Crisi? Uno sgradevole “refrain” da rifuggire per molti, ma non per tutti. Una ricerca 'World Wealth Report 2013' svela infatti che nell’ anno 2012 il numero dei superfortunati globali è aumentato, in decisa controtendenza rispetto al normal people che arranca e fatica ad arrivare a fine mese. A beneficiare della controtendenza sono stati un nucleo ristretto di nababbi che, anche grazie alle speculazioni borsistiche ed immobiliari, hanno potuto accrescere la loro già cospicua fortuna. Secondo il report del WWR, il numero dei privilegiati della pecunia (da almeno un milione di dollari) ha raggiunto quota 12 milioni nel mondo, con patrimoni che hanno toccato il record di 46.200 miliardi complessivi. E a ben vedere anche i paperoni nostrani non sono rimasti con le mani in mano se il ranking mondiale ci ha riservato un ragguardevole decimo posto che - come spiega la ricerca – presenta un saldo positivo del 4,5%, arrivando a quota 176 mila soggetti con una ricchezza complessiva di 336 miliardi di dollari, che consente di conservare la posizione rispetto all'anno precedente.
E secondo uno studio di Capgemini e Rbc Wealth Management, la ripartizione di portafogli dei milionari è abbastanza variegata con una decisa predilezione verso gioielli, pietre preziose e orologi (32%), seguiti da immobili (29%) e investimenti a reddito fisso (22,1%). Ma tirano anche automobili, imbarcazioni e vari oggetti di lusso da collezione (19%). Altra attrattiva strategica è l’arte che impegna circa il 17% del monte ricchezza. Nulla di stupefacente però, poiché è proprio nel periodo di crisi che i facoltosi hanno la possibilità di concludere gli affari migliori sfruttando il cash flow derivante dai loro patrimoni, massimizzando così i profitti (quasi a dismisura). I nomi dei paperoni sono “quasi” top secret. Per la barriera della privacy, ovviamente.
Ma è ovvio che proprio a questi 176 mila connazionali “eletti” che si guarda fiduciosi, poiché potrebbero rappresentare la soluzione o quantomeno il conforto per la pletora sconfinata che compone l’ esercito dei disoccupati, giovani e meno giovani, che attendono un segnale positivo che giunga ad invertire una tendenza vorticosa che sembra non avere fine. Una forza inattiva che solo nei primi tre mesi di quest’anno ha toccato la quota record del 12,8%, la più alta da 36 anni, mentre il buco nero della disoccupazione giovanile - tra i 15 e i 24 anni - ha raggiunto il primato assoluto sfondando il muro del 41,9%.
Cosa vuol dire tutto ciò? E’ la conferma dell’inclinazione tendenziale, rimarcata ancor di più in questi periodi di stagnazione e recessione, che fa sì che la ricchezza si concentri in maniera ciclica e stringente sempre nelle mani di una elite di privilegiati. Una sorta di club da continenza finanziaria che ha vocazione esclusiva che le previsioni future rendono sempre più rosee, atteso che la fortuna globale di questi facoltosi è destinata ancora a crescere (almeno di un ulteriore 6,5% nel prossimo triennio) in deciso contrasto con l’ andamento economico generale delle altre classi sociali, specie le più modeste, che sferzate dalle incertezze dei tempi e da una costante debolezza contrattuale ne accentuano ancor di più, se possibile, le incomprensibili ragioni di lotta di classe, che – sempre più spesso registriamo - sfociano in una intenzionale quanto inevitabile spirale di ingiustizia sociale.
Giuseppe Campisi
E secondo uno studio di Capgemini e Rbc Wealth Management, la ripartizione di portafogli dei milionari è abbastanza variegata con una decisa predilezione verso gioielli, pietre preziose e orologi (32%), seguiti da immobili (29%) e investimenti a reddito fisso (22,1%). Ma tirano anche automobili, imbarcazioni e vari oggetti di lusso da collezione (19%). Altra attrattiva strategica è l’arte che impegna circa il 17% del monte ricchezza. Nulla di stupefacente però, poiché è proprio nel periodo di crisi che i facoltosi hanno la possibilità di concludere gli affari migliori sfruttando il cash flow derivante dai loro patrimoni, massimizzando così i profitti (quasi a dismisura). I nomi dei paperoni sono “quasi” top secret. Per la barriera della privacy, ovviamente.
Ma è ovvio che proprio a questi 176 mila connazionali “eletti” che si guarda fiduciosi, poiché potrebbero rappresentare la soluzione o quantomeno il conforto per la pletora sconfinata che compone l’ esercito dei disoccupati, giovani e meno giovani, che attendono un segnale positivo che giunga ad invertire una tendenza vorticosa che sembra non avere fine. Una forza inattiva che solo nei primi tre mesi di quest’anno ha toccato la quota record del 12,8%, la più alta da 36 anni, mentre il buco nero della disoccupazione giovanile - tra i 15 e i 24 anni - ha raggiunto il primato assoluto sfondando il muro del 41,9%.
Cosa vuol dire tutto ciò? E’ la conferma dell’inclinazione tendenziale, rimarcata ancor di più in questi periodi di stagnazione e recessione, che fa sì che la ricchezza si concentri in maniera ciclica e stringente sempre nelle mani di una elite di privilegiati. Una sorta di club da continenza finanziaria che ha vocazione esclusiva che le previsioni future rendono sempre più rosee, atteso che la fortuna globale di questi facoltosi è destinata ancora a crescere (almeno di un ulteriore 6,5% nel prossimo triennio) in deciso contrasto con l’ andamento economico generale delle altre classi sociali, specie le più modeste, che sferzate dalle incertezze dei tempi e da una costante debolezza contrattuale ne accentuano ancor di più, se possibile, le incomprensibili ragioni di lotta di classe, che – sempre più spesso registriamo - sfociano in una intenzionale quanto inevitabile spirale di ingiustizia sociale.
Giuseppe Campisi

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