Reggio Calabria, Operazione Rifiuti SpA 2, i penalisti denunciano aggressione mediatica
REGGIO CALABRIA, 24 LUGLIO 2014 - «In occasione della recente operazione di polizia che ha visto destinatari di provvedimenti cautelari alcuni professionisti, tra i quali gli avvocati penalisti Giulia Dieni e Giuseppe Putortì, ancora una volta si ripropone il triste clichè dell'aggressione mediatica già in altre occasioni stigmatizzato». È quanto sostiene, in una nota, il direttivo della Camera penale «Gaetano Sardiello» di Reggio Calabria in relazione all'operazione condotta due giorni fa dai carabinieri contro presunti affiliati alla cosca Alampi nell'ambito della quale i due legali sono stati arrestati con l'accusa di avere portato fuori dal carcere gli ordini del boss per gli affiliati. «Innanzitutto - prosegue il direttivo della Camera penale - vi è da rimarcare con viva disapprovazione l'indebita pubblicazione, penalmente rilevante, di atti di indagine preliminare particolarmente invasivi quali videoregistrazioni e intercettazioni di conversazioni, a poche ore dall'esecuzione delle misure custodiali, addirittura prima dello svolgimento dell'interrogatorio di garanzia; prima, cioè, che gli indagati si siano potuti difendere di fronte al giudice che ha emesso l'ordinanza. Senza peraltro rappresentare alla pubblica opinione che si tratta di atti unilateralmente formati e raccolti e non ancora sottoposti al vaglio processuale nel contraddittorio tra le parti». «Un processo mediatico - sostiene la Camera penale - che si risolve in poche ore senza contraddittorio, rispetto al quale anche la eventuale futura assoluzione, magari intervenuta a distanza di qualche anno, non avrà alcuna portata restauratrice della lesione della immagine dell'indagato. È necessario comprendere a quale idea di giustizia si voglia accedere e se la deprecabile pubblicazione di atti in assenza di un minimo di contraddittorio, non ancora instaurato, sia compatibile con uno Stato che si definisce democratico ed ispirato a principi liberali. Non può a questo punto prescindersi da interventi legislativi, ma anche da una rivalutazione di prassi giudiziarie che vanno modificate». Indagati: Alampi Carmela, classe 71; Alampi Giovanni, classe 46; Alampi Matteo, classe 69 ;Alampi Valentino, classe 78; Alati Domenico, classe 73; Catalano Carmelo, classe 68;Dieni Giulia Mariarossana, classe 62; Mamone Lauro, classe 57; Palumbo Matteo, classse 70; Putortì Giuseppe, classe 67; Quattrone Antonio, classe 74; Rossato Sandro, classe 51; Siclari Maria Giovanna, classe 71; Siclari Paolo, classe 44; Spinella Rosario Giovanni, classe 59. Agli arresti domiciliari: Barreca Carmela, classe 69; Battaglia Antonino, classe 76; Catalano Luigi, classe 67; Cutrupi Laura, classe 82; Gozzi Gaspare Giuseppe, classe 55; Itri Andrea, classe 74; Laboccetta Salvatore, classe 51 ;
MA SIAMO SICURI, CHE IL NOTO “PRINCIPE DEL FORO” GIUSEPPE PUTORTÍ E LA MOGLIE SEPARATA, GIULIA DIENI, ANCH’ESSA NOTO LEGALE, SIA IL POSTINO DELLA ‘NDRANGHETA? INTANTO, I DUE INDAGATI, RESPINGONO SDEGNOSAMENTE OGNI ACCUSA
Domenico Salvatore
Un terremoto giudiziario, che ha fatto tremare dalle fondamenta il vecchio palazzo del Tribunale di Piazza Castello, il CEDIR ed il costruendo nuovo “Palais de Justice”? Uno tsunami catastrofico, che travolge tutto e tutti? Non conosciamo personalmente l’avvocato Giuseppe Putortì, noto “principe del foro “riggitanu”, né sua moglie, l’avvocatessa Giulia Dieni. Ci sono note però, le sue arringhe nelle aule giudiziarie. Quanto di meglio ci sia nel campo penale per serietà, professionalità, esperienza e competenza, Apprezzato anche dai giudici stessi; stimato dai suoi colleghi; ammirato dagli utenti-clienti. Un personaggio diventato ‘potente’ e scomodo. Una parolina magica, che spalanca tante porte. A volte anche quelle larghe della perdizione. Un avvocato sa quanti amici ha, approssimativamente. Ma non saprà mai, quanti nemici, che hanno in corpo più veleno di un naja-naja; altrimenti noto come “il serpente con gli occhiali”. Non c’è bisogno di avvicinarsi agli ambienti giudiziari, per sentir parlare dell’avvocato Giuseppe Putortì. Il suo nome è noto urbi et orbi. Parlano le sentenze di assoluzione o di parziale riforma che riguarda la schiera dei suoi ben numerosi clienti ed i processi vinti. Ricordiamo a noi stessi che in Italia viga la presunzione d’innocenza…“L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Trattasi della presunzione di non colpevolezza, sancita anche