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San Ferdinando, terzo scioglimento per mafia, raggiunge i comuni di Taurianova, Roccaforte del Greco e Melito Porto Salvo


San Ferdinando 30 ottobre 2014-Il Consiglio dei Ministri ha sciolto il Consiglio Comunale di San Ferdinando. Lo ha reso noto il Ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, a Roma dove, poco dopo il Consiglio dei ministri, ha partecipato ad un convegno sulla corruzione. Il 14 ottobre il sindaco di San Ferdinando, Domenico Madafferi, era stato fermato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, ha nominato il commissario.

SAN FERDINANDO, SI UNISCE A TAURIANOVA, ROCCAFORTE DEL GRECO E MELITO PORTO SALVO (QUEST'ULTIMO QUATTRO VOLTE DI CUI UNA 'INSABBIATA'), RECORD CON TRE SCIOGLIMENTI
Domenico Salvatore
Sciolto per mafia. Per la terza volta. Il record assoluto appartiene al Comune di Melito Porto Salvo. Quattro volte, di cui una 'insabbiata'; insieme a Taurianova e Roccaforte del Greco.Niente Commissione d'accesso, relazioni, ricorsi ecc. Si va direttamente allo scioglimento del Consiglio Comunale di San Ferdinando. Lorenzo Falferi, comandante provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, il procuratore capo della Repubblica; Claudio Sammartino il prefetto; Rosy Bindi, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia; Franco Roberti, nuovo procuratore nazionale; Angelino Alfano, il ministro degl'Interni; Giorgio Napolitano, il presidente della Repubblica. La filiera della Giustizia e dello Stato, ha funzionato in maniera veloce e precisa. A parere degli organi inquirenti: gli uomini della Compagnia dei Carabinieri di Gioia Tauro, diretta dal capitano Francesco Cinnirella, supportati dalle Compagnie di Palmi e Taurianova, con il sostegno dei militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori "Calabria", della Compagnia Speciale del G.O.C., da unità cinofile e dall'8° NEC di Vibo Valentia. Tutti agli ordini del colonnello Falferi, coordinati dalla magistratura, l'operazione Eclissi, del 14 ottobre 2014, ha chiarito oltre ogni ragionevole dubbio, che ci siano tutti gli elementi utili per il commissariamento. Arrestati anche, il sindaco (Domenico Madafferi accusato di concorso esterno in associazione mafiosa  ); il vicesindaco Santo Celi e il consigliere comunale Giovanni Pantano(entrambi accusati di partecipazione alla consorteria criminale) considerati "diretta espressione delle cosche". Il loro ruolo era quello di favorire dall'interno le dinamiche criminali, gestite dalla cosca. In particolare, a loro era demandato il rilascio di licenze e autorizzazioni per attività commerciali e negozi. Sai quanto gliene freghi alla 'Piovra' calabrese. In questa parte della provincia reggina, dominano le 'ndrine dei Bellocco-Cimato e dei Pesce-Pantano, ad un passo dalla guerra di mafia, per il controllo del territorio, più volte sfiorata. Ma le faide da queste parti, non sono mancate mai. Tanti i morti ammazzati, in nome della supremazia di Scarcagnosso. Galeotto, fu l'attentato ad un autocompattatore, utilizzato dalla Società titolare del servizio di raccolta dei rifiuti Evergreen, bruciato sotto gli occhi degli operai, rapinati del mezzo, il 23 marzo 2014. La 'ndrangheta controlla tutto sul territorio. A partire dalle attività commerciali ed imprenditoriali. Cose, animali, persone, tutto sotto controllo. Il mastro di giornata del locale ha il polso della situazione h 24. In determinati paesi, sa pure quante volte i Carabinieri, di cui conosce nomi e volti, se non altro, entrano ed escono dalla caserma. Il colonnello buon'anima Antonio Fiano diceva…"Noi controlliamo loro; e loro controllano noi". Scioglimento dei Comuni per infiltrazioni comunali. Il discorso parte da lontano. Fino agli Anni Settanta la 'ndrangheta, si contentava di avere un suo rappresentante e pure più di uno, all'interno dei Consigli Comunali, ma non influiva, se non raramente sull'andamento dei lavori consiliari. Poi pretese gli