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La Notte della Taranta? Che delusione.

Ripetitiva con un Vecchioni finito come cantante e una musica sulla linea del banale imitando le etnie
di  Pierfranco Bruni

Notte della Taranta. Melpignano.  Giorni intensi e intensità musicale tra canto linguaggi etnie e storie che raccontano. Il morso e la danza. La musica e i suoni. Il canto si fa storia. Una antropologia che è dentro il territorio il luogo il Mediterraneo. 
Ascolto da anni e seguo von attenzione la Taranta nella notte di agosto. Ogni anno ci sono portati storici che segnano il passo ma  annunciano anche nuove ricerche e nuovi sviluppi etno - simbolici. Strumenti che si incontrano e si intrecciano. Vocalizzi che tracciano altri vocalizzi. La Pizzica è una culture delle etnie.


Ma credo che bisognerebbe fare delle scelte più attente, più oculate, più innovanti nelle tradizione che resta alla base. 
Quest'anno sto assistendo a cadute di stile. Una di queste cadute è stata offerta da Roberto  Vecchioni. Ma che ci faceva Vecchioni su quel palco? Addirittura a storpiare un testo che ha fatto storia come "Samarcanda". Proprio fuori posto sia  nei testi sia nei suoni sia nella sua gestualità.
Lo dico con molta consapevolezza perché sono uno di quelli che ha studiato profondamente i testi di Vecchioni e soprattutto il rapporto tra linguaggio e suono ed ha amato il Vecchioni de "L'uomo che gioca il  a dadi".


Proprio fuori posto. Una caduta di stile per lo stesso Vecchione in una Notte che non brilla per originalità rispetto agli altri anni. 
Dunque niente di nuovo. Anzi molto deludente e un Vecchione che avrebbe fatto bene a starsene in poltrona.
Ma tutto la manifestazione ha avuto una caduta. Non mi convince.


Sarebbe ora di essere riconsiderarla. Le etnie sono un valore tra le comparazioni. Le forzature etniche sono una lacerazione del tessuto antropologico. La festa sta finendo...

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