dall’articolo 6, n. 2 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dall’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La responsabilità penale è personale….”L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte. La presunzione d'innocenza, fonte Wikipedia, è un principio della costituzione della Repubblica Italiana secondo il quale un imputato è considerato non colpevole sino a condanna definitiva, ove, secondo una diffusa interpretazione non rintracciabile in nessuna legge scritta, si considera definitiva la condanna confermata all'eventuale terzo grado di giudizio della Corte Suprema di Cassazione, a seguito del ricorso in cui sia stata ravvisata ingiustamente una violazione della legge nei due gradi precedenti. L'onere della prova spetta alla pubblica accusa, rappresentata nel processo penale dal pubblico ministero. Non è quindi l'imputato a dover dimostrare la sua innocenza, ma è compito degli accusatori dimostrarne la colpa, almeno in linea di principio. Nel diritto penale, l'imputato è innocente fino ad una sentenza di condanna che sia passata in giudicato. Questo principio non è, almeno nell'ordinamento italiano, una mera ripresa dell'affirmanti incumbit probatio ("la prova spetta a chi afferma"), in quanto viene tenuto conto anche del tipo di affermazione: se si tratta di un'accusa, è valido il principio latino suddetto, mentre se si tratta di un'affermazione di innocenza (anche di libera iniziativa), si presume vera fino a prova contraria, in virtù del dovere di solidarietà sociale e della funzione della Repubblica di riconoscere i diritti oggettivi di ciascuno (Cost. art.2), e anche qualora venga provata la falsità, si presume la buona fede per gli stessi principi costituzionali. La presunzione di innocenza in Italia. Vari sono stati i tentativi di ridurre l'operatività del principio (soprattutto quando furono introdotti termini massimi di custodia cautelare anche per il periodo successivo alla sentenza di primo grado) di non colpevolezza sancito dalla costituzione; ad esempio con alcune norme volte ad attribuire provvisoria esecutività alla sentenza di primo o di secondo grado.
La spiegazione è stata di recente offerta dal senatore Gerardo D'Ambrosio: "I nostri Costituenti infatti, ancorarono la presunzione di non colpevolezza al passaggio in giudicato della sentenza, praticamente al terzo grado di giudizio, perché l’allora vigente codice Rocco del 1930 prevedeva un processo squisitamente inquisitorio in cui, come si è spiegato all’inizio, l’esercizio del diritto di difesa era molto limitato, e non solo nella fase dell’istruttoria, ed era molto difficile, essendo la prova stata raccolta nel segreto dell’istruttoria, togliere il processo dai binari in cui era stato incardinato. La stessa struttura del processo inquisitorio e la sua forma scritta, del resto, avevano suggerito al legislatore di introdurre nel 1951 le Corti d’Assise d’Appello. Ma, a parte le sopraddette considerazioni, credo che a nessuno appaia ormai razionale che un imputato, raggiunto da prove schiaccianti, avendo magari reso anche piena confessione dinanzi al Giudice, senza che il difensore nulla abbia obbiettato, possa ancora beneficiare della presunzione di non colpevolezza sino all’esito del giudizio di Cassazione". Conseguenze della presunzione d'innocenza sono i principi affermati, oltre che nella Costituzione, nella legge sul giusto processo che in sintesi ribadisce: la parità fra accusa e difesa; il diritto della difesa a controinterrogare i testimoni; il diritto del cittadino di disporre di strumenti effettivi, che mettano i suoi difensori in condizione di provare le sue effettive responsabilità”. L’avvocato Giuseppe Putortì, non ha bisogno della nostra difesa d’ufficio. A parte che tale, non sia. L’articolo 21 della Costituzione ci riconosce il diritto all’opinione, a cui, non abbiamo mai rinunciato, né delegato. Non prenderemo perciò, in questa sede, le difese dell’avvocato in questione. Non è una “excusatio non petita, accusatio manifesta”, ovviamente. Ci penseranno i suoi colleghi assunti per la difesa e tutela del buon nome e dell’immagine. Sebbene, oltre al danno anche la beffa, nessuna sentenza di assoluzione o proscioglimento gli restituiranno il maltolto; l’immagine deturpata.. Non ci uniremo al coro degli sciacalli ( ce ne sono; e quanti! Costantemente proiettati alla ricerca del sensazionale; dello scoop, della visibilità, del delirio d’onnipotenza mediatico). Va da sé, che non ci siano più gli Indro