Giorno 25 giugno 2014, presso il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione misure di prevenzione – si è tenuta l'udienza relativa al sequestro di una villa di rilevante pregio, sita in Baden ( Austria ) la cui stima per il dott. Stefano Musolino, rappresentante della pubblica accusa nel procedimento de quo, si aggirerebbe attorno ai cinquemilioni di euro. L'immobile predetto era stato oggetto di sequestro insieme ad altri beni a seguito di un procedimento mosso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di Claudio Lucia, arrestato in Spagna nel 2011. Presenti all'udienza gli avvocati Alessandro Mezzanotte del foro di Milano coadiuvato dall'avvocato Giuseppe Gentile del foro di Reggio Calabria in difesa di Ilie Vasile, cittadino rumeno imprenditore nel campo delle costruzioni industriali e terzo interessato in quanto titolare dei diritti afferenti il predetto immobile attualmente oggetto di sequestro ex articolo 2ter Legge 575/65; i difensori degli altri due soggetti coinvolti nello stesso procedimento, e cioè Claudio Lucia e Culda Camelia Ana, sono gli avvocati Domenico Infantino del foro di Palmi e Beatrice Saldarini del foro di Milano.
La difesa di Vasile Ilie ha avuto modo di precisare come di fatto il loro assistito non è soggetto indagato o imputato in alcun procedimento e che l'immobile sarebbe stato acquistato da Culda Camelia Ana e successivamente dalla medesima ceduto allo stesso Vasile Ilie a titolo di rimborso di un prestito che quest'ultimo le aveva erogato. Secondo la ricostruzione dei due difensori, il fabbricato non era più nella disponibilità di Claudio Lucia per come erroneamente asserito; grazie ad una scrupolosa produzione documentale, i legali del cittadino rumeno, hanno cercato di dimostrare come il fabbricato sito in Baden ( Austria ) è di proprietà esclusiva del Sig. Vasile Ilie, dunque per i difensori ingiustamente sequestrato.
Si attende a breve la decisione dell'onorevole Tribunale.
LA NOTIZIA CORRELATA
Sequestro beni
Beni per oltre 12 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza, congiuntamente ai carabinieri del Comando provinciale di Reggio, a esponenti di vertice della cosca Pesce di Rosarno. I provvedimenti sono emessi dal Tribunale di Reggio Calabria, Sezione misure di prevenzione su richiesta della Procura, come prosecuzione dell'operazione "All Clean" del 21 aprile scorso e riguardano aziende, immobili, denaro e titoli detenuti da appartenenti alla cosca in Lombardia, a Milano e Como, e in Calabria, in provincia di Vibo Valentia. Le persone destinatarie dei provvedimenti sono Salvatore Pesce, di 50 anni, inteso 'u babbu', fratello del capoclan Antonino, attualmente in carcere, padre di Giuseppina, la donna le cui dichiarazioni hanno portato alla disarticolazione della cosca, e Claudio Lucia indicato come il responsabile degli investimenti in Lombardia, arrestato lo scorso marzo in Spagna e attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia.
I finanzieri hanno posto i sigilli in Lombardia alla società cooperativa "Open Work" di Milano che si occupa di servizi alle attività di trasporto, alla "Break Sandwich" con sede a Como che si occupa di commercio ambulante di alimentari, "Giovanna Couture" che commercia in pellicce e abbigliamento in pelle. In Calabria sono stati sequestrati un negozio di abbigliamento a Vibo Valentia, sei laboratori per arti e mestieri a Ionadi e tre immobili a Mileto, nel vibonese; un vigneto a Rosarno e vari conti correnti, titoli, azioni, obbligazioni, certificati di deposito e assicurazioni. E' il referente della cosca Pesce di Rosarno per gli investimenti in Lombardia e all'estero ma è anche l'uomo di riferimento del clan per la gestione del racket e del settore del ristoro ambulante, Claudio Lucia, uno dei due destinatari dei provvedimenti di sequestro beni eseguiti da finanza e carabinieri tra Calabria e Lombardia. Agli atti delle indagini emerge, infatti, come Lucia, pur non essendo congiunto o appartenente al nucleo familiare dei Pesce, durante una discussione sorta in relazione alla riscossione del pizzo nei confronti di alcuni ambulanti milanesi venisse paragonato da un componente della cosca ad un "fratello". Sempre Lucia si sarebbe accollato direttamente circa 120 mila euro di spese per pagare alcuni difensori di Salvatore Pesce e Giuseppe Ferraro. Il ruolo di vertice di Lucia, arrestato a marzo in Spagna in esecuzione di un mandato di cattura internazionale, all'interno della cosca è confermato anche dal fatto che l'uomo si recava a Rosarno per ricevere disposizioni e chiarimenti sul denaro provento delle attività di racket. Lucia e la moglie, Amelia Ana Culda, di origini romene, inoltre, secondo quanto accertato pur avendo dichiarato redditi irrisori, gestivano una speciale carta di credito solitamente rilasciata a clienti particolarmente facoltosi e con disponibilità di credito dell'ordine di milioni di euro.(ANSA)
05/05/2011 -
Luigi Palamara
Giornalista, Direttore Editoriale e Fondatore di MNews.IT
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