ROCCAFORTE DEL GRECO, PER UN GIORNO “L’OMBELICO DEL MONDO”, INSEDIATO IL BABY
CONSIGLIO
Domenico Salvatore
L’oracolo di Delfi e la Pizia, la sacerdotessa di
Apollo, si sono trasferiti Lari e Penati, sulla rive dell’Amendolea, qui habet
aures audiendi audiat.
Roccaforte del Greco è diventato per un giorno
l’Omphalos del mondo. To be or not to be, that is the question.
Quante emozioni! Non soltanto, quelle di Lucio
Battisti…”Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi/Ritrovarsi a
volare/E sdraiarsi felice sopra l'erba ad ascoltare/Un sottile dispiacere/E di
notte passare con lo sguardo la collina per scoprire/Dove il sole va a
dormire/Domandarsi perche' quando cade la tristezza/In fondo al cuore/Come la
neve non fa rumore/…”.
Tanti sindaci, in una volta sola, non li ha visti mai
nessuno. Ed anche assessori e consiglieri provinciali.
Si è parlato anche di Città Metropolitana, prima di
una ‘schiddhicchiata’ roccalora
Tante volte, gli addetti ai lavori, hanno sentito denunciare attraverso il tam-tam del
“si dice”, hanno letto sui giornali, hanno sentito e visto alla televisione o
sul video del computer, le vergognose e scandalose condizioni, in cui versa,
una delle capitali dell’isola ellenofona; da troppo tempo, in balia delle onde
e di se stessa.
Roccaforte,
affascinante come ‘L’isola del tesoro’…”Bello
bello e impossibile/con gli occhi neri e il tuo sapor mediorientale/bello bello
e incredibile/con gli occhi neri e la tua bocca da baciare/girano le stelle
nella notte ed io/ti penso forte forte e forte ti vorrei./Mi sconvolge
l'emozione e non so perché/oltre il bacio della folla vedo solo te/mentre corro
nel tuo sguardo sotto la città/più non voglio e più mi arrendo chi mi
salverà.!...” .
Su questi
spontoni magici, dietro questo balcone sul ‘greco mar da cui vergine nacque
Venere’, e da cui, si domina tutta la Vallata dell’Amendolea, (Com’è verde la
mia valle!) deve aver abitato Demetra, Domina Abundia e Notre Dame d'Abondance; la dea del grano e dell'agricoltura, costante nutrice
della gioventù e della terra verde, artefice del ciclo delle stagioni, della
vita e della morte, protettrice del matrimonio e delle leggi sacre. Se non
dimorato, Opi, (Opis dicta est coniux Saturni). Forse, aveva il
domicilio Cibele, dea della natura, degli animali e dei luoghi selvatici.
Lo Stato, la Regione Calabria, la Provincia di Reggio
Calabria, hanno messo sugli occhi, due tondini di salame o due belle fette di
prosciutto, per non vedere lo scempio del territorio, sedotto, bidonato ed abbindolato.
Non solamente la strada gruviera, se non ‘sfasciume
pendulo’, che mette e repentaglio l’incolumità di chiunque si avventuri in
questa trazzera o tratturo.
Di promessopoli, son pieni i fossi. Ma non troveranno
più gonzi, allocchi e creduloni, comodi alibi, servi sciocchi e utili idioti.
Solo, case abbandonate, sfitte, cadenti.
Roccaforte del Greco, sta implodendo dal di dentro.
Non cresce la libertà, la democrazia e la dignità dei suoi abitanti.
La diàspora, ha svuotato le abitazioni. Dei duemila e
cinquecento abitanti, non rimane che qualche traccia.
Roccaforte come San Martino del Carso. Il mitico
Giuseppe Ungaretti direbbe: “Di
queste case/Non è rimasto/ Che qualche/Brandello di muro/Di tanti/Che mi
corrispondevano/Non è rimasto/Neppure tanto/Ma nel cuore/Nessuna croce manca/E’
il mio cuore/Il paese più straziato/ ”.
Cresce, soltanto il cimitero,
incrollabile archivio bio-anagrafico; sacra memoria storica.