Montanelli, gli Enzo Biagi, gli Andrea Barbato, gli Enzo Tortora, Giorgio Bocca, Gianni Brera, Dino Buzzati, Arrigo Benedetti, Oriana Fallaci, Tommaso Besozzi, Leo Valiani, Niccolò Carosio, Camilla Cederna, Giulio De Benedetti, Giovanni Guareschi, Leo Longanesi, Beppe Viola, Curzio Malaparte, Giovanni Mosca, Ruggero Orlando, Edilio Rusconi, Edoardo Scarfoglio, Matilde Serao, Giovanni Spadolini, Orio Vergani. Ma almeno, ci saranno i Ferruccio De Bortoli, Ezio Mauro, Vittorio Feltri, Clemente Mimum, Bruno Vespa, Giovanni Floris, Maurizio Costanzo, Giuliano Ferrara, Enrico Mentana, Tonino Raffa, Michele Santoro, Corradino Mineo, Maurizio Belpietro, Gian Antonio Stella, Maurizio Zincone, Sergio Zavoli, Aldo Biscardi, Piero Angela, Roberto Gervaso, Vittorio Zucconi, Giampiero Mughini, Paolo Mieli, Lamberto Sposini, Michele Cucuzza, Gigi Marzullo, Lilli Gruber, Marco Travaglio e così via; l’elenco sarebbe interminabile, ma la memoria d’elefante, non è il nostro forte; per rimanere nel locale, gli Aldo Sgroi, i Luigi Malafarina, i Franco Cipriani, i Franco Calabrò, i Raffaele Nicolò, i Saverio Pedullà. Non è nostro costume fare di tutte le erbe un fascio. Scripta manent, verba volant.
Ci sono in Calabria e Sicilia fior di giornalisti per carità, che meritano rispetto, ossequio e deferenza, se proprio non si voglia andare in Basilicata, Puglia, Campania, che brillano ed incantano; accanto ai palloni gonfiati, che come toccano uno spillo fanno splash; principi del giornalismo trash, professionisti della macchina del fango; bastian contrari a tutti i costi. Potremmo sbagliare analisi, ma come disse Rhett Butler a Rossella O’Hara in “Via col vento…”Francamente me ne infischio!”. L’istinto, ci dice che i due avvocati in questione siano innocenti. Con questo, non vogliamo dire che i magistrati abbiano sbagliato tutto. Per carità. Loro hanno gli strumenti d’indagine, l’aiutino dei pentiti, dei delatori; dei confidenti & malandrini, l’ordinanza e tutto il resto. Devono svolgere il loro lavoro che noi rispettiamo. Certo, due avvocati potenti, bravi, intelligenti, efficienti e funzionali ma anche efficaci, acculturati, aggiornati, motivati…A parte il venticello dell’invidia e della gelosia, bestia nera di tanti abitanti di questo pianeta, chissà quanti e soprattutto quali ‘piedi’, avranno pestato. In quale kafkiana situazione, in quali sabie mobili, si saranno infilati, loro malgrado. Sia pure involontariamente. Riflettendo diremo che un avvocato della piazza, non possa rifiutarsi di difendere un cittadino, che si rivolga fiducioso e speranzoso di vedere riconosciuti i loro diritti sacrosanti ed inalienabili. Fossero anche Al Capone, Salvatore Lucania alias Lucky Luciano, Joe Maranzano, Frank Costello, Vic Cotroni, Carlo Gambino, Totò Riina o Pasquale Condello. Un avvocato non può scegliersi i clienti, questo è lapalissiano. Conosciamo personalmente tantissimi avvocati del foro. Fior di professionisti. Spesso, sono loro stessi di sua sponte a narrarci il vissuto…”Ho conosciuto la fame; ho avuto un’infanzia così e cosà; un’adolescenza infame; oltre trent’anni a impazzire sui libri; corsi, ricorsi e concorsi. Quante amarezze e delusioni, un panino ed una birra, giorni grami per “arrivare” ad essere un illustre avvocato; un bravo penalista; un credibile legale di fiducia. Sempre con gli occhi spalancati per non commettere passi falsi. Sebbene come tutti sanno, quella fatidica soglia, sia così sottile, da trarre in inganno anche Perry Mason in persona, carne, ossa ed anima”. Benchè questo, non sia il prototipo, lo stereotipo dell’avvocato. Non siamo sicuri affatto, che gli avvocati in questione, siano colpevoli dei reati e delitti loro ascritti E lo diciamo a chiare lettere. Altrimenti il padre Dante ci spingerà verso il girone degl’ignavi, a viver come bruti, dove i dannati son costretti a correre senza posa, dietro ad un’insegna, punzecchiati sulla chiappe da sciami di vespe inferocite. Affirmanti incumbit probatio. Anche noi, stimiamo quei professionisti e sino a prova contraria, sono brave persone se non persone perbene. Speriamo, che ciò non sia proibito dalla legge. Il presidente dell’Ordine degli Avvocati della provincia, Alberto Panuccio, il presidente della Camera Penale di Reggio Calabria Carlo Morace ed il segretario Paolo Tommasini, hanno una brutta gatta da pelare. Fermo restando, ovviamente la solidarietà ai colleghi, hanno la piena e totale fiducia nella Giustizia, Fremono e non vedono l’ora che tutto si chiarisca .
