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Giullemani dal campo sportivo di Cosoleto

Si erano impossessati di un campo di calcio, donato alla parrocchia di Cosoleto e l'avevano trasformato in un terreno agricolo, ma nessuno aveva fatto denuncia, neanche il prete. Alfonso e Girolamo Alati, di 53 e 28 anni, padre e figlio, sono stati arrestati dai carabinieri di Palmi e Cosoleto per estorsione al termine di un'inchiesta coordinata dalla Procura di Palmi. I due, per l'accusa, avrebbero minacciato ed intimidito chi ha provato a reagire.

COSOLETO (RC) GIULLEMANI DAL CAMPO SPORTIVO !
Domenico Salvatore


Siamo in Calabria. In provincia di Reggio Calabria. Nel mandamento tirrenico, uno dei tre, assieme a quello Jonio e l’altro ‘della città’ (di Reggio Calabria), altrimenti detto di centro, che riuniti danno luogo alla “Provincia”, l’organo supremo di autogoverno della ‘ndrangheta. Dove ognuno, fa quel che gli pare. Ma impadronirsi del campo sportivo con la forza, il ricatto e le minacce (questo sarà la magistratura di Palmi diretta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo a stabilirlo o meno, sulla base del rapporto informativo, inviato dai Carabinieri, che indagano), è davvero inusuale; non è cosa di tutti i giorni. Di scippi a Cosoleto, ne sono stati fatti, in passato. Compresi i fucili dei malcapitati cacciatori, ma uno  stadio addirittura, è cosa nuova. Sebbene le cronache, si siano occupate di cose del genere capitate in altri centri. Non è infatti la prima volta e nemmeno la seconda, che gli sportivi e le comunità, vengano depredati delle strutture sportive, così faticosamente conquistate.”Qui in Calabria, quando sono in vita, i boss usano il calcio per ‘lavare’ i soldi sporchi e per acquisire consenso sociale. Diventano dirigenti delle squadre, come a Rosarno, e talvolta scendono in campo con la fascia di capitano, come a Cittanova. Qui in Calabria, quando muoiono, ai boss viene dedicato un minuto di silenzio prima dell’inizio delle partite, come a Locri e a San Luca, ( fonte www.tgcom24.mediaset.it il 21 novembre del 2011). A testimoniarlo sono le inchieste della magistratura e gli articoli dei giornalisti coraggiosi.

Ma qui in Calabria, c’è anche tanta voglia di voltare pagina. Oltre mille persone hanno accolto ieri la Nazionale di Prandelli che nel pomeriggio si è allenata a Rizziconi su un campo di calcetto costruito su un terreno sequestrato (1994) e poi confiscato (2000) a ‘Zio Paperone’. Non è il personaggio dei fumetti ma il soprannome di Teodoro Crea, potente capobastone già arrestato nel 2006, che ora in attesa di giudizio gira indisturbato per le vie del paese e dorme nella sua villa a via Carignano. A ‘cento passi’ Don Pino De Masi di ‘Libera’ anima una scuola calcio per ragazzi dai 6 ai 14 anni. Ieri hanno incontrato i loro idoli con i pari età dell’Atletico Zen di Palermo, giunti da queste parti per un gemellaggio tra ‘piccoli calciatori antimafia’. Poche ore tinte di azzurro, alla presenza del presidente della Figc Giancarlo Abete, del sottosegretario all’Interno Guido Viceconte e di una rappresentanza del gotha politico e sportivo calabrese. Su uno dei palloni consegnati alla Nazionale dalla Commissione regionale contro la ‘Ndrangheta, presieduta da Salvatore Magarò, c’era scritto ‘Dai un calcio al pizzo- il pizzo è una palla al piede’.

