Integrazione europea e istituzioni religiose
tra una singolarità confessionali e gli Ordinamento dello Stato
di Micol Bruni
"Chi volesse trovare nei processi di integrazione europea, o nei trattati che hanno dato vita all'Unione Europea un'idea forte della religione, o una definizione alta della libertà religiosa, rimarrebbe deluso".
Così esordisce Carlo Cardia nel suo Ordinamenti religiosi e ordinamenti dello Stato (Il Mulino,2003). Proseguendo la lettura del testo possiamo comprendere che l'aspirazione all'unità europea nasce da una grande sconfitta morale e politica, definita, principalmente, una sconfitta mondiale. Proprio per questo, l'unità europea
costituisce un'àncora di salvezza per gli uomini del vecchio continente e in questa prospettiva l'Europa appare come un focus - geopolitico di una serie di spazi a variabilità normativa.
Lo spazio più ampio (in termini quantitativi perché raccoglie 44 Stati, ovvero quelli che si riconoscono nella Convenzione del 1950) appartiene al Consiglio d'Europa, costituito a Londra il 5 maggio del 1949, e fondato sulla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Roma il 4 novembre 1950.
Un ulteriore spazio che si riconosce all'Unione Europea è il cosiddetto Spazio Comunitario( comprensivo di 15 Stati ma presto ne conterrà 25) il quale è composto dal Parlamento europeo preposto alla elaborazione della normativa comunitaria, dal Consiglio dei Capi di Stato che adotta decisioni per l'Unione e emana direttive e regolamenti, dalla Commissione che ha poteri esecutivi e dalla Corte di Giustizia che valuta la coerenza dell'ordinamento comunitario.
Un ulteriore spazio è occupato dalla Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), cui partecipano 42 Stati. Tra le sue strutture dobbiamo ricordare l'Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti dell'Uomo, con sede a Varsavia cui è affidato il compito di promuovere il rispetto dei diritti umani.
La Convenzione del 1950 e la Corte dei diritti umani di Strasburgo hanno dato il contributo più diretto affinché nei singoli ordinamenti europei si affermassero i principi di laicità e libertà religiosa. Infatti, nell'art.9 della stessa Convenzione si afferma che ogni persona ha il diritto alla libertà di pensiero e di religione e alla libertà di manifestarle, qualora, però, queste manifestazioni vadano a ledere le misure di sicurezze o di ordine pubbliche, sono soggette a delle restrizioni. Da ricordare è la Sentenza Kokkinakis del 1993, dove si afferma che la libertà di pensiero, di religione e di coscienza sono elementi essenziali per forgiare la vita dei credenti ma sono, anche, un prezioso contributo per gli atei, gli agnostici, gli scettici e gli indifferenti.
Inoltre non possiamo distogliere l'attenzione dalle libertà di culto, delle quali se ne sono occupate, per citare qualche esempio, la Corte di Strasburbo e la Corte di Lussemburgo. Per la prima si può citare il caso di un obiettore di coscienza che in quanto tale si è visto escludere dalla lista dei possibili vincitori di un concorso, per la seconda si fa riferimento alla Sentenza Prais del 1997.
Così , nel 1984 il Parlamento Europeo ha approvato una Risoluzione con la quale si proponeva agli Stati membri della Comunità un'azione comune di fronte alle diverse infrazioni della legge compiute da recenti organizzazioni che operano al riparo delle libertà religiose. A riguardo alcuni Paesi hanno affrontato la questione drasticamente. Come in Russia con la l.1 ottobre 1997, e in Polonia con la l.17 maggio 1989 n.153.
Per quanto riguarda il concetto di istituzioni religiose dobbiamo ricordare che esse non ricevono un riconoscimento formale ma possono iscriversi presso un registro tenuto dalle cellule de prospective a condizione che possano presentare un'organizzazione virtualmente radicata nello spazio dell'unione o che costituiscano chiese rilevanti. L'iscrizione non comporta, però, un riconoscimento formale ma permette di entrare in un cosiddetto circuito dialogante.
