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Ma l'imprenditore, medico, assessore alla legalità, editore, giornalista, commendatore della Repubblica, non può essere un mafioso!

Laureatosi in Scienze Biologiche e in Medicina e Chirurgia e specializzatosi in Reumatologia, è medico, docente universitario e giornalista pubblicista. Direttore dal 1979 dell’Istituto Clinico diagnostico “Raffaele De Blasi” da lui creato e intitolato al suo maestro, fonte www.provincia.rc.it  nel 1990 ha fondato il periodico ‘Qui Reggio’ e dal 1998 è editore dell’emittente televisiva ‘Reggiotv’. Relatore a numerosi convegni nazionali e internazionali di carattere scientifico e politico, è promotore di varie attività sociali e culturali, fra cui la fondazione dell’Orchestra Sinfonica di Reggio Calabria. Candidato nel 1994 al Senato della Repubblica con il cartello dei Progressisti, nel 1996, scelto tra i coordinatori dei Comitati Prodi per la Calabria, è stato ricandidato nelle elezioni del 1996. Nominato Commendatore dal Presidente della Repubblica nel 2000, è stato chiamato dal sindaco Italo Falcomatà a far parte della sua Giunta in qualità di Assessore alla Polizia Municipale del Comune di Reggio Calabria negli anni 2001/2002. Nel 2007 è stato designato nell’ambito delle Primarie, a suffragio popolare, candidato sindaco del centrosinistra. Dal 7 luglio del 2011 è Assessore per le Politiche e Pianificazione Culturale - Beni Culturali della Provincia di Reggio Calabria, con delega congiunta per la Difesa della Legalità, e dal 29 ottobre del 2012 Sindaco del Comune di San Procopio. Il braccio di ferro con il caposervizi del Quotidiano della Calabria, della redazione di Reggio Calabria.   Calunnia, aggravata dalle modalità mafiose, è questa la provvisoria ipotesi di reato che la Dda di Reggio Calabria muove nei confronti dell’assessore alla legalità della provincia e sindaco di San Procopio, Eduardo Lamberti Castronuovo. La vicenda ruota attorno al caso del sospetto «inchino» della statua del patrono davanti la casa del boss Nicola Alvaro lo scorso 8 luglio. La notizia degli accertamenti avviati dalla Procura reggina sulla processione venne riportata dal caposervizio del Quotidiano del Sud, Michele Inserra. Eduardo Lamberto Castronuovo, già interrogato dal p.m. Alessandra Cerreti, ha detto fra l’altro…”

"Non conosco  né ho mai avuto alcun rapporto con alcuna cosca mafiosa né di San Procopio né di altri luoghi, come è noto a chiunque. Sul punto non mi è stata mossa alcuna contestazione". 

L’azione incisiva ed equilibrata dell’Ordine Regionale dei Giornalisti della Calabria, magistralmente diretto da Giuseppe Soluri e il Sindacato regionale dei Giornalisti della Calabria, diretto da Carlo Parisi (anche vicepresidente della FNSI). Le processioni(Madonna delle Grazie di Oppido; San Teodoro di Rizziconi; San Biagio di Scido e San Procopio), nel mirino della magistratura

EDUARDO LAMBERTI CASTRONUOVO, LE “BAGGIANATE ESTIVE” E LA GUERRA DELLA TELECAMERE  SULLO SFONDO DELLA PROCESSIONI CON INCHINO AL BOSS:”GALEOTTO FU IL LIBRO E CHI LO SCRISSE, QUEL GIORNO PIÚ NON VI LEGGEMMO AVANTE”. QUELLO SCOOP DEL GIORNALISTA-CORAGGIO MICHELE ALBANESE, “LA PROCESSIONE DELLA MADONNA DELLE GRAZIE CON INCHINO AD OPPIDO MAMERTINA DAVANTI ALLA CASA DEL BOSS GIUEPPE MAZZAGATTI” CHE CONQUISTÓ SUL CAMPO LO STATUS DI SCORTA E MACCHINA BLINDATA, PENNACCHIO DI CUI AVREBBE FATTO VOLENTIERI A MENO, SEBBENE LO STATO VIGILI E VEGLI E LA PROCURA (DDA) ANCHE
Domenico Salvatore

Tutto cominciò con l’arrivo sulle sponde del ‘Fretum’ di Reggio & Messina, di un Procuratore Capo della Repubblica a dir poco temerario. Tuttavia, il suo coraggio di uomo libero e di magistrato incorruttibile ed intemerato, gli ha accattivato le simpatie della piazza. Preceduto da una grande fama e nomea. Non solo per aver messo in ginocchio il famigerato clan dei Casalesi, con il celeberrimo processo “Spartacus”; un maxi-processo alla Camorra. Senza nulla togliere alle grandi battaglie degli altri, che lo hanno preceduto. Giunto sulla rive del Calopinace, Federico Cafiero De Raho, lanciò da subito un appello alle istituzioni, alle forze politiche e sociali, alla stampa, a tutti gli ‘homines bonae voluntatis’ affinchè lavorassero in sinergìa; ma anche al cittadino, affinchè si scrollasse di dosso ogni acredine e collaborasse attivamente e fattivamente per debellare la ‘ndrangheta ed estirpare la “Gramigna”. 


