Piranesi ritrovato
L'ideologia del bene comune per la città
Inaugurazione giovedì 13 dicembre 2012 ore 17
Cagliari, Centro comunale d'arte e cultura Il Ghetto
dal 13 dicembre al 14 aprile 2013
Piranesi ritrovato
L'ideologia del bene comune per la città
Inaugurazione giovedì 13 dicembre 2012 ore 17
Cagliari, Centro comunale d'arte e cultura Il Ghetto
dal 13 dicembre al 14 aprile 2013
"Piranesi ritrovato", due mostre al Ghetto e al Palazzo di Città. Una
scoperta, un grande nome, una città contemporanea. Un percorso di
riflessione sui testi e contesti urbani del passato, del presente e
del futuro nato dalla riscoperta delle opere di uno degli artisti più
visionari, Giovanni Battista Piranesi, con oltre mille stampe
conservate nella Biblioteca del Dipartimento di Architettura
dell'Università di Cagliari e ora ritornate alla luce dopo quasi cento
anni.
Un consistente fondo di incisioni di cui si era persa memoria che ha
generato tre mostre legate tra loro a doppio nodo: al Museo di Belle
Arti di Bilbao, al Centro Comunale d'Arte e Cultura il Ghetto e al
Palazzo di Città di Cagliari. Un progetto avvolgente che mescola i
grandi territori dell'arte che oggi appaiono sempre più imponderabili
e viaggia nel segno di Giovanni Battista Piranesi e della memoria
visionaria.
Il progetto espositivo Piranesi ritrovato. L'ideologia del bene comune
per la città, curato dalla professoressa Maria Grazia Scano Naitza,
allestito al Ghetto, offre ai visitatori la possibilità di conoscere e
apprezzare una parte dell'opera incisa del grande artista. La mostra è
divisa in 5 sezioni distinte: la prima sezione sui Capricci o
Grotteschi, la sezione 2 sulla sua più celebre opera de Le Carceri, la
sezione 3 riprende la prima parte di Architetture e prospettive, la
sezione 4 riporta parte delle antichità romane, e nell'ultima sezione
sono presentate Le rovine del Castello dell'Acqua Giulia - diverse
maniere - vasi – candelabri.
Il Palazzo di Città ospiterà invece Piranesi ritrovato. Segni del
paesaggio urbano, mostra curata da Anna Maria Montaldo e Gabriella
Locci. L'esposizione è il risultato dei lavori di un gruppo
selezionato di artisti chiamati, durante un workshop curato da Casa
Falconieri, a guardare la città cercando una nuova visione ispirata a
Giovanni Battista Piranesi. Gli artisti sono Andrea Casciu, Veronica
Gambula, Vincenzo Grosso, Andrea Hilger, Caterina Lai, Ignacio Llamas,
Gabriella Locci, Paolo Ollano, Roberto Puzzu, Giovanna Secchi, Alberto
Spada, Andrea Spiga, e la città di Cagliari.
Il titolo della mostra, Piranesi ritrovato, si riferisce alla
riscoperta nei cassetti della Biblioteca della Facoltà di Architettura
di un consistente fondo di incisioni, di cui si era persa memoria. Il
fondo, costituito inizialmente da circa milletrecento stampe, per la
maggior parte contenute in cartelle, altre presenti come fogli
sciolti, fu acquisito nel 1916 dall'allora Real Museo dell'Università
di Cagliari, in un momento storico difficile in cui, tuttavia, le
istituzioni statali investivano fortemente nella formazione culturale,
soprattutto relativamente a quella di ingegneri e architetti. A questo
scopo, in quegli anni, la Calcografia Nazionale provvide a una
tiratura massiccia di stampe dalle lastre del Piranesi e alla loro
distribuzione ai Musei e ai Gabinetti dei disegni e delle stampe
annessi alle Biblioteche nazionali. Il fondo da cui sono tratte le
opere in mostra, conservato nella Facoltà di Architettura, fu
acquisito in coincidenza con una fase di rinascita dell'incisione
originale in Italia e in Europa. La Sardegna era pienamente partecipe
di questa temperie: artisti come Giuseppe Biasi, Mario Delitala,
Stanis Dessy, Remo Branca, Carmelo Floris e Felice Melis Marini
lavoravano in campo xilografico e calcografico per affermare
attraverso le immagini un'idea di Sardegna diversa da quella
accreditata in Italia in quel momento, e per rivendicare la
specificità dell'identità sarda.
