Il sindaco Santo Casile, ecco un’altra ‘pepita d’oro’ della sua miniera di iniziative di grosso spessore culturale, potrà vantarsi di aver ospitato a “Palazzo Marzano” Echart Rholfs, figlio dell’illustrissimo filologo, che spese sessant’anni della sua vita per riscoprire e rilanciare il dialetto ‘arroccato’ sull’isola ellenofona. Toccante il momento della (ri) consegna di “fusu e cunocchija”, che il dialettologo defunto, aveva ricevuto negli Anni Venti. Un incontro dibattito su “La Calabria di Rohlfs”, una giornata dedicata al glottologo tedesco, cittadino onorario di Bova incorniciato in un consiglio comunale aperto con all’ordine del giorno: l’intitolazione a Rohls del nuovo museo della Cultura e dell’arte contadina dei Greci di Calabria. Nel corso dell’incontro, a cui ha partecipato anche il vicesindaco, giornalista, dottor Gianfranco Marino, è stato proiettato un documentario sull’Area Grecanica. Autorità e personalità nei vari campi dello scibile umano, rari nantes in gurgite vasto, hanno impreziosito la cerimonia. Tipo, Antonio Alvaro commissario del Parco Nazionale dell’Aspromonte; ed il professore Antonio Panzarella docente della cattedra di Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma
BOVA (RC), CHE IL CELEBERRIMO GLOTTOLOGO DI RINOMATA FAMA INTERNAZIONALE, GHERARD RHOLFS, DEFINIVA “MONUMENTO NAZIONALE DELLA GRECITA’, HA OSPITATO UNO STORICO CONVEGNO DI ALTO PROFILO CULTURALE, DEDICATO ALLO STESSO DIALETTOLOGO TEDESCO, CITTADINO ONORARIO
Al tavolo, oltre al sindaco Santo Casile, anche il professore, scrittore e giornalista Pasquino Crupi, grosso meridionalista, uno dei grandi della Letteratura, non solo calabrese, che non ha raccolto nemmeno il 30% del suo potenziale, il dottor Franco Tuscano, presidente dell’associazione culturale Paleo Cosmo, scrittore e saggista, personaggio emerito della grecanicità (‘Gerhard Rohlfs e la Bovesia’); il professore Filippo Violi accademico di Grecia, scrittore, filologo, saggista, etnografo (‘La continuità linguistica greca nel periodo romano’ ); il primario di medicina dell’ospedale “Tiberio Evoli”, Elio Stelitano, scrittore, saggista, noto personaggio del Jet Set calabrese, moderatore di convegni di alta valenza culturale; il dottor Pasquale Faenza conservatore di Beni Culturali, scultore, saggista, scrittore, antropologo, storico dell’arte, che ha restaurato anche l’opera artistica dedicata a San Leo; era previsto anche l’intervento di Cristian Much (Console generale di Germania a Napoli), e quello dell’assessore regionale alla cultura Mario Caligiuri. Ha presenziato un nutrito gruppo di autorità e personalità di spessore. Compreso l’ex sindaco, già segretario regionale della CGIL Carmelo Nucera, presidente del circolo grecanico ‘Apodiafazi’. La manifestazione si è impreziosita della presenza pure di Franco Arcidiaco, giornalista, editore, saggista (‘il nuovo che emerge’), Ed ancora il cavaliere, luogotenente Cosimo Sframeli, comandante della stazione principale dei Carabinieri di Reggio Calabria, scrittore, saggista, giornalista,
Domenico Salvatore
BOVA (RC)-Anche Bova, ha la sua “Casa della cultura come quella di Leònida Rèpaci (l’inventore del Premio Letterario “Viareggio”) a Palmi. Qui, nell’altro mare, si chiama “Museo della Cultura e dell’Arte Contadina dei Greci di Calabria”, che il Comune, ha deciso di intitolare a Gerhard Rholfs. Ultimo anello di una catena di iniziative di spessore culturale.La cittadina di Napoleone Vitale, si erge a “Pharos di Alessandria” della cultura. Con una serie di proposte ed impulsi ad ampio respiro, a dir poco, strabilianti. Sul proscenio di ‘Palazzo Marzano’, sotto l’occhio divino di Apollo, c’erano tutte le mitiche figlie di Giove e Mnemosyne …Calliope la poesia epica, Clio la storia, Polimnia gli inni eroici, Euterpe le poesia lirica, Tersicore la danza, Erato la poesia amorosa, Melpomene la tragedia, Talia la commedia, Urania l’astronomia…”. Un appuntamento imperdibile. Mancavano gli attori della comunicazione. I rappresentanti dei mass-media, cosiddetti ufficiali, che in teoria, dovrebbero rischiarare il cono d’ombra, che avvolge le nostre coree e le banlieue della sottocultura e del sottosviluppo, se la ridacchiavano sotto i baffi; affaccendati in tutt’altre faccende. Risus abundat in ore stultorum. Illuminare, se non Liberare questa terra di Calabria, sprofondata nelle tenebre dell’oscurantismo pre-illuminista, dall’analfabetismo strumentale e di ritorno. Opporre i lumi della ragione alle tenebre dell’ignoranza.
Il professore Pasquino Crupi, meridionalista convinto, scrittore, saggista, intellettuale di prima grandezza, punta di diamante della cultura, non solo calabrese, ce la mette tutta, da sempre. E con lui, a dire il vero, anche altri intellettuali gettonati. Beati monoculi in terra caecorum! Questa benemerita pattuglia di intellettuali, salva l’onore e la dignità della cultura non solo ellenofona…. " Aspice, respice, prospice”. Affacciati alla finestra di questo splendido, meraviglioso ed incantevole ‘balcone sullo Jonio’. Pasquino Crupi con poche pennellate michelangiolesche dipinge Gerhard Rholfs, che considerava Bova, un “monumento nazionale della Grecità”,‘archeologo della lingua’, che marca la differenza fra la grecità sepolta degli scavi e quella vivente ‘che puzza di capra’. Ed ancora…”Rholfs, tedesco meridionalista, che interrompe la tradizione nefasta dei viaggiatori stranieri che dicevano che l’Europa finiva a Napoli Bova, non è solo la piccola capitale della cultura grecanica. Gli scenari, l’ambiente, la Storia, l’archeologia, i personaggi, confermano a questo centro pre-aspromontano della costa jonica reggina, un posto di primo piano nella cultura ufficiale. Sebbene, nemmeno in questo settore si viva di allori. L’incuria, la negligenza, la sciatteria, la sbadataggine, la distrazione, tarli silenziosi che intaccano irrimediabilmente sono sempre in agguato.
Il processo di rigenerazione se non di rinnovamento costante e metodico, l’aggiornamento diventano la panacea di tutti i mali, che affliggono la cultura. Repetitio est mater studiorum. Per dirla col poeta Napoleone Vitale, Bova…” Si stende, sotto il cielo che s’inarca/nell’amplesso dei monti, il vasto mare;/ed il mito di Ulisse ecco riappare/sull’acqua e in sogno silenzioso varca./E quasi per prodigio anche la morte/ellenica favella odi ed il canto/d’Omero, e torna il favoloso incanto/d’una scomparsa età per noi risorta./…”. Una rara avis in caelo. Il ‘vate di Bova Marina’ scaglia il suo j’accuse contro i ‘barbari’ che dal ‘500 in poi, hanno continuato a lanciare palate di fango contro la Calabria. Ivi compresa la bufala di Giuda Iscariota, che…sarebbe calabrese di Scalea…scaleota...scaliota…scariota…Iscariota. C’è pure la leggenda metropolitana del soldato romano che inchiodò Nostro Signore Gesù Cristo. Sarebbe, udite, udite, un calabrese della famigerata X^ Legione. La Legio X Fretensis ("dello Stretto") fu una legione romana creata da Augusto nel 41/40 a.C. per combattere contro Sesto Pompeo, ed esistette almeno fino agli inizi del V secolo.
Augusto, all'epoca ancora Ottaviano, arruolò questa legione in quanto aveva bisogno di contrastare Sesto Pompeo, figlio di Gneo Pompeo Magno, il quale controllava la Sicilia, minacciando la fornitura di grano per la città di Roma. Ottaviano scelse per questa legione il numero dieci come richiamo alla famosa Legio X di Cesare; la legione originale era infatti nell'esercito di Marco Antonio. Durante il conflitto contro Pompeo, la Legio X presidiò lo stretto di Messina, prendendo parte alla battaglia di Mylae e a quella di Nauloco (36 a.C.); dal nome latino dello stretto, fretum siculum, la legione derivò poi il cognomen Fretensis i suoi membri sarebbero stati assoldati proprio tra gli abitanti di Messina e della dirimpettaia la Calabria. Mauro Longo, si spinge oltre…”LA DECIMA LEGIONE
La Decima Legione Fretense, fonte www.ufficiospettacoli.it, fu creata nel 41 a.C. da Ottaviano, per combattere le guerre che avrebbero portato alla fondazione del suo Impero. Il nome “Fretense” significa “del Fretum” ovvero “dello Stretto (di Messina)”, dato che le sue prime operazioni belliche avvennero nel territorio messinese e che i suoi membri sarebbero stati assoldati proprio tra gli abitanti di Messina e del suo comprensorio territoriale, inclusa la Calabria.