Nessuna delle tre ipotesi sembra più realizzabile…Pedemontana
Grecanica, bretella di scorrimento veloce lungo il corso dell’Amendolea; strada
di penetrazione, partendo dalla fiumara Tuccio-Melito, in direzione dello
stadio di Bagaladi “Tina Abenavoli”; ristrutturazione dell’attuale tracciato.
Pater, dimitte illis quia nesciunt quid faciunt.
Roccaforte del Greco, è un autentico
patrimonio dell’Umanità. Sebbene, coloro che parlano il Grecanico, la lingua
degli avi, bisavoli e trisavoli, siano oramai una sparuta minoranza. Nel
“cimitero degli elefanti”, sono rimasti pochi, testardi, cocciuti come un mulo,
romantici incrollabili; in attesa del trapasso; e qualche ‘rara avis in caelo’,
se non, ex giovane. A difendere l’idioma di Omero, Socrate, Platone,
Aristotele, Agamennone, Ercole, Achille, Ulisse, Ettore, Pericle, Erodoto,
Strabone, Polibio, Pausania, Senofonte, Tucidide, Fidia, Prassitele, Eschilo
Euripide, Pindaro, Sofocle, Aristofane, Lisippo Cratino, Eupoli.
A proteggere, difendere e tutelare le
vestigia dei nonni. Usi, costumi, tradizioni ed etnografie di un popolo fiero,
orgoglioso e nobile.
Boicottato, sabotato, intralciato,
oppresso e represso, dallo Stato a volte benevolo e generoso; altre patrigno, muto, cieco e
sordo.
Senza, per questo voler gettare l’acqua
sporca con il bambino dentro. O peggio, tirare sassi in piccionaia. E nemmeno, voler
fare di tutte le erbe un fascio. Senza separare il grano dal loglio.
Non si risolvono i problemi, con gli
scioglimenti per mafia, record nazionale, di cui se ne farebbe volentieri a
meno, del Comune aspromontano; solamente con la repressione.
A furia di criminalizzare il tessuto
connettivo della società ‘roccaforticiana’, non si riesce più a trovare
candidati ‘puliti’ indigeni autoctoni.
Surrogati, spesso e volentieri con gli
oriundi, se non con gli apolidi; e comunque forestieri ed estranei, a giudicare
da certe liste elettorali. Con residenza fittizia od addirittura, esterna. “Paese
mio che stai sulla collina,/disteso come un vecchio addormentato/la noia,
l'abbandono, il niente son la tua malattia,/paese mio ti lascio io vado
via./Che sarà, che sarà, che sarà/.Che sarà della mia vita chi lo sa/.So far
tutto o forse niente, da domani si vedrà,/e sarà, sarà quel che sarà./Gli amici
miei son quasi tutti via/e gli altri partiranno dopo me/.Peccato perché stavo
bene in loro compagnia,/ma tutto passa, tutto se ne va./…”Ogni ciottolo, ogni
pietra, ogni sasso, trasuda storia. Le ‘vineddhe’, le viuzze, le scalinate, le
piazzette, meta dei rijjhoccoli, narrano antiche vicende, avvenimenti, episodi
e fatti.
Toto Cutugno
canterebbe…”Voglio andare a vivere in campagna/
voglio la rugiada che mi bagna/ ma vivo qui in citta, e non mi piace piu/ in
questo traffico bestiale/la solitudine ti assale e ti butta giù/che bella la
mia gioventù/…Al mio paese si
balla, si balla, si balla/in questa notte un po'ruffiana di luna piena/al mio
paese c'e festa che festa che festa/tutti in piazza ed affacciati alla
finestra/rivoglio il mio paese la chiesa le case/e la maestra che coltiva le
sue rose/rivoglio il mio paese, la vecchia corriera/che risaliva lenta
sbuffando a tarda sera/ma e solo un sogno e niente piu/che bella la mia
gioventu/Al mio paese si balla si balla si balla/dalla notte fino all'alba con
la luna piena/rivoglio il mio paese, quella gente che respira amore/e quello
stagno che per noi bambini sembrava il mare/al mio paese c'e festa che festa
che gran festa/tutti vestiti per bene un po'fuori di testa/rivoglio il mio
paese, la giostra il barbiere/e il dottore di tutti, il prete e il
carabiniere/ma e solo un sogno e niente piu/che bella la mia gioventù/.
