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Un altro tonfo clamoroso della comunicazione calabrese, Quell'illustre...sconosciuto di Paolo Mieli

Stasera sono di scena per tratteggiare…50 anni di folle corsa del Paese: "Il Paese reale - come l'Italia cadde nel vuoto", due illustri personaggi: Guido Crainz, nato a Udine, è uno storico italiano e docente di Storia Contemporanea alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Teramo. Nel 2004 Crainz, ha fondato e diretto, presso l’Università, l’Archivio audiovisivo della memoria abruzzese. Collabora con il quotidiano La Repubblica e il magazine di Rai Storia, Italia in 4D. Ha pubblicato per Donzelli Editore, diversi libri sulla storia d’Italia, tra cui: Il Paese mancato (2005)-Storia del miracolo economico (2005), Autobiografia di una Repubblica (2009) e Il Paese reale (2012) Paolo Mieli è un giornalista e saggista italiano che si occupa principalmente di politica e storia. È stato direttore de la Stampa dal 1990 al 1992, Corriere della Sera dal 1992 al 1997 e dal 2004 al 2009. Dal 2009 è presidente di RCS Libri. Da alcuni anni tiene regolarmente un seminario sulla “Storia dell’Italia Repubblicana” presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Milano. È membro del comitato scientifico della Fondazione Italia USA e della Fondazione SUM, legata all’Istituto Italiano di Scienze Umane. In chiusura di serata, per la sezione "Alone" di Tabularasa il concerto di Fabrizio Canale
Domenico Salvatore

-“SIGNOR PRESIDENTE, …DIRETTORE…”-LASCIA STARE, CHIAMAMI...:’MIELI’


Siamo rimasti esterrefatti, sbigottiti, trasecolati, sgomenti e sbalorditi, l’altra sera, quando Piazza Italia, restaurata ed impreziosita con gli scavi dell’antica Reghion, brillava per l’assenza del giornalismo calabrese; e ‘riggitano’ in modo speciale. Ma dov’erano gli anchorman delle testate televisive e radiofoniche. Dov’erano i giornalisti di grido e perfino gl’indignados? Desaparecidos!Ma come, c’è Paolo Mieli… giornalista e saggista italiano che si occupa principalmente di politica e storia. Direttore de la Stampa dal 1990 al 1992, e del Corriere della Sera dal 1992 al 1997 e dal 2004 al 2009. Dal 2009 è presidente di RCS Libri. Di famiglia ebraica, figlio di Renato Mieli, muove i primi passi nella carta stampata da giovanissimo: a 18 anni lavora a L'espresso, dove rimarrà per circa vent'anni il giornalista che guida la redazione di un giornale e risponde di fronte alla legge di ciò che viene pubblicato (art. 57 del codice penale). Il direttore rappresenta e impersonifica il giornale. Il direttore è il trait d'union fra la redazione e l'editore. Secondo una tradizione consolidata nel mondo del giornalismo, il proprietario del giornale non intrattiene rapporti diretti con la redazione. Ciò a garanzia dell'indipendenza dei giornalisti. Il direttore responsabile, dice ancora Wikipedia, svolge il ruolo di snodo: è scelto dal proprietario, che spesso gli impone la linea editoriale da seguire, ma ha il diritto di guidare in tutta autonomia la redazione, senza interferenze da parte del proprietario. L'unico momento in cui il proprietario di un giornale si confronta direttamente con la redazione è in occasione della nomina del direttore: l'atto è sottoposto al gradimento dell'assemblea di redazione, che si esprime con un voto libero e segreto. Doveva esserci l’en plein, al posto della solita platea rannicchiata a bordo campo.



