Libera. Associazioni,
nomi e numeri contro le mafie, comunica…”Hanno provato a costringerlo a ballare
la tarantella, in segno di sottomissione. Lo hanno offeso e tentato di
intimidirlo, invitandolo ad abbandonare la festa. La sola presenza di Giuseppe Trimarchi
in Piazza 25 Aprile a Canolo ha scatenato la reazione di chi non tollera
l'espressione della libertà, le prese di posizione antindrangheta, l'impegno
per la cultura, la solidarietà, la civiltà, la democrazia. Quanto accaduto la
sera del 10 agosto durante la "Festa del pane" è l'ennesimo atto di
una strategia intimidatoria contro chi lotta per un'alternativa concreta.
C'eravamo anche noi mentre Giuseppe veniva accusato per le sue scelte, mentre
gli veniva contestato minacciosamente di avere scritto parole sbagliate. Non lo
abbiamo lasciato solo nella Piazza di Canolo, a manifestare il diritto di
partecipare alla vita del paese. Siamo stati al suo fianco e continueremo a
farlo. Perché siamo tutti noi ad essere stati minacciati per aver rifiutato un
certo modello culturale, per aver deciso di parlare, di raccontare, di
denunciare. Siamo convinti che le feste di paese siano di tutti e non di chi le
ha finanziate. Crediamo che la vita politica e culturale di un luogo appartenga
a chi lo vive e non a chi lo gestisce. Siamo convinti che ballare la tarantella
sia un momento di gioia collettiva, di tradizione, ma soprattutto di libertà.
Giuseppe è da sempre tra noi e con noi, le sue scelte sono le nostre, e quel
territorio è terra che appartiene ad ognuno di noi. È questa la nostra cultura:
vogliamo una Calabria libera e consapevole e non smetteremo di lottare neanche
di fronte alle minacce. Stopndrangheta.it, Arci Comitato Territoriale RC,
Libera Locride, Calabria Solidale, Libera Piana, Recosol Calabria, Collettivo
Nuvola Rossa Villa San Giovanni, Gianluca Congiusta onlus, Libera Reggio
Calabria, Libera Calabria”. L'edizione del 2014 organizzata dall'ASPI KANALIS
CANOLO, PANE,
TARANTELLA E ‘NDRANGHETA…”AMICU, ‘MBASCIA ‘A CRISTA, ‘CHÍ, TI STA’ ‘LLARGANDU TROPPU!”
Domenico Salvatore

Ed il “locale” Canolo è il “locale” del D'AGOSTINO Raffaele (condannato
nel procedimento “IL CRIMINE”, in primo grado, con rito abbreviato – e quindi
sconto di pena – a 5 anni e 6 mesi), con stretto legame alla Liguria... ma soprattutto
è il “locale” al cui vertice, come detto, vi è il RASO Giuseppe detto “avvocaticchio” (condannato nel procedimento
“IL CRIMINE”, in primo grado, con rito abbreviato – e quindi sconto di pena – a
5 anni e 4 mesi), fratellastro
del GULLACE Carmelo a capo della cosca nel Nord-Ovest del
paese. Quando il RASO
chiamava per i summit mascherati da cerimonie di varia natura il GULLACE e
tutto il verminaio dal Nord scendeva obbediente. Ed è proprio
il RASO “Peppe” Giuseppe
che era affiancato, prima dell'arresto, dal fratello del GULLACE Carmelo, il Francesco GULLACE detto “Ciccio”
(il terzo fratello, Elio GULLACE dopo essere stato arrestato con Rocco
PRONESTI', a Torino, con una pistola pronta a sparare, davanti all'ufficio del
Giudice Istruttore “condannato” a morte dal GULLACE Carmelo, si “dedica” ora
alle forniture di marmi - sic! - con la GIUMAR di Dolcedo a Imperia)... E'
proprio quel Francesco
GULLACE che in quella terra di Calabria, nella vecchia tenuta
del boss Francesco FAZZARI, con il “numero uno” della cosca