Ed il
divino Beniamino Gigli, cinguetterebbe…”Una casetta in campagna,/un orticello,
una vigna/Qui chi vi nasce vi regna/non cerca e non sogna la grande cittá./Un
dolce suon di zampogna/che tanto batte nel cuore/.Se vuoi goder la vita/vieni
quaggiú in campagna,/é tutta un’altra cosa/vedi il mondo color di
rosa,/quest’aria deliziosa/non é l’aria della cittá/.Svegliati con il
gallo,/specchiati nel ruscello,/bacia la tua compagna/che t’accompagna col
somarello/.Ogni figliolo è un fiore nato sulla colina,/baciane una dozzina. Oh!
Che felicitá./…”
Ma forse, tutto ciò, non esiste proprio. È solo la
nostra proiezione introspettiva degenerata. Frutto, della nostra immaginazione
e fantasia. Stiamo vagheggiando, un mondo surreale (… frottage, grattage,
collage, assemblage, dripping… amore:
sogno e follia, liberazione: Andrè
Breton, Jacques Prevert, Salvador Dalì, Joan Miro…) che non c’è più. Ci stiamo
arrampicando sugli specchi. Siamo sprofondati nel magico mondo di ‘Alice nel
paese delle meraviglie’. Un tuffo nel passato…Nick, Adam, Lou, Kodiac Valley… Ai
confini della realtà. Oppure, siamo saliti sulla macchina del tempo dello
scienziato eccentrico Doc di “Ritorno al futuro”.
Per anni, Roccaforte non ha avuto il
sindaco. Ed ora, l’abbondanza. Melius abundare quam deficere.
Due sindaci in una volta? Troppa grazia Sant’Antonio!
I giorni grigi dello scioglimento di ben tre scioglimenti per mafia del
Consiglio Comunale, record nazionale, sono oramai un pallido ricordo.
Roccaforte del Greco, vuole svoltare, girare pagina. Il primato della politica,
e padre Macario, possono operare, il miracolo delle noci. Aveva messo tanta
carne sul fuoco, la lista del primo cittadino “roccaforticiano”.
Uno dei punti nodali, era proprio l’elezione del
Consiglio Comunale dei ragazzi. Per formare le giovani leve della politica e
per informare. Servono mezzi e strumenti; non chiacchiere di bettola e di
bizolo. Ed il giusto, indispensabile ed equilibrato rapporto, con gli organi
d’informazione.
Attraverso un progetto sviluppato dal Comune di
Roccaforte diretto dal sindaco Domenico Penna, insieme all'Istituto Comprensivo
“Megali” , guidato dalla dottoressa Concettina Sinicropi con lo scopo di
educare i ragazzi a partecipare attivamente allo sviluppo della democrazia nel
loro paese, l'11 Novembre scorso era stato eletto il "Minisindaco" di
Roccaforte: Venere Pangallo. Ed il baby Consiglio Comunale, composto da
Francesco Cento, vicesindaco, Maria Giovanna Altomonte presidente e Sara
Palamara segretario.
Il comune è posto 971 m s.l.m., sul versante
meridionale dell'Aspromonte. Appartiene all'area della Bovesia e la sua unica
frazione è Ghorio di Roccaforte.
Ad accogliere i numerosi, infreddoliti ospiti, la
vecchia, romantica, indelebile ed inalienabile, nobile scuola elementare, da
cui tra una castagnata ed un’allegra zuffa intorno al pupazzo a colpi di palle
di neve, son passate intere generazioni di scolari; che, diplomati e laureati,
sono andati ad occupare posti di prestigio e di responsabilità nel così detto
consorzio civile; se non, società civile.
Par di sentire gli urletti allegri e scanzonati, le
battute spensierate e libere di tanti marmocchi, le “bbbuciate” dei maestri e le
grida delle mamme, che affiancano il lavoro degli insegnanti in simbiosi; ma
anche i rimbrotti, le ammonizioni, le sgridate, gli avvertimenti ed i richiami dei
“bidelli” e degli abitanti, che ancora popolavano il paese del leggendario
partigiano Marco Perpiglia.