Non solo per rispetto verso la personalità ed il quotidiano più prestigioso e venduto del Paese; se non per la cultura. Uno squallido boicottaggio; un desolante assenteismo; una triste astensione. Tutta qui l’ala intellettuale della cultura cosiddetta ufficiale? Tutta qui l’intellighencija locale? Intendiamoci, Paolo Mieli, non ha bisogno della nostra difesa d’ufficio; e men che meno, dei nostri salamelecchi. Carta canta. Per anni, ha diretto sia alla Stampa (il giornale degli Agnelli), sia al Corriere della Sera, fior di giornalisti Quando parla del Corriere della Sera, il giornalista Luigi Palamara, “Furia” del giornalismo calabrese, si lava i denti con il selz…” Furia a cavallo del west/che va piu' forte di un jet/quando fa il pieno di fieno/se no non sta in pie'/Furia a cavallo del west/che beve solo caffe'/per mantenere il suo pelo/piu' nero che c'e'/io vorrei salire con te/e con te mezz'ora sarei/il capo dei banditi/prima io son piccolo io/tocca a me giocare con te/sono lo sceriffo io/tu sta zitto sono il capo dei banditi/sono lo sceriffo io/ma su Furia si sta anche in tre/Furia a cavallo del west/che lava i denti col seltz/per poi sorridere bene in fondo e' sul set/viva la Furia del west/cintura di karate'/per sgominare la banda/piu' in gamba che c'e'/io vorrei salire con te/e con te mezz'ora sarei/il capo dei Moicani/prima io son piccolo io/tocca a me giocare con te/sono Davy Crockett io/tu sta zitto sono il capo dei Moicani/sono Davy Crockett io/ma su Furia si sta anche in tre/Furia a cavallo del west/che va piu' forte di un jet/quando fa il pieno di fieno/se no non sta in pie'/Furia a cavallo del west/che beve solo caffe'/per mantenere il suo pelo/il piu' nero che c'e'/…”.

Gli brillano gli occhi e cònia uno slogan…”Il Corriere della Sera, ogni giorno un capolavoro”.. Anche quest’anno Luigi Palamara, nel frattempo diventato giornalista iscritto all’albo, editorialista di valore, ha voluto presenziare alle serate di “Tabula Rasa”, supplemento di Strill.it. diretto con maestrìa da Giusva Branca; uno dei migliori giornalisti della piazza. Questa è la nostra opinione. Non pretendiamo che venga spacciata per verità. Senza nulla togliere alla sua spalla ideale, Raffaele Mortelliti. Il “boudoir” di Piazza Italia, a Reggio Calabria, si popola ogni sera, come i salotti di: Piero Angela, Bruno Vespa, Maurizio Costanzo, Michele Santoro, Giovanni Floris, Gad Lerner, Enrico Mentana, Giuliano Ferrara, Oliviero Beha, Antonio Padellaro, Lamberto Sposini, Marco Travaglio, Sergio Zavoli, Eugenio Scalfari che nell’immaginario collettivo, nel cuore e nella mente degl’Italiani, hanno preso il posto di Indro Montanelli, Enzo Biagi, Andrea Barbato, Alberto Ronchey, Giorgio Bocca, Enzo Bettiza, Antonio Ghirelli, Giuliano Zincone, Biagio Agnes, Gianni Baget Bozzo; se non di Gianni Brera, Sandro Ciotti, Maurizio Mosca, Paolo Valenti, Beppe Viola, Candido Cannavò, Gianfranco De Laurentis, Giorgio Tosatti e così via.

Chiamami Mieli! “Chiamami Peroni,,. Sarò la tua birra!”A Carosello RAI di quegli Anni Sessanta, favolosi ed irripetibili, che hanno segnato la storia politica, culturale, economica, sociale, musicale, artistica eccetera del nostro Paese ( e non solo), attraverso uno spot, inizialmente della bionda, spumeggiante Solvi Stubing, formato sex, labbra carnose alla Marilyn Monroe, occhi di Barbie, nasino alla greca, torace coperto da una gigantesca bottiglia di birra giallo oro, con l’etichetta “Peroni”; in alternativa ad un titanico bicchiere traboccante di schiuma, con una mano teneva una bottiglia di birra Peroni ovviamente, dell'omonima azienda, nata su iniziativa di Giovanni Peroni. Fondata a Vigevano nel 1846, ha fatto conoscere a tutti gl’Italiani, la birra Peroni; questa rinfrescante e dissetante bevanda; premiata nel 2001 con la Medaglia d'oro dell'American Tasting Institute. Nel 2006, a Bruxelles, è stata conferita la medaglia d'argento dal Monde Selection Organizing Committee. Poi vennero le altre testimonial. Tra cui anche Milly Carlucci. Lo slogan recitava…”Chiamami Peroni, sarò la tua birra”. Nel nostro immaginario collettivo, una cascata di  riccioli biondi che  fluivano da un viso angelicale della…Scuola Siciliana, se non realistico-borghese. I due anchorman di “Tabula Rasa”-Strill.it Giusva Branca (direttore responsabile) e Raffaele Mortelliti (direttore editoriale) per dovere di ospitalità e di prestigio, nell’atto di rivolgere le domande, insistevano ad appellarlo ora ‘presidente’, ora ‘direttore’, ma Paolo Mieli ad un certo punto ha chiesto…Chiamami…”Mieli!”. Il vero giornalista, al primo posto, mette l’umiltà