GULLACE-RASO-ALBANESE, RASO
Girolamo detto
“Mommo” e “il
Professore” (cugino dei GULLACE), se la facevano
sotto, di notte, quando “sentivano” i bambini ammazzati nella faida di
Cittanova con i FACCHINERI.Fu proprio il
RASO Giuseppe, ad esempio, che volle dare le “doti” all'Antonio RAMPINO, a capo
per lunghi anni, sino alla morte, con il fratello Franco RAMPINO, della
'ndrangheta in Liguria, come “capo locale” di Genova, legato al vecchio boss Francesco FAZZARI (gli
portava pure i soldi in contanti già nella vecchia casa di Genova, in via Vasto
De Gama), così come ai
GULLACE ed
MAMONE che videro la loro ascesa "imprenditoriale"
proprio dopo quel brindisi di Gino MAMONE, nel 1993, a Genova, con i boss
Franco RAMPINO e Carmelo GULLACE.E se si para di “doti” non si può
trascurare nemmeno che per il conferimento della “SANTA” al D'AGOSTINO Raffaele, a Canolo, erano
certamente presenti gli esponenti apicali del “locale” FILIPPONE Rosario e RASO Giuseppe.Le
bestie sono meglio di loro... Una cosa sola sono, da Canolo alla Piana di Gioa Tauro,
salendo su, verso Nord, passando da
Roma (dove c'è il “Mommo”, ovvero RASO Girolamo) e quindi
nella "colonia" chiamata Liguria (con
il GULLACE Carmelo e il suo verminaio – soprattutto tra Provincia di Savona e
Genova) e poi espandersi
sino alle alpi, come a Biella con il RASO Antonio, nel novarese
e torinese, e poi nella
pianura padana, dall'alessandrino con i PRONESTI', i SOFIO e
compagnia che fa spola con Palmi,
sino alla LOMBARDIA con il PRONESTI' ed i D'AGOSTINO... Per
citarne alcuni e senza entrare nei dettagli della rete in SPAGNIA, AUSTRALIA ed Oltre Oceano sia a sud che a nord
dell'equatore...Non hanno un briciolo di
umanità.
Tra i
principali protagonisti, con il gruppo del GULLACE Carmelo, della stagione dei
sequestri di persona a scopro estorsivo. Loro rapivano i bambini. Rendevano di più...
e poi si fregavano i soldi l'uno con l'altro. Li nascondevano sotto terra per
poi pagare in contanti le loro "spesucce" con banconote che puzzavano
di terra e naftalina, mentre le vite di quei bambini restavano segnate dal
terrore per tutta la vita.Canolo,
come anticipato, è da sempre considerato
il “regno” della famiglia D'AGOSTINO, che vide il proprio
esponente di spicco D'AGOSTINO
Antonio (cl. 1943), assassinato
a Roma il 2 novembre del 1976 al termine di un incontro di
'ndrangheta. Al vertice di quella famiglia vi era padre di Antonio, Nicola D'AGOSTINO, e
quindi il D'AGOSTINO
Domenico, Sindaco di Canolo, 'ndranghetista inserito anche in COSA
NOSTRA...Quel Nicola
D'AGOSTINO lo voleva morto ammazzato il boss Francesco FAZZARI (nel
frattempo sempre più legato al killer GULLACE Carmelo, a cui aveva promesso in
sposa la figlia Giulia FAZZARI che, con la sorella Rita, sarà l'intestataria
fittizia di tutti i beni e le imprese del padre, come documentato anche da una
lettera dello stesso Francesco Fazzari) che, in allora, scendeva in Calabria
spesso, soprattutto con Franco
RAMPINO. Lo
voleva morto perché ritenuto responsabile dell'attentato ad una sua pala FL14 che
teneva nella sua tenuta, rifugio e base logistica dei GULLACE-RASO-ALBANESE... Francesco FAZZARI incontro, in un bar, in
Calabria, Nicola e Totò D'AGOSTNO per un “chiarimento”... poi a Roma, un killer
uccise il Antonio D'AGOSTINO, se non ricordiamo male nella zona
