Il Concilio di Trento – anche in relazione alle posizioni quasi iconoclaste della Riforma protestante – affrontò nelle sue ultime sessioni ed in maniera succinta il problema dell'arte figurativa. Toccò quindi, poco più tardi, al Cardinale Gabriele Paleotti, che al Concilio prese parte, dettare nel "Discorso intorno alle immagini sacre e profane" i principi a cui dovevano attenersi gli artisti della Controriforma. Regole nelle quali incappò, per fare soltanto qualche esempio, il grande Michelangelo a proposito dei nudi del Giudizio Universale, Paolo Veronese a proposito di "Un'ultima cena" che venne esaminata dall'Inquisizione di Venezia anche attraverso un interrogatorio stringente dell'artista e Caravaggio che si vide respingere dai committenti non poche importanti tele giudicate poco consone al decoro (San Matteo e l'angelo, Morte della Madonna, Madonna dei Palafrenieri). Fin quasi alla prima metà del XVIII secolo l'artista dovette attenersi a tali regole stringenti poi, venuta meno la committenza della Chiesa e affermatasi una società laica e meno sensibile ai valori religiosi, egli ha, per così dire, ripreso la sua libertà creativa provocando una cesura tra la grande arte che, attraverso i movimenti artistici più significativi, ha caratterizzato l'Ottocento e il Novecento, e un'arte chiesastica di non grande respiro - pur realizzata da onesti artigiani - che adorna gli edifici religiosi degli ultimi due secoli con mosaici standardizzati e con affreschi semplici e quasi elementari.
Fu proprio un Papa, Paolo VI, nell'omelia durante la Messa degli artisti del 7 maggio del 1964, a quasi quattrocento anni dal Concilo di Trento, a riconoscere la cesura "Vi abbiamo fatto tribolare, perché vi abbiamo imposto come canone primo la imitazione, a voi che siete creatori, sempre vivaci, zampillanti di mille idee e di mille novità. Noi - vi si diceva - abbiamo questo stile, bisogna adeguarvisi; noi abbiamo questa tradizione, e bisogna esservi fedeli; noi abbiamo questi maestri, e bisogna seguirli; noi abbiamo questi canoni, e non v'è via di uscita…e allora il linguaggio vostro per il nostro mondo è stato docile, sì, ma quasi legato, stentato, incapace di trovare la sua libera voce. E noi abbiamo sentito allora l'insoddisfazione di questa espressione artistica. E - faremo il confiteor completo, stamattina, almeno qui -vi abbiamo peggio trattati, siamo ricorsi ai surrogati, all'«oleografia», all'opera d'arte di pochi pregi e di poca spesa…"e ad invitare gli artisti a riavvicinarsi alla Chiesa.
Tali considerazioni sul rapporto tra Chiesa e Arte Figurativa, tra Chiesa e artisti, tornano a proposito della presentazione al pubblico, promossa dalla Chiesa di San Giorgio al Corso e dall'Associazione Culturale Anassilaos, di una grande tela del giovane artista reggino Alessandro Allegra "San Luca che dipinge la Vergine" che si terrà martedì 17 giugno alle ore 19,00 presso la Chiesa di San Giorgio al Corso. All'incontro che si propone una rilessione sull'arte e sul rapporto tra l'artista e Dio, interverranno, oltre all'artista, Don Antonio Santoro e Stefano Iorfida.
Luigi Palamara
Giornalista, Direttore Editoriale e Fondatore di MNews.IT
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