Una battuta di sapore antico, che  ci ha portati nell’ippocampo. Una magica serata di luglio, in sottofondo Riccardo del Turco… cinguetta…“luglio col bene che ti voglio/vedrai non finira' ia ia ia ia/luglio m'ha fatto una promessa/l'amore portera' ia ia ia ia/anche tu/in riva al mare/tempo fa/amore amore/mi dicevi luglio/ci portera' fortuna/poi non ti ho vista piu'/vieni da me c'e' tanto sole/ma ho tanto freddo al cuore/se tu non sei con me/luglio si veste di novembre/se non arrivi tu ia ia ia ia/luglio sarebbe un grosso sbaglio/non rivedersi piu' ia ia ia ia/ma perche'/in riva al mare/non ci sei/amore amore/ma perche' non torni/e' luglio da tre giorni/e ancora non sei qui/vieni da me c'e' tanto sole/ma ho tanto freddo al cuore/se tu non sei con me/luglio stamane al mio risveglio/non ci speravo piu' ia ia ia ia/luglio credevo in un abbaglio/e invece ci sei tu ia ia ia ia/ci sei tu/in riva al mare/solo tu/amore amore/e mi corri incontro/ti scusi del ritardo/ma non m'importa piu'/luglio ha ritrovato il sole/non ho piu' freddo al cuore/perche' tu sei con me/du du duru ru ru ru du du/duru ru ru ru du ai ai ai ai/du du duru ru ru ru du du/duru ru ru ru du ai ai ai ai/ci sei tu/in riva al mare/solo tu/amore amore/e mi corri incontro/ti scusi del ritardo/ma non m'importa piu'/luglio ha ritrovato il sole/non ho piu freddo al cuore/perche' tu sei con me/”.Paolo Mieli (Milano, 25 febbraio 1949) è un giornalista e saggista italiano che si occupa principalmente di politica e storia. È stato direttore de la Stampa dal 1990 al 1992, e del Corriere della Sera dal 1992 al 1997 e dal 2004 al 2009. Dal 2009, fonte Wikipedia, è presidente di RCS Libri. Di famiglia ebraica, figlio di Renato Mieli, muove i primi passi nella carta stampata da giovanissimo: a 18 anni lavora a L'espresso, dove rimarrà per circa vent'anni.

La militanza in Potere Operaio, movimento politico sessantottino della sinistra extraparlamentare, influenza i suoi esordi. Nel 1971 fu tra i firmatari della lettera aperta pubblicata sul settimanale L'Espresso sul caso Pinelli e di un altro pubblicato ad ottobre su Lotta Continua in cui esprimeva solidarietà verso alcuni militanti e direttori responsabili del giornale inquisiti per istigazione a delinquere a causa del contenuto violento di alcuni articoli. La sua idea di giornalismo si modifica col passare degli anni: da posizioni estremiste, Mieli passa presto a toni moderati durante gli studi di storia moderna all'Università, dove i suoi maestri sono Rosario Romeo (studioso del Risorgimento) e Renzo De Felice (storico italiano del Fascismo). Fondamentale nella sua formazione sarà anche la figura di Livio Zanetti, suo direttore all'Espresso. Nel 1985 è la volta di "la Repubblica", dove rimane per un anno e mezzo, fino al suo approdo a "La Stampa". Il 22 maggio 1990 diventa direttore del quotidiano torinese. È in questi anni che Mieli affina il suo modo di fare giornalismo che, con un neologismo, verrà in seguito da alcuni definito "mielismo", e prenderà forma soprattutto con il suo passaggio al "Corriere della Sera" (10 settembre 1992).In sostanza il nuovo direttore, come già aveva sperimentato con successo alla "Stampa", prova a svecchiare il giornale della borghesia lombarda, alleggerendone foliazione e contenuti con l'utilizzo di linguaggio, personaggi e tematiche della televisione, che in questi anni sta sottraendo ingenti quote di lettori alla carta stampata.