Fu questa Legione la protagonista di tutti i fatti narrati nel Nuovo Testamento della Chiesa Cristiana relativi al processo e alla crocifissione di Gesù il Nazareno. Fu la Legione che avrebbe fatto applicare il censimento durante il quale sarebbe nato “il Figlio di Dio”, che avrebbe fatto catturare, processare, interrogare, torturare e crocifiggere il “Re dei Giudei”. Appartenente alla Decima Legione sarebbe stato Longino, il legionario che avrebbe trafitto il costato di Gesù con la sua lancia. Per aver versato il sangue di Dio e per aver poi avuto innestato un chiodo della croce, quest’arma sarebbe così divenuta la terribile Lancia del Destino, un artefatto potentissimo bramato da numerosi sovrani della storia, fino ad Hitler. Fu la Decima Legione, la legione dello Stretto che distrusse il monastero esseno di Qumran, dove sono di recente stati ritrovati gli straordinari Manoscritti del Mar Morto, che potrebbero rivelare tutti i segreti delle comunità cristiane delle origini e della vera figura storica e del messaggio originale di Gesù, così stravolti nei secoli dalla Chiesa. Furono sempre i legionari dello Stretto che assediarono e distrussero Gerusalemme nel 70 d.C., riducendola ad un cumulo di macerie, sopprimendo ogni rivolta e acquartierandosi lì per secoli, a controllare la Terra Santa. Furono loro a saccheggiarla, impadronendosi di tutti i tesori, le reliquie e i cimeli inestimabili della Città Santa e del Tempio, come l’Arca dell’Alleanza e la Menorah (il Candelabro a sette bracci). Quanti di questi tesori, quanti segreti, quante dottrine e conoscenze apprese in Terra Santa i legionari dello Stretto riportarono a casa alla fine del loro servizio militare? Quanto dei saccheggi di Gerusalemme pervenne a Messina?E che cosa?”In cattedra è salito anche il professore Violi, un altro attore protagonista della grandeur ellenofona, che ha celebrato il talento e la figura di Rholfs… ma tra le righe ha difeso coi denti e con le unghie la “lingua madre”… ll dialetto greco-calabro, fonte https://sites.google.com, parlato in provincia di Reggio di Calabria è chiamato localmente grecanico o greco vutano (da Vùa → Bova), ed è formalmente un dialetto appartenente alla minoranza linguistica greca d'Italia.La minoranza linguistica greca d'Italia, così come riconosciuta dallo Stato Italiano, è composta dalle due isole linguistiche della Bovesia in Calabria e della Grecia Salentina nel Salento, che di fatto costituiscono la totalità delle aree ellenofone esistenti nella nostra nazione. Il Parlamento Italiano ha riconosciuto quindi la comunità greca della regione Calabria come gruppo etnico distinto e come minoranza grecofona focalizzata nella provincia di Reggio di Calabria.
Nell’Area Ellenofona, storicamente conosciuta come Bovesia, per il ruolo esercitatovi da Bova, in questa parte più meridionale della penisola resiste ancora un’antica lingua: il greco di Calabria ed esistono i greci di Calabria. Una minoranza speciale giacché. se è minoranza per il numero dei parlanti, di contro è maggioranza per l’identità culturale in quanto rappresenta quella di tutti i calabresi. In seguito all'approvazione della legge sulle Minoranze Linguistiche ha cominciato ad essere attivo l'IRSSEC, Istituto Regionale Superiore di Studi Ellenocalabri, di cui fanno parte i rappresentanti delle Associazioni e dei Comuni grecocalabri, che sarà l'ente ufficialmente deputato alla cura e alla tutela del patrimonio ellenocalabro.In assenza dell’apposita legge regionale che ne regolamenti l’attività e ne consenta l’autonomia gestionale, l’Amministrazione Comunale ha ritenuto che l’Istituto (il Comune ne è l’Ente Proprietario) non dovesse restare inoperante anzi che dovesse essere messo in condizione di assolvere al compito per il quale era stato voluto, riconoscendo ad esso la capacità di determinare una ricaduta positiva di immagine su quest' Area e la funzione di valorizzare e promuovere una connotazione culturale che conferisce quella diversità che è caratteristica fondamentale di tale popolazione, anzi ne costituisce quella identità da difendere dalle omologazioni culturali che cancellano impietosamente ogni differenza.
Ed è per questo che le Giunte Comunali che si sono susseguite hanno ritenuto di dover nominare direttori scientifici come il Prof. Filippo Violi.Lo stesso prof. Filippo Violi ha fondato un'altra Associazione con il nome di "ODISSEAS" avente la sede a Bova Marina fin dal 1999 creata per salvaguardare, difendere e la promuovere la cultura Greca di Calabria. Da molti anni è ormai presente con le sue manifestazioni culturali e musicali in tutto il territorio regionale e nazionale. Tra i suoi soci annovera molti insegnanti ed esperti storici e linguistici. Essa è ufficialmente l'associazione deputata a ricevere ed intrattenere presso l'IRSSEC gli ospiti della Grecia stessa e della altre parti d'Italia. L'Associazione ha una vasta esperienza nel campo della produzione canora greca rappresentata esclusivamente dal gruppo "MEGALI ELLADA" sia nei luoghi d'Italia che nei territori esteri”. Bova (Chòra tu Vùa in greco di Calabria, Vùa in calabrese) è un comune italiano di 442 abitanti della provincia di Reggio Calabria, in Calabria. Il piccolo paese è considerato, capitale culturale della Bovesìa, quindi della cultura greca di Calabria. Geografia.
Il paese di Bova, fonte Wikipedia, è arroccato sul versante orientale dell'Aspromonte a 915 m s.l.m. ed occupa una superficie territoriale comunale di 46,74 km². L'accesso all'alto Aspromonte è assicurato passando per Bova che si raggiunge percorrendo i 9 km che lo separano da Bova Marina grazie ad una nuovissima strada a scorrimento veloce. Da Bova si possono raggiungere anche Roghudi Vecchio Roccaforte del Greco (Area Ellenofona della Calabria) e via Melito Porto Salvo, a 10 km risalendo per circa 50 km verso Gambarie d'Aspromonte sulla SS 183.Storia Antichità. Bova ha origini molto antiche come testimoniano rinvenimenti di armi silicee dell'epoca neolitica, ritrovate numerose nel territorio. Anche dentro l'abitato, nel perimetro del castello, furono rinvenute schegge di ossidiana, attestanti il commercio primitivo che gli abitanti delle isole Eolie intrattenevano con i popoli vicini a partire dal IV millennio a.C. Pertanto le rocche del castello ospitarono sicuramente un insediamento umano di età preistorica. E ancora i numerosi frammenti vascolari, con disegni a meandro, ad impasto lucido nero, di fattura certamente greca, del primo periodo di colonizzazione, comprovano l'antica esistenza di abitazioni nella zona del castello e documentano i vari insediamenti umani nel corso dei secoli.Tra le popolazioni preistoriche che abitavano le rocche e le caverne di Bova vi furono gli Ausoni, dediti soprattutto alla pastorizia, che furono poi assoggettati dai coloni greci.
Epoca classica. Nei secoli VIII - VI a.C., nell'ambito del vasto movimento migratorio dalla Grecia verso occidente, sorsero lungo la fascia costiera ionica della Calabria numerose colonie greche, l'abitato di Delia o Deri fu posto allora in contrada San Pasquale, presso la foce di quel torrente. Secondo la leggenda Bova fu fondata da una regina greca che, sbarcata lungo la costa, sarebbe risalita verso l'interno e fissato la sua residenza sulla cima del colle di Bova, presumibilmente entro le rocche dell'antico castello. In età greca Bova subì le sorti della politica nelle vicende storiche di conquiste e di guerre tra Reggio, Locri e Siracusa, e fu infine sottoposta alla tirannide di quest'ultima. Con la vittoria di Roma sui Cartaginesi le terre dei locresi furono sottomesse dai romani, Bova comunque poté godere della cittadinanza romana, ma la tranquillità durò poco; infatti essendo il paese troppo esposto verso il mare vicino Capo Spartivento, subì le frequenti incursioni barbariche. Nel 440 infatti i Vandali sbarcarono sulle coste lucane e bruzie devastando e saccheggiando le città marittime; dopo aver occupato la Sicilia organizzarono scorrerie in Calabria e gli abitanti del litorale per sfuggire alle devastazioni si rifugiarono sui monti, in luoghi più sicuri ed inespugnabili.