Al tempo stesso Federico Cafiero De Raho, inteso “L’invincibile” non lesinò ‘missili terra-aria’ nei confronti di quei giornalisti “pauroni, cacasotto e piscialetto” incapaci di raccontare la verità. Ferma restando la sua stima ed ammirazione incondizionata e totale per i giornalisti che invece il loro dovere l’hanno sempre compiuto, con professionalità esperienza e competenza. Le frecciatine al curaro, in conferenza stampa e negl’incontri con gli studenti, hanno avuto la giusta risposta. 


Uno dei primi a prendere  in parola De Raho, fu Michele Albanese del “Quotidiano del Sud” ex “Quotidiano della Calabria, con uno scoop degni di questo nome, che ha riabilitato tutti i Don Abbondio di questa categoria (ce ne sono, ce ne sono!). Come abbiamo detto e scritto, Michele Albanese, lo conosciamo da vecchia data e sappiamo quanti e quali articoli abbia scritto. Quantità, qualità ed il coraggio di andare avanti per la sua strada, senza guardare in faccia nessuno. Lo scoop di Oppido Mamertina, è solo la punta dell’iceberg della sua azione giornalistica quotidiana nel tempo. Più volte minacciato anche di morte, non è emigrato; non ha abbandonato la Calabria, la famiglia, il giornalismo. È rimasto in prima linea, a combattere sulla frontiera per sé e per gli altri. La sua casa mentale è incrollabile. Michele è simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia.  Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia.  Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”. Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento. La Procura tuttavia, ha ritenuto che non si potesse indugiare oltre; e di concerto con la Prefettura, gli ha assegnato la scorta e la macchina blindata. Il  suo giornale scrive:” Il mio lavoro proseguirà con la stessa determinazione e lo stesso impegno di prima».  Albanese va avanti per la sua strada con la consapevolezza di aver fatto sempre il suo lavoro con grande onestà. «Voglio dire grazie alle tantissime persone - ha aggiunto - che hanno voluto esprimermi la loro vicinanza per la vicenda che mi riguarda. Mi riferisco a colleghi, rappresentanti delle istituzioni ed esponenti del mondo politico e dell’associazionismo, uno per tutti don Luigi Ciotti, oltre che ai semplici cittadini che hanno voluto esprimermi la loro vicinanza».


«Colgo anche l’occasione - ha detto ancora - per ringraziare il prefetto ed il procuratore di Reggio Calabria, Claudio Sammartino e Federico Cafiero de Raho, oltre che il questore ed i comandanti provinciali dei carabinieri e della Guardia di finanza, che hanno dimostrato il volto di uno Stato attento e attivamente presente». Presente come è stato don Ciotti, la mente e il cuore di “Libera, l’associazione nata per combattere contro tutte le mafie. «Non sei da solo. Noi ti staremo vicino, siamo con te». Parole semplici, concrete, che arrivano e si trasformano in certezze, sicurezze. 

