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Eremo dell’Unità, Gerace, Giovedì Santo.


IL GIOVEDI’ SANTO
A Gerace con Suor Mirella Muià
Dall’orthros (mattutino bizantino):
“Mentre i discepoli venivano  illuminati con la lavanda della cena…”
“Colui che per eccesso di bontà ha indicato l’umiltà come via eccellente…”
“Vi ho dato il modello, perché come ho fatto io, facciate anche voi…” (Gv 13)
Da stamattina medito sul fatto mirabile che i misteri si compiono, resi attuali dalla preghiera della chiesa, in unione allo Spirito di Dio: OGGI ACCADE TUTTO QUESTO!   E’ una meraviglia di cui non mi stanco di stupirmi…
Il senso della Lavanda dei piedi, anche se mi è sembrato tante volte sempre più chiaro, continua ad essere inaccessibile, come irraggiungibile: PERCHE’ Giovanni ha espresso con la lavanda dei piedi il mistero dell’eucaristia, cioè dell’Agnello divino? Certo non per darne il precetto morale, come spesso si intende. Questo, se mai, viene dopo. Sarebbe bello se chiedessimo di partecipare a questo mistero con tutta la nostra sostanza…
Questo è il giorno che il Signore ci indica come pienezza di tutta  la Pasqua: esso contiene tutta la divinità e tutta l’umanità, e tutta la passione, immolazione e resurrezione. Infatti il corpo e il sangue sono tutto questo! In quanto a pienezza dei misteri, il santo giovedì trova somiglianza solo con la Pentecoste. Nel mistero di questo giorno, credo che tutti – se no, non vi scriverei – siamo chiamati a entrare e dimorare e divenire suo tramite per quella porzione di mondo in cui siamo seminati.
La santa lavanda dei piedi rappresenta non solo la purificazione da tutte le pesantezze e le ferite accumulate dalla nostra umanità viandante a contatto con la terra, e anche non solo da ciò che resta in fondo al cuore e ci appesantisce senza che sappiamo perché – ma è soprattutto un’immersione nel mistero di Dio Servo, che non è solo il Figlio, ma tutto Dio. La sua onnipotenza infatti è porre se stesso verso e per l’altro. Questo avviene già nel mistero trinitario, ma anche nella creazione, e tanto più nella redenzione, che è la creazione nuova. Per i discepoli, la lavanda dei piedi è essere innestati in questo Dio Servo, per divenire, come lui e con lui, con-creatori e con-redentori. Nel Servizio di Dio è infatti il mistero e della creazione, e della redenzione.

Considero dunque per me stessa che cos’è la lavanda dei piedi che sono chiamata a fare, sapendo che è la presenza del mistero eucaristico che si manifesta così nella mia vita. Cerco qual è il senso del servizio che mi è affidato, attraverso i luoghi, le persone e le situazioni del tempo attuale. Cerco di fare questo senza chiudermi ad un ampliamento dell’orizzonte – o nel senso della vastità o in quello della profondità . Infatti non è detto che la mia vita – come la vostra – si esaurisca nel servizio puntuale di oggi, ma resto vigilante per cogliere i segni di una chiamata che diventa sempre più universale, pur restando radicata nelle realtà che si presentano oggi.
Se la lavanda dei piedi riguarda solo il perdono fraterno, mi sembra poca cosa – anche se è spesso tanto difficile… Mi pare invece che riguardi un ministero duplice, di consolazione da un lato, e di condivisione dall’altro, un entrare in contatto con i pesi, le fatiche, le oscurità raccolte dai fratelli lungo la via. Quando Gesù compie questo gesto, raffigura con esso uno SCAMBIO, e questo è davvero terribile! Lui può farlo, sappiamo che lo fa: non elimina con violenza, ma assume, e in cambio cede qualcosa di sé. Eppure pone questo suo gesto come “modello”, come esempio non tanto di vita morale – spesso il moralismo fa di noi dei farisei…- quanto di partecipazione di vita, di scambio, appunto: il coraggio di cedere qualcosa di sé, perché allevi la fatica del cammino dell’altro. E’ il gesto del Buon Samaritano – e Gesù non dice forse, al dottore della legge, “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”?. Se io so che il panno con cui fasciare le ferite dell’altro è un pezzo della mia stessa carne, che devo strappar via qualcosa della mia veste per bendarle, non posso che meravigliarmi  di essere ritenuto da lui capace di fare proprio ciò che vorrei fosse fatto a me…
Questo giorno non è solo quello della lavanda dei piedi – anche se  in realtà essa rappresenta già ai miei occhi la  partecipazione al dono del corpo e del sangue, tanto che mi è chiesto di ‘diventare’ eucaristia… Esso è anche il giorno dell’UNITA’ del corpo e del calice. Ecco perché è così intimamente legato a questa chiamata… Essa richiede che la mia vita sia spezzata e versata per questo.

Ed è anche il giorno del tradimento: il dolore di sperimentare che, in noi  e nella chiesa,è sempre presente una parte più o meno vistosa che ‘vende’ l’amore gratuito, in cambio di qualcosa di immediatamente palpabile, qualsiasi altra consolazione materiale – perché spesso la gratuità dell’amore ci scandalizza, o ci sembra solo un sogno…ma noi sentiamo il bisogno di qualcosa di più concreto, che dia una gratificazione immediata. Questo atteggiamento, come accadde a Giuda, conduce alla disperazione… Infatti, è il contrario della speranza! La presenza di Giuda è il sacramento stesso, anzi lo scandalo, della gratuità dell’amore: verso di lui va, fino all’ultimo momento, il ‘boccone’ dell’ospite d’onore della cena ebraica, la vita stessa del Salvatore. Non sappiamo quale cammino di vita sotterranea sta compiendo, nel ‘sottoterra’ della storia, nostra e umana, questo boccone vivente, che certo non può morire…
Eremo dell’Unità, Gerace, Giovedì Santo, 28 marzo 2013 - Suor Mirella Muià
Cosimo Sframeli

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