L'esposizione cagliaritana, che si svolge in gemellaggio con quella
organizzata dalla Casa Falconieri al Museo de Bellas Artes di Bilbao
dal titolo Giovanni Battista Piranesi, la memoria visionaria (con
duecentocinquantasei opere tratte dallo stesso fondo), intende offrire
ai visitatori la possibilità di conoscere e apprezzare una piccola
parte dell'opera incisa del grande artista.
Architetto quasi privo di commissioni, appassionato cultore di
archeologia, l'acquafortista Giovanni Battista Piranesi, nato a
Mogliano di Mestre nel 1720 e morto a Roma nel 1778, pur con salde
radici nell'arte e nella cultura del suo tempo, resta una figura
isolata, proiettata verso soluzioni inedite, in bilico tra le
vertigini prospettiche di un barocco fantastico, il rigore scientifico
di una formazione di architetto, il sublime del grandioso e le
suggestioni surrealiste ante litteram. Incisore "originale", ovvero
autore sia del disegno sia del procedimento tecnico dell'incidere, fu
artista difficile e problematico, caro ai romantici inglesi,
amatissimo dagli specialisti dell'incisione. Le sue innovazioni nella
tecnica dell'acquaforte consistono nell'impiego di ripetute coperture
di vernice protettiva su cui apportare nuovi segni prima di procedere
a una seconda morsura della matrice dovute all'esigenza di ottenere
ombre più profonde di quelle consentite dalla morsura piana, come si
vede se si confrontano la prima e la seconda versione delle babeliche
e inquietanti Carceri, la serie più nota della sua amplissima attività
nel settore calcografico. Anche nelle Carceri il suo estro fantastico
si nutre delle suggestioni dell'antico, inteso innanzitutto come
romanità nell'accezione più ampia, come civiltà che assorbe non solo
la cultura etrusca e italica, ma anche quella egizia. Nella concezione
di Piranesi l'antico non coincide con l'idea del "classico".
L'antichità è per lui "luogo" pieno di fermenti e di inquietudini, in
cui trovano spazio il simbolo e le valenze misteriosofiche
dell'esistente, come è chiaro nei quattro giovanili Capricci che si
prestano a letture in chiave ermetica. Questo dato culturale riaffiora
continuamente nelle incisioni del Piranesi. La sua visione non si
ferma al fascino delle rovine e alla loro sublime imponenza, non si
limita, come avevano fatto Luca Carlevaris per Venezia e Giuseppe Vasi
per Roma, agli aspetti meramente estetici, ma li supera per analizzare
scientificamente i metodi costruttivi, gli aspetti strutturali, la
funzione pratica e sociale delle "grandi opere" romane, quali i ponti,
le strade, le terme, la cloaca massima, gli acquedotti.
Nella querelle che si sviluppa soprattutto negli anni Cinquanta del
Settecento sulla superiorità dell'arte greca su quella romana,
Piranesi prende lucidamente posizione a favore di Roma. Il grande
artista ricerca il segreto della grandiosità dei monumenti romani
attraverso l'esame diretto: da archeologo consumato li seziona, misura
e sviscera studiandoli sin dalle fondamenta, analizzando murature e
metodi costruttivi e ricomponendo il tutto con artifici prospettici
che li collocano nella tersa luce dei cieli di Roma.
La sua alta concezione della civiltà romana, che si allinea
all'analisi storica svolta nei suoi scritti da Giovambattista Vico, è
sorretta da una forte passione civile, come risulta con estrema
chiarezza dagli scritti che accompagnano le raccolte delle sue
incisioni. La sua idea della magnificenza dell'architettura romana è
tutt'uno con quella della sua destinazione pubblica, mirata al "bene
comune".
Più in generale si può concludere che la mostra vuole offrire spunti
di riflessione sull'idea della città espressa dal Piranesi, per trarne
insegnamenti utili anche altrove nel nostro tempo. Sebbene Cagliari
non sia paragonabile alla Roma caput mundi dell'antichità classica né
alla Roma del Settecento, imprescindibile meta degli artisti europei,
resta valida la lezione piranesiana che è compito degli intellettuali,
degli urbanisti e degli architetti salvaguardare la memoria storica e
finalizzare il loro impegno al "bene comune".
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