Un uomo, Francesco
Marzano, di 37 anni, è stato ferito in un agguato compiuto da sconosciuti a
Bovalino. Marzano è stato ferito alle gambe da un colpo di fucile e da due
colpi di pistola. L'agguato è avvenuto mentre Marzano si trovava in una zona periferica
a Bovalino. L'uomo è stato soccorso e portato nell'ospedale di Locri dove si
trova ricoverato. Sull'episodio sono in corso le indagini dei carabinieri del
gruppo di Locri. L’operaio non ha saputo fornire elementi utili alle indagini
BOVALINO (RC),
FRANCESCO MARZANO 37 ANNI, OPERAIO, INCENSURATO, ORIGINARIO DI CASIGNANA (DI
FRONTE A SAN LUCA) FERITO A COLPI DI LUPARA E PISTOLA NEL CORSO DI UN AGGUATO
DI STAMPO MAFIOSO, IN UNA ZONA PERIFERICA
La vittima lavora in
una ditta per la raccolta dei RSU? Soccorso con un’ambulanza del 118 è stato
ricoverato all’ospedale ‘Guido Candida ’e sottoposto ad intervento chirurgico.
Sul caso, indagano i Carabinieri della Compagnia di Locri, che si muovono sotto
le direttive del capitano Nico Blanco coordinato dal t.colonnello, Giuseppe De
Magistris. Tutti, agli ordini del colonnello Lorenzo Falferi, comandante
provinciale. Sovrintende il p.m. di turno, coordinato dal procuratore capo
della Repubblica di Locri, Luigi D’Alessio
Domenico Salvatore
Lo scrivente, capitò più di una volta da queste parti con telecamera e macchina fotografica, per occuparsi di questo e di quel sequestro di persona. Compreso quello di Adolfo Cartisano, ex calciatore del Mazara del Vallo, Locri , Castrovillari, La Spezia in serie C , rapito il 22 luglio 1993 davanti alla sua casa al mare a Bovalino. I sequestratori, fonte Wikipedia, sorprendono Cartisano e la moglie Mimma in macchina. La moglie viene stordita con un colpo in fronte e abbandonata, mentre il marito viene sequestrato. Nonostante il pagamento di un riscatto, il fotografo non viene riconsegnato alla famiglia. La famiglia decide allora di mobilitarsi e di far sentire la propria voce, scendendo più volte in piazza. Il clamore porta per la prima volta la Commissione parlamentare Antimafia a recarsi a Bovalino, dove i sequestri della 'ndrangheta a scopo estorsivo erano stati già 18. Dopo pochi mesi dal rapimento vengono arrestati i sequestratori, ma non si riuscirà mai ad arrivare ai carcerieri. Il ritrovamento. Dopo i molteplici appelli della famiglia e le lettere scritte annualmente dalla figlia Deborah, nel 2003 giunge alla famiglia la lettera anonima di un carceriere che si dichiara pentito e implora il perdono della famiglia. Il carceriere indica il punto, fra Bovalino e San Luca, dove è sepolto il corpo di Lollò e imputa la sua morte ad un incidente di percorso. Il medico legale, infatti, dichiara come causa della morte un colpo alla nuca, causato da una caduta o da un colpo mal inferto. La famiglia risponde al pentito con una lettera aperta, come da lui richiesto, concedendogli il proprio personale perdono, ma chiedendogli di consegnarsi alla giustizia. La vicenda non ebbe seguito, ma gli avvocati dei condannati per il sequestro Cartisano dichiararono che poteva trattarsi della confessione di una persona in punto di morte. I funerali di Lollò Cartisano si sono svolti a Bovalino il 3 agosto 2003. Il territorio di Bovalino e le sue frazioni che gravitano sulle rive del Bonamico, il fiume-torrente di San Luca, è stato teatro di sanguinosi episodi della famigerata faida di San Luca. Da queste parti “il condor dell’Aspromonte” alias colonnello dei Carabinieri Valerio Giardina capo del ROS, scoprì una serie di bunkers dei presunti capibastone della ‘ndrangheta. Un territorio ad alta densità mafiosa. Tantissimi gli attentati, anche contro sindaci assessori e consiglieri, imprenditori, commercianti, professionisti. Fiorente il rakett delle estorsioni, la famigerata mazzetta, tangente o pizzo, che ha messo in ginocchio il libero mercato e di converso l’economia bovalinese.