Anche la presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, ha telefonato ad Albanese per  esprimergli solidarietà e vicinanza «Ad Albanese, che con rigore e coraggio segue i fatti di ’ndrangheta nella sua terra - ha spiegato la Bindi - ho assicurato l’attenzione della Commissione alla sua personale vicenda e più in generale alla condizione dei cronisti minacciati o intimiditi dalle mafie. Un gruppo di lavoro, presieduto dal vicepresidente Fava ha iniziato proprio ieri ad approfondire questo versante della lotta alla criminalità organizzata». «Le mafie - conclude la presidente della commissione - prosperano grazie all’omertà e al silenzio e il giornalismo d’inchiesta ha spesso giocato un ruolo essenziale per fare luce su fatti e vicende anticipando il lavoro degli stessi inquirenti». Tra le manifestazioni di stima e di affetto pervenute a Michele Albanese, la più importante,  quella della figlia Maria Pia che su Facebook scrive: «Non sono abituata a vederlo in Tv. Per me é sempre l'omone chiuso nel suo studio con le mani macchiate di inchiostro. Impacciato al computer e con appunti e libri sparsi ovunque.E quando ci cresci, in mezzo a tutte quelle parole, la tua strada può essere soltanto una. E quando lo senti parlare così del suo lavoro, del perché si occupa di queste cose, del perché continua a scrivere della sua terra, capisci che la scelta che hai fatto é quella giusta. Che la via da seguire é quella dove ci sono le sue orme. Sei il mio eroe. Complimenti papà!». Dopo Michele Albanese è arrivata la rivoluzione copernicana, ma i giornalisti calabresi a decine, sono stati minacciati, intimoriti, aggrediti, ancor prima di questo bubbone. Qualcheduno è stato costretto, suo malgrado a ‘togliere il disturbo’. L’Ordine dei Giornalisti della Calabria diretto da Giuseppe Soluri e il Sindacato Regionale dei Giornalisti, diretto da Carlo Parisi, ad onor del vero, si sono battuti come leoni per difendere e tutelare la categoria, con coraggiose iniziative a sostegno.  Così come la FNSI, di cui Parisi è vicepresidente. Coraggio ed equilibrio; senza mortificare mai la categoria. A sfogliare le cronache , a scavare nella memoria, non si era vista mai un’azione così incisiva e massiccia della categoria a sostegno degl’iscritti; senza ‘se’ e senza ‘ma’, 24 ore al giorno. L’azione del procuratore-coraggio Federico Cafiero De Raho, che ha coniato il termine di “Inquinamento mafioso” sta dando grandi risultati dunque. Fa il paio con “Borghesia mafiosa” del suo collega Giuseppe Pignatone; e con “Zona grigia”, inventato dal magistrato Salvatore Boemi, indagò su 64 cosche, 400 furono gli ergastoli; ma anche con “Colletti bianchi” sfoggiato nei suoi libri da Luigi Malafarina, redattore buon’anima della ‘Gazzetta del Sud”. 


Nel segno della continuità…De Raho Cafiero Federico, Pignatone Giuseppe, Catanese Antonino, Gaeta Giuliano, Bellinvia Carlo, Surace Sebastiano; Pro tempore: Sferlazza Ottavio, Boemi Salvatore, Scuderi Francesco; f.f. Gratteri Nicola, Prestipino Michele, Paci Gaetano. Giornalisti, marescialli, preti, imprenditori ecc. ( a quanto sembra) si stanno dando una mossa. Se siano rose fioriranno. De Raho ha un solo obiettivo: sconfiggere la ‘ndrangheta. Niente e nessuno potranno fermarlo. Così ha deciso lo Stato ed il CSM, diretta emanazione. Tuttavia occorre tempo e risorse economiche. E soprattutto il cambio di disco, codice e registro; se non di mentalità. Personalmente siamo convinti che un’accelerazione per l’evoluzione dei Calabresi e della Calabria, possa arrivare dagl’investimenti pubblici; se non da una valvola di sfogo alla disoccupazione galoppante. A cominciare dal completamento dell’Autostrada e dell’ammodernamento della Statale Jonica 106, non più rinviabile. La Reggio Calabria-Taranto uccide più di una guerra. La Chiesa, anello della catena Famiglia-scuola-società-Stato-Chiesa-associazionismo-volontariato, fa la sua parte. Ha lanciato diversi segnali, anche Sua Santità Francesco I in visita pastorale nella sterminata Piana di Sibari. Ma anche Padre Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza presidente della CEI Calabria. Nel dibattito ampio e dettagliato sono intervenuti autorevoli e prestigiosi personaggi del mondo della cultura, dello sport, dello spettacolo, della Magistratura ecc. Compreso il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che ha fornito dei suggerimenti attuali. Ministri e sottosegretari. Il procuratore nazionale Franco Roberti ed il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Rosy Bindi. Ricorda l’Ansa che…"Giro di vite" di carabinieri e polizia per evitare che nel corso delle processioni religiose che si svolgono durante il periodo estivo, e non solo, in Calabria, vengano compiuti atti di omaggio nei confronti di esponenti della criminalità, come sarebbe accaduto il 2 luglio scorso ad Oppido Mamertina. I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, come già avevano fatto per il rito svoltosi ad Oppido, hanno posto sotto osservazione numerose processioni e predisposto servizi preventivi di controllo in modo poi da riferire eventuali situazioni "anomale" alla Dda.Un lavoro che si preannuncia, comunque, tutt'altro che facile considerato il gran numero di manifestazioni religiose che si svolgono nel territorio provinciale. Ma che è, comunque, necessario per stroncare un malcostume che affonda le sue radici nella stessa storia della Calabria e nei rapporti spesso equivoci tra fede e 'ndrangheta. Partendo dal dato emerso da innumerevoli indagini di una fede portata in alcuni casi a forme di estremismo religioso che caratterizza i comportamenti di numerosi boss. Basti pensare ai "santini" ed alle effigi religiose, con tanto di candele ed "altarini" improvvisati, che sono stati trovati in passato nei nascondigli di latitanti anche di primo piano della 'ndrangheta. 