Fu questo quindi il motivo che spinse gli abitanti di Delia a fondare la città di Bova. Medioevo. Dal IX secolo Bova fu continuamente assediata dai Saraceni, i pirati provenienti dalla Sicilia erano giunti intorno all'anno 829 dall'Africa e dalla Spagna, approdavano a Capo Spartivento e spesso, per avversità atmosferiche, erano costretti a fermarsi; non trovando alcuna residenza saccheggiavano e devastavano il territorio di Bova. Uno dei più disastrosi assalti saraceni fu quello 953, anno in cui Bova subì per ordine diretto dell'Emiro di Sicilia "Hassan Ibu-Alì" l'attacco di sorpresa e la strage di molti abitanti, mentre i più furono mandati schiavi in Africa. E ancora nel 1075 gli Arabi sbarcando alla marina di Bruzzano occuparono parte della Calabria ed anche Bova fu sottoposta a stretto assedio. In città si accedeva attraverso due porte turrite, porta "Ajo Marini" e l'altra ubicata nei pressi della cattedrale. L'acropoli della città di Bova era costituita dall'antica cattedrale, il Palazzo Vescovile e le case delle famiglie più ricche e nobili, fuori le mura esistevano i due borghi: Borgo di Rao e Borgo Sant'Antonio con tre torri difensive poste una di seguito all'altra, di una sola delle quali, oggi restano i ruderi. Con la dominazione normanna Bova entrò nel periodo feudale. All'età laico-normanna seguì il feudalesimo ecclesiastico-svevo e Bova fu infeudata all'Arcivescovo di Reggio che la tenne con il titolo di Conte fino al 1806, anno dell'eversione della feudalità. Età moderna.
Bova fu antichissima sede vescovile, il primo vescovo sarebbe stato ordinato nel I secolo da Santo Stefano di Nicea Vescovo di Reggio, e seguì il rito greco introdotto in Calabria dai monaci basiliani fino al 1572, anno in cui l'Arcivescovo Cipriota Stauriano impose il rito latino. Nel 1577 una tremenda pestilenza colpì il paese, approdato alla marina un naviglio carico di merci, una donna acquistò dei drappi preziosi che espose alla finestra per la festa del Corpus Domini, erano tessuti infetti da peste. A causa del caldo il male si diffuse e colpì molti cittadini, la notizia dell'epidemia si sparse subito nei paesi vicini e Bova fu isolata, il commercio di ogni genere fermo; tale isolamento originò anche una forte carestia e la morte di moltissimi abitanti. Nel corso del XVI secolo si ebbe un risveglio dell'attività predatrice dei turchi contro l'Italia meridionale e ne derivò la necessità di apprestarsi alla difesa; fu infatti realizzata una linea di torri di guardia lungo tutto il litorale calabrese; nel territorio costiero di Bova esisteva già a quel tempo la Torre di "San Giovanni d'Avalos" posta sul Capo Crisafi, furono quindi costruite "Torre Vivo", completamente smantellata nel 1700, e "Torre Varata". Si ha notizia di molte incursioni turchesche nel territorio di Bova, nel 1572 alla marina di Bova si erano rifugiate due tartane cristiane per sfuggire all'inseguimento di un naviglio turco, l'equipaggio chiese aiuto ai bovesi, e il governatore della città alla guida di un numeroso stuolo di cittadini scese alla marina.
La battaglia durò molte ore e i turchi rimasero uccisi sulla spiaggia, il piccolo esercito bovese riuscì a mettere in fuga le navi turche. Il terremoto del 1783 provocò a Bova notevoli danni valutati per cinquantamila ducati. Quando nel 1799 i francesi instaurarono a Napoli la Repubblica Partenopea, non tutto lo stato napoletano ne fece parte, l'estrema provincia di Reggio, Bova compresa, rimase sotto il governo dei Borboni. Il cardinale Ruffo nel febbraio del 1799 sbarcò in Calabria alla riconquista del regno, e fu agevole in tale zona l'organizzazione delle bande che accorrevano ai suoi ordini. Uno dei primi paesi che rispose all'appello fu Bova, dove si costituì una grossa banda di Sanfedisti che mosse verso Reggio incorporandosi alle truppe del cardinale. Oltre alle catastrofi naturali, Bova subì nel 1943 durante l'ultimo conflitto mondiale un grave bombardamento da parte degli angloamericani, che danneggiò notevolmente le strutture abitative; nella strage morirono ventisei cittadini bovesi. Cultura. Bova è considerata la capitale della cultura grecanica in Calabria. Feste, manifestazioni e musica. Le manifestazioni e le feste che hanno luogo periodicamente a Bova creano momenti di svago e di allegra compagnia.
A Bova le manifestazioni riguardano principalmente le feste Patronali che hanno luogo per San Leo, Patrono della città e compatrono dell'arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, il giorno 5 maggio. Invece nei giorni 15-16-17 agosto, si svolgono i festeggiamenti in onore della Beata Vergine Maria Assunta, San Leo e San Rocco. I festeggiamenti patronali, così come quelli in onore della Beata Vergine Assunta, attraggono molti fedeli ed in particolare tanti emigrati che per l'occasione rientrano l'estate in Bova. La Banda Musicale a Bova ha festeggiato il suo centenario nel 1998. Il Complesso bandistico denominato "Città di Bova" fu istituito con delibera del Consiglio Comunale n° 31, il giorno 8 settembre 1898. La banda è costituita da 40 elementi, tutti di Bova, e il Maestro è il sig. Stelitano Antonino. Essa è una delle poche bande musicali comunali. Nell'agosto 2005 si è svolta l'VIII edizione del Festival Paleariza, dal titolo "Musica tu Cosmu stin Calavrìa Greca" (musica nell'universo della Calabria greca). Da ottobre 2012 il comune di Bova ospita a Palazzo Tuscano,“Centro visita del Parco Nazionale dell’Aspromonte", una mostra multimediale dal titolo "Calabria contadina nelle immagini di Gerhard Rohlfs", a cura di Antonio Panzarella. La mostra espone le fotografie scattate dal filologo tedesco Gerhard Rohlfs, il quale, a partire dagli anni ’20 del secolo scorso, si è recato più volte sul luogo per effettuare delle ricerche sul dialetto greco-calabro. Strumenti musicali.
Gli strumenti musicali del paese di Bova e dell'area grecanica, presentano forti caratteri di arcaicità e risultano in via di estinzione. Tali strumenti hanno valore non solo in quanto oggetti materiali, ma per il sostrato musicale a cui rimandano. Si tratta di strumenti musicali popolari legati ad un ambiente agro-pastorale, costruiti, diffusi e suonati dallo stesso musicista e sono funzionali ad occasioni sociali, durante le feste religiose e liturgiche. I musicisti popolari, pastori e contadini, pur non traendo sostentamento da attività musicali, rappresentano il sapere musicale appreso oralmente all'interno della comunità. I suonatori appartengono alle generazioni anziane, ma ci sono degli strumenti che sono suonati anche dai giovani come l'organetto e il tamburello. Il tamburello ha origini molto antiche, la superficie si ricava dalla pelle di capra, perfettamente tirata inserita in una cornice circolare, con una serie di piastrine metalliche ritagliate da fondi di latta. Il tamburello si utilizza nella tarantella in quanto svolge una funzione ritmica molto importante e prevede l'accompagnamento della zampogna. Anche la zampogna ha antiche origini: è probabile una sua discendenza dagli "auloi" greci, si conoscono due tipi diversi di zampogna: una con canne di melodia di diversa lunghezza ed un'altra con canne di uguale lunghezza collegate ad un otre di pelle.
