le sue funzioni originariamente il 4 agosto a Bengasi ma "vista la situazione di
pericolo" è stata spostata e anticipata a Tobruk.E' tregua temporanea a Tripoli tra le milizie che si combattono nei pressi del principale deposito di benzina e gas che rifornisce la capitale libica. Lo affermano fonti locali, precisando che il cessate il fuoco dovrebbe permettere di spegnere l'incendio che avviluppa l'impianto.L'economia tunisina "è precaria" e il Paese non è in grado di ricevere le migliaia di persone in fuga dalla Libia, tanto che Tunisi si dice pronta a chiudere le frontiere. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri tunisino, Mongi Hamdi, precisando che ogni giorno arrivano dalla Libia "tra le 5.000 e le 6.000" persone."Sono almeno 50" i cadaveri trovati stamani nella base delle Forze speciali libiche conquistata dai miliziani islamici a Bengasi dopo 48 di battaglia. Lo riferiscono fonti mediche citate dai media internazionali. Altri 25 cadaveri di persone uccise negli scontri sono stati portatinegli obitori degli ospedali. Tra i francesi evacuati dalla Libia, secondo fonti diplomatiche transalpine, c'è anche l'ambasciatore di Francia a Tripoli. "Tenuto conto della situazione di sicurezza, i locali occupati dalla nostra ambasciata sono temporaneamente chiusi", ha confermato all'Afp il portavoce aggiunto del ministero degli Esteri, Vincent Floreani.

Via francesi e britannici. La Francia ha evacuato dalla Libia un gruppo di cittadini francesi e britannici, "via nave". Lo ha riferito il portavoce del governo di Parigi, Stephane Le Foll al termine del consiglio dei ministri settimanale, senza precisare il numero di persone coinvolte. Gli evacuati, secondo precisazioni fornite da fonti diplomatiche transalpine, sono 55 francesi e sette cittadini britannici, individuati e radunati dall'ambasciata di Francia a Tripoli, rimasta aperta fino a ieri per assicurare l'operazione. A trasportarli fino in Europa è stata una nave della Marina francese.La Farnesina smentisce che l'Italia abbia deciso di inviare in Libia 7 Canadair per contrastare gli incendi divampati in depositi di petrolio e gas colpiti da razzi nei combattimenti per l'aeroporto di Tripoli. Lo si apprende da fonti della stessa Farnesina. L'Italia continua tuttavia a valutare tutte le opzioni per fornire aiuti alla Libia, in virtù del suo impegno nel Paese, tenendo conto delle enormi difficoltà tecniche e del fatto che l'area interessata è stata terreno di scontri tra milizie dal 13 luglio. L' ambasciata d'Italia continua ad assicurare il massimo impegno a tutela della collettività e degli interessi italiani in Libia. La notizia della decisione dell'invio di Canadair era contenuta in una nota di Tripoli diffusa sul sito del governo libico ad interim.Alla luce dell'intensificarsi degli scontri armati e del deterioramento della situazione di sicurezza, il governo di Belgrado ha invitato tutti i cittadini serbi a lasciare al più presto la Libia e ad astenersi dal recarsi in quel paese. Il ministro degli esteri Ivica Dacic, in un comunicato, ha detto che l'ambasciata serba a Tripoli resta aperta ma e' in condizioni di poter fornire una limitata assistenza consolare.Tutti i cittadini francesi attualmente in Libia "sono stati invitati a lasciare il Paese ed entrare al più presto in contatto con l'ambasciata a Tripoli a tale scopo". Lo ha ribadito il portavoce del ministero degli Esteri transalpino, precisando che "tutto il possibile è stato fatto per facilitarne la partenza". La comunità francese in Libia, sottolinea il Quai d'Orsay, "è al momento molto ridotta di numero". Già domenica il ministero aveva invitato i francesi a lasciare la Libia.La Germania ha richiamato il personale diplomatico dalla Libia. Lo ha affermato oggi a Berlino un portavoce del ministero degli Esteri in conferenza stampa, parlando di ''evacuazione''. L'ambasciata a Tripoli, tuttavia, ''non è ancora'' chiusa, e impiegati locali sono tuttora in servizio. A causa della pericolosità della situazione, Berlino aveva invitato i cittadini tedeschi a lasciare il paese nel weekend, mettendo in guardia dal sito del ministero dal ''rischio di rapimenti e attentati''.Dopo l'incendio ad un deposito di benzina, colpito stanotte da un razzo durante gli scontri vicino Tripoli, ha preso fuoco un secondo serbatoio di carburante e la situazione è "molto pericolosa". Lo rende noto il governo libico parlando di rischio di "catastrofe umanitaria e ambientale dalle conseguenze difficili da prevedere".Nessun ordine di evacuazione, ma gli italiani che hanno voluto lasciare la Libia sull'orlo di una nuova guerra civile, hanno potuto farlo "sotto protezione". E sono più di 100, ha reso noto la Farnesina, quelli trasferiti fuori dal Paese negli ultimi giorni. 

