La lettera del presidente della Commissione di Vigilanza, Chizzoniti al Prof. Nando Dalla Chiesa
Prot. 564 /P.C.V.
Prot. 564 /P.C.V.
Del 12 AGO. 2014
Chia.mo Prof.
Nando Dalla Chiesa -Presidente Comitato Antimafia
presso il
Comune di Milano
protocollo@postacert.comune.milano.it
e p.c. Preg.mo Sig. . Avv.
Giuliano Pisapia – Sindaco della Città di
Milano
sindaco.pisapia@comune.milano.it; protocollo@postacert.comune.milano.it
Preg.ma
Dott.ssa Antonella Stasi – Presidente Giunta Regionale della Calabria - Catanzaro
A tutti gli
Onorevoli Parlamentari e Consiglieri Regionali
eletti nella
circoscrizione della Regione Calabria
Parafrasando il titolo di una delle tante commedie di successo prodotte dal mitico
Oscar Wilde “l’importanza di essere – rectius - di chiamarsi Onesto, nella
specie diventa “ l’importanza di chiamarsi Dalla Chiesa”. Ne deriva che risiede
proprio nel blasonatissimo gentilizio la
ratio ispiratrice dalla supponente e disinvolta
“lectio magistralis” impartita “urbi et orbi” dal Presidente del Comitato Antimafia
del Comune di Milano la cui manichea conclusione
ammucchia indiscriminatamente tutti i calabresi in un audace teorema da far
impallidire i più ispirati Pitagora o Euclide esaltando l’equazione
calabresi=mafia. La sortita de qua agitur si scontra anche con il pensiero
manzoniano secondo il quale il torto o la ragione non possono separarsi con un
taglio netto di spada postulando sempre e comunque una responsabile quanto
prudente riflessione. Ma questo vale soltanto per i comuni mortali, non per gente
radical chic che vive nel lusso, sempre in credito, disponibile ad immolarsi
qualora movimenti e partiti dovessero loro proporre il “sacrificio” a farsi
eleggere. E così il Prof. Dalla Chiesa, profondo conoscitore del principio di
Archimede applicato ai liquidi, riesce a galleggiare nel Parlamento della
Repubblica facendosi eleggere Deputato
nelle liste de “La rete di Orlando” nel 1992; “Federazione dei Verdi” nel 1996
e nei “Democratici” nel 2001 e quando qualcuno gli nega la candidatura interviene
il Professore Romano Prodi che lo risarcisce e lo rianima con un posto al sole
di sottosegretario. Ma, probabilmente l’incontaminato Prof. Dalla Chiesa non
avrebbe accettato il pulpito governativo ove avesse saputo che il figlio di
Paolo Prodi, fratello dell’ex Premier, ha sposato una bella ragazza calabrese
di Marina di Palizzi che secondo il Dalla Chiesa pensiero non può che essere
mafiosa. E così il tribuno, quello dai toni gergali orgogliosamente esibiti, della
totalitaria ed autoritaria sentenziosità che ricorda il populismo linguistico
degli esordi di Umberto Bossi, Antonio Di Pietro et similia, si lascia
travolgere da una forma di letargia resistente a qualsivoglia terapia il cui
fisiologico blocco della memoria gli impedisce di ricordare che la sorella Simona
è stata spinta per ben due volte in Parlamento da una massa tumultuosa di
calabresi mafiosi dopo averla incoronata anche Consigliere della Regione
Calabria. Imputet sibi! È una dimenticanza drammatica che celebra sistematici tabù e pregiudizi al punto che il
popolo brutio deve solo aspettarsi di essere rinchiuso in un ghetto, con le
abitazioni marcate, come avvenne per gli ebrei e come sta avvenendo per i
cristiani in Irak, in attesa di essere deportati nei campi di sterminio
soltanto perché calabresi, divenuti tutti oziosi, briganti e vagabondi
soprattutto dopo il 1860. Transitando dal regime borbonico “sulle spalle