La sua funzione è quella di scandire i momenti salienti dell'anno agricolo, secondo l'arcaico calendario stagionale. Essa viene generalmente protetta dal malocchio con vari amuleti, quali nastri, fiocchi rossi e cornetti aventi un significato apotropaico. Il suo repertorio è costituito da tarantelle, pastorali ed accompagnamento al canto. Un altro strumento musicale utilizzato dai grecanici di Bova è l'organetto, un'armonica a bottoni, a suoni alternati. Il repertorio dell'organetto concorda in gran parte con quello della zampogna, ma esso serve anche per l'accompagnamento di canzoni ritmicamente più rigide ma melodicamente più libere. A Bova ogni anno si tiene il festival dell'arte musicale greca che costituisce il maggiore stimolo artistico per tutti i greci di Calabria. I strumenti musicali che possiamo costruire noi sono molto pochi ad esempio: il mandolino. Secondo la leggenda una regina Armena avrebbe guidato le sue genti sul monte Vùa. Dal nome latinizzato, Bova detto così perché luogo adatto al ricovero dei buoi, derivò lo stemma rappresentante il bue, cui in epoca cristiana, fu aggiunta la figura della Madonna col Bambino in braccio. Curiosità. Quasi tutte le contrade sono caratterizzate da nomi di derivazione greca: Luppari - Cavalli - Brigha - Bucissà - Caloghiero - Milì - San Giovanni - Campo, Polemo - Aio - Leo- Manduddhuru, verceu ecc. Gli abitanti di Bova appartengono alla Comunità Greca di Calabria che complessivamente conta circa 13.000 abitanti, dislocate nei comuni dell'Area Grecanica.
In una piazzetta all'entrata di Bova è collocata una locomotiva a vapore, discretamente conservata, che simboleggia le ferrovie ed i Bovesi che lavorarono come ferrovieri. Ogni visitatore s'interroga sulle difficoltà per trasportarla fino al borgo: effettivamente in alcuni punti si è dovuto allargare la carreggiata della strada che porta al paese. Foto del monumento (e altre su Bova) all'URL http://www.donmilanigioiosa.it/Immagini/Rassegna/rassegna.htm. Nel 2007 Robert Englund ha visitato (per le location del film The Vij ) Bova dichiarando: “Personalmente ho tratto grandissima ispirazione da due paesini della provincia di Reggio Calabria: Pentedattilo e Bova. Quando li ho scoperti ho pensato che fossero set da milioni di dollari preparati per noi da Peter Jackson!”Tante le iniziative, si diceva, come la presentazione di autori di libri. Abbiamo seguito il dottor Franco Tuscano, di cui vi abbiamo dato cenno su questa colonne. Presidente del circolo grecanico ‘Paleo Cosmo’. Anche Adele Cambria ha presentato il suo nuovo libro, martedì 30 aprile a Bova alle 17,30 nella sala del consiglio comunale. Alla presenza del noto giornalista e direttore di zoomsud, Aldo Varano e lo storico dell’arte Pasquale Faenza, moderatrice Emanuela Martino ed ovviamente del sindaco di Bova, Santo Casile e del vice sindaco, Gianfranco Marino, giornalista e attivissimo animatore dei pomeriggi culturali bovesi. “In viaggio con la zia” è il titolo del volume edito da Città del Sole di Franco Arcidiaco.
Il magico paese di Bova dunque, un borgo a 960 metri ai altezza sul mar Jonio, più popolato di estate, ma vissuto in ogni stagione dell’anno dai suoi 500 abitanti, residenti tra il centro e le zone rurali. Uno dei borghi più belli d’Italia. In occasione della Domenica delle Palme, per commemorare l’ingresso di Cristo a Gerusalemme, i Bovesi, usano intrecciare foglie di ulivo su steli di canna, che chiamano Persefoni; altri Pupazze, o “Parme”. Altri ancora l'appellano con il nome di “Maddamme”, sulla scia di vecchi stornelli che citano l'addobbo delle palme con fiori e primizie. Il rito religioso quest’anno è iniziato alle 10 nella piazza principale del paese. In processione si è giunti al Santuario di San Leo, dove sarà impartita la benedizione delle Palme, per proseguire per le vie del borgo fino alla chiesa di Santa Caterina. il simbolo identitario più importante dello splendido borgo Calabrese. Ci è piaciuto l’articolo dell’insegnante-giornalista Enza Cavallaro, fra i tantissimi scritti sull’argomento, pubblicato”venerdì 30 marzo 2012, sul ‘Quotidiano della Calabria’(abbiamo collaborato con questa testata giornalistica per tredici anni) …”
Ogni anno a Bova, in occasione della Domenica delle Palme, per commemorare l’ingresso di Cristo a Gerusalemme, i bovesi usano intrecciare foglie di ulivo su steli di canna, che uniscono insieme tra di loro al fine di realizzare figure femminili di rara bellezza. Nella settimana che precede l’evento, diverse famiglie si riuniscono in luoghi comuni per intrecciare le “palme”. Progressivamente il lungo fusto che sorregge un telaio di canna prende forma e viene addobbato con fiori, frutti e merletti. Un tempo dalle campagne circostanti, decine e decina di queste meravigliosi intrecci colorati raggiungeva il centro di Bova, la Chòra. Quasi del tutto perduta, questa antica tradizione è stata ripresa un paio di lustri addietro. Carmelo Nucera, sindaco di Bova nel 1991, istituì un premio per stimolare la ripresa del rito. Nonostante questo tentativo la tradizione stentava a riprendere. Però il rito era ben radicato nelle memoria dei bovesi tanto che il signor Mesiano Giuseppe, emigrato in Lombardia negli anni Cinquanta, realizzò la sua palma in casa e la portò a benedire nel duomo di Milano. I contadini di Bova, anche se in tono minore, hanno continuato a realizzare i loro intrecci da portare nella celebrazione eucaristica della domenica delle Palme, infatti, tutti gli anni, in chiesa le tradizionali foglie di ulivo intrecciate, comparivano qua e la, nelle mani delle donne e dei bambini. Qualche lustro fa Bruno Traclò convinse uno dei fratelli Mesiano, Angelo, a realizzare alcune “Papazze-Palme”.
Da allora l’impegno di tante persone e soprattutto delle famiglie Iiriti della contrada San Nicola , D’Aguì, Traclò, Zavettieri, Stelitano ed altre, è stato costante e fondamentale per salvare l’antica tradizione. Il precedente sindaco Andrea Casile ,con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici della Calabria, ha dato il giusto risalto a questo originale aspetto della cultura dei contadini di Bova tanto che, Alfonsina Bellio e Pasquale Faenza, coadiuvati dalla dottoressa Annamaria Lico nel 2009 hanno catalogato il rito, tra i beni Beni Etnoantropologici Immateriali della Regione. In quell’occasione una “palma” è stata esposta in un salone di Palazzo Arnone . Da quì è nata anche la pubblicazione del libro: All’Ombra delle Pupazze in Fiore di Alfonsina Bellio. Anni prima alcune “palme” furono esposte, assieme a cartelloni e fotografie per allestire una mostra permanente nel Parco “old Calabria” a Camigliatello Silano , su richiesta della presidente Mirella Barracco della Fondazione Napolinovantanove. Secondo alcuni antropologi la Processione della Domenica delle Palme di Bova perpetua i culti di antichi figure mitologiche, come Demetra e Persophone, collegandosi ai riti preistorici delle grandi madri del Neolitico.