dell'EUR... Lo chiamarono al telefono del locale ove si trovava per evitare
errori ed una volta individuato con certezza venne ammazzato. Ed il Francesco FAZZARI, subito dopo
l'omicidio, avrebbe commentato “La pala l'hanno pagata”.Sono proprio una cosa sola
questi luntruni... senza dubbio sono una sola enorme montagna di merda! E le
montagne di merda si possono e si devono spazzare via!”. La democrazia e la
libertà sono seriamente minacciate dai novelli dominatori, tiranni, dittatori. Lo Stato, attraverso le
sue articolazioni periferiche ed istituzionali, ha lanciato il sasso nello
stagno, da almeno mezzo secolo. Serve maggiore consapevolezza e presa di
coscienza. I procuratori della Repubblica, lo predicano da anni. Certe volte,
nel deserto dei Tartari. Una vox clamantis in deserto. La notizia di Canolo, è
su tutti i giornali cartacei e campeggia su quelli on line, radio e televisione
e le agenzie di stampa. ”Hanno provato a costringerlo a ballare la tarantella,
in segno di sottomissione. Lo hanno offeso e tentato di intimidirlo,
invitandolo ad abbandonare la festa. La sola presenza di Giuseppe Trimarchi in
Piazza 25 Aprile a Canolo ha scatenato la reazione di chi non tollera
l'espressione della libertà, le prese di posizione antindrangheta, l'impegno
per la cultura, la solidarietà, la civiltà, la democrazia….
”Pane,
amore e fantasia? Nooo! Vittorio De Sica, Gina Lollobrigida e Luigi Comencini
non c’azzeccano. Pane, tarantella e ‘ndrangheta! Questa vicenda è ambientata in
una zona bellissima della Calabria. Natura favolosa, verde, ossigeno. “Foreste
vergini della Calabria”. Forse, la casa di campagna del padre Giove. Un balcone
maestoso e solenne sullo Jonio. Ma basta spostarsi di qualche metro per
ammirare le Isole Eolie o Lipari, che sono dall’altra parte, sulla Costa
Tirrenica. Dice il Vangelo…”Pater Noster qui es in cælis:/sanctificétur nomen
tuum;/advéniat regnum tuum;/fiat volúntas tua,/sicut in cælo, et in
terra./Panem nostrum cotidianum/da nobis hódie;…”;… dacci oggi il nostro pane
quotidiano…”L'Associazione nazionale città del pane, fonte Wikipedia, è
un'associazione che raccoglie 50 comuni italiani di 15 regioni, interessati
alla valorizzazione dei pani tipici legati al loro territorio e alla tutela
della qualità del pane. Ha sede in piazza Garibaldi, 10 ad Altopascio, in
provincia di Lucca. L'associazione svolge un ruolo di coordinamento di
manifestazioni promozionali, di centro di documentazione e di diffusione della
cultura del pane e per la valorizzazione della cultura e della storia dei
comuni membri. L'Associazione è condivisione di principi e obiettivi. È
coesione e lavoro di gruppo per iniziative congiunte quali: tutela e promozione
del prodotto tipico; promozione della
cultura del pane; promozione del
territorio, inteso oltre i confini di un delimitato territorio, ma che ha come
riferimento un luogo preciso per tutte le attività dell'Associazione. Per
questo vuole realizzare, anche attraverso un centro di documentazione sul pane
ed intese con le associazioni dei panificatori: l'atlante dei pani italiani; i
programmi di educazione alimentare nelle scuole; la certificazione dei pani
delle città associate; la tutela del pane fresco artigianale; i progetti di
turismo enogastronomico legati al pane.”. Una sagra paesana? Basta entrare in
internet, c’è ti tutto, di più…Description.