assessori, quindi la maggioranza in Giunta ed infine il Sindaco. Così nei Consigli Provinciali e Regionali. Ma non è raro il caso, in cui designò Ministri e Sottosegretari; di cui ancora oggi, si occupano le cronache. Pure un ex Presidente del Consiglio, finì sotto processo, per mafia. A parte la parentesi della 'Trattativa Stato-Mafia", di cui finalmente se ne sa di più. Un flash dell'Agenzia Ansa, ricorda che…"La Corte d'Assise di Palermo ha depositato le trascrizioni del verbale dell'udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia in cui ha deposto il capo dello Stato Giorgio Napolitano il 28 ottobre scorso. Le trascrizioni sono disponibili, quindi, per accusa e difese e sono state pubblicate sul sito della presidenza della Repubblica.  Sono 86 pagine. Ecco una parte saliente della testimonianza del Capo dello Stato P.M. DI MATTEO: - E quindi lei ha detto si ipotizzò subito che la matrice unitaria e la riconducibilità ad una sorta diaut - aut, di ricatto della mafia, ho capito bene? DICH. NAPOLITANO: - Ricatto o addirittura pressione a scopo destabilizzante di tutto il sistema. P.M. DI MATTEO: - Grazie. NAPOLITANO: - Probabilmente presumendo che ci fossero reazioni di sbandamento delle Autorità dello Stato, delle forze dello Stato. Per il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le stragi mafiose del '93 "si susseguirono secondo una logica unica e incalzante per mettere i pubblici poteri di fronte a degli aut aut, perché potessero avere per sbocco una richiesta di alleggerimento delle misure di custodia in carcere dei mafiosi". "Sono convinto che la tragedia di via D'Amelio rappresentò un colpo di acceleratore decisivo per la conversione del decreto legge 8 giugno '92 sul carcere duro", ha detto Napolitano. E, al  pubblico ministero Nino Di Matteo che gli chiedeva se ci fosse stato un dibattito politico sulla conversione del dl che introduceva il 41bis per i mafiosi, il capo dello Stato ha risposto: "non credo che nessuno, allora, pensò che in una situazione così drammatica si potesse lasciare decadere il decreto alla scadenza dei 60 giorni, per poi rinnovarlo". "Ci fu la convinzione - ha aggiunto Napolitano - che si dovesse assolutamente dare questo segno all'avversario, al nemico mafioso". Il presidente sottolinea anche, a proposito delle fibrillazioni istituzionali seguite alle stragi del '93, che quando l'allora premier Ciampi "dice 'abbiamo rischiato un colpo di Stato' se non c'è allora fibrillazione vuol dire che il corpo non risponde a nessuno stimolo", ha sottolineato il capo dello Stato in un altro passaggio. Napolitano ha ricordato il blackout a Palazzo Chigi, ad agosto, definendolo "un classico ingrediente di colpo di Stato". In un altro passaggio evidenzia che "fu l'allora presidente della commissione Antimafia, Luciano Violante" a informarlo, "che il mafioso Vito Ciancimino voleva essere ascoltato dalla commissione Antimafia. "Può anche avermene parlato - ha risposto Napolitano - ma non perché io mi pronunciassi" .Per Napolitano, il suo ex consigliere giuridico Loris D'Ambrosio era "animato da spirito di verità". Lo dice nella prima parte della sua deposizione al processo sulla trattativa stato mafia. Con D'Ambrosio "eravamo una squadra di lavoro", ha aggiunto Napolitano. Scioglimento dei Consigli Comunali. Tutto partì con la faida di Taurianova. La Faida di Taurianova è la guerra che scoppia fra le 'ndrine del comune di Taurianova tra il 1989 e il 1991 con 32 morti. L'accaduto ha eco nazionale e internazionale soprattutto per le modalità con cui sono avvenuti gli ultimi omicidi nel 1991. A seguito di tale cruenta faida il Governo dell'epoca approva un decreto legge contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali, una risposta forte alla violenza e prepotenza dei mafiosi che specie nei piccoli centri comprime significativamente la democrazia. Premesse. L'origine della faida scaturì dal fatto che la 'Ndrina dei Neri non volle stare a degli accordi presi con le altre