dell’Italia che produce”. Sono gli
stessi che, pur avendo contribuito con
braccia, genio, operosità e quant’altro allo sviluppo del nord
dell’Italia, hanno dovuto affrontare l’umiliazione della discriminazione
razziale anche sul versante della locazione di case sfitte: “Non si affitta a
meridionali”! Esimio Professore, esercito la professione forense da circa
quarant’anni nel cui contesto ho avuto il piacere e l’onore di condividere la
difesa di un reggino (Cento Vincenzo) proprio con l’Avv. Pisapia rappresentato
dall’Avv.ssa Germanà e quindi sono tutt’altro che impegnato a glorificare
improponibili quanto irrazionali opzioni negazioniste di quel fenomeno mafioso ultra
organizzato che attanaglia la realtà calabrese ed altre regioni meridionali. Ma
quando si argomenta e si scrive per
luoghi comuni va detto senza infingimenti (in claris non fit interpretatio) che
si finisce con il fare il gioco della n’drangheta perché quando tutto è mafia è
come se si dicesse che niente è mafia ed alla fine la n’drangheta quella vera
ed autentica che purtroppo esiste ed i cui tentacoli non conoscono ostacoli
sogghigna e sorride compiaciuta. Non è un caso che anche la rivoluzione
francese nacque quale fatto spontaneo, popolare e democratico per poi finire in mano ai
tagliatori di teste. Ma non per questo fu messo in discussione il ruolo di
fondamentale centralità e rilevanza della travolgente, unanime volontà popolare
che rappresentò la sostanziale essenza della corale sollevazione contro l’esercizio
smodato del potere. A Lei Prof. Dalla Chiesa sfugge l’aspetto più importante ed
anche per questo è più da compiangere che da condannare perché non si accorge
che mentre per un verso con gelida reticenza e perfida ipocrisia criminalizza
tutti i calabresi già organizzati in un proditorio assalto alla diligenza (Expo
2015) a finire ospiti degli hotel di stato, quali responsabili di un grossolano
sistema tangentizio, è stato il Sig. G. e dintorni. Ormai esperto della
materia, per usare un termine casermiero “già noto a questo ufficio”. Per non
dire degli scandali del Pirellone, dell’MPS, del Mose, previa asportazione piratesca di ben quattrocento
milioni destinati al fondo FAS e poi finiti nelle tasche di politici ed imprenditori senza remore e
scrupoli. Ovviamente la data della conclusione dei lavori della Salerno- Reggio
Calabria resta nella sfera di vetro in un ambito di ben concatenate beffe nelle beffe in salsa
lombardo-veneto che fa man bassa di tangenti sulla pelle del Mezzogiorno e di
tutti gli Italiani. Conseguentemente l’associato Dalla Chiesa ben farebbe a
preoccuparsi anche dei mercanti che infestano il tempio perché in quest’ottica
i Signori Penati ed altri appartengono a ben altre “organizzazioni criminali”
che non sono riconducibili a quelle meridionali e calabresi a meno che non si
vuole ricoprire la delinquenza settentrionale tutt’altro che disorganizzata con una coltre di brina autunnale ostentando
superiorità antropologiche all’insegna del doppio pesismo. Ma, chi si trucca da
Carlo Magno dovrebbe offrire qualche spiegazione sui tantissimi Cavalieri del
Lavoro disseminati nell’opulento nord che non provengono da liturgie
meridionali ma sono espressione di quella potenza economica scandita da
onorificenze presidenziali concesse ad imprenditori nordisti che poi si
scoprono essere raffinati evasori fiscali. Questa, ovviamente, è tutt’altro che mafia!