"Di fronte dell'aggravarsi della crisi in Libia, il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha disposto da giorni un piano di tutela dei connazionali nelle zone più a rischio" che "attraverso l'ambasciata a Tripoli e in raccordo con l'Unità di crisi, aveva già attivato un monitoraggio della presenza italiana" nel Paese."L'uscita dalla Libia è avvenuta con convogli via terra verso la Tunisia e con il ricorso a velivoli dedicati disposti dall'unita di crisi, uno dei quali è partito proprio questa mattina, grazie al concorso della nostra aeronautica militare, con destinazione Pisa", ha aggiunto la Farnesina nella sua nota, mentre fonti di governo sottolineano che il rientro va avanti da giorni "in modo tranquillo". "Su richiesta di alcuni governi - prosegue la nota - l'Italia si è occupata anche del trasferimento di persone di nazionalità diversa". Dopo l'evacuazione di ieri dell'ambasciata americana a Tripoli, oggi infatti sono stati alcuni Paesi Ue - Gran Bretagna, Germania, Olanda e Francia - a chiedere ai propri connazionali di lasciare il Paese al più presto. Il sito della Farnesina "Viaggiare sicuri" sconsiglia "tassativamente" di recarsi a Bengasi o in Cirenaica e invita "i connazionali ad evitare temporaneamente viaggi anche nella capitale". L'ambasciata a Tripoli resta comunque "aperta, operativa e sempre contattabile". "La nostra ambasciata - conferma la nota del ministero - continua ad assicurare il massimo impegno a tutela della collettività e degli interessi italiani in Libia". Dal canto suo, l'Eni ha infatti reso noto che "le attività proseguono regolarmente", pur monitorando "con attenzione l'evolversi della situazione". La primavera tripolitana? A Tripoli…” 1. Sai dove s'annida più florido il suol?/Sai dove sorride più magico il sol?/Sul mar che ci lega coll'Africa d'or,/la stella d'Italia ci addita un tesor./Refrain:Tripoli, bel suol d'amore,/ti giunga dolce questa mia canzon,/sventoli il Tricolore/sulle tue torri al rombo del cannon!/Naviga, o corazzata:/benigno è il vento e dolce è la stagion./Tripoli, terra incantata,/sarà italiana al rombo del cannon./2. A te, Marinaro, sia l'onda sentier;/sia guida Fortuna per te Bersaglier;/và e spera, soldato, Vittoria è colà.../Hai teco l'Italia che gridati: va!/Refrain: Tripoli, bel suol d'amore, ecc./3. Al vento africano che Tripoli assal/già squillan le trombe la marcia real./A Tripoli i turchi non regnano più:/già il nostro vessillo issato è laggiù.../Refrain: Tripoli, bel suol d'amore, ecc./4. Un bel militare voleva da me/un sì per qualcosa (sapete cos'è)./Gli dissi ridendo: "Tu avrai quel che vuoi;/ma prima, birbante, va' a Tripoli, e poi..."!/Refrain: Tripoli, bel suol d'amore, ecc./” Domenico Salvatore