…La “FESTA DEL PANE” permetterà di raccontare attraverso il pane ed
i suoi connubi con gli altri prodotti non solo i sapori, ma anche le culture e
i valori antropologici che essi rappresentano nelle identità locali. Scrive Carlo Macrì sul Corriere della Sera,
settore cucina…” Donne di oggi che rilanciano i mestieri
scomparsi. Eccole Laura, Rosanna, Daniela, Debora, Stella e Caterina, la
quintessenza della produttività femminile espressione di una capacità e
laboriosità che si estende da generazioni. Diversa l’età, uguale la tempra.
Vivono a Canolo, un comune aspromontano di 700 anime in provincia di Reggio
Calabria. Un paese albergo si potrebbe definire, cinto da pinete secolari e
vista mozzafiato. Da quassù lo Jonio sembra ad un passo. E lo è, infatti,
perché tra Canolo e la costa la distanza è poco più di 20 chilometri .
Mare-monti, una ricetta che le nostre donne hanno deciso di ripercorrere
riprendendo le antiche tradizioni culinarie, trattando la materia con la
metodologia d’un tempo e senza trasformazione alcuna, hanno pensato in
prospettiva considerando il ritorno agli antichi mestieri, ormai perduti, come
una delle possibili opportunità di lavoro in questo territorio. Prosciutti,
culatelli, ‘nduja, formaggi e conserve vengono prodotti dalle imprenditrici
dell’Aspro-monte come si faceva un tempo.
Allevano animali e dalle loro carni producono
prosciutti, culatelli, capocollo, pancetta, salsiccia e ‘nduja. Dal latte
ricavano formaggi e ricotta. Coltivano gli ortaggi e agrumi e utilizzano il
prodotto per conserve. E, soprattutto, sfornano il pane di un particolare tipo
di segale che cresce solo in queste zone. Tutto in maniera artigianale. E per
fare tutto ciò non hanno abbandonato la loro terra e neanche gli impegni
familiari. Prima di essere imprenditrici, sono, infatti, mamme e spose. Anzi
proprio le radici culturali e ambientali sono stati i principali datori di
lavoro di questo gruppo di donne eleganti e nello stesso tempo semplici,
tenaci, combattive e austere. Non sono certo «female breadwinners», non
sostengono la famiglia, ma sono parte principale delle loro aziende. Tutte al
femminile dove gli uomini hanno sì un ruolo, ma non certo di primo piano.
Nell’azienda agricola «Sapori antichi d’Aspromonte» Laura Multari, 42 anni, due
figli, Nicola e Daria, ci introduce nel salumificio di famiglia.
Nelle celle fanno bella vista i prosciutti San Canolo
pronti per essere spediti sulle tavole dei migliori ristoranti italiani. «Con
gli otto ettari di terreno di nostra proprietà non siamo in grado di fare una
grandissima produzione perché non abbiamo lo spazio per allevare i maiali» - si
rammarica Laura. L’azienda ha una forza lavoro di cinque unità, ma potrebbero
essere venti volte tante se la burocrazia facesse qualche sconto a chi ha idee
e arte tra le mani. Nonostante Canolo sia un comune aspromontano e quindi ricco
di praterie e terreni demaniali, vige il vincolo imposto dal Parco
d’Aspromonte. «Al Comune abbiamo chiesto da anni di poter utilizzare o
acquistare terreni in modo tale da allargare la nostra attività, ma è come se
non ci sentissero»– rimarca Laura, con l’arguzia di chi sa bene che
quest’opportunità potrebbe aprire nuovi scenari alla sua azienda. Attualmente
la produzione è bloccata a circa 500 prosciutti. Il tempo della stagionatura è
di 18 mesi. Si utilizzano carni di maiale bianco che vive allo stato brado e
inoltre si cibano di segale, grano e mais, prodotti dalla stessa azienda. Il
loro peso non supera i 200 chili e la macellazione avviene da ottobre a marzo.