Per i grandi sacerdoti della legalità che non si capisce se mossi dalla
speranza di ulteriori conquiste di potere o dalla nostalgia di un passato
difficilmente ripetibile, trattasi in
verità di uno schema funzionale al “prossimo appalto” farcito da storiche
ovvietà al punto che si ipotizzano addirittura turbative al mercato turistico
per via di preventive acquisizioni di alloggi da affittare ai visitatori
dell’Expo 15. Il cui mercato secondo Dalla Chiesa dovrebbe essere evidentemente
di esclusivo appannaggio degli imprenditori di rito meneghino perché appare
tutt’altro che peregrina la sensazione che l’equazione meridionale-calabrese
uguale mafia (a prescindere) ubbidisca a ferree logiche di controllo del
territorio “ad escludendum” nobilitate da frasi fatte, compitini già scritti in
una trama che traveste da mafiosi anche chi è nato a Milano da genitori di
origini calabresi e mai ha avuto il benché minimo contatto con la
n’drangheta alla quale sono comunque
accostati attraverso opinabili lezioni di retorica sociologica. Si consuma quindi inesorabilmente una contraddizione
conflittuale fra peccato e reato quasi fosse quest’ultimo una caricatura
contrapposta alla parodia di un peccato e così la giaculatoria che insiste sul pregiudizio anti calabrese mi appare sempre di più il patetico tentativo
di proteggere le ruberie fin qui perpetrate nell’ottica dell’Expo 2015
criminalizzando strumentalmente il fiero
e nobile popolo calabrese. Un esempio peggiore la storia ce lo offre con il
musico-terapista Nerone che addossò ai cristiani la responsabilità dell’incendio
di Roma. E un film surrealista in chiave lombarda dove faziosamente i big
dell’industria nordista sarebbero addirittura ascari dalla ’ndrangheta
calabrese che suggestiona le menti puntando alla desertificazione del mondo
intero. No, Prof. Dalla Chiesa, l’ha
sparata veramente grossa e non sono qui a sollecitare le Sue scuse poiché
nessun calabrese sarebbe interessato in quanto eventualmente provenienti da espressioni totalitarie della
politica foriera di tendenze liberal democratiche con finalità pseudo
riformiste decisamente carenti negli obiettivi e prettamente asservite e
livorose nei mezzi: “Bonus iudex damnat improbanda, non odet”- il Giudice
onesto condanna le riprovevoli cose, ma non odia - (Seneca, de ira, 1,16,6); mentre non è da dimenticare che “ad
paenitendum properat, cito qui iudicat” – presto si pente chi giudica
rapidamente - (P.Siro, Sent., 32). Si
interroghi Professore e si domandi
se anziché chiamarsi Dalla Chiesa si
fosse chiamato Brambilla, Lei e sua sorella Simona avreste mai varcato la
soglia del Parlamento Italiano facendosi eleggere anche nella mafiosa Calabria?
Non Le chiedo di rispondere convinto come sono che la vita prima o poi fornirà
adeguate risposte a tutti anche a chi non ha voglia di porsi domande ma la
verità innegabile é che Lei resta la
sintesi operativa del nuovismo politico che nel tentativo di limitare i danni
endemicamente prodotti indulge nel candidare orfani, ben coreografate vedove in
gramaglie, magistrati, prefetti compiacenti, ecc… continuando a deragliare sugli
incerti binari di candidature vuote politicamente ma stracolme di evocazioni
nostalgiche. E già che si trova estenda le attenzioni della Commissione che
presiede rifuggendo, però, da obbiettivi
da tesina ambiziosa, da valutazioni unilaterali della vera realtà, procedendo non con il capo rivolto
all’indietro e provi ad individuare quanti calabresi-mafiosi esercitano a
Milano le funzioni di Magistrato Ordinario, Amministrativo, Contabile,
Tributario, quanti calabresi-mafiosi insigni cultori delle scienze mediche si
annidano al San Raffaele e dintorni, quanti calabresi-mafiosi siedono ai
vertici della burocrazia milanese, quanti calabresi-mafiosi e meridionali servono lo Stato in uniforme
delle forze dell’ordine pagando anche con il sacrificio delle carni, come taluni filosofi che servono solo quando
bevono la cicuta, quanti calabresi-mafiosi sono titolari di prestigiosi
incarichi accademici e chiarisca a quale organizzazione criminale appartiene un
big del giornalismo italiano che di nome fa Eugenio Scalfari. Anch’egli – hai
lui – calabrese!. C’è soltanto da morire
dal ridere! .Dimenticavo Professore: approfondisca scrupolosamente le indagini
sugli elettori che hanno contribuito al successo dell’avv.Giuliano Pisapia e provi ad escludere il consistente apporto
dei calabresi residenti a Milano cominciando,
quindi, se ne avverte la sensibilità, ad
arrossire per la vergogna. Anche perché il Suo modus operandi collide con un penetrante concetto di Aristotele secondo
il quale “La virtù più grande di un uomo è il senso del proprio limite”. E in questa circostanza, Professore convenga,
non ha mostrato alcun senso del limite ed ha repentinamente dimenticato che “la
verità esiste per l’individuo solo se la produce nell’azione” (S.K.