Quindi i temi della Pasqua Cristiana, nascondono tracce di tradizioni più antiche: Il passaggio dall’inverno alla primavera, il ciclo della vita, della donna ma anche il rapporto tra Bova e le campagne circostanti, e ancora Sibille, Madonne, riferimenti alle feste liturgiche del mondo ortodosso bizantino. I contadini di Bova hanno sempre chiamato questa giornata la festa della Palme facendola rientrare totalmente nei riti cristiani della settimana Santa. le statue dalla forma di figure femminile venivano chiamate “pupazze” proprio per specificare che si trattava di figure femminile. Dopo la celebrazione del tradizionale rito in un contesto, non più di religiosità popolare,domenica, si terrà, la presentazione del mosaico “Sacralità Grecaniche”: omaggio al rito pasquale e ai suoi ancestrali riferimenti mitologici e successivamente, il Sindaco di Bova, Santo Casile, nel segno della continuità della precedente amministrazione, donerà la palma al centro di Documentazione del ParcoArcheoderi di Bova Marina e in più a Sonia Ferrari, Presidente del Parco della Sila che porterà il simbolo dell'Aspromonte Greco nell'ambito degli eventi previsti nella mostra “Il Respiro della Sila”, che si inaugurerà a Roma, il 12 Aprile, in occasione della Festa di Cibele.” . Bova, grande, grande, grande dunque. Proiettata verso il turismo di massa, panacea di tutti i mali. Unico neo, la strada di collegamento con l’altra metà del cielo. Tuttavia, pare che l’inesauribile sindaco, Santo Casile, abbia trovato la pezza giusta per tappare il buco; se non la quadratura del cerchio. Ma serve un attimino di pazienza. Si sa che la lento-sauro-burocrazia, “pretenda” i suoi tempi. Al di là della bretella di scorrimento veloce, in grado di collegare Bova con Bova Marina, in una manciata di minuti, ne guadagnerebbe lo scenario, l’ambiente, lo sfondo del ‘greco mar’. Di questi tempi, c’è l’effluvio di primavera. Una tempesta chimica di sapori, di odori, di profumi. La possibilità di gustare le bellezze ecologiche di una campagna lussureggiante ed incontaminata, immersa nel verde, nella natura, nell’ossigeno. Un sereno week-end; un pic.nic sui prati, tra viole e margherite e voli di rondine. Una gita fuori le mura. Una sorta di ritiro spirituale, che fa bene all’anima ed alla salute. Tre metri sopra il cielo. Domenico Salvatore
BOVA (RC), CHE IL CELEBERRIMO GLOTTOLOGO DI RINOMATA FAMA INTERNAZIONALE, GHERARD RHOLFS, DEFINIVA “MONUMENTO NAZIONALE DELLA GRECITA’, HA OSPITATO UNO STORICO CONVEGNO DI ALTO PROFILO CULTURALE, DEDICATO ALLO STESSO DIALETTOLOGO TEDESCO, CITTADINO ONORARIO
Al tavolo, oltre al sindaco Santo Casile, anche il professore, scrittore e giornalista Pasquino Crupi, grosso meridionalista, uno dei grandi della Letteratura, non solo calabrese, che non ha raccolto nemmeno il 30% del suo potenziale, il dottor Franco Tuscano, presidente dell’associazione culturale Paleo Cosmo, scrittore e saggista, personaggio emerito della grecanicità (‘Gerhard Rohlfs e la Bovesia’); il professore Filippo Violi accademico di Grecia, scrittore, filologo, saggista, etnografo (‘La continuità linguistica greca nel periodo romano’ ); il primario di medicina dell’ospedale “Tiberio Evoli”, Elio Stelitano, scrittore, saggista, noto personaggio del Jet Set calabrese, moderatore di convegni di alta valenza culturale; il dottor Pasquale Faenza conservatore di Beni Culturali, scultore, saggista, scrittore, antropologo, storico dell’arte, che ha restaurato anche l’opera artistica dedicata a San Leo; era previsto anche l’intervento di Cristian Much (Console generale di Germania a Napoli), e quello dell’assessore regionale alla cultura Mario Caligiuri. Ha presenziato un nutrito gruppo di autorità e personalità di spessore. Compreso l’ex sindaco, già segretario regionale della CGIL Carmelo Nucera, presidente del circolo grecanico ‘Apodiafazi’. La manifestazione si è impreziosita della presenza pure di Franco Arcidiaco, giornalista, editore, saggista (‘il nuovo che emerge’), Ed ancora il cavaliere, luogotenente Cosimo Sframeli, comandante della stazione principale dei Carabinieri di Reggio Calabria, scrittore, saggista, giornalista,
Domenico Salvatore
BOVA (RC)-Anche Bova, ha la sua “Casa della cultura come quella di Leònida Rèpaci (l’inventore del Premio Letterario “Viareggio”) a Palmi. Qui, nell’altro mare, si chiama “Museo della Cultura e dell’Arte Contadina dei Greci di Calabria”, che il Comune, ha deciso di intitolare a Gerhard Rholfs. Ultimo anello di una catena di iniziative di spessore culturale.La cittadina di Napoleone Vitale, si erge a “Pharos di Alessandria” della cultura. Con una serie di proposte ed impulsi ad ampio respiro, a dir poco, strabilianti. Sul proscenio di ‘Palazzo Marzano’, sotto l’occhio divino di Apollo, c’erano tutte le mitiche figlie di Giove e Mnemosyne …Calliope la poesia epica, Clio la storia, Polimnia gli inni eroici, Euterpe le poesia lirica, Tersicore la danza, Erato la poesia amorosa, Melpomene la tragedia, Talia la commedia, Urania l’astronomia…”. Un appuntamento imperdibile. Mancavano gli attori della comunicazione. I rappresentanti dei mass-media, cosiddetti ufficiali, che in teoria, dovrebbero rischiarare il cono d’ombra, che avvolge le nostre coree e le banlieue della sottocultura e del sottosviluppo, se la ridacchiavano sotto i baffi; affaccendati in tutt’altre faccende. Risus abundat in ore stultorum. Illuminare, se non Liberare questa terra di Calabria, sprofondata nelle tenebre dell’oscurantismo pre-illuminista, dall’analfabetismo strumentale e di ritorno. Opporre i lumi della ragione alle tenebre dell’ignoranza.
Il professore Pasquino Crupi, meridionalista convinto, scrittore, saggista, intellettuale di prima grandezza, punta di diamante della cultura, non solo calabrese, ce la mette tutta, da sempre. E con lui, a dire il vero, anche altri intellettuali gettonati. Beati monoculi in terra caecorum! Questa benemerita pattuglia di intellettuali, salva l’onore e la dignità della cultura non solo ellenofona…. " Aspice, respice, prospice”. Affacciati alla finestra di questo splendido, meraviglioso ed incantevole ‘balcone sullo Jonio’. Pasquino Crupi con poche pennellate michelangiolesche dipinge Gerhard Rholfs, che considerava Bova, un “monumento nazionale della Grecità”,‘archeologo della lingua’, che marca la differenza fra la grecità sepolta degli scavi e quella vivente ‘che puzza di capra’. Ed ancora…”Rholfs, tedesco meridionalista, che interrompe la tradizione nefasta dei viaggiatori stranieri che dicevano che l’Europa finiva a Napoli Bova, non è solo la piccola capitale della cultura grecanica. Gli scenari, l’ambiente, la Storia, l’archeologia, i personaggi, confermano a questo centro pre-aspromontano della costa jonica reggina, un posto di primo piano nella cultura ufficiale. Sebbene, nemmeno in questo settore si viva di allori. L’incuria, la negligenza, la sciatteria, la sbadataggine, la distrazione, tarli silenziosi che intaccano irrimediabilmente sono sempre in agguato.
Il processo di rigenerazione se non di rinnovamento costante e metodico, l’aggiornamento diventano la panacea di tutti i mali, che affliggono la cultura. Repetitio est mater studiorum. Per dirla col poeta Napoleone Vitale, Bova…” Si stende, sotto il cielo che s’inarca/nell’amplesso dei monti, il vasto mare;/ed il mito di Ulisse ecco riappare/sull’acqua e in sogno silenzioso varca./E quasi per prodigio anche la morte/ellenica favella odi ed il canto/d’Omero, e torna il favoloso incanto/d’una scomparsa età per noi risorta./…”. Una rara avis in caelo. Il ‘vate di Bova Marina’ scaglia il suo j’accuse contro i ‘barbari’ che dal ‘500 in poi, hanno continuato a lanciare palate di fango contro la Calabria. Ivi compresa la bufala di Giuda Iscariota, che…sarebbe calabrese di Scalea…scaleota...scaliota…scariota…Iscariota. C’è pure la leggenda metropolitana del soldato romano che inchiodò Nostro Signore Gesù Cristo. Sarebbe, udite, udite, un calabrese della famigerata X^ Legione. La Legio X Fretensis ("dello Stretto") fu una legione romana creata da Augusto nel 41/40 a.C. per combattere contro Sesto Pompeo, ed esistette almeno fino agli inizi del V secolo.
Augusto, all'epoca ancora Ottaviano, arruolò questa legione in quanto aveva bisogno di contrastare Sesto Pompeo, figlio di Gneo Pompeo Magno, il quale controllava la Sicilia, minacciando la fornitura di grano per la città di Roma. Ottaviano scelse per questa legione il numero dieci come richiamo alla famosa Legio X di Cesare; la legione originale era infatti nell'esercito di Marco Antonio. Durante il conflitto contro Pompeo, la Legio X presidiò lo stretto di Messina, prendendo parte alla battaglia di Mylae e a quella di Nauloco (36 a.C.); dal nome latino dello stretto, fretum siculum, la legione derivò poi il cognomen Fretensis i suoi membri sarebbero stati assoldati proprio tra gli abitanti di Messina e della dirimpettaia la Calabria. Mauro Longo, si spinge oltre…”LA DECIMA LEGIONE
La Decima Legione Fretense, fonte www.ufficiospettacoli.it, fu creata nel 41 a.C. da Ottaviano, per combattere le guerre che avrebbero portato alla fondazione del suo Impero. Il nome “Fretense” significa “del Fretum” ovvero “dello Stretto (di Messina)”, dato che le sue prime operazioni belliche avvennero nel territorio messinese e che i suoi membri sarebbero stati assoldati proprio tra gli abitanti di Messina e del suo comprensorio territoriale, inclusa la Calabria.