Negli Anni Sessanta, Bovalino era una piccola Copacabana. Giungevano turisti, gitanti, bagnanti, vacanzieri dall’Italia e dall’estero. Non si trovava un ‘buco’ per tuffarsi dentro nemmeno a pagarlo a peso d’oro. Alberghi, hotels, ristoranti, pensioni, villaggi turistici, camping con roulottes, facevano affari d’oro. Poi Bovalino, venne stritolato nella morsa del crimine organizzato e piano piano si spense. Ogni tanto dà segni di vitalità … "Vorrei sapere da lor signori" disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio "vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burattino sia vivo o morto!..."A quest'invito, il Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio, poi gli tastò il naso e il dito mignolo dei piedi: e quand'ebbe tastato ben bene, pronunziò solennemente queste parole:"A mio credere il burattino è bell'e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!""Mi dispiace" disse la Civetta "di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero"."E lei non dice nulla?" domandò la Fata al Grillo-parlante."Io dico che il medico prudente, quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto.Del resto quel burattino lì, non m'è fisonomia nuova: io lo conosco da un pezzo!". Tanti gli episodi di cronaca nera…Due uomini, padre e figlio, (Apcom)sono stati gravemente feriti questa notte nel corso di una sparatoria avvenuta a Bovalino di Reggio Calabria nella Locride. In base a quanto riferito dai carabinieri di Locri, intorno alle 1.20, degli ignoti hanno esploso numerosi colpi di arma da fuoco contro Giuseppe Gioffrè, 51enne titolare di una ditta di carpenteria a Torino e il figlio A., di 17 anni. I due si trovano in condizioni molto gravi, con ferite da arma da fuoco all’emitorace e al volto (il padre), e all’emitorace e all’addome (il figlio). Giuseppe Gioffrè, residente a Torino e in Calabria per le feste natalizie, era già “molto noto” alle forze dell’ordine, il figlio è invece incensurato. Secondo i carabinieri i due si troverebbero in pericolo di vita. I malviventi che hanno compiuto l’agguato si sono poi dileguati. 21 Luglio 2000 Bovalino (RC). Ucciso Saverio Cataldo, commerciante di 47 anni, per non aver voluto cedere l'attività. Articolo del Corriere della Sera del 22 Luglio 2000
Resiste al racket, commerciante ucciso
di Carlo Macrì
Bovalino: l' uomo negli ultimi tempi aveva subìto delle minacce. Il killer l' ha sorpreso in una strada di campagna Resiste al racket, commerciante ucciso La ' ndrangheta voleva che cedesse il negozio. Ferita gravemente la moglie
BOVALINO (Reggio Calabria) - Volevano costringerlo a vendere la sua attività commerciale, una tabaccheria con annesso negozio di generi alimentari, in contrada Bosco Sant' Ippolito, a quattro passi da San Luca. Saverio Cataldo, 47 anni, di Bovalino, aveva resistito a quelle proposte che gli giungevano dai boss della zona. Giovedì notte l' hanno ucciso con quattro colpi di fucile caricato a lupara. L' assassino ha ferito gravemente anche la moglie, Teresa Cataldo, 53 anni, mentre il figlio Raffaele, 18 anni, è rimasto miracolosamente illeso. La donna è stata in un primo momento ricoverata all' ospedale di Locri, dove i medici le hanno asportato una consistente parte muscolare e ossea, all' altezza del ginocchio destro, colpito dai pallettoni, che le hanno causato un inizio di necrosi. Viste le condizioni dell' arto, ieri pomeriggio, con un elicottero della Croce Rossa, Teresa Cataldo è stata trasferita all' istituto ortopedico «Rizzoli» di Bologna. Si fa strada l' ipotesi che dietro all' assassinio del commerciante ci sia quindi la mano del racket . Secondo alcune indiscrezioni, sulle quali stanno lavorando i carabinieri della compagnia di Locri, la vittima avrebbe ricevuto in questi ultimi tempi delle minacce, che Cataldo, comunque, si è guardato bene dal denunciare. L' uomo, però, non aveva mutato abitudini di vita, nonostante le intimidazioni. Credeva che il suo rifiuto, la sua resistenza a non mollare l' attività commerciale, unica fonte di guadagno per la famiglia, avrebbe potuto dissuadere chi era interessato all' acquisto della tabaccheria. Era sicuro e certamente cosciente che mai avrebbe pagato con la vita quel suo atteggiamento così intransigente. Altrimenti, si sarebbe guardato bene dal rientrare a casa col buio, percorrendo una stradina sterrata senza luce. Un luogo sicuro per compiere un agguato. E infatti il killer, poco dopo mezzanotte, ha atteso il commerciante ai margini della stradina, nascosto tra i rovi. Saverio Cataldo, con la moglie e il figlio, come ormai facevano dall' inizio dell' estate, dopo aver cenato in un' altra casa di loro proprietà, distante qualche chilometro dal luogo dell' agguato, stava rientrando a piedi nella villetta di campagna. Il sicario li ha sorpresi alle spalle. Ha puntato il fucile a canne mozze, la classica «lupara» contro il commerciante e ha esploso quattro fucilate. Colpito alle spalle e agli arti inferiori, Saverio Cataldo è morto all' istante. La «rosa» di pallini ha raggiunto anche la moglie alla gamba destra, mentre il figlio, che si trovava qualche metro più indietro, è riuscito a evitare i colpi.
