Il ciclo
del viaggio è compiuto Mio capitano
Non c’è più Robin
Williams, l’attore nella tradizione tra letteratura e cinema…
d Pierfranco Bruni
Non c’è più Robin
Williams… Prima di ricordarlo ricordandomelo ho taciuto per ore.
Anche con me stesso. Ha legato il cinema alla letteratura e la letteratura
all’estetica del sogno, morte, viaggio metafisico abitando proprio quella
metafisica cara alla mia cultura: da Eliade a Guenon a Zambrano alla magica –
alchimia, all’ironia, alla commedia, al teatro, al piccolo ormai grande
schermo… Mai affidandosi alla leggerezza inutile, banale, superflua nella vita
dei nostri scavi di esistenza…
Da Dante al Santo Graal, dal mito greco al mito
del mondo dei faraoni e la rosa dell’attimo è un simbolo barocco che vive la
vita del barocco in quel viaggio che compie il segno di verrà la morte e sempre
avrà gli occhi della vita… I tuoi occhi…
Fu proprio Robin
Williams a farmi rileggere e rileggere e poi rileggere quella “Divina Commedia” di Dante Alighieri che
ho sempre ammesso di non amare.
Fu lui a
permettermi di entrare in una reinterpretazione di William Shakespeare e di insistere per una
rappresentazione teatrale sul mito di Orfeo ed Euridice, che in tempi istituzionali imposi e
fu un trionfo…
Fu lui a condurmi, già in età matura, a scavare
tra la morte e il sogno… Con un film che avevo scommesso di non vedere e poi
non ho più scommesso su nulla perché l’ho rivisto dieci volte… Dieci volte per
capire il Dante Alighieri che mi sforzo di renderlo senza ipocrisie… Ma
ipocrita resta, il Dante…
Chi, alla fine, mi convinse nel 1998 di vedere
quel film aveva perfettamente ragione… In una Roma di una sera d’estate…
Ha la magia e l’alchimia del sogno, ma anche gli
archetipi della morte, la volontà di morire dopo aver perso le vite dei figli e
dopo essersi perso nell’Inferno del Dante da me odiato e così giunge il sogno
che si fa teatro di un’esistenza…
Quel film si chiama: “Al di là dei sogni”, ovvero “What Dreams May Come”, diretto da Vincent Ward
e tratto dal romanzo omonimo di Richard
Matheson edito nel 1978.
In questo romanzo, infatti, c’è tanto Dante e molto
Shakespeare, quello de “Amleto”,
tanto che il titolo è chiaramente ripreso dalla recita di una vita del monologo
straordinario, nella prima scena, che apre il teatro moderno.
Lì, ho dovuto dare ragione alla persona che per
settimane mi aveva assillato per accompagnarla a vedere questo Williams.
Da quella sera è stato un ricercare le
citazioni, le frasi, i dialoghi e gli altri film del Robin che ho apprezzato,
stimato e amato tra un incastro perfetto tra cinema, attore, ribalta, scena e
retroscena e letteratura.
Già conoscevo parecchio della sua produzione ma
quel film mi immalinconiva… E non voli neppure, appena uscito vederlo per la
mia Rubrica sul quotidiano sul quale
scrivevo.
E non mi sono fermato a quella sera e quindi non
mi sono fermato a rivedere soltanto quel film. Sono anche andato alla ricerca
di tutto ciò che avevo perso sino a quella data e delle recensioni scritte, da
me, sui film precedenti.
Ho rivisto più volte il famoso “L’attimo fuggente” del 1989, che a suo tempo avevo recensito per il
“Secolo d’Italia”, quando scrivevo per la pagina Cinema e Letteratura.
Quell’attimo fuggente che è il saper cogliere lo splendore di una rosa
proprio mentre sta cedendo agli attimi che penetrano il sogno di mezza estate.
Ancora Shakespeare, ma soprattutto Orazio.
Sempre e ovunque “Carpe diem…”.
Ma tu mio caro
Robin sei andato oltre…
Ho riletto quella recensione. Non cambierei
nulla. Una cultura che si fa tradizione e la tradizione che è educazione con lo
straordinario canto – recita di “O Capitano Oh mio Capitano”, che ho recitato,
in silenzio, in solitudine, io lui (il mio capitano) e mia madre, a mio padre
prima di salutarlo per l’ultimo suo viaggio.
Un saluto: “Oh!
Capitano, mio Capitano, il tremendo viaggio è compiuto,/La nostra nave ha
resistito ogni tempesta: abbiamo conseguito il premio desiderato”, che da Walt Whitman
ci porta a Cesare Pavese e da Pavese a Franco Califano di “Ok papà”.
Così arrivai a “Risvegli” del 1990 con Robert De Niro. Un altro film che si deve
alla letteratura e alle memorie di Oliver Sacks
dell’omonimo libro. E poi al Santo Graal de “La leggenda del re pescatore” del 1991 nel ciclo alto del mondo
arturiano. Film che ho recensito ancora per il giornale e per giornali sui
quali scrivevo.
Ricordo la bellezza della leggenda, perché ogni
linguaggio è una leggenda e mai una leggerezza. Sì, mai una leggerezza,
soltanto i mediocri scrittori o gli scrittori che resistono sino a quando
resistono i libri deviati pensano che la letteratura e la vita siano un
attraversamento di leggerezze…
Soltanto la mediocrità è leggerezza.
Il resto è grandiosità, immensità, profondità,
estetica del senso e degli orizzonti…
Gli scrittori alla Calvino non hanno capito
nulla della letteratura…
Ancora le grandi tradizioni che campeggiano tra
la parola e il cinema.
E così giungo a “Jumanji” del 1995. Una splendida storia e interpretazione, la cui sceneggiatura
è tratta ancora da un romano, omonimo il titolo, di Chris Van Allsburg del 1981.
E poi avanti avanti negli anni e ancora avanti
sino a “Una notte al museo” del 2006 -2007.
E ancora avanti con “Una notte al museo. La fuga” del 2009, ovvero “Una notte al museo 2” .
E ancora “Una
notte al museo 3 – Il segreto del faraone” che è del 2014.
Un film che uscirà negli Stati Unita d’America
nel dicembre del 2014, mentre in Italia vedrà la luce nel 2015, mese febbraio.
Insomma c’è sempre un segreto nella vita degli
uomini.
Anche in chi nasce recitando, in chi fa della
vita dannunziamente un rapporto tra letteratura e cinema. E oltre. Ma Robin è
al di là dei sogni in quell’attimo fuggente che riesce ad ascoltare O Capitano
e che noi, in silenzio, accompagniamo il suo silenzio con:
“Esultino le sponde e suonino le campane!
Ma io con passo dolorante
Passeggio sul ponte, ove giace il mio Capitano caduto freddo e morto”.
Ma io con passo dolorante
Passeggio sul ponte, ove giace il mio Capitano caduto freddo e morto”.
Resto molto legato a Robin
Williams e a quella persona che mi ha permesso di leggerlo – vederlo
– immaginarlo oltre il mio mestiere di critico letterario e cinematografico di
un tempo di passaggio che ormai è stato…
La sua morte mi isola, mi rende isola e nella
solitudine non posso che rileggere i versi che ho letto a mio padre in quella
notte dove soltanto io e mia madre siamo rimasti a vegliare il capitano nostro…
“La nave è ancorata sicura e ferma ed il
ciclo del viaggio è compiuto…”.
1 Commenti
ADDIO MIO CAPITANO ...
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