famiglie di Taurianova: gli Avignone-Lombardo, i Giovinazzo-Zagari e i Viola-Fazzalari che gli si scatenarono contro. Il primo omicidio. Il 2 luglio 1989 viene ucciso Rocco Neri, poiché stava diventando troppo potente e avrebbe offuscato Domenico Giovinazzo. Da questo episodio nacque la faida. Conclusione. Il 2 maggio 1991 Rocco Zagari si sta facendo fare la barba dal barbiere, quando un killer, armato di semi-automatica calibro 7,65mm, fa esplodere diversi colpi che lo inchiodano sulla sedia con il volto ancora insaponato dalla schiuma. Il giorno dopo arriva la vendetta: quattro morti. Tra questi c'è un salumiere, che si chiama Giuseppe Grimaldi. Uno dei killer prende il coltello del salumiere e gli taglia la testa, poi, la lancia per aria, in mezzo alla strada e gli altri si divertono a fare il tiro a segno. Sono all'aperto, a due passi dalla piazza del paese e ci sono almeno venti persone, impietrite, che guardano quella testa mozzata volare per aria, colpita dai proiettili. Il 5 maggio 1991 Emilio Ietto, di 32 anni, Leonardo Minzoturo, di 20 anni e Luigi Berlingeri di 25 vengono uccisi in un bar di Laureana di Borrello .Il 14 maggio 1991 viene ucciso a Carmignano di Brenta Michele Messina (lì in soggiorno obbligato), presunto affiliato dei Pesce.Il 17 marzo 1992 vengono arrestati 16 persone inerenti alla faida, di cui 11 a Taurianova (famiglie Zagari, Viola, Fazzalari, Giovinazzo, Alampi e Grimaldi) e 6 a Genova (famiglie Asciutto, Grimaldi, Sorrenti, Reitano, Comandè e Maiolo) e 1 a Siena (Maiolo).  "Legge sullo scioglimento dei comuni": una storia lunga vent'anni. Emerge il malaffare, nonostante debbano operare con molta professionalità per scoprire quegli elementi concreti, univoci e rilevanti, richiesti per arrivare allo scioglimento secondo quanto prevede la nuova normativa (legge n. 94/2009). A tutti, sarà capitato di vedere uno di quei western, dove a un certo punto un cowboy, fonte www.byoblu.com, cerca di raccogliere da terra la pistola o il cappello, ma il suo avversario lo umilia sparando all'arma o al copricapo e facendoli rotolare un po' più in là. Ora, se alla geniale fantasia romantica di Sergio Leone aggiungiamo un po' di sadico gusto per lo splatter alla Tarantino, abbiamo una vaga idea di quello che avvenne il 3 maggio del 1991 a Taurianova. Il giorno prima, la faida in corso da due anni tra le 'ndrine del piccolo comune reggino (Zagari e Viola da un lato e Asciutto, Neri e Grimaldi dall'altro) toccò il suo culmine e divenne guerra. Il capobastone Rocco Zagari, ex consigliere democristiano, venne crivellato di colpi nel più tipico scenario degli omicidi degli uomini d'onore: mentre sedeva dal barbiere, col viso ancora insaponato. La reazione dei suoi alleati fu immediata e spietata. Quattro morti in meno di 24 ore. Uno di questi si chiamava Giuseppe Grimaldi e di mestiere faceva il salumiere. I killer lo andarono a trovare nel suo negozio, gli presero un coltello e con quello gli mozzarono la testa. Poi la lanciarono per aria e cominciarono a giocare al tiro al bersaglio, facendola rimbalzare lungo le strade a due passi dalla piazza centrale del paese, sotto gli occhi impietriti di una ventina di astanti. La guerra di 'ndrangheta scoppiata nel 1985 uccise più di 600 persone in sei anni, con l'utilizzo di vere e proprie modalità belliche: bazooka, trappole esplosive e cecchini appostati sui tetti delle case di Reggio Calabria ad abbattere gli obiettivi indicati dai boss a seicento metri di distanza. E tutto ciò nel silenzio generale. Ma adesso che la criminalità organizzata mostrava il suo volto più feroce e sanguinario, per qualche ora gli occhi impietriti di quella ventina di sciagurati passanti furono gli occhi di tutta l'Italia, attonita e scioccata. Così il Parlamento decise di reagire: meno di un mese dopo venne approvato un decreto-legge che introdusse lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali,  nei casi in cui "emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali".