Fu questa Legione la protagonista di tutti i fatti narrati nel Nuovo Testamento della Chiesa Cristiana relativi al processo e alla crocifissione di Gesù il Nazareno. Fu la Legione che avrebbe fatto applicare il censimento durante il quale sarebbe nato “il Figlio di Dio”, che avrebbe fatto catturare, processare, interrogare, torturare e crocifiggere il “Re dei Giudei”. Appartenente alla Decima Legione sarebbe stato Longino, il legionario che avrebbe trafitto il costato di Gesù con la sua lancia. Per aver versato il sangue di Dio e per aver poi avuto innestato un chiodo della croce, quest’arma sarebbe così divenuta la terribile Lancia del Destino, un artefatto potentissimo bramato da numerosi sovrani della storia, fino ad Hitler. Fu la Decima Legione, la legione dello Stretto che distrusse il monastero esseno di Qumran, dove sono di recente stati ritrovati gli straordinari Manoscritti del Mar Morto, che potrebbero rivelare tutti i segreti delle comunità cristiane delle origini e della vera figura storica e del messaggio originale di Gesù, così stravolti nei secoli dalla Chiesa. Furono sempre i legionari dello Stretto che assediarono e distrussero Gerusalemme nel 70 d.C., riducendola ad un cumulo di macerie, sopprimendo ogni rivolta e acquartierandosi lì per secoli, a controllare la Terra Santa. Furono loro a saccheggiarla, impadronendosi di tutti i tesori, le reliquie e i cimeli inestimabili della Città Santa e del Tempio, come l’Arca dell’Alleanza e la Menorah (il Candelabro a sette bracci). Quanti di questi tesori, quanti segreti, quante dottrine e conoscenze apprese in Terra Santa i legionari dello Stretto riportarono a casa alla fine del loro servizio militare? Quanto dei saccheggi di Gerusalemme pervenne a Messina?E che cosa?”In cattedra è salito anche il professore Violi, un altro attore protagonista della grandeur ellenofona, che ha celebrato il talento e la figura di Rholfs… ma tra le righe ha difeso coi denti e con le unghie la “lingua madre”… ll dialetto greco-calabro, fonte https://sites.google.com, parlato in provincia di Reggio di Calabria è chiamato localmente grecanico o greco vutano (da Vùa → Bova), ed è formalmente un dialetto appartenente alla minoranza linguistica greca d'Italia.La minoranza linguistica greca d'Italia, così come riconosciuta dallo Stato Italiano, è composta dalle due isole linguistiche della Bovesia in Calabria e della Grecia Salentina nel Salento, che di fatto costituiscono la totalità delle aree ellenofone esistenti nella nostra nazione. Il Parlamento Italiano ha riconosciuto quindi la comunità greca della regione Calabria come gruppo etnico distinto e come minoranza grecofona focalizzata nella provincia di Reggio di Calabria.
Nell’Area Ellenofona, storicamente conosciuta come Bovesia, per il ruolo esercitatovi da Bova, in questa parte più meridionale della penisola resiste ancora un’antica lingua: il greco di Calabria ed esistono i greci di Calabria. Una minoranza speciale giacché. se è minoranza per il numero dei parlanti, di contro è maggioranza per l’identità culturale in quanto rappresenta quella di tutti i calabresi. In seguito all'approvazione della legge sulle Minoranze Linguistiche ha cominciato ad essere attivo l'IRSSEC, Istituto Regionale Superiore di Studi Ellenocalabri, di cui fanno parte i rappresentanti delle Associazioni e dei Comuni grecocalabri, che sarà l'ente ufficialmente deputato alla cura e alla tutela del patrimonio ellenocalabro.In assenza dell’apposita legge regionale che ne regolamenti l’attività e ne consenta l’autonomia gestionale, l’Amministrazione Comunale ha ritenuto che l’Istituto (il Comune ne è l’Ente Proprietario) non dovesse restare inoperante anzi che dovesse essere messo in condizione di assolvere al compito per il quale era stato voluto, riconoscendo ad esso la capacità di determinare una ricaduta positiva di immagine su quest' Area e la funzione di valorizzare e promuovere una connotazione culturale che conferisce quella diversità che è caratteristica fondamentale di tale popolazione, anzi ne costituisce quella identità da difendere dalle omologazioni culturali che cancellano impietosamente ogni differenza.
Ed è per questo che le Giunte Comunali che si sono susseguite hanno ritenuto di dover nominare direttori scientifici come il Prof. Filippo Violi.Lo stesso prof. Filippo Violi ha fondato un'altra Associazione con il nome di "ODISSEAS" avente la sede a Bova Marina fin dal 1999 creata per salvaguardare, difendere e la promuovere la cultura Greca di Calabria. Da molti anni è ormai presente con le sue manifestazioni culturali e musicali in tutto il territorio regionale e nazionale. Tra i suoi soci annovera molti insegnanti ed esperti storici e linguistici. Essa è ufficialmente l'associazione deputata a ricevere ed intrattenere presso l'IRSSEC gli ospiti della Grecia stessa e della altre parti d'Italia. L'Associazione ha una vasta esperienza nel campo della produzione canora greca rappresentata esclusivamente dal gruppo "MEGALI ELLADA" sia nei luoghi d'Italia che nei territori esteri”. Bova (Chòra tu Vùa in greco di Calabria, Vùa in calabrese) è un comune italiano di 442 abitanti della provincia di Reggio Calabria, in Calabria. Il piccolo paese è considerato, capitale culturale della Bovesìa, quindi della cultura greca di Calabria. Geografia.
Il paese di Bova, fonte Wikipedia, è arroccato sul versante orientale dell'Aspromonte a 915 m s.l.m. ed occupa una superficie territoriale comunale di 46,74 km². L'accesso all'alto Aspromonte è assicurato passando per Bova che si raggiunge percorrendo i 9 km che lo separano da Bova Marina grazie ad una nuovissima strada a scorrimento veloce. Da Bova si possono raggiungere anche Roghudi Vecchio Roccaforte del Greco (Area Ellenofona della Calabria) e via Melito Porto Salvo, a 10 km risalendo per circa 50 km verso Gambarie d'Aspromonte sulla SS 183.Storia Antichità. Bova ha origini molto antiche come testimoniano rinvenimenti di armi silicee dell'epoca neolitica, ritrovate numerose nel territorio. Anche dentro l'abitato, nel perimetro del castello, furono rinvenute schegge di ossidiana, attestanti il commercio primitivo che gli abitanti delle isole Eolie intrattenevano con i popoli vicini a partire dal IV millennio a.C. Pertanto le rocche del castello ospitarono sicuramente un insediamento umano di età preistorica. E ancora i numerosi frammenti vascolari, con disegni a meandro, ad impasto lucido nero, di fattura certamente greca, del primo periodo di colonizzazione, comprovano l'antica esistenza di abitazioni nella zona del castello e documentano i vari insediamenti umani nel corso dei secoli.Tra le popolazioni preistoriche che abitavano le rocche e le caverne di Bova vi furono gli Ausoni, dediti soprattutto alla pastorizia, che furono poi assoggettati dai coloni greci.
Epoca classica. Nei secoli VIII - VI a.C., nell'ambito del vasto movimento migratorio dalla Grecia verso occidente, sorsero lungo la fascia costiera ionica della Calabria numerose colonie greche, l'abitato di Delia o Deri fu posto allora in contrada San Pasquale, presso la foce di quel torrente. Secondo la leggenda Bova fu fondata da una regina greca che, sbarcata lungo la costa, sarebbe risalita verso l'interno e fissato la sua residenza sulla cima del colle di Bova, presumibilmente entro le rocche dell'antico castello. In età greca Bova subì le sorti della politica nelle vicende storiche di conquiste e di guerre tra Reggio, Locri e Siracusa, e fu infine sottoposta alla tirannide di quest'ultima. Con la vittoria di Roma sui Cartaginesi le terre dei locresi furono sottomesse dai romani, Bova comunque poté godere della cittadinanza romana, ma la tranquillità durò poco; infatti essendo il paese troppo esposto verso il mare vicino Capo Spartivento, subì le frequenti incursioni barbariche. Nel 440 infatti i Vandali sbarcarono sulle coste lucane e bruzie devastando e saccheggiando le città marittime; dopo aver occupato la Sicilia organizzarono scorrerie in Calabria e gli abitanti del litorale per sfuggire alle devastazioni si rifugiarono sui monti, in luoghi più sicuri ed inespugnabili.