La cronaca è lì, purtroppo, asettica ed impersonale, se non impietosa…Operazione “Rifiuti spa 2” I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno arrestato 24 persone per associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, intestazione fittizia di beni e sottrazione di cose sottoposte a sequestro, con l'aggravante delle finalità mafiose. Al centro dell'operazione gli interessi della cosca Alampi nella gestione di alcune discariche e le infiltrazioni negli appalti ecologici. Coinvolto un amministratore giudiziario. Sequestrati beni per 18 milioni. Operazione “Rifiuti spa 2” - Nella mattinata odierna, il R.O.S., unitamente al Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, al Gruppo Operativo Cacciatori di Calabria, l’ 8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia e con il contributo dei Comandi Territorialmente competenti, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 24 persone, a vario titolo, indagate dei delitti di associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, nonché i delitti - aggravati dalla finalità di agevolare associazioni mafiose - di intestazione fittizia di beni, sottrazione di beni o cose sottoposte a sequestro, truffa aggravata. Contestualmente è stata data esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 18 milioni di Euro. I provvedimenti scaturiscono da un’articolata attività investigativa, coordinata da questa Procura Distrettuale Antimafia sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti e nei servizi pubblici relativi alla gestione di discariche, con particolare riferimento agli interessi illeciti della cosca “ALAMPI” di Reggio Calabria.La fase esecutiva dell’Operazioni “Rifiuti SPA 2” si è conclusa da poco con l’arresto in Francia di ALAMPI Matteo cl. ’69 e della moglie SICLARI Maria Giovanna cl. ’71, localizzati dal R.O.S. nella cittadina di Villefranche sur mer, vicino Nizza, grazie alla collaborazione del collaterale organo di polizia. L’indagine si pone quale continuazione dell’attività denominata “RIFIUTI SPA” che, nel 2006, aveva accertato l’esistenza di un accordo trasversale tra le cosche LIBRI- CONDELLO, finalizzato alla ripartizione dei rilevanti vantaggi economici ricavabili dalla gestione fraudolenta delle discariche presenti nel territorio regionale. In tale contesto, l’imprenditore MATTEO ALAMPI, ritenuto esponente di spicco dell’omonimo sodalizio e titolare della società “EDILPRIMAVERA”, era riuscito ad avviare in Calabria diversi impianti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, facendo fronte ai requisiti tecnici espressamente richiesti dai relativi bandi di gara, attraverso l’unione societaria con l’imprenditore veneto SANDRO ROSSATO CL.’51 (tra gli arrestati), con esperienze e qualifiche nel settore specifico. In particolare il binomio ALAMPI - ROSSATO aveva costituito numerose società, tra cui la “ROSSATO SUD”, per opere di bonifica, protezione ambientale, smaltimento e recupero dei rifiuti, aggiudicandosi, attraverso il sistematico ricorso ai tradizionali metodi di intimidazione mafiosa, diversi appalti per la gestione di alcune discariche in provincia di Reggio Calabria. L’indagine si era conclusa con l’emissione di 14 misure cautelari a carico di altrettante persone, tra i quali lo stesso MATTEO ALAMPI, successivamente condannato dalla corte di appello del capoluogo reggino, alla pena di 10 anni di reclusione per associazione mafiosa e altri reati. L’iter processuale aveva visto altresì la confisca della società “EDILPRIMAVERA” e l’iniziale sequestro della Società “ROSSATO SUD SRL”.
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L’odierna attività, oltre ad accertare l’intraneità della cosca ALAMPI alla ‘ndrangheta reggina ed il ruolo preminente rivestito nell’ambito della locale di “TRUNCA”, ha offerto uno spaccato emblematico dei molteplici interessi illeciti promossi e gestiti dall’organizzazione, assolutamente pervasiva ed efficace sul piano dell’infiltrazione illecita del tessuto economico ed imprenditoriale della provincia reggina.In tale quadro sono stati raccolti significativi elementi sull’evoluzione della cosca ALAMPI: dai trascorsi legati alla partecipazione del capo bastone GIOVANNI ALAMPI cl.’46 al summit di Montalto del 1969, ai più attuali conferimenti di cariche di ‘ndrangheta al decano della famiglia. In particolare è stata riscontrata:
- una definita e collaudata organizzazione strutturale e funzionale, in ragione dell’esistenza di mezzi, supporti logistici e strumenti a disposizione della cosca, con la definizione di ruoli e specifiche mansioni;
- una strategia criminale a livello imprenditoriale, con un potere di penetrazione e collusione nella pubblica amministrazione, per aggiudicarsi gli appalti di maggior interesse, tra cui i lavori di ricopertura della discarica di località MARRELLA del Comune di Gioia Tauro (RC) e la bonifica del sito della discarica di Calanna (RC);
- una forza di intimidazione ed un controllo del territorio mediante l’esplicazione di un proprio potere coercitivo ed estorsivo, forte dei legami diretti con le più significative cosche del “Mandamento di Centro”, tra cui quelle riconducibili ai CONDELLO ed ai ROSMINI.