Con il cambiamento, il "Corriere" non perde ma anzi consolida la sua autorevolezza. In particolare durante Tangentopoli cerca di porsi in maniera equidistante dai poteri pubblici e privati. Il 7 maggio 1997 Mieli lascia la direzione del quotidiano lombardo; al suo posto subentra Ferruccio De Bortoli. Mieli diventa direttore editoriale del gruppo RCS e, dopo la scomparsa di Indro Montanelli, si occupa della rubrica giornaliera "lettere al Corriere", dove dialoga con i lettori su temi prevalentemente storici; in virtù dei suoi studi e della sua passione per la materia, è infatti anche uno storico.Nel 2003 viene indicato dai presidenti di Camera e Senato come nuovo presidente della RAI. La sua nomina, però, durerà soltanto pochi giorni: Mieli rinuncia subito all'incarico, non sentendo attorno a sé, per motivi definiti "di ordine tecnico e politico", l'appoggio necessario alla sua linea editoriale. Il 24 dicembre 2004 torna a dirigere il Corriere della Sera sostituendo Stefano Folli.Il 2 dicembre 2008 fu oggetto di una dichiarazione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che durante una visita in Albania, a Tirana se la prese con il "Corriere della Sera" e con "La Stampa", aggiungendo: "certi direttori cambino mestiere".Il 30 marzo 2009 il CDA di RCS Media Group decide di sostituirlo nuovamente con Ferruccio De Bortoli, come già accaduto nel maggio 1997.

Mieli lascia la direzione della testata l'8 aprile dello stesso anno, per assumere l'incarico di presidente di RCS Libri. Da alcuni anni tiene regolarmente un seminario sulla "Storia dell'Italia Repubblicana" presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano. È membro del comitato scientifico della Fondazione Italia USA e della Fondazione SUM, legata all'Istituto Italiano di Scienze Umane.L'appoggio elettorale. L'8 marzo del 2006, con un editorial sul Corriere della Sera, dichiarò che il suo giornale avrebbe auspicato una vittoria elettorale dell'Unione e di Romano Prodi (e auspicato un rafforzamento di AN e UDC) alle successive elezioni politiche. Esso suscitò aspre polemiche, non solo tra gli esponenti della Casa delle Libertà, a causa dell'abbandono del cosiddetto "terzismo" da parte della testata. Il caso De Magistris. Il 3 dicembre del 2008, con una telefonata, Mieli sollevò il giornalista del Corriere della Sera, Carlo Vulpio, dall'incarico di seguire le indagini delle procure di Salerno e Catanzaro relative al caso De Magistris.Vita privata. Mieli è stato sposato con la giornalista del Tg5 Barbara Parodi Delfino. Ha tre figli: Lorenzo (1973), Andrea (1979) e Oleandra (1997).”. Non vogliamo sapere, perché Paolo Mieli sia stato  boicottato, snobbato, evitato ed ignorato. E nemmeno, se ci sia un filo rosso, bianco o verde sotterraneo, che abbia imposto tutto questo; a umma umma. Forse non sarà piaciuta la linea del giornale, durante la sua direzione.

Forse non sarà stato condiviso qualche servizio, articolo o notizia. A noi è successo, ma abbiamo protestato nelle forme civili e democratiche; abbiamo contestato anche con i mezzi che l’articolo 21 ci offre. Pure, con una lettera al Corriere della Sera, alla quale nessuno ha risposto. Riteniamo, che si possa essere favorevoli o meno alla linea del giornale milanese; che si possa condividere il contenuto di certi articoli oppure no. E tuttavia reputiamo che non si possa mancare di rispetto al quotidiano “numero uno” in Italia. A Paolo Mieli; a prescindere dalla sua idea politica, che comunque va rispettata. Così come la nostra. Non si arriva a direttore del Corriere della Sera, per due quinquenni diversificati. Il giornalista lombardo, ha accettato l’invito di Giusva Branca ed è salito sul palco di Piazza Italia; di ‘Tabula Rasa’. Gli assenti hanno sempre e comunque torto. Si sono persi tanti concetti, espressi dall’illustre ospite tra cui quello sulla “Rivolta di Reggio Calabria”…”Non è stata detta tutta la verità. Anzi è stata scritta solo una piccola verità. Il grosso, non è stato ancora  sviscerato”. Serate davvero interessanti ed irrinunciabili, se non imperdibili. Anche perché i personaggi, giudici compresi, quando escono dalle austere mura del Tribunale,  liberano la loro anima dalla veste di solennità, imposta dal protocollo, dall’etichetta, dalla Normativa. Speciosa apparenza, in cui spesso annega la loro quintessenza. Recita un flash dell’Agenzia ANSA…”