Fino agli anni Sessanta le confessioni religiose erano considerate e definite giuridicamente come delle fortezze normative, con giurisdizione e potestà disciplinare sui propri fedeli. Alle competenti autorità ecclesiastiche, in passato, era riconosciuto il potere di negare i sacramenti o di allontanare da un luogo di culto coloro che si trovassero in una posizione canonica irregolare. Con il tempo le cose sono cambiate e ora si punta a un rapporto tra Chiesa e Stato, in particolar modo ad una autonomia riconosciuta, appunto, alle chiese per quanto riguarda l'autogoverno e i rapporti con i propri fedeli.
Un tempo si riteneva che i provvedimenti ecclesiastici fossero dotati di esecutività. Oggi ,questo, non si può più affermare perché in caso di inadempimento da parte dell'interessato l'autorità confessionale deve ricorrere alla sede giudiziaria civile per ottenere una sentenza e far eseguire il provvedimento il quale può andare incontro all'annullamento o alla revoca se richiesti dall'interessato.
Le confessioni religiose sono, in particolar modo, istituzioni di tendenza perché pongono dei vincoli di lealtà e fedeltà che, spesso, coincidono con il rapporto di lavoro.
Uno degli ambiti per cui lo Stato cerca di limitare l'autonomia è il sostentamento del clero, materia disciplinata dalla 1.222 del 1995. Lo Stato interviene (con un finanziamento dell'85%) per garantire che i sacerdoti cattolici fruiscano di una remunerazione sufficiente. Qualora essi abbiano un lavoro ricevono la differenza di quanto gli spetta o nel caso di cappellani militari non recepiscono niente perché possiedono uno stipendio elevato.
Le istituzioni religiose non possono negare l'esistenza di singolarità confessionali. Quella territorialmente più vicina a noi è la Città del Vaticano ma non dobbiamo dimenticare altri esempi come la Politeia Ortodossa del Monte Athos e la Repubblica di Andorra.
Lo Stato Città del Vaticano ancora oggi viene definita giuridicamente come una realtà extracomunitaria e l'elemento permanente della sua Costituzione è che egli rimanga soggetto al potere del Pontefice. Infatti, la sola funzione che svolge è nei confronti della Santa Sede.
Esiste un regolamento generale del personale vaticano risalente al 1995 dove si afferma che i dipendenti vaticani svolgono, appunto, un'azione nei confronti del Sommo Pontefice e qualora la loro condotta contrasti con i principi morali possono verificarsi provvedimenti disciplinari o se i comportamenti risultano essere esagerati si può andare incontro anche al licenziamento.
La Città del Vaticano ha numerosi dipendenti che prestano il loro servizio negli immobili extraterritoriali concessi dall'Italia alla Santa Sede nel 1929.
La Città del Vaticano ha una giurisdizione penale (tribunali e carceri propri) e può condannare attraverso il codice penale del 1929 e da norme contenute nella Legge vaticana sulle fonti del diritto del 1929.
Per l'art.22 comma 1, del Trattato del Laterano a richiesta della Santa Sede e per delegazione l'Italia provvederà nel suo territorio alla punizione dei delitti, salvo quando l'autore del delitto si sia rifugiato nel territorio italiano allora si provvederà con la legge italiana. Utilizzare, però, la giurisdizione penale nella Santa Sede potrebbe ledere l'immagine di questa, infatti, nel caso dell'attentato a Giovanni Paolo II nel 1981 la Santa Sede ha trasferito il caso allo Stato italiano. Bisogna porre l'attenzione al caso in cui un delitto è commesso in Piazza San Pietro quando è aperta al pubblico e quando l'autore è stato fermato da polizia italiana. Tenendo presente l'art. 3 del Trattato quando S. Pietro è aperta al pubblico resta soggetta ai poteri della polizia italiana e quindi l'autore del delitto, catturato da questa, è soggetto alla legge italiana senza bisogno di alcuna delega, se, invece, il delitto viene commesso quando S. Pietro è chiusa al pubblico è necessaria una delega da parte della Santa Seda allo Stato italiano.
La Politeia Ortodossa del Monte Athos possiede un regime giuridico tramandato dall'impero bizantino, poi sotto la dominazione ottomana fino al 1912, poi presso la Grecia, prima per intervento militare poi con il Trattato di Pace del 1920.