Anche se la logica sanguinaria che sottintende i comportamenti degli affiliati alle cosche appare del tutto inconciliabile, obiettivamente, col messaggio cristiano e la fede religiosa, quella vera almeno. Il sospetto di molti, comunque, è che "inchini" ed atti di omaggio ai boss durante le processioni religiose si siano sempre fatti in Calabria senza che nessuno abbia battuto ciglio.Così come sarebbero state sempre accettate le generose offerte di denaro da parte degli esponenti della criminalità per contribuire alle spese per lo svolgimento delle processioni. Così come sarebbe stata sempre ammessa la presenza di "pupilli" dei boss tra i portatori delle statue dei santi. Una situazione per reprimere la quale avrà di sicuro un effetto dirompente la decisione presa nei giorni scorsi, proprio alla luce di quanto sarebbe accaduto ad Oppido Mamertina, dal vescovo di Oppido-Palmi, mons. Francesco Milito, di sospendere a tempo indeterminato lo svolgimento di tutte le processioni nella sua diocesi. I "sospetti" di contiguità e di tolleranza nei confronti di fenomeni che sono comunque inammissibili si diffondono sempre più.Ed oggi, proprio per respingere ipotesi in questo senso, è intervenuto il sindaco di San Procopio, Eduardo Lamberti Castronuovo, che è anche assessore alla Cultura della Provincia di Reggio Calabria. Lamberti Castronuovo ha scritto al Prefetto, al Comandante provinciale dei carabinieri, al Questore ed ai vescovi di Oppido e Reggio Calabria in merito alla processione svoltasi nel suo paese l'8 luglio scorso. "Proprio perché i fatti di Oppido avevano destato un clamore mediatico da 'strage di Capaci' - ha scritto il primo cittadino di San Procopio - in qualità di sindaco avevo chiesto al comandante della stazione dei carabinieri se ci fossero state controindicazioni o indicazioni dell'Arma per il sereno e legale svolgimento della processione. La risposta è stata chiara ed inequivocabile con la presenza, dall'inizio alla fine, del comandante della Stazione dei carabinieri, coadiuvato da un brigadiere, al mio fianco. Nessun rilievo è stato fatto. Né prima, né dopo".Mnews.it è già’uscito’ con una sua nota…”L’assessore alla legalità della Provincia di Reggio Calabria, Eduardo Lamberti Castronuovo, è indagato dalla Procura della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nella qualità di sindaco di San Procopio, per calunnia aggravata dalle modalità mafiose nei confronti del giornalista Michele Inserra, caposervizio della redazione di Reggio Calabria de “Il Quotidiano del Sud”.

Eduardo Lamberti Castronuovo, alla presenza dei propri avvocati Nico D’Ascola e Marco Panella, è stato ascoltato stamane per circa un’ora e mezza dal sostituto procuratore della Dda, Alessandra Cerreti, in merito alla pesante reazione avuta nei confronti del giornalista che, a distanza di quarantotto ore dal caso dell’inchino della Vara davanti all’abitazione del boss Giuseppe Mazzagatti a Oppido Mamertina, ha pubblicato la notizia di un altro caso finito sotto la lente della Procura di Reggio Calabria e dei carabinieri: quello di San Procopio.


Michele Inserra ha, infatti, raccontato che nel piccolo comune aspromontano, Fonte: Giornalisti Italia http://www.giornalistitalia.it/procura-antimafia-indaga-lamberti-castronuovo/, che conta meno di 600 anime, di cui è appunto sindaco Eduardo Lamberti Castronuovo, l’8 luglio scorso altre “anomalie religiose” sono state riscontrate durante la processione della statua del patrono. “A destare l’attenzione degli investigatori – ha spiegato il giornalista – è stata una fermata di qualche minuto davanti all’abitazione di Grazia Violi, la moglie di Nicola Alvaro, 80 anni. Ad un certo punto la donna si avvicina e fa la sua offerta al santo patrono davanti ad autorità civili e religiose. Non è mancato l’imbarazzo visto il risalto mediatico che aveva avuto la domenica prima della processione del martedì la processione di Oppido. Ma si è andato avanti come da programma”.