I PRECEDENTI
12 LUGLIO Sul lungomare di Locri vengono assassinati due ragazzi: Antonio Condemi, 26 anni, e Domenico D' Agostino, 19. Altre tre persone restano ferite
11 LUGLIO Un commando spara fra la folla e uccide Pasquale Fernando Grillo, 42 anni, di San Calogero, consigliere dello Sdi alla provincia di Vibo Valentia. Ferito gravemente anche un amico
14 APRILE A Marina di Gioiosa (Reggio Calabria) una autobomba uccide sotto casa Domenico Gullaci, imprenditore. In passato aveva subìto intimidazioni da parte dei nuovi clan della zona
23 MARZO A Tropea (Vibo Valentia) due giovani incensurati di 20 e 24 anni vengono uccisi a colpi di fucile in un agguato
26 FEBBRAIO Strage a Strongoli (Crotone): un commando spara nella strada principale del paese e uccide 3 esponenti di una cosca locale. Nella sparatoria, resta ucciso per sbaglio anche un pensionato
Ed ancora…”Agguato di Natale nella Locride, parente fugge all' alt della polizia: ferito e fermato. Sparatoria ai funerali della donna uccisa. Il giovane era armato per paura di rappresaglie. SAN LUCA (Reggio Calabria) - Al funerale della parente assassinata il giorno di Natale, c' era andato armato. Forse per paura di qualche rappresaglia. Ma a ferirlo non sono stati i suoi nemici, bensì la polizia che ha bloccato Giovanni Strangio, 27 anni, di Bovalino, ancora prima che potesse usare il suo revolver. Colpito a un una gamba Strangio è stato portato in ospedale e poi in carcere. Ieri pomeriggio a Bovalino si celebravano i funerali di Maria Strangio, uccisa da un commando di killer che la sera di Natale ha fatto fuoco nel centro di San Luca contro alcuni esponenti della famiglia Nirta, tra cui il marito della donna e il cognato. Il primo è rimasto illeso, il secondo lievemente ferito. Quella sparatoria, in cui era rimasto ferito a una gamba anche un bambino di cinque anni, secondo gli investigatori è un nuovo episodio di una faida che vede contrapposti proprio il gruppo dei Nirta-Strangio a quello dei Pelle-Vottari. Così, per scongiurare il pericolo di nuovi raid, polizia e carabinieri ieri hanno sorvegliato tutta la zona della chiesa dove si sono svolti i funerali della donna. Alla fine della funzione i poliziotti hanno visto allontanarsi velocemente tre individui a bordo di una Golf. L' auto è stata seguita e bloccata dopo qualche chilometro. Uno degli uomini che la occupavano ha detto di non avere documenti e ha tentato la fuga. I poliziotti lo hanno fermato e, prima che potesse far fuoco con la sua 7,65, detenuta illegalmente, hanno sparato un colpo in aria e poi hanno mirato alle gambe del giovane ferendolo al polpaccio. Negli ultimi giorni San Luca e Bovalino sono sottoposti a un accerchiamento senza precedenti. Carabinieri e polizia cercano di evitare un nuovo capitolo della faida che insanguina i due centri della provincia di Reggio Calabria. Il rischio è concreto: i maschi delle famiglie di San Luca si sono volontariamente dati alla latitanza. La vicenda
L' AGGUATO Gli assassini di Maria Strangio sono entrati in azione il giorno di Natale, alle cinque della sera. Hanno aperto il fuoco su un gruppo di persone radunato all' ingresso di una casa nel centro di San Luca. Altre tre persone, tra cui un bambino di 5 anni, sono rimaste ferite LA FAIDA Il piccolo centro dell' Aspromonte è dilaniato da una faida cominciata nel 1991 tra le famiglie Nirta-Strangio e quella dei Pelle-Vottari. Per la prima volta, però, tra le vittime ci sono donne e bambini. Macri' Carlo Pagina 19
(29 dicembre 2006) - Corriere della Sera./
/Così in Cronache -La Stampa- 20/04/2013 La faida di San Luca