È una legge che solo l'Italia applica, ed è sicuramente uno strumento eccezionale per la lotta alle mafie, voluto e ideato da Giovanni Falcone. I meriti di questo provvedimento sono almeno due. Il primo sta nel fatto che colpisce le organizzazioni criminali nel loro snodo fondamentale, nell'anello di congiunzione tra la mafia e la politica, tra la lupara e le leggi. È nei Comuni che la malavita diventa criminalità organizzata, perché sono proprio i seggi locali, prima ancora che quelli parlamentari, a permettere il salto di qualità alle cosche, consentendo ai padrini di assumere la direzione di alcuni lavori, assegnando gli appalti a talune ditte piuttosto che ad altre, ridisegnando i piani regolatori delle città e delle campagne. Non solo: mettere un proprio uomo in un consiglio comunale è un chiaro segnale lanciato alla popolazione locale, configurandosi come la manifestazione suprema del potere di un clan. E come se non bastasse, da vent'anni a questa parte i Comuni sono le palestre in cui le mafie selezionano i giovani rampanti, i puledri di razza, i cosiddetti "cavallucci". Sono proprio quei cavallucci, svezzati nei consigli comunali, che (se si dimostreranno all'altezza) daranno la scalata ai seggi più importanti: quelli della regione prima, quelli del Parlamento poi. È la storia dei vari  Francesco Campanella, ma anche delle accuse lanciate a Nicola Cosentino, Luigi Cesaro, Renato Schifani. Il secondo merito della legge sullo scioglimento è la sua natura applicativa elastica. Non c'è bisogno di accertare giuridicamente le responsabilità penali o le collusioni con la malavita dei consiglieri comunali: per procedere basta ravvisare vicinanze sospette o frequentazioni pericolose di sindaci, assessori e consiglieri con padrini o picciotti. Dopodiché, il Prefetto locale avanza al Ministero degli Interni la richiesta di scioglimento e il Viminale, di solito, provvede. Dal 2 agosto del 1991 ad oggi, i Comuni sciolti per mafia sono stati 206. L'ultimo, quello di Ventimiglia, è stato commissariato il 2 febbraio scorso. A questi vanno aggiunte le 4 Aziende Sanitarie Locali, anch'esse sciolte per infiltrazioni mafiose, visto che anche quello della sanità per le cosche rappresenta un business imperdibile. Si tratta delle asl di Pomigliano d'Arco, Vibo Valentia, Reggio Calabria e Locri. Le regioni interessate sono 8. Su tutte la Campania, seguita dalla Sicilia e dalla Calabria. Poi vengono la Puglia, la Liguria, il Lazio, la Basilicata e il Piemonte. "La legge contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali è stata introdotta nell'ordinamento giuridico italiano con decreto-legge n. 164, art. 1 del 31 maggio 1991 (poi convertito in legge n. 221 del 22 luglio 1991 e poi modificato dall'art. 1 della legge n. 108, 11 gennaio 1994 e dalla legge n. 94, art. 30, 15 luglio 2009) che ha aggiunto l'art. 15 bis alla legge n. 55 19 marzo 1990 affiancandolo quindi all'art. 15 di quest'ultima legge che prevede la sospensione degli amministratori locali sottoposti a procedimento penale per il delitto previsto dall'art. 416 bis codice penale ovvero per il delitto di favoreggiamento commessi in relazione a esso e degli amministratori sottoposti a misure di prevenzione in quanto indiziati di appartenere a una delle associazioni di cui all'art. 1, legge n. 575, 31 maggio 1965 (art. 15 che poi è stato trasferito all'art. 59 della legge 267/2000). L'art. 15 bis oggi lo troviamo nel testo unico degli enti locali decreto legislativo n. 267/2000 art. 143. Storia. Il provvedimento legislativo in questione nacque come quasi tutte le misure antimafia e cioè come provvedimento d'emergenza, infatti lo Stato intervenne a seguito di una cruenta faida che vedeva come epicentro Taurianova (RC) (dove tra i vari omicidi e attentati destò molto scalpore la decapitazione di un affiliato alla 'ndrangheta la cui testa poi venne lanciata in aria e fatta oggetto di un macabro tiro al bersaglio). Una risposta straordinaria, dell'ordine costituito, a una