Tradizionale anche la stagionatura del culatello, del capocollo e delle soppressate,
appesi al chiuso in stanze con tetto in tegole d’argilla per permettere
l’areazione e affumicate dal fuoco di un camino che rimane accesso 24 ore al
giorno. Debora, 16 anni, prima di andare a scuola prepara con la mamma, le zie
e nonna Stella il pane di segale esportato in tutta Italia Alla frazione
«Malivindi», sempre a Canolo, l’arte delle conserve è da sempre una tradizione
di famiglia a casa Caruso. La marmellata di bergamotto, sottaceti, crema di
peperoncino, origano, funghi, melanzane, pomodori sott’olio. Ma anche gli
insaccati di maiale. Il prodotto che però ha reso famose le sorelle Rosanna,
Daniela e Caterina è il pane di segale che esportano in tutt’Italia. A dar man
forte nell’attività le mani rugose di Stella, mamma delle tre sorelle Caruso e
quelle ancora tenere di Debora, sedici anni, studentessa all’Alberghiero. La
sveglia per lei suona alle cinque del mattino. Due ore di lavoro nel panificio
e poi di corsa a prendere il pullman per andare a scuola. «Mi diverto e sono
orgogliosa di lavorare nell’azienda di mia madre»- dice mentre gira la
macchinetta che insacca le budella di maiale.
Donne di oggi che rilanciano i mestieri scomparsi.
Eccole Laura, Rosanna, Daniela, Debora,Stella e Caterina, la quintessenza della
produttività femminile espressione di una capacità e laboriosità che si estende
da generazioni. Diversa l’età, uguale la tempra. Vivono a Canolo, un comune
aspromontano di 700 anime in provincia di Reggio Calabria. Un paese albergo si
potrebbe definire, cinto da pinete secolari e vista mozzafiato.”. La distanza è poco più di 20
chilometri. Mare-monti, una ricetta che le nostre donne, hanno deciso di
ripercorrere riprendendo le antiche tradizioni culinarie, trattando la materia
con la metodologia d’un tempo e senza trasformazione alcuna, hanno pensato in
prospettiva considerando il ritorno agli antichi mestieri, ormai perduti, come
una delle possibili opportunità di lavoro in questo territorio. Prosciutti,
culatelli, ‘nduja, formaggi e conserve vengono prodotti dalle imprenditrici
dell’Aspro-monte come si faceva un tempo.
Allevano animali e dalle loro carni producono
prosciutti, culatelli, capocollo, pancetta, salsiccia e ‘nduja. Dal latte
ricavano formaggi e ricotta. Coltivano gli ortaggi e agrumi e utilizzano il
prodotto per conserve. E, soprattutto, sfornano il pane di un particolare tipo
di segale che cresce solo in queste zone. Tutto in maniera artigianale. E per
fare tutto ciò non hanno abbandonato la loro terra e neanche gli impegni
familiari. Prima di essere imprenditrici, sono, infatti, mamme e spose. Anzi
proprio le radici culturali e ambientali sono stati i principali datori di
lavoro di questo gruppo di donne eleganti e nello stesso tempo semplici,
tenaci, combattive e austere. Non sono certo «female breadwinners», non sostengono
la famiglia, ma sono parte principale delle loro aziende. Tutte al femminile
dove gli uomini hanno sì un ruolo, ma non certo di primo piano. Nell’azienda
agricola «Sapori antichi d’Aspromonte» Laura Multari, 42 anni, due figli,
Nicola e Daria, ci introduce nel salumificio di famiglia. Nelle celle fanno
bella vista i prosciutti San Canolo pronti per essere spediti sulle tavole dei
migliori ristoranti italiani. «Con gli otto ettari di terreno di nostra
proprietà non siamo in grado di fare una grandissima produzione perché non
abbiamo lo spazio per allevare i maiali» - si rammarica Laura.
L’azienda ha una forza lavoro di cinque unità, ma
potrebbero essere venti volte tante se la burocrazia facesse qualche sconto a
chi ha idee e arte tra le mani. Nonostante Canolo sia un comune aspromontano e
quindi ricco di praterie e terreni demaniali, vige il vincolo imposto dal Parco
d’Aspromonte. «Al Comune abbiamo chiesto da anni di poter utilizzare o
acquistare terreni in modo tale da allargare la nostra attività, ma è come se
non ci sentissero»– rimarca Laura, con l’arguzia di chi sa bene che
quest’opportunità potrebbe aprire nuovi scenari alla sua azienda. Attualmente
la produzione è bloccata a circa 500 prosciutti. Il tempo della stagionatura è
di 18 mesi. Si utilizzano carni di maiale bianco che vive allo stato brado e
inoltre si cibano di segale, grano e mais, prodotti dalla stessa azienda. Il
loro peso non supera i 200 chili e la macellazione avviene da ottobre a marzo.