“Tutti conoscono in paese e nella Piana – ha ricordato Inserra – un personaggio di spessore come Nicola Alvaro. Nel settembre del 1982 venne arrestato con l’accusa di essere stato il killer del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Secondo un testimone l’uomo di San Procopio era colui che fece fuoco la sera del 2 settembre in via Isidoro Carini, a Palermo, contro l’A112 guidata da Emanuela Setti Carraro e del generale Dalla Chiesa seduto accanto. Successivamente il testimone si rivelò inattendibile e Alvaro venne scagionato dopo un lungo tempo trascorso in isolamento nel carcere di Palmi. A difenderlo dalle accuse ci aveva pensato pubblicamente la moglie. Per Grazia Violi l’unica colpa del marito era stata quella di essere democristiano e per questo motivo veniva attaccato dai comunisti. Ma non si è mai saputo chi e perché organizzò quel clamoroso depistaggio sulle indagini che resta uno dei misteri irrisolti del «caso Dalla Chiesa». Nicola Alvaro è stato successivamente al centro di indagini della Dda sulla cosca egemone di quest’area della Piana di Gioia Tauro”.

Notizie, quelle riferite allo scoop di Inserra, che il sindaco di San Procopio aveva, immediatamente, definito “baggianate”, aggiungendo di aver “seguito la processione insieme ai carabinieri, ai quali ho chiesto se c’erano luoghi dove la processione non si poteva fermare e mi hanno detto di no, altrimenti l’avrei fermata”. Lamberti ha, quindi, parlato di «soste normali, previste. E’ stato allungato soltanto per farla arrivare sotto una casa di riposo che la mia amministrazione ha aperto per dare la possibilità di vedere la manifestazione religiosa a una signora di novant’anni, impossibilitata a muoversi». Per Lamberti Castronuovo, insomma, si è trattato solo di “una montatura. Gli oboli erano raccolti da un bambino che precedeva di dieci metri la processione. La processione non si è fermata se non nei punti previsti e insieme a me c’era il maresciallo dei carabinieri, al quale ho chiesto se c’erano problemi. 

Mi ha risposto di no altrimenti avrei sospeso tutto”.Non contento, Lamberti ha convocato un Consiglio comunale straordinario urgente per chiedere ai cittadini “di sottoscrivere una denuncia contro il giornalista perché è una montatura. Ho filmato tutta la processione – ha incalzato – e invece lui non c’era. Noi ci inchiniamo soltanto di fronte alla legge e chi mi conosce sa che sono intransigente. Nessuno verrebbe da me a chiedere qualcosa di illegale”. Alla richiesta di “pubbliche scuse del giornalista Inserra alla comunità di San Procopio”, da effettuarsi “entro tre giorni”, il caposervizio del Quotidiano aveva risposto confermando quanto scritto nei suoi servizi. Una dura polemica che ha visto Lamberti protagonista di ripetuti attacchi al giornalista principalmente dalla sua emittente televisiva e dal sito internet ad essa collegato.Un’assurda reazione, che aveva spinto il vicesegretario nazionale della Fnsi, Carlo Parisi, segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, assieme al Comitato di redazione, a contestare a Lamberti Castronuovo “il più grave degli errori: chiamare «a raccolta tutte le persone per bene» contro un giornalista, Michele Inserra, senza minimamente interrogarsi se, nell’aizzare le folle, non corra il rischio – nella terra in cui ha scelto di indossare la fascia tricolore – di armare la mano di chi il «bene» lo conosce solo nelle peggiori declinazioni di quella pseudocultura che risponde al nome di ’ndrangheta”.“Se Michele Inserra è un diffamatore – aveva ammonito Parisi – lo diranno, certamente, i tribunali ai quali l’assessore «alla legalità» si potrà rivolgere – come ha già annunciato di avere intenzione di fare – pretendendo giustamente celerità di giudizio, condanna esemplare e certezza della pena. Certezze, del resto, sulle quali, il dottor Lamberti Castronuovo può assolutamente contare, considerato che in Italia la giustizia funziona sempre quando alla sbarra siede un giornalista”.“Il percorso scelto dal dottor Lamberti Castronuovo – aveva aggiunto Parisi – lascia, però, a dir poco esterrefatti. Nel ventilare il risvolto giudiziario della vicenda, attraverso «l’eventuale denunzia per diffamazione contro chiunque si permetta di offendere la dignità di un Popolo, attraverso la diffusione di notizie false, provocatorie e senza alcun intento costruttivo», convoca un «Consiglio Comunale aperto» nella pubblica piazza di San Procopio per esporre al pubblico ludibrio il «diffamatore» Michele Inserra”. E quando Lamberti Castronuovo ha replicato che “non è stato il paese ad aggredire il giornalista ma il contrario”, confermando nella decisione di convocare il Consiglio comunale in piazza, Carlo Parisi gli ha immediatamente contestato che “il civico consesso non può e non deve essere convocato per mettere alla sbarra un giornalista che, adesso, ha dalla sua anche la conferma ufficiale del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, il quale non solo ha confermato le tre inchieste sui presunti «inchini» (compresa quella sulla processione del paese di cui lei è sindaco), ma ha addirittura ringraziato «giornali e televisioni che hanno fatto venire a galla queste storie che non hanno nulla a che fare con la legalità e la religione». Quindi aveva suggerito di sconvocare la pubblica seduta chiedendo, in caso contrario, l’intervento del prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, “per motivi di ordine pubblico”.
Imperterrito, il sindaco di San Procopio aveva tenuto, comunque, l’assemblea in una piazza popolata da alcune decine di persone, notificando a Michele Inserra una lettera firmata dal presidente del Consiglio Comunale, Francesco Posterino. 