vent’anni di sangue per uno scherzo mal riuscitoLa storia del paese in eterna guerra. Lo scontro tra i Pelle-Vottari-Romeo e gli Strangio-Nirta. Fino alla strage di Duisburg che sconvolse i tedeschi. La strage di Duisburg nell’agosto del 2007San Luca è un paese in guerra da vent’anni. Il piccolo centro della Locride che diede i natali a Corrado Alvaro, uno dei più grandi scrittori del Novecento italiano, è teatro dal 1991 di uno scontro violentissimo tra due clan della ’ndrangheta calabrese, i Pelle-Vottari-Romeo e gli Strangio-Nirta, sfociato il 15 agosto 2007 in Germania nella sanguinosa strage di Duisburg. Una faida, quella di San Luca, che, dopo una serie di omicidi iniziali negli anni ’90, sembrava essersi spenta, ma che ha ripreso nuovo vigore a Natale del 2006, con l’omicidio di Maria Strangio. A scatenare la `guerra´ tra le due cosche del reggino fu uno scherzo mal riuscito. Era il Carnevale del 1991 e a innescare quella folle furia omicida che negli anni a venire avrebbe fatto decine di vittime fu un banale lancio di uova tra due gruppi di ragazzi nella piazza del paesino dell’Aspromonte. Dal lancio di uova alla rissa il passo fu breve. E la rissa finì in tragedia: il 14 febbraio del 1991 scattò l’agguato, che fece due morti e due feriti. A perdere la vita furono Francesco Strangio, 20 anni, e Domenico Nirta, 19. Giovanni Luca Nirta e il fratello Sebastiano, invece, pure colpiti, riuscirono a sopravvivere. Da allora ogni anno ha portato le sue vittime, e da San Luca , che resta uno snodo centrale per i traffici di droga, sono stati in tanti a scappare. A riattizzare il fuoco della guerra tra i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari, fu l’omicidio di Maria Strangio, moglie di Giovanni Nirta, considerato uno dei capi della cosca omonima, e sorella di quel Sebastiano Strangio arrestato oggi nell’alessandrino.
vent’anni di sangue per uno scherzo mal riuscitoLa storia del paese in eterna guerra. Lo scontro tra i Pelle-Vottari-Romeo e gli Strangio-Nirta. Fino alla strage di Duisburg che sconvolse i tedeschi. La strage di Duisburg nell’agosto del 2007San Luca è un paese in guerra da vent’anni. Il piccolo centro della Locride che diede i natali a Corrado Alvaro, uno dei più grandi scrittori del Novecento italiano, è teatro dal 1991 di uno scontro violentissimo tra due clan della ’ndrangheta calabrese, i Pelle-Vottari-Romeo e gli Strangio-Nirta, sfociato il 15 agosto 2007 in Germania nella sanguinosa strage di Duisburg. Una faida, quella di San Luca, che, dopo una serie di omicidi iniziali negli anni ’90, sembrava essersi spenta, ma che ha ripreso nuovo vigore a Natale del 2006, con l’omicidio di Maria Strangio. A scatenare la `guerra´ tra le due cosche del reggino fu uno scherzo mal riuscito. Era il Carnevale del 1991 e a innescare quella folle furia omicida che negli anni a venire avrebbe fatto decine di vittime fu un banale lancio di uova tra due gruppi di ragazzi nella piazza del paesino dell’Aspromonte. Dal lancio di uova alla rissa il passo fu breve. E la rissa finì in tragedia: il 14 febbraio del 1991 scattò l’agguato, che fece due morti e due feriti. A perdere la vita furono Francesco Strangio, 20 anni, e Domenico Nirta, 19. Giovanni Luca Nirta e il fratello Sebastiano, invece, pure colpiti, riuscirono a sopravvivere. Da allora ogni anno ha portato le sue vittime, e da San Luca , che resta uno snodo centrale per i traffici di droga, sono stati in tanti a scappare. A riattizzare il fuoco della guerra tra i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari, fu l’omicidio di Maria Strangio, moglie di Giovanni Nirta, considerato uno dei capi della cosca omonima, e sorella di quel Sebastiano Strangio arrestato oggi nell’alessandrino.