Tradizionale anche la stagionatura del culatello, del
capocollo e delle soppressate, appesi al chiuso in stanze con tetto in tegole
d’argilla per permettere l’areazione e affumicate dal fuoco di un camino che rimane
accesso 24 ore al giorno.
Debora, 16 anni, prima di andare a scuola prepara con
la mamma, le zie e nonna Stella il pane di segale esportato in tutta ItaliaAlla
frazione «Malivindi», sempre a Canolo, l’arte delle conserve è da sempre una
tradizione di famiglia a casa Caruso. La marmellata di bergamotto, sottaceti,
crema di peperoncino, origano, funghi, melanzane, pomodori sott’olio. Ma anche
gli insaccati di maiale.Il prodotto che però ha reso famose le sorelle Rosanna,
Daniela e Caterina è il pane di segale che esportano in tutt’Italia. A dar man
forte nell’attività le mani rugose di Stella, mamma delle tre sorelle Caruso e
quelle ancora tenere di Debora, sedici anni, studentessa all’Alberghiero. La
sveglia per lei suona alle cinque del mattino. Due ore di lavoro nel panificio
e poi di corsa a prendere il pullman per andare a scuola. «Mi diverto e sono
orgogliosa di lavorare nell’azienda di mia madre»- dice mentre gira la
macchinetta che insacca le budella di maiale. Il
Presidente Laura Multari…” Si è conclusa tra applausi e danze la IV
edizione della Festa del Pane. L’edizione del 2014 organizzata dall’Aspi
Kanalis di Canolo è stata caratterizzata dall’innovatività. Gli ospiti sono
stati accompagnati, infatti, fin dal pomeriggio attraverso un percorso di
degustazione e conoscenza dell’elemento principe delle tavole italiane: il Pane.
Walter Cricri dell’INAP ha guidato un’interessante degustazione coadiuvato da
Patrizia Pellegrini, naturopata, che ha spiegato agli ospiti i valori
nutrizionali dei vari tipi di pane. La Festa del Pane di Canolo non voleva
essere una semplice “sagra” del pane e, infatti, è stata un’occasione per
esplorare il mondo dei pani dell’Aspromonte. Sono stati presenti infatti,
oltre, ai produttori di Canolo anche produttori di Platì, Cittanova e Gerace .
Non solo pane, inoltre, quest’anno alla Festa del Pane ma esplorazione dei
Tesori del Parco peraltro esposti in maniera magistrale da parte degli
organizzatori. Tesori da conoscere, conservare, valorizzare, promuovere e
soprattutto sostenere per evitare che la memoria storica e identità di cui sono
depositari non vada persa. È stato, infatti, molto interessante riflettere
sulle opportunità di sviluppo per il territorio a partire dalle eccellenze
gastronomiche che lo stesso esprime. Gli ospiti istituzionali presenti nelle
persone del Sindaco Rosita Femia, l’Assessore provinciale all’Agricoltura
Gaetano Rao e il Presidente del Parco Nazionale d’Aspromonte Giuseppe Bombino,
il Vice Presidente di Coldiretti Gianluigi Hjeraci hanno, infatti, avuto modo
di confrontarsi sulle future strategie di sviluppo. Gli ospiti hanno, dunque,
avuto la possibilità di degustare un menù tipico e di farsi trascinare dalla
coinvolgente musica dei Quartaumentata. In questa storia c’entra l’Associazione
Libera. Più sotto diremo perché.