“Posto che – è scritto nella lettera – quanto riportato a caratteri cubitali non risulta rispondente a verità; udita la relazione documentata del Sindaco; preso atto che le immagini contenute in un video realizzato a cura della ditta Tomarchio, free lance, relative all’intera processione del S. Patrono svoltasi l’8 luglio u.s., non mettono in evidenza alcunché di anomalo né, tantomeno, alcuna forma di “inchino”, come da Lei riportato sul Suo giornale; preso atto delle dichiarazioni dei Sottoufficiali dell’Arma dei Carabinieri presenti alla suddetta processione; verificato che l’ambiguità della forma da Lei usata, attribuendo al Procuratore della Repubblica dichiarazioni dallo stesso mai rese circa la veridicità dell’accaduto, lascia adito a far credere ciò che in realtà non è mai successo; uditi gli interventi liberi della popolazione; ad unanimità di voti, ha deliberato di chiederLe formalmente la smentita, nella stessa posizione e con gli stessi caratteri della notizia data, di quanto erroneamente pubblicato, con le relative scuse ai cittadini di San Procopio, dando mandato al sottoscritto di formularLe la suddetta richiesta a ristoro dei danni d’immagine subiti”.
Lettera nella quale il presidente del Consiglio Comunale, Francesco Posterino, informava il giornalista che “in data 15 luglio, al 7° punto dell’Odg, aperto alla Cittadinanza”, il civico consesso “ha preso in esame e discusso circa l’articolo a Sua firma pubblicato sulla prima pagina dell’edizione del 12 luglio u.s., sul Quotidiano della Calabria” e “ad unanimità di voti, ha deliberato di chiederLe formalmente la smentita, nella stessa posizione e con gli stessi caratteri della notizia data, di quanto erroneamente pubblicato, con le relative scuse ai cittadini di San Procopio, dando mandato al sottoscritto di formularLe la suddetta richiesta a ristoro dei danni d’immagine subiti”.“Nella medesima delibera, il Consiglio, unanimemente, si è espresso favorevolmente – aggiungeva Posterino – nel conferirmi mandato, in caso di Suo diniego entro 3 giorni da oggi a datare, di tutelare il buon nome e la reputazione del Paese, nelle sedi che la Legge consente”.
In un commento sotto il titolo “Senza parole”, Carlo Parisi, contestando ad Eduardo Lamberti Castronuovo il preoccupante errore di continuare a “puntare l’indice contro un bersaglio preciso: il giornalista Michele Inserra”, concludeva: “A questo punto prendiamo atto che, oltre che sindaco di San Procopio, assessore provinciale alla Legalità, biologo, medico chirurgo, editore dell’emittente televisiva Reggio TV, conduttore televisivo, iscritto nell’elenco pubblicisti dell’Ordine dei giornalisti, docente di Etica della comunicazione all’Università per Stranieri di Reggio Calabria, Lamberti Castronuovo è anche pubblico ministero e giudice. Alziamo le mani e ci arrendiamo. Il Consiglio Comunale di piazza San Procopio ha sentenziato e condannato il «diffamatore» Michele Inserra al quale, forse, sarà magnanimamente concessa la grazia se, entro tre giorni, accetterà di recitare il «mea culpa, mea grandissima culpa». Procuratore De Raho e prefetto Sammartino, dormite sonni tranquilli: il «Tribunale del Popolo» ha già “fatto giustizia”.“Evidentemente – commenta oggi Carlo Parisi – la Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria non ha ritenuto di dover liquidare la vicenda e le violente polemiche che ne sono seguite come banali e innocue «baggianate» estive”. 

