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Reggio Calabria. Cisterna determinato a chiedere la revoca dell'archiviazione: “voglio il processo!”


REGGIO CALABRIA. "La Procura della Repubblica di Reggio Calabria revochi la richiesta di archiviazione nei miei confronti e chieda il rinvio a giudizio. Sono disposto al giudizio immediato perchè si arrivi a sentenza". E' la richiesta choc del magistrato Alberto Cisterna, ex numero due della Direzione nazionale antimafia nei confronti del quale il gip del Tribunale di Reggio Calabria ha emesso un decreto di archiviazione per l'accusa di corruzione in atti giudiziari. La Dda reggina gli aveva contestato, sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, di avere aiutato il fratello Maurizio Lo Giudice che era detenuto e soffriva di anoressia in cambio di soldi che l'altro fratello Luciano Lo Giudice gli aveva lasciato intendere di avergli versato.
Il magistrato ha convocato una conferenza stampa in cui ha spiegato i fatti contestatigli e accusando inquirenti e investigatori di non avere svolto le indagini con accuratezza, anzi sarebbero stati omessi atti importanti. Cisterna ha depositato una denuncia venerdì scorso al Procuratore generale di Reggio Calabria. ''Ho già detto che trovo i contenuti del decreto di archiviazione non accettabili ossia non conformi a un minimo di verità che ritengo indispensabile in questa vicenda. Capisco - ha proseguito - che l'unico rimedio che mi è dato da cittadino e da indagato è quello di riaprire le indagini e andare a sentenza. Voglio che su questo processo vi sia una pronuncia dei giudici con tutte le prove, tutti i testimoni portati in aula, coi pentiti e con chiunque voglia venire a parlare di questa vicenda. Io sono disponibile, lo chiedo, vorrei dire lo pretendo ma so che il termine è sbagliato. Moralmente credo mi sia dovuto, portarmi in aula e processarmi per il reato di corruzione''. Il reato contestatogli, ha aggiunto, è “inesistente”. ''Il punto che pongo è decisivo: la legge dice che tutto quello che viene raccontato dai collaboratori deve essere raccontato entro 180 giorni dall'inizio della collaborazione. Una volta si diceva dovessero essere solo i fatti indimenticabili. Ora, siccome la caratura criminale, i fatti di cui parla il collaboratore di giustizia Lo Giudice Antonino sono quelli che sono, non credo che la mia corruzione possa essere un fatto dimenticabile''. Il magistrato pone dubbi sulla valenza delle dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice che lo ha accusato. Il collaboratore ha parlato del dottor Cisterna in un memoriale oltre i 180 giorni che la legge prescrive per la stesura del verbale illustrativo. ''Siccome ne ha parlato oltre i 180 giorni, dopo avere subito delle contestazioni -ha sostenuto Cisterna- chiedo di sapere se la legge deve essere applicata in questo caso e chiedo di sapere se non debbano essere fatte delle valutazioni sulla sua attendibilità e non debba subirne le conseguenze visto che è un fatto sicuramente indimenticabile qual’è la corruzione di un magistrato''.
Nei giorni scorsi l'ex numero due della Direzione nazionale antimafia Alberto Cisterna ha depositato una denuncia alla Procura generale in relazione alla vicenda in cui è stato indagato. Lo ha reso noto nella conferenza stampa convocata questo pomeriggio presso la sala convegni dell’Assindustria reggina in cui ha chiesto la riapertura delle indagini e il rinvio a giudizio, in luogo dell'archiviazione, per potersi difendere in un regolare processo. ''Mi sono lamentato del fatto - ha spiegato ai giornalisti - che sono stati sentiti decine e decine di ragazzi dandone notizie sulla stampa, mi sono lamentato del panico che queste comunicazioni di massa hanno suscitato nelle famiglie di questi ragazzi, mi sono lamentato della circostanza che tutto questo proviene da un magistrato che è stato trasferito da mesi alla Procura di Bologna (parla di Beatrice Ronchi) e continua a occuparsi della mia vicenda con la terza proroga di applicazione sul mio caso che viene stimato di particolare ed eccezionale complessità. Io non so - ha proseguito Cisterna - perchè non abbia diritto a un processo normale con un pubblico ministero normale di questa città, chiunque esso sia, e che non ci sia un'obbligazione, per così dire, di risultato. Qui non è che uno viene applicato perchè deve portare a casa qualcosa. Preferisco che vengano rispettate le regole e che mi sia dato il pubblico ministero che la Costituzione prevede”.
Cisterna poi ha riferito sulla fuga di notizie del 17 giugno 2011. “Non credo che la responsabilità sia dell’allora procuratore capo di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, non ne avrebbe avuto alcuna ragione. - ha commentato così la fuga sulla sua iscrizione nel registro degli indagati per l'ipotesi di corruzione - La notizia poteva farla uscire il giorno dopo o per nulla. Mentre la contemporaneità ha una manina diversa che non è quella del procuratore Pignatone''. Sul Corriere della Sera in prima pagina comparve un articolo in cui si dava notizia dell'indagine con alcuni stralci dei verbali del pentito Antonino Lo Giudice che accusava l'allora vice di Pietro Grasso alla Direzione nazionale antimafia. Cisterna ha sostenuto che l'articolo fosse stato confezionato ''a freddo'' già da diversi giorni e pubblicato lo stesso giorno in cui l'allora procuratore di Reggio Calabria Pignatone e il sostituto Beatrice Ronchi avrebbero interrogato il magistrato nella sede della Dna in via Giulia a Roma.
La scelta del luogo dell'interrogatorio, ovvero il suo ufficio, è un atto che Cisterna ha detto di avere apprezzato.''Non nego di avere chiesto più volte l'avocazione di questo processo, di avere contestato il ruolo del Procuratore della Repubblica, del procuratore aggiunto, del sostituto procuratore, di avere addotto il fatto. Per adesso nessuno si è sognato di dirmi che ho detto il falso''. Secondo la sua ricostruzione, sarebbero stati commessi errori e omissioni importanti a sua discolpa. ''Addirittura - ha spiegato Alberto Cisterna - sono imputato di calunnia non perchè il funzionario di Polizia non ha commesso gli errori gravi che ho segnalato, ma perchè avrei dovuto capire che erano semplici errori. Io - ha sottolineato - penso che non lo siano. Penso che sia stato fatto apposta. Non si è mai visto uno che risponde di calunnia perchè doveva immaginare che avesse sbagliato. Lo ritengo un ottimo funzionario di Polizia, uno dei migliori. Quindi se ha sbagliato, non ha sbagliato in maniera incolpevole dal mio punto di vista''. Pino D'Amico

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