Fu questo quindi il motivo che spinse gli abitanti di Delia a fondare la città di Bova. Medioevo. Dal IX secolo Bova fu continuamente assediata dai Saraceni, i pirati provenienti dalla Sicilia erano giunti intorno all'anno 829 dall'Africa e dalla Spagna, approdavano a Capo Spartivento e spesso, per avversità atmosferiche, erano costretti a fermarsi; non trovando alcuna residenza saccheggiavano e devastavano il territorio di Bova. Uno dei più disastrosi assalti saraceni fu quello 953, anno in cui Bova subì per ordine diretto dell'Emiro di Sicilia "Hassan Ibu-Alì" l'attacco di sorpresa e la strage di molti abitanti, mentre i più furono mandati schiavi in Africa. E ancora nel 1075 gli Arabi sbarcando alla marina di Bruzzano occuparono parte della Calabria ed anche Bova fu sottoposta a stretto assedio. In città si accedeva attraverso due porte turrite, porta "Ajo Marini" e l'altra ubicata nei pressi della cattedrale. L'acropoli della città di Bova era costituita dall'antica cattedrale, il Palazzo Vescovile e le case delle famiglie più ricche e nobili, fuori le mura esistevano i due borghi: Borgo di Rao e Borgo Sant'Antonio con tre torri difensive poste una di seguito all'altra, di una sola delle quali, oggi restano i ruderi. Con la dominazione normanna Bova entrò nel periodo feudale. All'età laico-normanna seguì il feudalesimo ecclesiastico-svevo e Bova fu infeudata all'Arcivescovo di Reggio che la tenne con il titolo di Conte fino al 1806, anno dell'eversione della feudalità. Età moderna.
Bova fu antichissima sede vescovile, il primo vescovo sarebbe stato ordinato nel I secolo da Santo Stefano di Nicea Vescovo di Reggio, e seguì il rito greco introdotto in Calabria dai monaci basiliani fino al 1572, anno in cui l'Arcivescovo Cipriota Stauriano impose il rito latino. Nel 1577 una tremenda pestilenza colpì il paese, approdato alla marina un naviglio carico di merci, una donna acquistò dei drappi preziosi che espose alla finestra per la festa del Corpus Domini, erano tessuti infetti da peste. A causa del caldo il male si diffuse e colpì molti cittadini, la notizia dell'epidemia si sparse subito nei paesi vicini e Bova fu isolata, il commercio di ogni genere fermo; tale isolamento originò anche una forte carestia e la morte di moltissimi abitanti. Nel corso del XVI secolo si ebbe un risveglio dell'attività predatrice dei turchi contro l'Italia meridionale e ne derivò la necessità di apprestarsi alla difesa; fu infatti realizzata una linea di torri di guardia lungo tutto il litorale calabrese; nel territorio costiero di Bova esisteva già a quel tempo la Torre di "San Giovanni d'Avalos" posta sul Capo Crisafi, furono quindi costruite "Torre Vivo", completamente smantellata nel 1700, e "Torre Varata". Si ha notizia di molte incursioni turchesche nel territorio di Bova, nel 1572 alla marina di Bova si erano rifugiate due tartane cristiane per sfuggire all'inseguimento di un naviglio turco, l'equipaggio chiese aiuto ai bovesi, e il governatore della città alla guida di un numeroso stuolo di cittadini scese alla marina.
La battaglia durò molte ore e i turchi rimasero uccisi sulla spiaggia, il piccolo esercito bovese riuscì a mettere in fuga le navi turche. Il terremoto del 1783 provocò a Bova notevoli danni valutati per cinquantamila ducati. Quando nel 1799 i francesi instaurarono a Napoli la Repubblica Partenopea, non tutto lo stato napoletano ne fece parte, l'estrema provincia di Reggio, Bova compresa, rimase sotto il governo dei Borboni. Il cardinale Ruffo nel febbraio del 1799 sbarcò in Calabria alla riconquista del regno, e fu agevole in tale zona l'organizzazione delle bande che accorrevano ai suoi ordini. Uno dei primi paesi che rispose all'appello fu Bova, dove si costituì una grossa banda di Sanfedisti che mosse verso Reggio incorporandosi alle truppe del cardinale. Oltre alle catastrofi naturali, Bova subì nel 1943 durante l'ultimo conflitto mondiale un grave bombardamento da parte degli angloamericani, che danneggiò notevolmente le strutture abitative; nella strage morirono ventisei cittadini bovesi. Cultura. Bova è considerata la capitale della cultura grecanica in Calabria. Feste, manifestazioni e musica. Le manifestazioni e le feste che hanno luogo periodicamente a Bova creano momenti di svago e di allegra compagnia.
A Bova le manifestazioni riguardano principalmente le feste Patronali che hanno luogo per San Leo, Patrono della città e compatrono dell'arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, il giorno 5 maggio. Invece nei giorni 15-16-17 agosto, si svolgono i festeggiamenti in onore della Beata Vergine Maria Assunta, San Leo e San Rocco. I festeggiamenti patronali, così come quelli in onore della Beata Vergine Assunta, attraggono molti fedeli ed in particolare tanti emigrati che per l'occasione rientrano l'estate in Bova. La Banda Musicale a Bova ha festeggiato il suo centenario nel 1998. Il Complesso bandistico denominato "Città di Bova" fu istituito con delibera del Consiglio Comunale n° 31, il giorno 8 settembre 1898. La banda è costituita da 40 elementi, tutti di Bova, e il Maestro è il sig. Stelitano Antonino. Essa è una delle poche bande musicali comunali. Nell'agosto 2005 si è svolta l'VIII edizione del Festival Paleariza, dal titolo "Musica tu Cosmu stin Calavrìa Greca" (musica nell'universo della Calabria greca). Da ottobre 2012 il comune di Bova ospita a Palazzo Tuscano,“Centro visita del Parco Nazionale dell’Aspromonte", una mostra multimediale dal titolo "Calabria contadina nelle immagini di Gerhard Rohlfs", a cura di Antonio Panzarella. La mostra espone le fotografie scattate dal filologo tedesco Gerhard Rohlfs, il quale, a partire dagli anni ’20 del secolo scorso, si è recato più volte sul luogo per effettuare delle ricerche sul dialetto greco-calabro. Strumenti musicali.
Gli strumenti musicali del paese di Bova e dell'area grecanica, presentano forti caratteri di arcaicità e risultano in via di estinzione. Tali strumenti hanno valore non solo in quanto oggetti materiali, ma per il sostrato musicale a cui rimandano. Si tratta di strumenti musicali popolari legati ad un ambiente agro-pastorale, costruiti, diffusi e suonati dallo stesso musicista e sono funzionali ad occasioni sociali, durante le feste religiose e liturgiche. I musicisti popolari, pastori e contadini, pur non traendo sostentamento da attività musicali, rappresentano il sapere musicale appreso oralmente all'interno della comunità. I suonatori appartengono alle generazioni anziane, ma ci sono degli strumenti che sono suonati anche dai giovani come l'organetto e il tamburello. Il tamburello ha origini molto antiche, la superficie si ricava dalla pelle di capra, perfettamente tirata inserita in una cornice circolare, con una serie di piastrine metalliche ritagliate da fondi di latta. Il tamburello si utilizza nella tarantella in quanto svolge una funzione ritmica molto importante e prevede l'accompagnamento della zampogna. Anche la zampogna ha antiche origini: è probabile una sua discendenza dagli "auloi" greci, si conoscono due tipi diversi di zampogna: una con canne di melodia di diversa lunghezza ed un'altra con canne di uguale lunghezza collegate ad un otre di pelle.
La sua funzione è quella di scandire i momenti salienti dell'anno agricolo, secondo l'arcaico calendario stagionale. Essa viene generalmente protetta dal malocchio con vari amuleti, quali nastri, fiocchi rossi e cornetti aventi un significato apotropaico. Il suo repertorio è costituito da tarantelle, pastorali ed accompagnamento al canto. Un altro strumento musicale utilizzato dai grecanici di Bova è l'organetto, un'armonica a bottoni, a suoni alternati. Il repertorio dell'organetto concorda in gran parte con quello della zampogna, ma esso serve anche per l'accompagnamento di canzoni ritmicamente più rigide ma melodicamente più libere. A Bova ogni anno si tiene il festival dell'arte musicale greca che costituisce il maggiore stimolo artistico per tutti i greci di Calabria. I strumenti musicali che possiamo costruire noi sono molto pochi ad esempio: il mandolino. Secondo la leggenda una regina Armena avrebbe guidato le sue genti sul monte Vùa. Dal nome latinizzato, Bova detto così perché luogo adatto al ricovero dei buoi, derivò lo stemma rappresentante il bue, cui in epoca cristiana, fu aggiunta la figura della Madonna col Bambino in braccio. Curiosità. Quasi tutte le contrade sono caratterizzate da nomi di derivazione greca: Luppari - Cavalli - Brigha - Bucissà - Caloghiero - Milì - San Giovanni - Campo, Polemo - Aio - Leo- Manduddhuru, verceu ecc. Gli abitanti di Bova appartengono alla Comunità Greca di Calabria che complessivamente conta circa 13.000 abitanti, dislocate nei comuni dell'Area Grecanica.