Di questi tempi, tutti, rintanati nelle loro aule a
preparare le feste natalizie, le recite, la poesia, la letterina per i
genitori; le partite a scacchi e dama od a carte, ‘e ciappittoli con le
figurine della Panini, alle noccioline ‘e fussitti, a castello, ai birilli,
alla lippa, a rianu, a ping pong; le novene, il presepio, l’albero di Natale,
ma anche…crespelle, stomatico, petrali, panettoni, torroni, caldarroste nel
cortile dell’edificio scolastico ed altri dolci e sorprese e l’immancabile
scontata frittolata accompagnata da vino nuovo a perdere e birra.
In sottofondo, il suono della ciaramelle, organetto e
tamburello, chitarra e banjo; e tarantella fino a sfiancarsi. Stesso discorso
con le mascherine di Carnevale (Pulcinella, Arlecchino, il dottor Balanzone,
Gianduja, Pantalone, Stenterello, Meneghino, Meo Patacca, Rugantino, Mastro
Gilormo, Colombina ecc.) con la Festa delle Palme e subito dopo della Santa
Pasqua, con colombe ed agnellini di zucchero, la Pasquetta; ed in Primavera, le
gite fuori le mura, viole, primule, ranuncoli.
Felici di niente…”Cummari Ciccia, mu ‘mprestati ‘nu
tizzuni ch’aia cucinari?” ed ancora “Cummari Maria, m’imprestati du’ cucchjari
‘i sali e ‘nu biccheri d’ojjhiu; ch’a poi, vi regalu ‘nu litru ‘i latti pi’
criaturi e n’a ricotta salata pi’ maccarruni?” e ancora…Cugina Giuvanna,
mi’mprestati ‘na gistra i pani cha poi v’a tornu quandu ‘mpurnu?”. Ed
infine…”Don Peppi, mi dati du’ casci ‘i vinu e quandu jettati ‘a suletta, vi
mandu a me’ figghiu mi vi ‘iuta”?
Scene che paiono schizzar fuori
dall’Ottocento e Primo Novecento. Un idillio leopardiano…”La donzelletta vien
dalla campagna,/In sul calar del sole,/Col suo fascio dell'erba; e reca in
mano/Un mazzolin di rose e di viole,/Onde, siccome suole,/Ornare ella si
appresta/Dimani, al dì di festa, il petto e il crine./Siede con le vicine/Su la
scala a filar la vecchierella,/Incontro là, dove si perde il giorno;/E novellando
vien del suo buon tempo,/Quando ai dì della festa ella si ornava,/Ed ancor sana
e snella/Solea danzar la sera intra di quei/Ch'ebbe compagni dell'età più
bella…./”.
L’armonia pascoliana, regnava sovrana…Udii tra il sonno le ciaramelle,/ho
udito un suono di ninne nanne./Ci sono in cielo tutte le stelle,/ci sono i lumi
nelle capanne./Sono venute dai monti oscuri/le ciaramelle senza dir
niente;/hanno destata ne' suoi tuguri/tutta la buona povera gente./Ognuno è
sorto dal suo giaciglio;/accende il lume sotto la trave;/sanno quei lumi
d'ombra e sbadiglio,/di cauti passi, di voce grave./Le pie lucerne brillano
intorno,/là nella casa, qua su la siepe:/sembra la terra, prima di giorno,/un
piccoletto grande presepe./Nel cielo azzurro tutte le stelle/paion restare come
in attesa;/ed ecco alzare le ciaramelle/il loro dolce suono di chiesa;/…”.
Poi,
venne l’illusione effimera, del così detto, progresso (dai soldi della
“forestale”, un briciolo di Stato; il savoir faire della buon’anima del
collocatore ‘Totò’ Maesano); e con lui, l’invidia, la gelosia, la superbia,
l’avarizia. L’umiltà, andò a patrasso. L’umanità a babboriveggioli. L’affetto
genitoriale, filiale, parentale, amicale, diventò un optional. Dio, era al
centro dell’uomo. Oggi, nemmeno in periferia. Salvo le eccezioni, che per
fortuna ancora ci sono. Ed i Roccafortesi, anche “Roccaforticiani”, comunemente
intesi pure come “Roccalori”, (medici, ingegneri, architetti, professori,
giornalisti, avvocati, impiegati, operai ecc.) che sono emigrati e comunque
trasferiti nel circondario, cantano come Josè Feliciano se non ‘I Ricchi e Poveri’
al Festival di Sanremo del 1971…” Paese mio che stai sulla collina,/disteso
come un vecchio addormentato/la noia, l'abbandono, il niente son la tua
malattia,/paese mio ti lascio io vado via./Che sarà, che sarà, che sarà./Che
sarà della mia vita chi lo sa./So far tutto o forse niente, da domani si vedrà,/e
sarà, sarà quel che sarà./Gli amici miei son quasi tutti via/e gli altri
partiranno dopo me./Peccato perché stavo bene in loro compagnia,/ma tutto
passa, tutto se ne và./…”; scritta da Jimmy Fontana, Franco Migliacci, Carlo Pes e
Italo Greco. .