L'origine del Monte Athos risale al 958-963, quando dopo la fondazione della laura da parte di Atanasio, si avvia la colonizzazione monastica. Una serie di monasteri si radica nel territorio. Athos ben presto si arricchisce perché si afferma la legge della manomorta, ovvero tutto ciò che entra nel territorio non può essere alienato. La ricchezza raggiunta in poco tempo, però, provoca lassismo, già individuato nel 1052 da un'inchiesta di Costantino Monomaco e denunciato dall'arcivescovo di Tessalonica nel suo De emendanda vita monastica.
Le comunità del Monte Athos si affermano fino alla conquista di Costantinopoli da parte dell'impero ottomano che si potrae dal 1453 al 1920. Le comunità atine sono governate prima dal protos poi dal XVII secolo dagli anziani. Il sultano agisce attraverso un supervisore turco che risiede a Karye e che viene remunerato e mantenuto dai monaci. L'Accademia atina nel XVIII secolo diviene il punto di riferimento per la formazione delle giovani generazioni greche.
I monaci atini prendono parte direttamente ai moti rivoluzionari per l'indipendenza della Grecia, conquistata nel 1821 ma l'annessione alla Grecia del territorio atino avverrà soltanto dopo il primo conflitto mondiale.
Bisogna aspettare il 10 maggio 1924 per conoscere lo Statuto del Santo Monte Athos che cristallizza la composizione delle comunità monastiche in venti santi monasteri. Lo Statuto prevede una sanzione doganale per tutte le merci importate dai monaci residenti ad Athos. È interdetto il commercio di opere d'arte e solo la Santa Comunità può fondare una tipografia.
Il territorio del Monte Athos è riservato ad uomini monaci appartenenti alla Chiesa ortodossa d'oriente.
Storicamente legata al Monte Athos è la pratica ascetica dell'esicasmo che si fonda sulla pratica del respiro sospeso, alternato all'espirazione che viene ripetuta per lunghi lassi di tempo e accompagnata dalla ripetizione della preghiera di Gesù. L'applicazione costante di questa dottrina mistica può portare ad una sorta di estasi attraverso la quale il soggetto entra in una luce incerta che alcuni identificano con la vista dai discepoli di Gesù sul monte Tabor. I seguaci di tale pratica intendono trovare nella totale immobilità fisica e intellettuale, guardandosi fissamente l'ombelico, l'unione diretta con Dio. Secondo altri provocherebbe unicamente uno stato di benessere. Questa dottrina difesa da Gregorio Palamas, fu combattuta duramente dal monaco di origine calabra, Barlaam. La disputa con implicazioni politiche, divise l'impero per dieci anni (1341- 1351) contribuendo a indebolirlo di fronte ai turchi.
Tenendo presente l'analisi della Città del Vaticano e quella del Monte Athos notiamo come abbiano un elemento comune, ovvero entrambe possiedono un origine storica che risale al primo millennio. Diverse sono invece le differenze. La prima vede la formazione del potere temporale dei papi e costituisce uno Stato nel quale possono risiedere dipendenti o parenti di questi. La seconda, invece, vede l'affermarsi del monachesimo ortodosso, è un territorio della Grecia nel quale possono risiedere individui di sesso maschile che appartengono alla Chiesa ortodossa d'oriente.
Infine parliamo della Repubblica di Andorra le cui origini risalgono all'819. Il nome viene dato da Napoleone nel 1806 ma la sua denominazione ufficiale è Co-principato, denominazione che deriva dalla Costituzione del 1994.
Il processo di formazione dell'autonomia risale a quando il Vescovo di Urgell vede nella famiglia Caboet la possibilità di mantenere il feudo. Quando Arnaldo di Caboet nel 1159 trasmette i suoi diritti alla figlia Emerinda di Castelbò che aveva sposato il conte di Foix si determinò il passaggio da una casata ad un'altra. Dopo la Convenzione arbitrale tra il Conte di Foix e il Vescovo di Urgell del 1278 i poteri del Conte passano ai principi di Béarn e al re di Navarra, dopo la sua ascesa al trono Navarra ricade nuovamente nelle mani del conte.
Il Co-principato di Andorra che sino ai primi anni novanta del secolo scorso viveva "immerso in un ancien regime"(C. Cardia, op.cit.) ha adeguato il proprio ordinamento ai principi e ai valori della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950.
In Andorra, ancora oggi, però, uno dei due co-principi è per diritto il Vescovo di Urgell della diocesi di Urgell, nominato dalla Santa Sede, e l'altro è il Presidente della Repubblica francese.
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