Certamente non si puo' dire, che a Reggio negli ultimi tre anni, non sia accaduto nulla, ma mi sembra assurdo parlare di servizi segreti deviati''. E' quanto ha dichiarato il procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore Di Landro intervenendo sul caso dell'ex pentito di 'ndrangheta Nino Lo Giudice durante la terza serata della rassegna Tabularasa in corso di svolgimento a Reggio Calabria. ''Nessuno di noi e' depositario del verbo - ha proseguito Di Landro - ma e' necessario parlare alla collettivita' attraverso l'etica del dovere e l'esigenza di verita' che esige la nostra funzione. I problemi di questi tre anni non sarebbero stati tali se ci fosse stata una ricerca spasmodica della verita'''. Insieme a Di Landro sul palco di Tabularasa anche il presidente del Tribunale di Reggio Luciano Gerardis. ''Le istituzioni - ha dichiarato - devono essere al servizio del cittadino. Bisogna valorizzare la comunicazione per dare conto di come si esercita il potere, e' una questione di democrazia''. ''E' comprensibile che i cittadini si sentano lontani dalle istituzioni'' ha aggiunto il presidente del Tribunale di Vibo Valentia Roberto Lucisano, anche lui ospite della serata. ''Il corpo sociale - ha detto Lucisano - deve avere la forza di condannare i comportamenti errati.

Non si puo' sempre attendere che sia la magistratura a farlo''. ''Credo che Reggio stia attraversando un momento molto complicato'' ha concluso il commissario straordinario Vincenzo Panico. ''Quando la commissione si e' insediata - ha proseguito - avevamo un bilancio da approvare in due settimane e i lavoratori delle Societa' miste che non prendevano lo stipendio da mesi. Proprio da quelle difficolta' abbiamo trovato la forza di reagire ed oggi guardiamo la situazione da una prospettiva diversa''. Paolo Mieli è sicuramente uno dei più rinomati giornalisti e saggisti italiani. Piano piano verrà annoverato come uno dei padri del giornalismo nazionale, ma Guido Crainz (Udine, 1947), la spalla della serata, uno storico italiano, docente di storia contemporanea nella Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Teramo, non è da meno. Nel 2004 Crainz ha fondato (presso l'Università di Teramo) e diretto l’Archivio audiovisivo della memoria abruzzese. Collabora con il quotidiano La Repubblica e il magazine di Rai Storia Italia in 4D. Interessante il lavoro letterario “Il Paese reale”, fonte www.donzelli.it. “La fine degli Anni Settanta segna una svolta nella storia della Repubblica: agli ultimi, cupi sussulti del decennio morente si intreccia l’emergere di trasformazioni colossali che riguardano l’economia e la cultura, il privato e il pubblico, la politica e la comunicazione. Nella convulsa stagione degli anni ottanta si ripropongono inoltre quelle tendenze esasperate all’affermazione individuale, quello sprezzo delle regole, quell’atteggiamento predatorio nei confronti del bene pubblico che erano già apparsi negli anni del «miracolo».