A Natale del 2006, Maria Strangio venne
freddata a colpi di kalashnikov sotto casa, a San Luca. Aveva 33 anni. Nella
sparatoria rimasero ferite altre tre persone: Francesco Colorisi, 23 anni,
Francesco Nirta, 32 anni, e un bambino di 5 anni. Nemmeno durante il suo
funerale scese la calma sul paese della Locride, e solo il pronto intervento
delle forze dell’ordine evitò l’ennesima sparatoria. Per la “risposta” non si
dovette attendere a lungo: bastarono due settimane. Il 4 gennaio a San
Luca fu ucciso un pastore già noto alle forze dell’ordine, Bruno Pizzata, 59
anni. Due mesi dopo la faida tornò a colpire, anche se senza fare vittime: era
il 6 marzo quando, in una sorta di azione dimostrativa, alcuni sconosciuti
spararono 21 colpi di kalashnikov contro il portone di una palazzina. Il 21
maggio poi fu ucciso Rocco Aloisi, 56 anni, titolare di un bar nella frazione
Bosco San t’Ippolito di Bovalino, mentre il 12 luglio successivo a perdere la
vita sotto il fuoco dei sicari fu un bracciante agricolo, Giuseppe Campisi, 35
anni, ucciso a Bianco, in provincia di Reggio Calabria. Poi il 3 agosto scorso,
sempre a San Luca, l’omicidio di Antonio Giorgi, 56 anni. Undici giorni dopo la
strage in Germania, a Duisburg, dove furono sei le persone a cadere sotto i
colpi di mitraglietta sparati dai killer davanti al ristorante-pizzeria `Da
Bruno´ di proprietà della famiglia Strangio: Tommaso Venturi, 18 anni,
Francesco e Marco Pergola di 22 e 20 anni, Francesco Giorgi, 17 anni, Marco
Marmo, 25 anni, e Sebastiano Strangio di 39 anni. Secondo l’analisi degli
investigatori, i due clan, che possono contare su cento uomini l’uno, su una
prima linea di 70 persone e su decine di `soldati´ in grado di sparare,
tentarono per la prima volta una tregua nei mesi successivi alla mattanza di
Carnevale del ’91, quando persero la vita Francesco Strangio e Domenico Nirta.
L’accordo prevedeva che chi aveva sparato, Antonio Vottari, avrebbe avuto salva
la vita a patto che lasciasse San Luca . Vottari però restò e per questo fu
ucciso il 25 luglio del ’92, il volto massacrato da 12 colpi: ogni famiglia
avversaria gli aveva sparato un colpo in faccia. Il primo maggio dell’anno
successivo a morire sotto i colpi dei killer furono Giuseppe Vottari e Vincenzo
Puglisi. Poche ore dopo fu la volta di Antonio Strangio e Giuseppe Pilia. Nel
1993 la tregua arrivò grazie all’intercessione di una cosca esterna a San Luca,
i De Stefano di Reggio Calabria. Dodici anni dopo, però, con l’omicidio di
Antonio Giorgi, dei Nirta-Strangio, quella tregua si ruppe di nuovo. A
deciderlo fu, secondo gli investigatori, Francesco Pelle, alleato dei Vottari
che, rientrato in paese, volle ridiscutere gli equilibri che fino ad allora
avevano mantenuto la pace. Pelle, ferito nell’agosto del 2006, finì sulla sedia
a rotelle. In risposta a quell’agguato, sarebbe stata uccisa Maria Strangio,
anche se il vero obiettivo era il marito Giovanni Luca Nirta.