In tale ambito sono state documentate le fittizie assunzioni, in seno alla “ROSSATO SUD”, di Francesco Domenico CONDELLO, figlio di Pasquale CONDELLO DETTO “IL SUPREMO”, e di Diego ROSMINI, figlio di Demetrio cl. ’53.
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L’attività investigativa dopo le richiamate condanne ha seguito il processo di riorganizzazione del sodalizio sviluppato attraverso la riacquisizione delle imprese sottoposte a vincoli reali e comunque sottratte alla disponibilità gestionale della cosca. In tale ambito, la riaffermazione degli interessi economico- imprenditoriali del sodalizio ha coinciso con il dissequestro della “ROSSATO SUD S.R.L.”, che diveniva, pertanto, lo strumento degli ALAMPI per continuare ad infiltrare il remunerativo settore degli appalti ecologici.
E’ emerso, in particolare, come MATTEO ALAMPI, dal carcere, impartisse precise direttive ai più stretti familiari, anche attraverso i legali di fiducia, sulla gestione degli affari e sulle modalità di riorganizzazione del circuito imprenditoriale. Segnatamente, le indagini hanno documentato ogni fase del programma delittuoso, perfezionatosi attraverso:- L’inserimento di prestanome e la nomina di nuovi referenti tecnici nella Società “ROSSATO SUD SRL”, e nelle altre imprese controllate attraverso il “CONSORZIO STABILE AIRONE SUD”: ed in particolare con la nomina dell’ingegnere LAURO MAMONE cl.’57 e di DOMENICO ALATI cl.’73, rispettivamente in qualità di amministratore e direttore tecnico della citata società;
- Il risanamento economico dei bilanci dell’impresa, con una mirata attività di saldo dei debiti e concomitante recupero dei crediti, anche con il sistematico ricorso ai tradizionali metodi di intimidazione mafiosa nei confronti di fornitori e clienti; - L’individuazione di una nuova squadra di collaboratori, tra impiegati, operai ed autisti, assunti o riconfermati secondo le direttive del capocosca GIOVANNI ALAMPI: tra costoro dipendenti della “EDILPRIMAVERA”;
- Il progressivo svuotamento dei beni materiali ed immateriali della società “EDILPRIMAVERA”, con la complicità dell’amministratore giudiziario SPINELLA ROSARIO GIOVANNI, utilizzata esclusivamente per il nolo a freddo dei mezzi d’opera a vantaggio della “ROSSATO SUD” e del “CONSORZIO STABILE AIRONE SUD”.
Le indagini hanno evidenziato come gli amministratori delle citate società siano ricorsi costantemente all’emissione di sovrafatturazioni relative alle nuove commesse aggiudicate, per la realizzazione di ingenti provviste in nero destinate alla cosca ALAMPI. Le indagini hanno anche evidenziato interventi illeciti relativi all’aggiudicazione dei lavori per la bonifica e la successiva riapertura della discarica sita nel Comune di Calanna (RC), ottenuta con la compiacenza dell’ex sindaco, Luigi Catalano, che – dagli elementi acquisiti – emergeva aver fatto redigere dall’ufficio tecnico comunale un bando di gara, con parametri concordati con i vertici dell’impresa mafiosa. L’interesse della cosca ALAMPI per gli appalti ecologici ha riguardato anche il complesso delle attività gravitanti intorno al termovalorizzatore di Gioia tauro (RC), all’epoca gestito dalla “VEOLIA SERVIZI AMBIENTALI TECNITALIA SPA”[1]. All’interno di tale struttura, ed in particolare della TERMO ENERGIA CALABRIA SPA”, l’organizzazione aveva inserito un proprio referente, rivelatosi decisivo per l’aggiudicazione dei lavori di ricopertura della discarica “MARRELLA”DI Gioia Tauro (RC), in favore delle imprese controllate dalla cosca.Nella gestione della citata commessa, peraltro, emergevano accordi con associati di altri locali, in particolare con la cosca ALVARO detti “TESTAZZI-CUDALONGA” di COSOLETO e GALLICO di PALMI, in relazione alla fornitura dei materiali di copertura ed al relativo trasporto per il conferimento in discarica.Le indagini hanno anche evidenziato l’esistenza di accordi tra gli ALAMPI ed i titolari della SOCIETÀ FILTRANS, riconducibile alla cosca “FICARA”, per appropriarsi di rilevanti somme di denaro ai danni della stessa VEOLIA, attraverso un collaudato sistema di false fatturazioni per prestazioni in subappalto.
