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Cyberbullismo, tante vittime lo nascondono ai genitori

E’ il dato più allarmante svelato da un’indagine presentata agli Stati generali di pediatria, organizzati dalla Società italiana di pediatria e dalla Polizia di Stato. ‘Difendersi da soli’ e ‘subire senza far niente’ le soluzioni più scelte dai ragazzi


Cyberbullismo fenomeno sempre più diffuso tra i giovanissimi, eppure la maggioranza delle vittime non ne parla con gli adulti. E’ quanto emerge dall’indagine ‘Abitudini e stili di vita degli adolescenti 2014’ presentata oggi agli Stati generali della pediatria, organizzati dalla Società italiana di pediatria e dalla Polizia di Stato, in collaborazione con Facebook in occasione della Giornata mondiale del bambino e dell’adolescente dedicata al tema ‘Bambini sicuri dalla strada alla rete’.
Il rapporto svela che il 31% dei tredicenni (35% delle femmine) dichiara di aver subito atti di cyberbullismo e ben il 56% di avere amici che lo hanno subìto. Insulti, persecuzioni e minacce su social network (39,4%), in chat (38,9%) o tramite sms (29,8%) sono le modalità prevalenti con cui si compiono atti di bullismo online, seguite dall’invio o pubblicazione di foto o filmati (15%) e dalla creazione di profili falsi su Facebook (12,1%).
Nel corso dell’iniziativa, alla quale hanno preso parte gli studenti delle scuole di Roma, risulta che il comportamento di gran lunga prevalente tra le vittime di cyberbullismo è quello di ‘difendersi da soli’ (60% dei maschi e 49% delle femmine). A distanza seguono:
  • Ho informato un adulto (genitore, insegnante…)   16,8%
  • Ne ho parlato con un amico/a                                14,2%
  • Ho subito senza fare niente                                   11,7%
  • Denuncia (con i genitori) alla Polizia Postale          3,2%
Da questi dati emerge che sommando il ‘difendersi da solo’ con il ‘subire senza far niente’ si arriva ad un 70% di ‘non emersione’ del fenomeno. E se si considera anche chi si limita a confessare la cosa ad un amico/a, la percentuale di casi che non arriva a conoscenza di un adulto di riferimento sfiora l'85%.
Emerge inoltre un atteggiamento incoerente tra teoria e pratica. Infatti quasi la metà degli adolescenti che non sono mai stati vittime di bullismo dichiara che, qualora lo fosse, informerebbe un adulto. Questo scostamento tra intento teorico e comportamento effettivo è stato sempre osservato anche nel bullismo tradizionale, ma è molto più significativo nel cyberbullismo. Questo perché riferire una prepotenza subita nell'ambito dei rapporti reali è più facile, in quanto può essere circoscritta al singolo o a limitati episodi. Fare emergere invece una persecuzione attraverso Internet costringe la vittima ad aprire ai genitori tutta la propria vita sui Social, mettendo inevitabilmente in luce uno storico di atteggiamenti e comportamenti complessivi che raramente un adolescente ha facilità a rendere noti ai propri genitori, nella maggior parte dei casi estranei al funzionamento e al linguaggio della rete.

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