Al tempo stesso giunge al punto estremo di crisi un sistema dei partiti sempre più portato a esaudire gli egoismi di ceto, pur di ottenere il consenso. Di qui un dilatarsi del debito pubblico fino a livelli intollerabili. Di qui, anche, un dilagare della corruzione politica che avrebbe portato al crollo della prima Repubblica, e – ben lungi dall’essere sradicato dall’esplosione di Tangentopoli – avrebbe segnato in profondità anche tutta la fase successiva. Per molti versi dunque i lunghi anni ottanta si presentano come un luogo di incubazione del nostro presente. Il nesso fra gli anni di Craxi e l’era berlusconiana ha qui le sue radici, e in questo scenario si collocano le domande che oggi ci incalzano: perché l’anomala alleanza di centrodestra che si affermò inaspettatamente all’alba della seconda Repubblica riuscì a improntare largamente di sé l’intero ventennio successivo? Quali sono le ragioni della quasi ventennale stagione di Berlusconi? E che Italia ci lascia, quella stagione? E ancora: ci sono le energie e le qualità per affrontare una difficile ricostruzione e misurarsi con la crisi internazionale che chiama in causa l’identità e il futuro dell’Europa? Da dove prendere l’avvio per invertire il degrado di un sistema politico e di una «partitocrazia senza i partiti» che ha superato ogni livello di guardia?”Due grossi calibri della comunicazione italica. Indipendentemente dalla loro collocazione storica ed a prescindere dalla loro militanza, da inquadrare comunque nel contesto temporale, ambientale e culturale; più o meno condivisibile.

Ma questo, è un atro paio di maniche. Eppure, i saccenti, boriosi e sapientoni informatori calabresi, si sono permessi il lusso di ignorare due colossi di Rodi, della comunicazione. Un’offesa all’intelligenza ed al pudore culturale. Ma non chiamateli pseudo-intellettuali. Si lamentano i mitici Pooh e se lo chiedono trasecolati anche Giusva e Raffaele…”La notte cade su di noi/ la pioggia cade su di noi/ la gente non sorride più/ vediamo un mondo vecchio che/ ci sta crollando addosso ormai.../ ma che colpa abbiamo noi?/ Sarà una bella società/ fondata sulla libertà /però spiegateci perché/ se non pensiamo come voi/ ci disprezzate... come mai?/ Ma che colpa abbiamo noi?/” . Ể meglio la movida riggitana, lo struscio, la cagnara anonima. La full immersion del Corso Garibaldi o del Lungomare,”Italo Falcomatà”che porterà altra noia; e nebbia dispersiva e fuorviante nei cervelli.

Rispetto ai dubbi e le riflessioni illuminanti di Paolo Mieli sulla Rivolta di Reggio Calabria; sul caso Aldo Moro; sul Risorgimento Italiano. Giusva e Raffaele, tentano da anni, di squarciare il velo dell’oscurantismo pre-illuminista, che regna sovrano; di opporre i lumi della ragione alle tenebre dell’ignoranza. E loro malgrado, sono costretti per colmo d’ironìa a subìre, una specie di supplizio di Sisifo, se non la tortura di Tantalo….”Come punizione per la sagacia dell'uomo, che aveva osato sfidare gli dei, Zeus decise che Sisifo avrebbe dovuto spingere un masso dalla base alla cima di un monte. Tuttavia, ogni volta che Sisifo raggiungeva la cima, il masso rotolava nuovamente alla base del monte. Ogni volta, e per l'eternità, Sisifo avrebbe dovuto ricominciare da capo la sua scalata senza mai riuscirci… Per tutte le offese agli Dei, Tantalo, dopo la morte, fu gettato nell'Ade dove, a memoria eterna del suo misfatto, non poteva cibarsi né bere, nonostante fosse circondato da cibo e acqua. Tantalo, infatti, era legato ad un albero da frutto carico di ogni qualità di frutti, fra i quali pere e lucide mele, in mezzo ad un lago la cui acqua arrivava fino al suo mento. Ma non appena Tantalo, provava a bere il lago si asciugava, e non appena provava a prendere un frutto i rami si allontanavano, o un alito di vento improvviso li faceva volare via lontano dalle sue mani”. Due personaggi benemeriti del giornalismo autentico ed originale, che a nostro parere, dovevano essere inondati di premi, coppe, medaglie, diplomi ed attestati di benemerenza. Purtroppo, raramente si assiste ad una valutazione oggettiva. Troppo spesso, vengono assegnati a carneadi, azzeccagarbugli e dottori dulcamara, che non incidono e non lasciano traccia della loro azione. Assegnazioni, dettate da interessi di bottega, scuderia e campanile. Comunque di opportunismo, calcolo, compromesso e camaleontismo. Anche questa, è la nostra opinione, sic et simpliciter. Domenico Salvatore













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