Si è parlato anche, in questa
cerimonia di presentazione e d’insediamento del Baby Consiglio Comunale, di
Città Metropolitana. In un certo senso un contenitore di istanze dei Comuni che
ne facciano parte. In pratica, andrebbe a sostituire il territori della vecchia
provincia di Reggio Calabria. Sebbene, ancora vi sia qualcosina da aggiustare.
Non tutti infatti, condividono; e, non tutti hanno aderito d’emblèe; né
d’acchito. La panacea di tutti i mali che affliggono il popolo e le contrade.
Ma è ineludibile che per gestire i servizi, bisognerà calarsi in una nuova
mentalità. Tesi, antitesi e sintesi, sono di là da venire. Le ipotesi sul
fuoco, sono tante. I cervelli, che debbono ordire e tessere come zucchero
filato la materia, anche. I demiurghi, che la devono plasmare e modellare pure. Abbiamo assistito in questi anni, al parto di questa
(sulla carta) novità, talora dipinta come ‘bufala’ e ‘leggenda metropolitana’
che sarà consegnata se non ‘impacchettata’, nelle mani di un potenziale re
Mida. Come il famigerato ‘Decreto Reggio’ che però ha operato tanti miracoli
autentici. I politici del tempo non le hanno azzeccate tutte, ma hanno operato.
Il rinvio alle calende greche della realizzazione delle opere, gravate dalle
immancabili pastoie non solo ‘burocratiche’ ed i bastoni fra le ruote dei
bastian contrari, non ha giovato. Catilina, ha imperversato…Quousqe tandem
abutere, Catilina, patientia nostra? Un appetibile piatto, su cui c’è da
scommettere, ha messo gli occhi anche la ‘ndrangheta. Memento homo, quia pulvis
es et in pulverem reverteris. Cosa inevitabile, se non scontata. Ma, per ora è
solo aria fritta. Il Governo ed il Parlamento, spesso sono stati patrigni nel
confronti del’parente povero’. L’entusiasmo e l’euforìa, sovente ingannano. Le
discrepanze, contrasti, diversità e differenze, sono sotto gli occhi di tutti.
Da una parte, gli ottimisti, gli homines bonae voluntatis ed i bonisti.
Dall’altra, gli scettici, disfattisti e fatalisti, professionisti della
politica del tanto peggio, tanto meglio; e, comunque fautori della diffidenza e
dello scetticismo. Tanto per cambiare. Identità
culturale, sviluppo della mobilità interna sulla direttrice mare-monti,
interventi organici per la prevenzione del dissesto idrogeologico. Questi i
punti cardine venuti fuori dalla riunione dei Sindaci dell’Area Grecanica alla
quale ha partecipato il Sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà. Si
tratta del secondo degli incontri voluti dal primo Cittadino con gli
amministratori della futura Città Metropolitana. Uno degli enti locali
territoriali previsti nella Costituzione italiana, all'articolo 114. La legge
del 7 aprile 2014 n. 56 recante "Disposizioni sulle città metropolitane,
sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni" ne disciplina
l'istituzione come ente di area vasta, nelle regioni a statuto ordinario.
C’è
pure il tentativo di don Chisciotte contro i mulini a vento, di coinvolgere la
città di Messina ed il suo territorio. Sul punto, ne abbiamo sentite e viste di
cotte e di crude. E, ne abbiamo pure parlato e scritto.