situazione straordinaria che ha portato negli ultimi vent'anni a numerosi decreti di scioglimento contro altrettanti consigli comunali, è una misura normativa unica nel mondo dovuta alla particolarità italiana dove la presenza di quattro grandi organizzazioni criminali comporta prima di tutto compressione di democrazia nei piccoli centri comunali (attività propedeutica per le mafie per fare il grande salto imprenditoriale-affaristico perché entrare nei consigli comunali e provinciali consente al crimine organizzato di tessere alleanze politico-istituzionali-imprenditoriali necessarie al suo mantenimento e sviluppo) tanto che il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso disse nel 2007 dinanzi alla commissione parlamentare antimafia che "in certi paesi come Africo, Platì e San Luca, è lo Stato che deve cercare di infiltrarsi". Lo strumento legislativo in questione comunque non riguarda solo gli organi di governo locale comunale e provinciale ma anche gli organi burocratici degli enti, altri enti locali (comunità montane, unioni di comuni e così via) nonché aziende sanitarie. La vecchia e la nuova normativa. La legge nel corso degli anni ha subito alcune modifiche per tenere il passo di una mafia sempre più moderna e globalizzata; si è passati dall'art. 15 bis della legge n. 55 del 1990 all'art. 143 del d.lgs. 267/2000 che prevedeva: "Fuori dei casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalita' organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte". Quest'articolo ha subito di recente ulteriori modifiche per rispondere ai rilievi mossi dalla dottrina, dalla giurisprudenza, dal mondo politico-istituzionale (vedesi per esempio la relazione del Parlamento della Repubblica Italiana) che riguardavano la responsabilità per lo scioglimento non soltanto degli organi di governo locale ma anche degli organi di gestione amministrativa-finanziaria-contabile (dirigenti, personale) alla luce anche della nuova ripartizione tra organi di indirizzo e controllo politico-amministrativo (consiglio, giunta, sindaco o presidente) e organi di gestione, altri rilievi mossi riguardavano l'incandidabilità degli amministratori ritenuti responsabili dello scioglimento, sono stati oggetto di rilievi anche le figure dei commissari, che vanno a sostituire gli organi di governo locale, per via della loro preparazione, dei loro poteri e così via. Questi problemi sono stati parzialmente risolti con il nuovo art. 143 e ss. (modificato dalla legge n. 94/2009 c.d. pacchetto sicurezza): anche se sono state mosse delle critiche ad esempio con riferimento agli elementi che sono ora richiesti per giungere allo scioglimento (concreti, univoci e rilevanti elementi) che snaturano lo strumento legislativo (di prevenzione sociale) rendendo più difficile l'attuazione della legge per prevenire o reprimere penetrazioni della mafia negli enti locali (il giudice di cassazione Raffaele Cantone a tal proposito sostiene: la riforma del 2009, che ha modificato lo scioglimento degli enti per infiltrazioni mafiose ha indebolito moltissimo, l'Istituto; i comuni che vengono sciolti sono molto meno e in gran parte di quei casi, il TAR sta annullando tutti gli scioglimenti) nonché con riferimento all'incandidabilità degli amministratori coinvolti che prevede un iter talmente complesso da far risultare tale misura più un'operazione di facciata che reale.La sentenza della Corte Costituzionale. La legge dopo appena due anni dalla sua nascita fu sottoposta a un giudizio di legittimità costituzionale; infatti il TAR del Lazio con ordinanza rimise la questione alla Corte Costituzionale, in seguito a un ricorso presentato dinanzi allo stesso tar da parte di amministratori locali di due comuni sciolti per mafia Trabia e Sant'Andrea Apostolo dello Jonio (i due decreti di scioglimento vennero poi annullati dai giudici amministrativi). Il tar riteneva che la legge fosse incostituzionale per violazione degli artt. 3, 5, 24, 48, 51, 97, 113, 125 e 128 della Costituzione[8], in