In una piazzetta all'entrata di Bova è collocata una locomotiva a vapore, discretamente conservata, che simboleggia le ferrovie ed i Bovesi che lavorarono come ferrovieri. Ogni visitatore s'interroga sulle difficoltà per trasportarla fino al borgo: effettivamente in alcuni punti si è dovuto allargare la carreggiata della strada che porta al paese. Foto del monumento (e altre su Bova) all'URL http://www.donmilanigioiosa.it/Immagini/Rassegna/rassegna.htm. Nel 2007 Robert Englund ha visitato (per le location del film The Vij ) Bova dichiarando: “Personalmente ho tratto grandissima ispirazione da due paesini della provincia di Reggio Calabria: Pentedattilo e Bova. Quando li ho scoperti ho pensato che fossero set da milioni di dollari preparati per noi da Peter Jackson!”Tante le iniziative, si diceva, come la presentazione di autori di libri. Abbiamo seguito il dottor Franco Tuscano, di cui vi abbiamo dato cenno su questa colonne. Presidente del circolo grecanico ‘Paleo Cosmo’. Anche Adele Cambria ha presentato il suo nuovo libro, martedì 30 aprile a Bova alle 17,30 nella sala del consiglio comunale. Alla presenza del noto giornalista e direttore di zoomsud, Aldo Varano e lo storico dell’arte Pasquale Faenza, moderatrice Emanuela Martino ed ovviamente del sindaco di Bova, Santo Casile e del vice sindaco, Gianfranco Marino, giornalista e attivissimo animatore dei pomeriggi culturali bovesi. “In viaggio con la zia” è il titolo del volume edito da Città del Sole di Franco Arcidiaco.
Il magico paese di Bova dunque, un borgo a 960 metri ai altezza sul mar Jonio, più popolato di estate, ma vissuto in ogni stagione dell’anno dai suoi 500 abitanti, residenti tra il centro e le zone rurali. Uno dei borghi più belli d’Italia. In occasione della Domenica delle Palme, per commemorare l’ingresso di Cristo a Gerusalemme, i Bovesi, usano intrecciare foglie di ulivo su steli di canna, che chiamano Persefoni; altri Pupazze, o “Parme”. Altri ancora l'appellano con il nome di “Maddamme”, sulla scia di vecchi stornelli che citano l'addobbo delle palme con fiori e primizie. Il rito religioso quest’anno è iniziato alle 10 nella piazza principale del paese. In processione si è giunti al Santuario di San Leo, dove sarà impartita la benedizione delle Palme, per proseguire per le vie del borgo fino alla chiesa di Santa Caterina. il simbolo identitario più importante dello splendido borgo Calabrese. Ci è piaciuto l’articolo dell’insegnante-giornalista Enza Cavallaro, fra i tantissimi scritti sull’argomento, pubblicato”venerdì 30 marzo 2012, sul ‘Quotidiano della Calabria’(abbiamo collaborato con questa testata giornalistica per tredici anni) …”
Ogni anno a Bova, in occasione della Domenica delle Palme, per commemorare l’ingresso di Cristo a Gerusalemme, i bovesi usano intrecciare foglie di ulivo su steli di canna, che uniscono insieme tra di loro al fine di realizzare figure femminili di rara bellezza. Nella settimana che precede l’evento, diverse famiglie si riuniscono in luoghi comuni per intrecciare le “palme”. Progressivamente il lungo fusto che sorregge un telaio di canna prende forma e viene addobbato con fiori, frutti e merletti. Un tempo dalle campagne circostanti, decine e decina di queste meravigliosi intrecci colorati raggiungeva il centro di Bova, la Chòra. Quasi del tutto perduta, questa antica tradizione è stata ripresa un paio di lustri addietro. Carmelo Nucera, sindaco di Bova nel 1991, istituì un premio per stimolare la ripresa del rito. Nonostante questo tentativo la tradizione stentava a riprendere. Però il rito era ben radicato nelle memoria dei bovesi tanto che il signor Mesiano Giuseppe, emigrato in Lombardia negli anni Cinquanta, realizzò la sua palma in casa e la portò a benedire nel duomo di Milano. I contadini di Bova, anche se in tono minore, hanno continuato a realizzare i loro intrecci da portare nella celebrazione eucaristica della domenica delle Palme, infatti, tutti gli anni, in chiesa le tradizionali foglie di ulivo intrecciate, comparivano qua e la, nelle mani delle donne e dei bambini. Qualche lustro fa Bruno Traclò convinse uno dei fratelli Mesiano, Angelo, a realizzare alcune “Papazze-Palme”.
Da allora l’impegno di tante persone e soprattutto delle famiglie Iiriti della contrada San Nicola , D’Aguì, Traclò, Zavettieri, Stelitano ed altre, è stato costante e fondamentale per salvare l’antica tradizione. Il precedente sindaco Andrea Casile ,con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici della Calabria, ha dato il giusto risalto a questo originale aspetto della cultura dei contadini di Bova tanto che, Alfonsina Bellio e Pasquale Faenza, coadiuvati dalla dottoressa Annamaria Lico nel 2009 hanno catalogato il rito, tra i beni Beni Etnoantropologici Immateriali della Regione. In quell’occasione una “palma” è stata esposta in un salone di Palazzo Arnone . Da quì è nata anche la pubblicazione del libro: All’Ombra delle Pupazze in Fiore di Alfonsina Bellio. Anni prima alcune “palme” furono esposte, assieme a cartelloni e fotografie per allestire una mostra permanente nel Parco “old Calabria” a Camigliatello Silano , su richiesta della presidente Mirella Barracco della Fondazione Napolinovantanove. Secondo alcuni antropologi la Processione della Domenica delle Palme di Bova perpetua i culti di antichi figure mitologiche, come Demetra e Persophone, collegandosi ai riti preistorici delle grandi madri del Neolitico.
Quindi i temi della Pasqua Cristiana, nascondono tracce di tradizioni più antiche: Il passaggio dall’inverno alla primavera, il ciclo della vita, della donna ma anche il rapporto tra Bova e le campagne circostanti, e ancora Sibille, Madonne, riferimenti alle feste liturgiche del mondo ortodosso bizantino. I contadini di Bova hanno sempre chiamato questa giornata la festa della Palme facendola rientrare totalmente nei riti cristiani della settimana Santa. le statue dalla forma di figure femminile venivano chiamate “pupazze” proprio per specificare che si trattava di figure femminile. Dopo la celebrazione del tradizionale rito in un contesto, non più di religiosità popolare,domenica, si terrà, la presentazione del mosaico “Sacralità Grecaniche”: omaggio al rito pasquale e ai suoi ancestrali riferimenti mitologici e successivamente, il Sindaco di Bova, Santo Casile, nel segno della continuità della precedente amministrazione, donerà la palma al centro di Documentazione del ParcoArcheoderi di Bova Marina e in più a Sonia Ferrari, Presidente del Parco della Sila che porterà il simbolo dell'Aspromonte Greco nell'ambito degli eventi previsti nella mostra “Il Respiro della Sila”, che si inaugurerà a Roma, il 12 Aprile, in occasione della Festa di Cibele.” . Bova, grande, grande, grande dunque. Proiettata verso il turismo di massa, panacea di tutti i mali. Unico neo, la strada di collegamento con l’altra metà del cielo. Tuttavia, pare che l’inesauribile sindaco, Santo Casile, abbia trovato la pezza giusta per tappare il buco; se non la quadratura del cerchio. Ma serve un attimino di pazienza. Si sa che la lento-sauro-burocrazia, “pretenda” i suoi tempi. Al di là della bretella di scorrimento veloce, in grado di collegare Bova con Bova Marina, in una manciata di minuti, ne guadagnerebbe lo scenario, l’ambiente, lo sfondo del ‘greco mar’. Di questi tempi, c’è l’effluvio di primavera. Una tempesta chimica di sapori, di odori, di profumi. La possibilità di gustare le bellezze ecologiche di una campagna lussureggiante ed incontaminata, immersa nel verde, nella natura, nell’ossigeno. Un sereno week-end; un pic.nic sui prati, tra viole e margherite e voli di rondine. Una gita fuori le mura. Una sorta di ritiro spirituale, che fa bene all’anima ed alla salute. Tre metri sopra il cielo. Domenico Salvatore
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