Scrive Luigi Palamara,
su queste stesse colonne…”Dopo l’assemblea della scorsa settimana con i Sindaci
dell’Area dello Stretto, Falcomatà, ha incontrato ieri a Roccaforte i
rappresentanti di tutti i Comuni dell’Area Grecanica, alla presenza del
Professore Francesco Manganaro, Docente di Diritto Amministrativo
all’Università Mediterranea.
«Viviamo un momento di grandi
cambiamenti per il Paese - ha esordito Falcomatà parlando ai sindaci dell’area
- le riforme istituzionali hanno assunto una tendenza che si esprime ormai
sempre più chiaramente verso un ritorno alla centralità del “campanile”. In
questo quadro la nascita della Città Metropolitana rappresenta per il nostro
territorio una grande occasione di sviluppo, una vera e propria rivoluzione, da
condividere con le Istituzioni e i cittadini. Si tratta di un processo i cui
effetti saranno concretamente visibili solo tra qualche anno. Ma è oggi che
dobbiamo decidere cosa vogliamo fare da grandi. Il nuovo Statuto, che
costruiremo attraverso un processo collettivo e partecipato, che passa dal
coinvolgimento attivo di tutti i territori della Città Metropolitana, sarà la
carta d’identità del nuovo Ente. E su questo vogliamo lavorare tenendo presenti
le prerogative e le specificità delle quattro aree che caratterizzano il nostro
territorio. Questa fase costituente sarà una grande occasione per ricostruire
l’identità della nostra terra, ricomponendo e valorizzando le diverse
peculiarità territoriali e culturali su un asse ideale che dalla tradizione ci
proietta nel futuro. Un percorso, che va condiviso con tutti i livelli
istituzionali, ma soprattutto con la comunità dei futuri Cittadini
Metropolitani».
Sul piano nazionale siamo la Città
Metropolitana più piccola come densità abitativa - ha spiegato il Sindaco di
Reggio Calabria - ma siamo la quarta per estensione geografica. Per questo la
nostra carta costitutiva dovrà far valere questa specificità. Entriamo in un
sistema che mette insieme i territorio più produttivi del Paese.
Complessivamente, insieme alle altre nove Città Metropolitane, rappresentiamo
il 40% del Prodotto Interno Lordo nazionale. Ed in quest’ottica dobbiamo
cominciare a ragionare come sistema, legando le esigenze e le prerogative di
sviluppo della nostra Città a quelle degli altri territorio italiani. Così
facendo - ha concluso il Sindaco - saremo in grado di rendere davvero utile
questo processo, con ricadute sensibili in termini di servizi ed
infrastrutture. Un obiettivo che soprattutto in un territorio così complesso ed
al contempo straordinario dal punto di vista paesaggistico e storico culturale,
come quello dell’Area Grecanica, risulta ancora più opportuno ed urgente».
La
novità vera ed assoluta è la presenza massiccia di sindaci: Domenico Penna
(Roccaforte del Greco), Antonio Domenico Principato ( Staiti), assessore
Pasquale Billari (Montebello Jonico), Walter Scerbo ( Palizzi), Agostino
Zavettieri (Roghudi), Salvatore Mafrici (Condofuri), Santo Monorchio (Bagaladi)
Bernardo Russo (San Lorenzo), Vincenzo
Crupi (Bova Marina). Mancavano per…”precedenti impegni istituzionali “,
Francesco Moio (Brancaleone), Santo
Casile (Bova), Paolo Laganà (Motta San Giovanni), Franco Cuzzola (Bruzzano),
Maria Romeo (Ferruzzano), i commissari (Africo)
e Giuseppe Meduri (Melito Porto Salvo, Comune capofila di tante
iniziative ), ci sono anche il CAI con Marcello Casile, vecchio compagno del
magistrale “Tommaso Gulli” di Reggio Calabria, associazionismo e volontariato,
i Carabinieri della locale stazione, coordinata dal capitano Gianluca Piccione,
comandante della Compagnia di Melito Porto Salvo.
I lettori sovrani, ricorderanno il
pauroso scollamento, dissociazione, separazione e distacco, se non indifferenza
esistente fra un sindaco e l’altro; tra un Comune e l’altro della così detta
Area o Zona Grecanica, la più depressa d’Europa. Vero tallone d’achille, che ha
ghettizzato l’area più depressa dell’intera Europa; che ha fatto rizzare il
pelo, agli esterrefatti commissari europei spediti in missione nelle coree e
nelle banlieu dello sprofondo Sud; per capire l’abominevole, scandaloso stato
di arretratezza economica, sociale, culturale e strutturale di quelle contrade,
di quelle popolazioni.