quanto tra le altre cose consentiva che lo scioglimento potesse intervenire anche se c'erano elementi probatori fragili a differenza di ciò che viene richiesto per provare la responsabilità penale di un amministratore oppure sottoporre lo stesso a misure di prevenzione; la legge consentiva altresì di sciogliere l'intero consiglio comunale o provinciale anche se la responsabilità era di qualche amministratore; il TAR contestava anche la violazione del diritto di elettorato attivo e passivo. Ma la Corte respinse tutte le questioni di legittimità costituzionale (sentenza n. 103/1993) dichiarandole alcune infondate e alcune inammissibili e respinse anche la questione posta dall'Avvocatura dello Stato (peraltro già respinta dal TAR del Lazio nel ricorso principale), circa la natura di atti politici dei decreti presidenziali di scioglimento (che non avrebbe dato la possibilità a questi decreti di essere sottoposti a un sindacato giurisdizionale in quanto gli atti politici indicano solo i fini e gli obiettivi dell'ordinamento come ad esempio le sentenze della corte costituzionale quindi non sono suscettibili di una valutazione da parte del giudice), dichiarandola inammissibile. Questa sentenza rappresenta tuttora un faro specie per la Giurisprudenza amministrativa quando deve decidere circa i ricorsi presentati contro i decreti di scioglimento. La procedura e il ricorso ai Giudici amministrativi. Al commissariamento dell'ente locale si arriva dopo un'attenta procedura che prende il via dalla nomina di una commissione d'accesso agli atti (composta da tre funzionari della pubblica amministrazione) da parte del prefetto del territorio interessato che esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell'interno (articolo 2, comma 2 quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410); la commissione svolgerà la propria attività per 3 mesi prorogabili per altri 3 mesi, al termine redigerà una relazione conclusiva che invierà al prefetto e questi redigerà un'altra relazione entro 45 giorni da inviare al ministro dell'interno previa consultazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato dal procuratore della Repubblica competente per territorio e dal Procuratore Distrettuale antimafia competente per territorio; il ministro dell'interno in seguito potrà proporre lo scioglimento dell'ente al presidente della Repubblica, che emetterà il decreto di scioglimento, previa deliberazione del Consiglio dei ministri entro 3 mesi a decorrere dalla presentazione della relazione del prefetto (art. 143 d.lgs. 267/2000). L'Ente una volta commissariato sarà retto da una commissione straordinaria (art. 144 d.lgs. 267/2000) per un periodo che andrà dai 12 ai 18 mesi prorogabili fino a 24, la commissione sarà composta da: tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza e svolgerà le funzioni di sindaco/presidente, Giunta comunale/provinciale e Consiglio comunale/provinciale. La legge ora guarda con molta attenzione anche all'apparato burocratico dell'ente (dirigenti, personale dipendente) infatti a tal fine il comma 5 dell'art. 143 del d.lgs. 267/2000 prevede: anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 (cioè collegamenti o condizionamenti da parte della criminalità organizzata) con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell'ente locale, con decreto del ministro dell'Interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell'ente, ivi inclusa la sospensione dall'impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell'autorità competente. Il comma 7 dell'art. 143 d.lgs 267/2000 prevede inoltre che in caso di verifica negativa dei presupposti di legge per disporre lo scioglimento il ministro dell'Interno debba comunque emanare un decreto di conclusione del procedimento. Contro il decreto presidenziale di scioglimento si può ricorrere in prima battuta dinanzi al TAR e in appello dinanzi al Consiglio di Stato, i termini per impugnare il decreto sono dimezzati rispetto a quelli ordinari