KierKegaard) perché viceversa sarebbe
congettura, interpretazione,
supposizione, travisamento ed anche vaneggiamento. Non mi permetto di invitarLa alle dimissioni
poiché trattasi di un istituto pressoché sconosciuto in politica anche se
recentemente utilizzato da Pontefici ancora viventi e teste coronate spagnole
che abdicano, ma, rebus sic stantibus, mi consentirà di riservarmi di adire autonomamente le vie della Giustizia ordinaria perché
verifichi l’eventuale riilevanza penale delle Sue spietate sentenze pronunciate, ex cathedra
e in
“odium” spericolato ai calabresi, per cui
ricordando a me stesso un
aforisma (uno dei tanti) di Arthur
Schopennauer “l’odio è una faccenda del cuore; il disprezzo della mente”, invito formalmente la Presidente della Giunta
Regionale della Calabria a far altrettanto nel supremo interesse della
collettività regionale. La stessa che ostenta fra i tantissimi figli illustri
anche il “Sig. Zaleuco” che non è un calciatore sud americano ma il primo
legislatore occidentale mentre sono certo
che l’Avv. Pisapia che, mai avrebbe contribuito a bruciare nel rogo
del pregiudizio anticalabrese secoli e secoli di fulgida e gloriosa storia, comprenderà
le fondatissime ragioni di questa mia critica reprimenda ben perimetrata
esclusivamente al censurabile esercizio
della funzione Istituzionale del Prof.
Dalla Chiesa e non alimentata da “argumenta
ad personam”. Ma è stato il predetto accademico ad opporre al diritto, alla
razionalità, all’analisi dei problemi la violenza della scorciatoia della demagogia criminalizzante di una intera
regione che con costernato stupore respinge e fronteggia con inimitabile
dignità la risacca della menzogna unica realtà tanto spumeggiante e schiumosa prospettata
da chi certamente non ha brillato per
coraggio ma caso mai per irresponsabile impudenza. Mi preme, inoltre, sottolineare come l’accaduto, di una gravità inaudita, rappresenti il
paradigma di una inaccettabile concezione autoritaria-xenofobica del ruolo di taluni miracolati protagonisti politico-istituzionali
che ripropone il rispetto imprescindibile dei baluardi di legalità e libertà al
cui servizio mi dedico con il peso del mio dovere e con il dovere della mia
fede che non persegue obiettivi dissacranti. Montesquieu, quello che impiegò oltre dieci anni per
scrivere lo spirito della legge, ovvero lo spirito di un popolo, nel volumetto “Pensieri” evidenziò che: “non
devono ferirci i segni di indifferenza, ma piuttosto quelli del disprezzo”. Concludo, citando un grande milanese: “se v’ho annoiati,
non s‘é fatto apposta”.
Con rispettosi ossequi per l’Avv. Pisapia e la Dott.ssa Stasi e
con la stima di cui si ritiene meritevole per il Prof. Dalla Chiesa.
Aurelio
Chizzoniti
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