Letteralmente consegnata nelle mani
della ‘ndrangheta. Come dimostrano i ben numerosi consigli sciolti per mafia
dalle autorità governative…Melito Porto Salvo e Roccaforte del Greco, hanno il
record nazionale con tre scioglimenti. Ma poi anche, Roghudi, Montebello Jonico,
Bagaladi, Condofuri, Africo e Bova Marina. Sarà anche per questo che la
Pedemontana Grecanica, sebbene progettata a suo tempo dalla Provincia di Reggio
Calabria (assessore ai Trasporti del tempo Giuseppe Gullì), rimase lettera
morta. Hai voglia, che l’Europa ci sollecitasse. La mediocre classe politica
del tempo, in tutt’altre faccende affaccendata, non si curò. E non si cura
nemmeno quella presente, scarsa ed insufficiente, per non dire “nana”. Inetta
ed incapace; con la mentalità ‘provincialotta’. Frastagliata, polverizzata in
comparti stagno. Ogni satrapo, in difesa del suo ‘orticello’. Con le dovute
eccezioni, per carità di Dio.
Ci sono stati e ci sono anche oggi, cime
di governanti avveduti, scaltri, acculturati e lungimiranti. Sanno bene, sulla
loro pelle quante traversie, non solo giudiziarie; vessati, tormentati,
oppressi, torturati ed angariati. Non solamente dalla criminalità organizzata.
Ma intralciati anche, ostacolati ed
impediti dai burosauri della lentocrazia. Gli statisti affermano che non ci
possa essere democrazia senza informazione, ma la formazione delle giovani leve
delle politica, è altrettanto importante. Si parte da lontano. Si parte dalla
scuola. I dirigenti Domenico, Zavettieri (‘Familiari’) e Concettina Sinicropi
(‘Megàli’), promotori di tutta una serie di iniziative socio-culturali davvero
interessanti, che comunque si spendono sul territorio e va dato atto di ciò,
hanno sottolineato ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, il valore
insostituibile della scuola.
Su questa
falsariga, si è mosso anche l’assessore provinciale alla Cultura, il
medico-docente, Eduardo Lamberti Castronuovo, editore, giornalista e sindaco di
San Procopio, globetrotter della politica, che ha impreziosito l’evento con la
sua presenza funzionale, efficiente ed efficace. Senza nulla togliere al suo
collega Pierpaolo Zavettieri, che ha osato sfidare le ire di Barbabianca,
spifferi siberiani e soffioni etnei; avventurandosi, senza testamento, sui
tornanti mozzafiato e thrilling della ‘provinciale fantasma’.
Anche lui, dinamico ed onnipresente,
forzato della polis, rimbalza come palla di gomma da un punto all’altro
dell’Aspromonte. Da Punta Melito allo Zomaro e dallo Stretto alla Costa dei
Gelsomini. Due colossi di Rodi, che intendono la politica come servizio alla
città ed al cittadino.
Molto severo e rigoroso, il moderatore
della cerimonia- manifestazione, professore Mimmo Nasone, responsabile
regionale di ‘Libera’; più volte minacciato di morte. Comunque, sempre pronto e disponibile
ad offrire una lezione di vita e di coraggio.
Il “samurai di don Ciotti”, combatte e
lotta contro la mafia, tenendo ben presente la linea guida dell'agire:
continuità, condivisione e corresponsabilità;
senza mai arretrare di un millimetro; guerreggia tutti i giorni in prima
linea per sostenere le persone perbene e sottrarle ai tentacoli delle cosche; mettendo
in atto una serie di progetti per lottare contro la cultura della prepotenza e
della sopraffazione; progetti, che
offrono un concreto spiraglio di
speranza a tanti giovani e persone oneste, che vivono e operano in questa
terra.
