di
Pierfranco Bruni - Tra
i luoghi danubiani e il territorio balcanico, la Romania è una geografia
che ha sempre costituito un legame, anche dal punto di vista etnico, con l’Italia.
Una geografia dell’esistenza che non ha mai smesso di leggere, in una visione
geo politica, il rapporto tra etnie e tradizioni.
Le
minoranze etniche, che non sono assolutamente poche, sono ben rappresentate nel
Parlamento della Romania. E ogni minoranza ha un suo rappresentante. Quindi, in
una lettura istituzionale, il rapporto tra etnie e territorio è chiaramente
consolidato.
La
minoranza che presenta un maggior numero di presenze è quella Magiara, tanto
che ha un suo partito per essere rappresentata. Un’altra componente minoritaria
viene chiamata storicamente Sicula (che non ha nulla in comune con la Sicilia ), mentre nell’area
della Moldavia sono stanziati i Csango, ovvero provenienti dalla remora
Ungheria. Rom e Croati sono evidenti nei territori di Suceava e nella città di
Carasova. Sono presenti, tra le altre etnie, anche gli Armini e i Greci.
Con
l’Italia, la Romania
ha sempre avuto un legame interessante sia dal punto di vista commerciale ed
economico che culturale. Dal punto di vista culturale gli intellettuali nati in
Romania hanno sempre avuto un rapporto straordinario con la cultura italiana.
Soprattutto
nel Novecento. Scrittori, filosofi, archeologi che si son portati dentro la
loro tradizione, ovvero il complesso e articolato mondo “Romanus”, come si
sottolinea dall’etimologia stessa del nome Romania, hanno dialogato, lasciati
contaminare e contaminare, nell’Occidente antico e moderno.
Un
nome e una lingua. Una lingua neolatina con “inflessioni” di appartenenza
romanza e soprattutto slava, ma oltre il 75 per cento delle parole sono di
origine latina e neolatina. Così il mondo cattolico ha la sua forte prevalenza,
chiaramente con le sue diverse forme di rito.
Le
etnie presenti in Romania possono rappresentare una chiave di lettura di un
mondo che era esclusivamente considerato dell’Est e che oggi, culturalmente, lo
si inquadra in una visione certamente meta balcanica e danubiana, ma fortemente
radicata ad una tradizione occidentale.
Gli
intellettuali del Novecento hanno contribuito notevolmente a unire un modello
di pensiero che è quello di Mircea Eliade, di Vintila Horia, di Emil Cioran, di
Eugene Ionesco, di Paul Celan, dell’archeologo Dinu Adamesteanu con la cultura
italiana e mediterranea.
Proprio
quest’ultimo, Dinu Adamesteanu, nato nella piccola comunità di Toporu, della
Regione Muntenia, nel 1913 e morto a Policoro (in Basilicata) nel 2004, ha offerto, con
chiarezza, una chiave di lettura di una archeologia innovativa per la lettura
aerofotografica del territorio.
Uno
studioso che ha saputo guardare ad una archeologia “multidisciplinare”
arricchendola con una introspezione tra modelli puramente archeologici e
aspetti antropologici dei territori e, quindi, dei siti archeologici stessi.
Riusciva a comparare dimensioni etnoantropologiche e archeologiche
intrecciandole tra modelli provenienti dal Mar nero con quelle della Magna
Grecia.
Tutta
la sua tradizione romena dentro il Mediterraneo. D’altronde la Romania ha saputo convivivere
con contaminazioni eterogenee come anche quella turca.
Il
dato etnico rimane importante, soprattutto per una Nazione che non ha mai
smarrito la sua identità e, nonostante il comunismo, ha recuperato quelle
appartenenze che hanno eredità, non solo linguistiche, ma culturali tout court,
latine.
C’è
una storia della Romania nella cultura italiana. C’è una storia italiana nell’identità
della Romania. Circa il 4 per cento del vocabolario della lingua romena è fatto
con parole italiane o derivanti dall’italiano. Anche la koinè italiana è un
tassello etnico nella formazione di una Nazione non solo rimasta sempre
nell’Europa, ma culturalmente profetica nella cultura del Mediterraneo: da
Ionesco ad Horia, da Eliade a all’archeologia praticata da Adamesteanu.
In fondo la Romania è riuscita a stabilire, con lungimiranza,
un confronto tra le etnie di una civiltà di origine latina tra cultura
danubiana e balcanica.
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