"Libera. Associazioni,
nomi e numeri contro le mafie" è nata il 25 marzo 1995 con
l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere
legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500
associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per
costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la
cultura della legalità. La legge sull'uso sociale dei beni confiscati alle
mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione,
i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le
attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera. Libera è
riconosciuta come associazione di promozione sociale dal Ministero della
Solidarietà Sociale.
Nel 2008 è stata inserita dall'Eurispes tra le
eccellenze italiane. Canolo
[ˈkaːnolo] (Kànalos in dialetto greco-calabro,
Cànulu in calabrese) è un comune italiano di 769 abitanti della provincia di
Reggio Calabria, in Calabria.CANOLO
Il nome Canolo
proviene dal greco καναλος (canale o fonte; latino canalis). Sono ricorrenti
tra il popolo anche le forme dialettali «Canalo», «Canalu», «Canulu». Geografia
fisica. Canolo si trova sui contraforti orientali dell'Aspromonte, sui Dossoni
della Melia, dai quali domina la locride. Il paese è situato al centro di due
canyon scavati nella roccia dalle fiumare Novito e Pachina. Il monte Mutolo
domina l'abitato con le sue caratteristiche vette dette “Dolomiti del sud” per
le loro forme. L'abitato di Canolo Nuova nata come conseguenza dell'instabilità
geologica del vecchio centro si trova invece sui piani della Melia al centro
dell'omonimo altopiano. Storia. Origine storica. Secondo l'ipotesi storicamente
più accettata la fondazione deve essere collocata ai tempi delle invasioni
saracene. Tra i secoli VII e IX la Calabria fu fatta oggetto da parte degli
arabi di dure invasioni che non sfociarono però in una occupazione duratura
(come in Sicilia) ma si limitarono a scorrerie e depredazioni. Nel 952 gli
arabi attaccarono la città di Gerace e costrinsero gran parte della popolazione
a rifugiarsi nelle zone più interne: è ipotizzabile che fu proprio in questa
occasione che prese vita il primo nucleo abitativo di Canolo.Passaggi feudali
ed elevazione a comune. Palazzo De Agostino. Per quanto riguarda la situazione
feudale ed amministrativa Canolo fece parte per lungo tempo del principato di
Gerace, ne fu casale e seguì la sorte che fu comune a tutti i piccoli territori
e villaggi, cioè passò di mano in mano nelle compravendite, nelle guerre e nei
giochi dei potenti, così appartenne ai vari rami dell'autorevole famiglia dei
Caracciolo, poi fu di Alberico da Barbiano, passò agli Aragonesi, in seguito
andò in mano a Stuart d'Aubugny e successivamente in quelle del Gran Capitano
Consalvo di Cordova, successivamente appartenne alla famiglia De Marinis e poi,
infine, ai Grimaldi. Nel 1783 fu colpito dal terremoto. Intorno al 1797 aveva
1570 abitanti e vi si praticava l'allevamento dei bachi da seta[3]. Il 19
gennaio 1807 Giuseppe Bonaparte emanò un provvedimento amministrativo che
classificò Canolo come università e con il nuovo assetto del 4 maggio 1811, ad
opera di Gioacchino Murat, Canolo divenne comune con aggregata la frazione di
Agnana. Tale assetto fu confermato da Ferdinando IV Borbone il 26 agosto 1816.
Agnana rimase frazione di Canolo fino al 1941.Disboscamenti, alluvioni,
terremoti. Particolare delle montagne sovrastanti Canolo. Il provvedimento del
12 agosto 1806 emanato dal governo napoleonico che rendeva i boschi di
proprietà pubblica diede l’inizio ad un disboscamento sfrenato delle zone
intorno a Canolo compromettendo così la già fragile stabilità geologica del
paese e, nonostante nel 1810 venisse creato il corpo delle guardie forestali e
l'Azienda delle Acque e delle Foreste le condizioni di Canolo erano oramai
sulla via del dissesto.