Le idee di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,
camminano davvero sulle gambe dei giovani, della gente; lo testimonia l'impegno
profuso dal popolo siciliano e calabrese. Nino Caponnetto, uno degli eroi simbolo della lotta al
crimine organizzato italiano, capo del pool antimafia palermitano, di cui
facevano parte: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e
Leonardo Guarnotta, diceva che 'la mafia, teme piu' la scuola, che la
giustizia'.
Un ‘faro di Alessandria’, per parecchia
gente. Numerose anche le autorità civili, politiche, militari e religiose,
invitate alla manifestazione, se non cerimonia d’investitura. Un Mimmo Nasone,
granitico, monolitico e tetragono, che non molla di un millimetro.
”Lotta dura, senza paura”, come ai
vecchi tempi della stagione più fortunata della storia del movimento operaio
italiano; quella, dei diritti e delle conquiste, attraverso gli scioperi, i
cortei, i presìdi di massa, i sit-in, le fiaccolate, le assemblee. Il rifiuto
di essere soggetti passivi di scelte, spacciate e contrabbandate come oggettive.
Ci sono anche, nei quartieri alti della
perenne fiumara dell’Amendolea, (navigabile per tre chilometri ai tempi dei
Romani) il commissario della Polizia di Stato di Condofuri, dottor Enrico
Palermo ed il comandante della Compagnia della Guardia di Finanza di Melito
Porto Salvo, capitano Salvatore Stefano Musumeci, di recente istituzione.
Presente pure il giornalista, figlio
naturale di questo paese ( co-editore e direttore editoriale di Melitoonline, MNews.IT, Reggiopress) Luigi Palamara, figura
autentica di grecanico; una risorsa culturale di questo centro agro-pastorale,
abbarbicato alle pendici dell’Aspromonte orientale. Palamara, granitico come
Cheyenne di “C’era una volta il West”, che ai suoi detrattori, denigratori,
calunniatori e malelingue risponde come Rhett Butler a Rossella O’Hara in “Via
col vento”…”Francamente me ne infischio!
Senza scomodare la celebre enciclica di
papa Giovanni XXIII°,’ Pacem in terris”, che all’art. 6 cita: “Ogni essere umano ha il diritto
all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per
un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione,
il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali
necessari; ed ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di
invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso
di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua
volontà”.
Il sindaco Domenico Penna, da parte
sua, ha ringraziato tutte le autorità convenute, nonostante il tempaccio da
lupi e le pessime condizioni della strada provinciale; o ciò, che di essa
rimane. A partire dall’assessore provinciale alla Cultura, dottor Eduardo Lamberti
Castronuovo, che ha regalato una stampante (da subito) al Baby Consiglio, sino
al presidente del Gal Area Grecanica, dottor Pippo Paino, che ha voluto
regalare uno strumento importante per il lavoro dei ragazzi della Via Paal.
Non soltanto racconti, dunque (pur
necessari per la formazione e l’informazione) dal forte sapore morale e
didattico, come nel caso di Louisa May Alcott o dell'americana di adozione
Frances Hodgson Burnett; dai forti elementi fantastici, folclorici e
favolistici, come fanno: James Matthew Barrie, Clive Staples Lewis, Hans
Christian Andersen, J. K. Rowling. O d'avventura
nei paesi latini, con autori come Jules
Verne in Francia e Emilio Salgari in Italia. Herman Melville, Gianni Rodari,
Jack London, Robert Louis Stevenson. Per la vena umoristica, maestri come l'inglese Lewis Carroll, gli
italiani Carlo Collodi, Dino Buzzati e Luigi Bertelli detto Vamba, il francese
Charles Perrault, la svedese Astrid Lindgren e gli statunitensi Mark Twain e
Lyman Frank Baum. Anche il tono patetico è universalmente diffuso, come ancora testimoniano i libri di Edmondo De
Amicis in Italia, Hector Malot in Francia e Ferenc Molnár in Ungheria.
Alla fine della cerimonia, il solito
buffet a base di prodotti caserecci e l’immancabile torta.
Dieu me l'a donné… garde à qui y touchera! Con la straordinaria partecipazione di
Pantagruel e Gargantua, Marco Gavio Apicio, Pisone, Lucullo, Alessandro Magno e
Sardanapalo. Spazio anche l’immancabile e scontata tarantella al suono di
organetto e tamburello.
Il video integrale e la galleria fotografica
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