Nel quadro della complessiva attività il GIP del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro preventivo di 5 aziende:
- “ROSSATO SUD S.R.L.” e “CONSORZIO STABILE AIRONE SUD”, sedenti a Reggio Calabria e direttamente riconducibili alla cosca ALAMPI;
- “IMPRESA INDIVIDUALE DI GALIMI GIUSEPPE”, con sede a Palmi (RC), gestita dall’omonimo nucleo familiare organico alla cosca GALLICO di Palmi (RC);
- “CO.GE.MER S.R.L.” e “P&O S.R.L.”, rispettivamente sedenti in San Ferdinando (RC) E COSOLETO (RC), e riconducibili alla cosca ALVARO di Cosoleto (RC).
REGGIO CALABRIA, 22 LUGLIO 2014
[1] “Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia SPA”, con sede legale in La Spezia, via del Molo nr. 3. ”.
[2] “T.E.C. - Termo Energia Calabria”: società controllata dalla “Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia SPA”, interessata alla gestione degli impianti facenti parte del Sistema Integrato di smaltimento di rifiuti di Calabria Sud: il Termovalorizzatore di Gioia Tauro (RC), e gli impianti di selezione e compostaggio di Gioia Tauro (RC), Rossano (CS), Crotone, Siderno (RC) e Sambatello (RC). Di seguito l’elenco dei destinatari di Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere nell’ambito dell’odierna operazione Rifiuti Spa 2, condotta dal R.O.S., unitamente al Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia: Alampi Carmela, classe 71; Alampi Giovanni, classe 46; Alampi Matteo, classe 69 ;Alampi Valentino, classe 78; Alati Domenico, classe 73; Catalano Carmelo, classe 68;Dieni Giulia Mariarossana, classe 62; Mamone Lauro, classe 57; Palumbo Matteo, classse 70; Putortì Giuseppe, classe 67; Quattrone Antonio, classe 74; Rossato Sandro, classe 51; Siclari Maria Giovanna, classe 71; Siclari Paolo, classe 44; Spinella Rosario Giovanni, classe 59. Agli arresti domiciliari: Barreca Carmela, classe 69; Battaglia Antonino, classe 76; Catalano Luigi, classe 67; Cutrupi Laura, classe 82; Gozzi Gaspare Giuseppe, classe 55; Itri Andrea, classe 74; Laboccetta Salvatore, classe 51 . La parola passa ora al Gip per gl’interrogatori di garanzie, ma gli avvocati, hanno ribadito che con la ‘ndrangheta, non hanno niente a che spartire. Non c’azzeccano con l’inquinamento ambientale, la zona grigia, la borghesia mafiosa ed i colletti bianchi. Si dichiarano e si sono dichiarati: i n n o c e n t i.
Domenico Salvatore
REGGIO CALABRIA, 24 LUGLIO 2014 - «In occasione della recente operazione di polizia che ha visto destinatari di provvedimenti cautelari alcuni professionisti, tra i quali gli avvocati penalisti Giulia Dieni e Giuseppe Putortì, ancora una volta si ripropone il triste clichè dell'aggressione mediatica già in altre occasioni stigmatizzato». È quanto sostiene, in una nota, il direttivo della Camera penale «Gaetano Sardiello» di Reggio Calabria in relazione all'operazione condotta due giorni fa dai carabinieri contro presunti affiliati alla cosca Alampi nell'ambito della quale i due legali sono stati arrestati con l'accusa di avere portato fuori dal carcere gli ordini del boss per gli affiliati. «Innanzitutto - prosegue il direttivo della Camera penale - vi è da rimarcare con viva disapprovazione l'indebita pubblicazione, penalmente rilevante, di atti di indagine preliminare particolarmente invasivi quali videoregistrazioni e intercettazioni di conversazioni, a poche ore dall'esecuzione delle misure custodiali, addirittura prima dello svolgimento dell'interrogatorio di garanzia; prima, cioè, che gli indagati si siano potuti difendere di fronte al giudice che ha emesso l'ordinanza. Senza peraltro rappresentare alla pubblica opinione che si tratta di atti unilateralmente formati e raccolti e non ancora sottoposti al vaglio processuale nel contraddittorio tra le parti». «Un processo mediatico - sostiene la Camera penale - che si risolve in poche ore senza contraddittorio, rispetto al quale anche la eventuale futura assoluzione, magari intervenuta a distanza di qualche anno, non avrà alcuna portata restauratrice della lesione della immagine dell'indagato. È necessario comprendere a quale idea di giustizia si voglia accedere e se la deprecabile pubblicazione di atti in assenza di un minimo di contraddittorio, non ancora instaurato, sia compatibile con uno Stato che si definisce democratico ed ispirato a principi liberali. Non può a questo punto prescindersi da interventi legislativi, ma anche da una rivalutazione di prassi giudiziarie che vanno modificate». Indagati: Alampi Carmela, classe 71; Alampi Giovanni, classe 46; Alampi Matteo, classe 69 ;Alampi Valentino, classe 78; Alati Domenico, classe 73; Catalano Carmelo, classe 68;Dieni Giulia Mariarossana, classe 62; Mamone Lauro, classe 57; Palumbo Matteo, classse 70; Putortì Giuseppe, classe 67; Quattrone Antonio, classe 74; Rossato Sandro, classe 51; Siclari Maria Giovanna, classe 71; Siclari Paolo, classe 44; Spinella Rosario Giovanni, classe 59. Agli arresti domiciliari: Barreca Carmela, classe 69; Battaglia Antonino, classe 76; Catalano Luigi, classe 67; Cutrupi Laura, classe 82; Gozzi Gaspare Giuseppe, classe 55; Itri Andrea, classe 74; Laboccetta Salvatore, classe 51 ;
MA SIAMO SICURI, CHE IL NOTO “PRINCIPE DEL FORO” GIUSEPPE PUTORTÍ E LA MOGLIE SEPARATA, GIULIA DIENI, ANCH’ESSA NOTO LEGALE, SIA IL POSTINO DELLA ‘NDRANGHETA? INTANTO, I DUE INDAGATI, RESPINGONO SDEGNOSAMENTE OGNI ACCUSA
Domenico Salvatore
Un terremoto giudiziario, che ha fatto tremare dalle fondamenta il vecchio palazzo del Tribunale di Piazza Castello, il CEDIR ed il costruendo nuovo “Palais de Justice”? Uno tsunami catastrofico, che travolge tutto e tutti? Non conosciamo personalmente l’avvocato Giuseppe Putortì, noto “principe del foro “riggitanu”, né sua moglie, l’avvocatessa Giulia Dieni. Ci sono note però, le sue arringhe nelle aule giudiziarie. Quanto di meglio ci sia nel campo penale per serietà, professionalità, esperienza e competenza, Apprezzato anche dai giudici stessi; stimato dai suoi colleghi; ammirato dagli utenti-clienti. Un personaggio diventato ‘potente’ e scomodo. Una parolina magica, che spalanca tante porte. A volte anche quelle larghe della perdizione. Un avvocato sa quanti amici ha, approssimativamente. Ma non saprà mai, quanti nemici, che hanno in corpo più veleno di un naja-naja; altrimenti noto come “il serpente con gli occhiali”. Non c’è bisogno di avvicinarsi agli ambienti giudiziari, per sentir parlare dell’avvocato Giuseppe Putortì. Il suo nome è noto urbi et orbi. Parlano le sentenze di assoluzione o di parziale riforma che riguarda la schiera dei suoi ben numerosi clienti ed i processi vinti. Ricordiamo a noi stessi che in Italia viga la presunzione d’innocenza…“L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Trattasi della presunzione di non colpevolezza, sancita anche dall’articolo 6, n. 2 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dall’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La responsabilità penale è personale….”L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte. La presunzione d'innocenza, fonte Wikipedia, è un principio della costituzione della Repubblica Italiana secondo il quale un imputato è considerato non colpevole sino a condanna definitiva, ove, secondo una diffusa interpretazione non rintracciabile in nessuna legge scritta, si considera definitiva la condanna confermata all'eventuale terzo grado di giudizio della Corte Suprema di Cassazione, a seguito del ricorso in cui sia stata ravvisata ingiustamente una violazione della legge nei due gradi precedenti. L'onere della prova spetta alla pubblica accusa, rappresentata nel processo penale dal pubblico ministero. Non è quindi l'imputato a dover dimostrare la sua innocenza, ma è compito degli accusatori dimostrarne la colpa, almeno in linea di principio. Nel diritto penale, l'imputato è innocente fino ad una sentenza di condanna che sia passata in giudicato. Questo principio non è, almeno nell'ordinamento italiano, una mera ripresa dell'affirmanti incumbit probatio ("la prova spetta a chi afferma"), in quanto viene tenuto conto anche del tipo di affermazione: se si tratta di un'accusa, è valido il principio latino suddetto, mentre se si tratta di un'affermazione di innocenza (anche di libera iniziativa), si presume vera fino a prova contraria, in virtù del dovere di solidarietà sociale e della funzione della Repubblica di riconoscere i diritti oggettivi di ciascuno (Cost. art.2), e anche qualora venga provata la falsità, si presume la buona fede per gli stessi principi costituzionali. La presunzione di innocenza in Italia. Vari sono stati i tentativi di ridurre l'operatività del principio (soprattutto quando furono introdotti termini massimi di custodia cautelare anche per il periodo successivo alla sentenza di primo grado) di non colpevolezza sancito dalla costituzione; ad esempio con alcune norme volte ad attribuire provvisoria esecutività alla sentenza di primo o di secondo grado.