Numerosi
disboscamenti abusivi, dove spesso venne accertata anche la responsabilità del
guardaboschi, furono accertati in modo copioso e inutili furono i provvedimenti
per sconfiggere il fenomeno. Oltre ai disboscamenti la compromissione del
territorio di Canolo fu dovuta ai terremoti e alle numerose alluvioni che da
sempre, ripetutamente, si sono abbattute sul paese. Il sisma del 1783 Provocò a
Canolo due vittime, numerosi crolli e distrusse quasi completamente la Chiesa
di San Nicola, costruita esattamente trenta anni prima. Nel 1879 gli organi
provinciali fecero costruire un muraglione allo scopo di contenere lo
straripamento del Novito ed un cunicolo all'interno del paese allo scopo di
convogliare le acque piovane evitando che arrecassero danni alle strade e alle
case. La prima alluvione che spinse gli amministratori di Canolo a chiedere
agli organi provinciali la dichiarazione dello stato di calamità naturale si
verificò nella notte tra il 19 e il 20 ottobre 1880. Nel 1881 si verificò una
nuova alluvione, dovuta a ben cinque giorni di pioggia ininterrotta (dal cinque
al nove ottobre) che provocò seri danni al paese non ancora ripresosi
dall’alluvione dell’anno precedente. Addirittura il muro costruito nel 1879 fu
spazzato via e il cunicolo costruito per lo scolo delle acque si otturò Si
dovette aspettare il 1898 per costruirne uno nuovo. Le condizioni del paese
erano oramai precarie e nel 1889 furono incaricati i geometri Pietro Corrado e
Fortunato La Rosa di redigere una relazione in seguito alla quale
l’amministrazione chiese invano aiuti per la ricostruzioni agli organi
provinciali. Nel 1894 un altro terremoto distrusse completamente 12 case e
incrinò pericolosamente la cupola della chiesa, costringendo le autorità a
deciderne l’abbattimento. Nel 1905 si verificò un nuovo sisma e successivamente
nel 1907 un nuovo evento sismico provocò altri danni. Il terremoto del 1908
distrusse completamente 25 case e di nuovo la chiesa di San Nicola. L’alluvione
dell’ottobre 1951 provocò tre morti a Canolo e portò all’irrimandabile
decisione, emanata con il D.M. del 2 aprile 1952, di trasferire il paese sui piani
della Melia. Nacque così Canolo Nuova che divenne con il passare degli anni più
popolosa di Canolo centro che rimane tuttora il centro comunale ufficiale. Politica.
Viale Europa, il corso di Canolo Nuova. Il 4 dicembre 1886 venne ucciso
Giuseppe Severino, sindaco del paese da 15 anni. Nelle elezioni per la
costituente del 1946, si ebbe una lieve supremazia della DC ma si verificarono
delle polemiche in quanto molti elettori furono indotti all'errore dalla
frammentarietà della sinistra che portava ad avere sulla scheda simboli simili,
ad esempio falce martello e spiga in particolar modo ma anche la falce e
martello sul libro ed il sole del P.S.I.U.P.Un rilievo meritano anche gli
intrecci tra politica e malavita dei quali Canolo è stato protagonista. La figura
più carismatica è stata quella di Nicola D’Agostino, fattosi notare
nell’immediato dopoguerra per avere capeggiato i contadini di Canolo in una
rivolta agraria; divenne in seguito sindaco del paese per numerose legislature,
venendo poi sostituito dal figlio Domenico, nel 1975, decaduto nel 1977 e
resosi latitante in seguito all’incriminazione per aver partecipato alla strage
di Razzà. Tuttavia la vera mente criminale della famiglia era stato il fratello
di Domenico, Antonio, che riuscì a costruire un impero criminale presente oltre
che sul basso ionio calabrese, anche a Roma Genova, Torino e Milano, e che
venne ucciso a Roma nel 1976.” Domenico Salvatore
1 Commenti
Quante cazzate....avete rotto il cazzo con sta storia della lotta alla mafia..siete degli ascari al servizio del nemico, lo stato italiano, forcaioli del cazzo che non siete altro. I giudici sono la verità? Qualsiasi cazzata dicono è la verità? Ma andate a fare in culo voi e quei papponi di libera...
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