“Nel ribadire piena solidarietà a Michele Inserra, «colpevole» di aver fatto semplicemente il proprio mestiere di cronista, riportando la notizia – vera – di un’indagine in corso”, il vicesegretario della Fnsi si augura, nel contempo, “che Edoardo Lamberti Castronuovo possa chiarire al più presto la propria posizione: da un lato ammettendo il grave, ma vogliamo sperare inconsapevole, errore di valutazione che ha, di fatto, messo all’indice un giornalista in un contesto difficile e pericoloso; dall’altro per escludere, senza ombra di dubbio alcuno, l’inquietante accusa che lo renderebbe incompatibile (moralmente ancor prima che giuridicamente) con tutte le attività che finora – e gli auguriamo anche in futuro – lo hanno fatto conoscere e apprezzare come una persona perbene”. Personalmente, riteniamo che tutti gli uomini forti, potenti, ricchi, belli, eleganti, intelligenti eccetera, provochino gelosia, invidia, bile, astio e perfino stress, ansia, inquietudine eccetera. A prescindere. Perché Eduardo Lamberti Castronuovo, che sicuramente fa parte a qualche titolo di una delle anzidette categorie? Lamberti è anche un personaggio che non le manda a dire, schietto e diretto. Per imparare ad essere ipocrita, falso, bugiardo, insincero, c’è sempre tempo, ma lui non diventerà mai tale. Questa è la nostra opinione sic et simpliciter. Non pretendiamo che venga spacciata per verità assoluta. Siamo fortemente convinti che Eduardo Lamberti Castronuovo non sia un mafioso e nemmeno un ‘amico degli amici’. Per dirla tutta, reputiamo che sia completamente fuori da ogni frequentazione malavitosa o mafiosa o di altro tipo. Lui stesso smentisce a più riprese ogni volta che capiti l’occasione e minaccia di emigrare come l’imprenditore vibonese Pino Masciari. Denunzia “La Repubblica” il 25 aprile 2007…”Pino Masciari, imprenditore edile di Vibo, anni fa ha denunciato il pizzo e fatto arrestare decine di malavitosi. Gli hanno fatto saltare la sede. Il resto lo hanno fatto le banche, con la revoca del credito: "cliente a rischio". E' fallito per ventimila euro, quando aveva cantieri per tre milioni. Ora vive al Nord senza scorta e senza soldi, tolti entrambi dal governo Berlusconi. Nella primavera scorsa è tornato a Vibo, da solo, per votare alle elezioni politiche. Ai cronisti allibiti ha detto: "Non mi possono fare nulla, mi hanno già ammazzato". Soltanto don Ciotti l'ha convinto a non tornare. Luigi Ciotti a Reggio è di casa, festeggiato come un liberatore, ma non è il tipo da far sconti. Alla giornata della memoria di Polistena, il 20 marzo, ha esordito con durezza: "Il problema in Calabria non è la 'ndrangheta, non sono i politici. Il problema siamo noi". Noi società, civile o no, "rassegnata a chiedere per favore quanto ci spetta di diritto". La platea ha applaudito, una folla di migliaia di studenti da ogni parte d'Italia, Firenze e Torino, Palermo e Lecce. Da Reggio, quasi nessuno, Presidi e professori hanno declinato l'invito, qualcuno ha fatto sapere agli studenti che la presenza a Polistena avrebbe costituito "assenza ingiustificata". La 'ndrangheta, che controlla tutto, ora s'è messa in testa di controllare anche l'antimafia. Infiltra affiliati nelle associazioni, costituisce cooperative per farsi riassegnare i beni sequestrati. "Il futuro di Reggio si gioca in pochi anni, tre o quattro al massimo" racconta il sociologo Tonino Perna. "O lo stato capisce che questa è la peggior emergenza mafiosa di sempre, oppure l'avranno vinta loro e anche gli ultimi calabresi disposti a lottare si rassegneranno o andranno via, com'è da secoli. Già oggi ogni volta che laureo uno studente con 110 e lode mi piange il cuore, perché so che gli sto consegnando un passaporto". 