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Le agenzie battevano…Sabato 6 aprile
2013Omicidio nella tarda serata di ieri a Bovalino. Omicidio nella tarda serata
di ieri a Bovalino, Reggio Calabria, dove un uomo di 30 anni, Alfredo Izzo,
agli arresti domiciliari, è stato colpito mortalmente al volto da un colpo di
fucile caricato a pallettoni ed esploso davanti alla porta della propria
abitazione. Il killer pare fosse una sola persona che è poi scappata a
piedi. Sul caso sta indagando la polizia
del commissariato di Bovalino che per ora segue la pista della vendetta in
ambienti criminali
06/04/2013 10:52
Ucciso davanti casa a fucilate
Alfredo Izzo, 30 anni, era agli
arresti domiciliari. Il killer si è dileguato a piedi
Bovalino (Reggio Calabria) - Un uomo di 30 anni,
Alfredo Izzo, è stato assassinato nella tarda serata di ieri a Bovalino, nel
Reggino. La vittima, che era agli arresti domiciliari, è stata uccisa mentre si
trovava davanti alla porta della propria abitazione. Izzo è stato colpito al
volto con un colpo di fucile caricato a pallettoni, esploso da una persona che
si è poi dileguata a piedi. La vittima è morta sul colpo. Le indagini sono
state avviate dagli investigatori del commissariato di polizia di Bovalino, che
non escludono che il movente possa essere collegato a una vendetta maturata in
ambienti criminali.
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Tanto per citare, ma si potrebbe continuare per un bel
po’, senza voler criminalizzare niente e nessuno chiaramente. Bovalino
fondamentalmente se non nella stragrande maggioranza della popolazione, è una
cittadina intelligente, laboriosa ed onesta. Ma nessuno, si sogna di dire, che
a Bovalino,( non c’è
un cinema, non c’è un teatro, non c’è una libreria, neanche nei due centri
commerciali, e di locali dove i giovani possano ritrovarsi la sera nemmeno
l’ombra) … la mafia non esiste; è solo un’invenzione dei
giornalisti…”. Il
procuratore aggiunto della DDA di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, durante la
presentazione del libro “Fratelli di sangue”, scritto a quattro mani con il
professore dell’Università, giornalista-scrittore Antonio Nicaso, disse che la proliferazione di supermercati nel
reggino è connessa il più delle volte ad attività di riciclaggio. Si pensi al
“Parco degli Ulivi” di Rizziconi del quale era socio l’imprenditore Nino
Princi, ucciso nel maggio 2008, e nel quale riciclava il denaro per conto della
‘ndrina dei Rugolo. I centri commerciali, è dunque risaputo, funzionano a
volte da lavatrici di denaro sporco proprio per la loro capacità di muovere
grosse quantità di denaro contante e di emettere scontrini a raffica. Il ferimento di Francesco Marzano, 37 anni, per le
modalità d’esecuzione e per la quantità di piombo impiegato assomiglia pari
pari, ad un attentato di stampo mafioso. A parte, che sul territorio,
controllato dai clan della ‘Gramigna’, spara solo chi comanda e decide; tipo il
capocrimine della cosca ics, ipsilon, zeta, che arma la mano dei killers.
Tranne, quei singoli casi, in cui ci sia di mezzo, l’onore della famiglia così
detta, normale. Si parte dalle indagini tradizionali, miste con quelle moderne,
interrogatori, controllo dei pregiudicati della zona, alibi orario, guanto di
paraffina; e prima ancora con i blocchi stradali volanti e perlustrazione del
territorio. L’operaio non ha saputo o voluto fornire elementi probanti se non
utili alle indagini. Nemmeno ha saputo dire se i killers fossero due o tre.
Pare che non abbia visto nulla e che nemmeno se ne sia reso conto dell’agguato.
Come dire che l’omertà che cuce le bocche a doppia mandata, per paura di
vendette e rappresaglie, regni sovrana. In una zona ad alta densità mafiosa,
poi. Le indagini come detto partono in salita; in assenza anche di testimoni.
Nessuno ha visto niente; nessuno dice nulla. Si tende addirittura a
classificare il tentato omicidio, come
una ‘sparatina’ di poco conto. Un…giochino fra ragazzotti. Tutto questo, proprio
mentre lunedì 16 giugno 2014, i
giudici della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria,
hanno condannato a trent’anni di reclusione il boss Francesco Barbaro, di 58
anni, e Antonio Papalia, 75 anni, ritenuti l’esecutore materiale ed il mandante
dell’omicidio del brigadiere dei carabinieri Antonino Marino, avvenuto il 9
settembre 1990 a Bovalino, durante i festeggiamenti della Madonna, rimase
ferito anche il figlioletto. Il nome di Barbaro quale mandante dell’ omicidio del
brigadiere Marino, era stato fatto dal pentito della “Gramigna” Nino Cuzzola del
clan dei Paviglianiti di San Lorenzo ( RC).
Domenico Salvatore
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