tranne che per il ricorso introduttivo, il ricorso incidentale e i motivi aggiunti. Elementi sintomatici dell'infiltrazione mafiosa. Come si rileva nei numerosi decreti presidenziali di scioglimento o nella sentenze dei giudici amministrativi ci sono precisi elementi, che vengono riscontrati dalle commissioni d'accesso agli atti presso i comuni allertati, che denotano la presenza mafiosa all'interno degli enti locali. La Corte Costituzionale ha stabilito nella famosa sentenza n. 103/1993 che gli elementi su cui deve poggiare lo scioglimento sono innanzitutto i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata o in alternativa il condizionamento che la mafia impone agli amministratori oltre a ciò è necessario connettere al condizionamento o ai collegamenti dei pregiudizi che sono la mancanza di libera determinazione per gli organi elettivi e/o amministrativi (dirigenti, personale), l'andamento negativo dell'ente locale, il malfunzionamento dei servizi affidati all'ente oppure pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica; questa situazione prevista dalla Corte viene riscontrata dalle commissioni in determinati casi: appalti pubblici (ad esempio per la raccolta dei rifiuti, per la realizzazione di infrastrutture) affidati in maniera irregolare oppure ad un'impresa collegata direttamente o indirettamente (prestanome) alla mafia, concessioni o autorizzazioni amministrative rilasciate in modo irregolare o dietro minacce o pressioni oppure emesse in favore di soggetti collegati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata (tutti ambiti che sono obiettivo delle mafie secondo quanto prevede l'art. 416 bis del codice penale italiano), affinità, parentela, frequentazioni degli amministratori e/o dipendenti pubblici con soggetti appartenenti direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata,precedenti penali o procedimenti penali pendenti a carico di amministratori e/o dipendenti pubblici, la presenza di una o più famiglie mafiose sul territorio comunale, abusivismo edilizio imperante,mancata riscossione dei tributi, adesione culturale o omissioni degli amministratori dinanzi alle gesta della mafia. La corte ha ricordato inoltre che per arrivare allo scioglimento di un ente locale per infiltrazioni mafiose gli elementi probatori non devono essere granitici (come invece è richiesto per provare la responsabilità penale di un soggetto o sottoporlo a misure di prevenzione) perché questo istituto è una misura di prevenzione sociale e si deve intervenire anche quando c'è il pericolo che una o più cosche "inquinino" l'ente pubblico. La tabella dei comuni e degli altri enti sciolti per mafia. Le regioni interessate dallo scioglimento di enti locali per infiltrazioni mafiose sono al momento 9 (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Lazio, Liguria, Piemonte e Lombardia) quasi la metà nazionale; a guidare la classifica nera è la Campania seguita da Calabria e poi Sicilia le tre regioni dove sono presenti le tre maggiori organizzazioni criminali italiane (camorra, Cosa nostra, 'ndrangheta). Fino ad ora sono stati sciolti solo comuni (tra questi un solo comune capoluogo di provincia è stato sciolto:Reggio Calabria) e quattro aziende sanitarie (Napoli ASL n. 4 Pomigliano d'Arco, Reggio Calabria, Vibo Valentia e Locri). Gli enti sciolti ad aprile 2013 sono 183.". Le Leggi, come tutti sanno, nell'immediatezza della loro emanazione, hanno un forte impatto ed una grande efficacia. Poi, diventano obsolete ed anacronistiche e vanno integrate e modificate. Quella sullo scioglimento dei Consigli Comunali, è stata aspramente criticata. Addirittura additata come liberticida. Per l'evoluzione della società; il cambiamento di mentalità; la modifica di usi, costumi e tradizioni eccetera. Quattro comuni, sono riusciti ad accumulare ben dodici scioglimenti, senza che nulla sia cambiato. Dunque c'è qualche cosa che non funziona.
Domenico Salvatore

MNews.IT 

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