 A Tgcom Don Pino ha descritto a caldo, a margine di una riunione con Don Luigi Ciotti e altri referenti di ‘Libera’, il significato di questo evento….” dopo la prima inaugurazione del 13 maggio 2003 sul campetto nessuno andava a giocare e poi è stato distrutto da vandali. Grazie all’impegno dei funzionari prefettizi, si è arrivati alla seconda inaugurazione, avvenuta il 22 maggio 2007, ma anche in quell’occasione sono successi dei fatti poco chiari. Si è stentato a trovare un autista che guidasse lo scuolabus e nei giorni precedenti tutte le ditte contattate dal Comune (sciolto in questi anni due volte per mafia ndr) si erano rifiutate di fare le pulizie, fatte poi dalla cooperativa sociale ‘Valle del Marro- Libera Terra’. Nonostante queste difficoltà siamo riusciti a dare ai nostri giovani una grande possibilità di riscatto”.  Il calcio dilettantistico, nel Mezzogiorno d’Italia, non ha avuto mai vita facile. Anche lo scrivente, è dovuto passare sotto le forche caudine dello scippo, in paese. Ci cascò il mondo addosso. Per noi ragazzini, era l’unico spazio sacro. Il solo recinto, dove si potesse dialogare, confrontare e crescere. Un flash dell’agenzia AdnKronos  del  2011 denunciava …”E' allarme rosso sulle infiltrazioni della malavita nel calcio. Sette societa' del campionato di Eccellenza pugliese sono direttamente controllate dalla malavita che ha ''piazzato'' nei club propri uomini -sotto indagine per associazione a delinquere di stampo mafioso- nel ruolo di amministratore, socio o addirittura direttore sportivo.

La denuncia, presentata nel corso di una conferenza organizzata a Roma da Lex Giochi sui rischi di frode nelle competizioni sportive, e' del Procuratore capo di Lecce, Cataldo Motta. "Le infiltrazioni nelle societa' calcistiche si fanno sempre piu' preoccupanti -spiega a Agipronews- e per questo Figc e Prefettura di Lecce stanno studiando un protocollo cui aderire, per ora su base volontaria, che prevede la presentazione della certificazione antimafia per chi lavora nei club calcistici. Speriamo che l'iniziativa presto si trasformi in una legge, visto che la malavita ha ''puntato'' il calcio per un paio di motivi: e' un formidabile strumento di riciclaggio del denaro sporco e consente di compiere azioni di marketing e di ricerca del consenso presso l'ampio popolo dei tifosi. Un doppio beneficio su cui occorre intervenire al piu' presto". Cosa analoghe a tante regioni. Come ha detto il procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria Nicola Gratteri, oggetto anche dei suoi fortunati lavori letterari, in coppia con il giornalista-scrittore Antonio-Nicaso, che non dovrebbero mancare da nessuna biblioteca scolastica. Altro discorso è il capro espiatorio dei preti. Sebbene i Don Abbondio, non siano mancati, in questa terra. A fare l’eroe, al di là dell’esercizio del ministero sacerdotale, ci hanno provato più di dieci. Tre sono stati ammazzati a colpi di pistola lupara e mitra. Gli altri sono stati presi a pugni e calci e botte da orbi, oppure gli hanno bruciato la macchina ed il motorino e bucato le ruote; se non il portone o la canonica. Ma una ventina, se non di più, non hanno mai denunciato, questo è vero. I ‘bravi’, di manzoniana memoria, non si chiamano... ”

Il Carlotto, Il Biondino ed Il Nibbio o Il Griso, ma esistono anche oggi; e sono anche peggiori di quelli di ieri. Come pure i “Don Rodrigo e suo cugino il conte Attilio”. Ma non si può fare di tutte le erbe un fascio. Già, portano la Croce, come il Cireneo e porgono l’altra guancia. Mentre altri doppiogiochisti e voltagabbana, che hanno responsabilità maggiori, si nascondono dietro il dito, se ne stanno con le gambe a cavalcioni e fanno spallucce e boccucce. E sghignazzano sulle disgrazie altrui. Domenico Salvatore




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