Gongola “Il Quotidiano del Sud…”Calunnia aggravata dalle modalità mafiose nei confronti del caposervizio della redazione di Reggio Calabria del Quotidiano del Sud Michele Inserra. L'assessore alla legalità della provincia di Reggio Calabria e sindaco di San Procopio Eduardo Lamberti Castronuovo è indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Per oltre un'ora e mezza stamattina, assistito dagli avvocati Nico d'Ascola e Marco Panella, è stato interrogato dal pm della Dda Alessandra Cerreti. L'inchiesta riguarda lo scoop del giornalista sulla processione di San Procopio. «Più tardi diramerò un comunicato stampa - ha chiarito il sindaco a LaPresse - se non si chiarirà subito la vicenda io lascerò Reggio, chiudendo l'istituto di analisi cliniche, Reggio Tv e lasciando ogni carica. Aveva ragione Sciascia. Sciascia l'aveva previsto che, in assenza di un'adeguata cultura democratica, l'antimafia sarebbe diventata peggio della mafia, ragionando secondo la stessa logica di sopraffazione ma potendo servirsi dei poteri delle istituzioni». Per quanto riguarda il suo incontro con il magistrato ha aggiunto: «Non mi sono avvalso della facoltà di non rispondere. Non conosco né ho mai avuto alcun rapporto con alcuna cosca mafiosa né di San Procopio né di altri luoghi, come è noto a chiunque. Sul punto non mi è stata mossa alcuna contestazione».E' stato Inserra a sollevare il caso San Procopio (e appena ieri rivelando come «l'8 luglio scorso, infatti, altre "anomalie religiose" sono state riscontrate nella festa patronale a San Procopio». Protagonista dell'accaduto era Grazia Violi, moglie di Nicola Alvaro, personaggio ritenuto legato da decenni alla 'ndrangheta: «Durante la processione della statua del patrono San Procopio, a destare l'attenzione degli investigatori è stata una fermata di qualche minuto davanti all'abitazione di Grazia Violi, la moglie di Nicola Alvaro, 80 anni. Ad un certo punto la donna si avvicina e fa la sua offerta al santo patrono davanti ad autorità civili e religiose. Non è mancato l'imbarazzo visto il risalto mediatico che aveva avuto la domenica prima la processione di Oppido. Ma si è andato avanti come da programma. Se fosse una sosta "tradizionale" o una fermata "obbligata" saranno adesso gli accertamenti avviati dagli uomini dell'Arma a stabilirlo. L'obiettivo dello Stato e dalla diocesi di Oppido-Palmi è quello di fare chiarezza sui rapporti mafia-religione e interrompere usanze secolari. Nulla di penalmente rilevante sino ad oggi, pure perchè non si può correre il rischio di dare continuamente la caccia alle streghe. Ma agli investigatori non è sfuggito questo particolare e annotano» aveva scritto Inserra. Una notizia che manderà. E poi aveva attaccato in maniera ingenerosa il giornalista attraverso siti internet e tv. Il sindaco aveva convocato persino un consiglio comunale straordinario sull'articolo di Inserra, al termine del quale era stato deliberato: “Pubbliche scuse del giornalista Inserra alla comunità di San Procopio”. Al giornalista erano stati dati tre giorni di tempo per le scuse, altrimenti si sarebbe proceduto ad una denuncia collettiva nei suoi confronti. Inserra non solo non chiederà mai scusa, ma confermerà, così come “Il Quotidiano”, quanto scritto nei suoi servizi. Sulla vicenda erano intervenuti a difesa del giornalista il Cdr del giornale e il segretario regionale del Sindacato dei Giornalisti, Carlo Parisi. “.  Ma per noi Eduardo Lamberti Castronuovo, sindaco, giornalista, editore, assessore provinciale, medico, imprenditore che si è ribellato al pizzo, ci si perdoni l’azzardo non è un mafioso. 

Anzi, siamo convinti e persuasi, che stia sull’altra sponda. Quella della legalità e della trasparenza. Lamberti non abita a San Procopio, non ha parenti a San Procopio, non è di San Procopio.”” È nato a Reggio Calabria, si legge nel suo blog, da genitori ai quali si ispira il suo modo di essere e di fare. È laureato in Scienze Biologiche, Medicina e Chirurgia e specialista in Reumatologia presso l’Università di Catania. È stato presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi e dirige uno fra i più importanti istituti clinici del mezzogiorno d’Italia.È vice presidente dell’Associazione degli Industriali della provincia di Reggio Calabria. È stato Assessore esterno alla Polizia Municipale nella giunta del Sindaco Prof. Italo Falcomatà. Nel giugno del 2000 gli è stato conferito il titolo di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana. E' padre di 3 figli”. Volano i comunicati:”La ridda di notizie concernenti la provvisoria imputazione formulata a mio carico, mi impone – nel rispetto del segreto investigativo ma costretto dalla necessità di difendere la mia reputazione e quella della parte sana dei Cittadini di San Procopio – talune precisazioni: mi sono presentato davanti al Pubblico Ministero e non mi sono avvalso della facoltà di non rispondere; ho chiarito ogni circostanza ed ho la personale ma netta sensazione che tutto sia frutto di un equivoco che potrà essere facilmente chiarito; non conosco né ho mai avuto alcun rapporto con alcuna cosca mafiosa né di San Procopio né di altri luoghi, come è noto a chiunque. I potenti danno sempre fastidio…”Anche i ricchi piangono”. La questione delle processioni, partita a macchia di leopardo  cammina ora a macchia d’olio. Polizia e Carabinieri stanno lavorando sotto traccia. Il bubbone è dietro l’angolo. La Giustizia, tuttavia, deve fare il suo corso, questo è pure certo. Ma è pur vero, che non si possa preparare la frittata, senza rompere le uova. Poi, toccherebbe alla… tarantella? La notizia delle elezioni regionali a novembre 2014, scatenerà, visione escatologica, altri ‘finimondo’. Ne sentiremo delle belle, questo è certo.
Domenico Salvatore 

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