La spiegazione è stata di recente offerta dal senatore Gerardo D'Ambrosio: "I nostri Costituenti infatti, ancorarono la presunzione di non colpevolezza al passaggio in giudicato della sentenza, praticamente al terzo grado di giudizio, perché l’allora vigente codice Rocco del 1930 prevedeva un processo squisitamente inquisitorio in cui, come si è spiegato all’inizio, l’esercizio del diritto di difesa era molto limitato, e non solo nella fase dell’istruttoria, ed era molto difficile, essendo la prova stata raccolta nel segreto dell’istruttoria, togliere il processo dai binari in cui era stato incardinato. La stessa struttura del processo inquisitorio e la sua forma scritta, del resto, avevano suggerito al legislatore di introdurre nel 1951 le Corti d’Assise d’Appello. Ma, a parte le sopraddette considerazioni, credo che a nessuno appaia ormai razionale che un imputato, raggiunto da prove schiaccianti, avendo magari reso anche piena confessione dinanzi al Giudice, senza che il difensore nulla abbia obbiettato, possa ancora beneficiare della presunzione di non colpevolezza sino all’esito del giudizio di Cassazione". Conseguenze della presunzione d'innocenza sono i principi affermati, oltre che nella Costituzione, nella legge sul giusto processo che in sintesi ribadisce: la parità fra accusa e difesa; il diritto della difesa a controinterrogare i testimoni; il diritto del cittadino di disporre di strumenti effettivi, che mettano i suoi difensori in condizione di provare le sue effettive responsabilità”. L’avvocato Giuseppe Putortì, non ha bisogno della nostra difesa d’ufficio. A parte che tale, non sia. L’articolo 21 della Costituzione ci riconosce il diritto all’opinione, a cui, non abbiamo mai rinunciato, né delegato. Non prenderemo perciò, in questa sede, le difese dell’avvocato in questione. Non è una “excusatio non petita, accusatio manifesta”, ovviamente. Ci penseranno i suoi colleghi assunti per la difesa e tutela del buon nome e dell’immagine. Sebbene, oltre al danno anche la beffa, nessuna sentenza di assoluzione o proscioglimento gli restituiranno il maltolto; l’immagine deturpata.. Non ci uniremo al coro degli sciacalli ( ce ne sono; e quanti! Costantemente proiettati alla ricerca del sensazionale; dello scoop, della visibilità, del delirio d’onnipotenza mediatico). Va da sé, che non ci siano più gli Indro Montanelli, gli Enzo Biagi, gli Andrea Barbato, gli Enzo Tortora, Giorgio Bocca, Gianni Brera, Dino Buzzati, Arrigo Benedetti, Oriana Fallaci, Tommaso Besozzi, Leo Valiani, Niccolò Carosio, Camilla Cederna, Giulio De Benedetti, Giovanni Guareschi, Leo Longanesi, Beppe Viola, Curzio Malaparte, Giovanni Mosca, Ruggero Orlando, Edilio Rusconi, Edoardo Scarfoglio, Matilde Serao, Giovanni Spadolini, Orio Vergani. Ma almeno, ci saranno i Ferruccio De Bortoli, Ezio Mauro, Vittorio Feltri, Clemente Mimum, Bruno Vespa, Giovanni Floris, Maurizio Costanzo, Giuliano Ferrara, Enrico Mentana, Tonino Raffa, Michele Santoro, Corradino Mineo, Maurizio Belpietro, Gian Antonio Stella, Maurizio Zincone, Sergio Zavoli, Aldo Biscardi, Piero Angela, Roberto Gervaso, Vittorio Zucconi, Giampiero Mughini, Paolo Mieli, Lamberto Sposini, Michele Cucuzza, Gigi Marzullo, Lilli Gruber, Marco Travaglio e così via; l’elenco sarebbe interminabile, ma la memoria d’elefante, non è il nostro forte; per rimanere nel locale, gli Aldo Sgroi, i Luigi Malafarina, i Franco Cipriani, i Franco Calabrò, i Raffaele Nicolò, i Saverio Pedullà. Non è nostro costume fare di tutte le erbe un fascio. Scripta manent, verba volant.
Ci sono in Calabria e Sicilia fior di giornalisti per carità, che meritano rispetto, ossequio e deferenza, se proprio non si voglia andare in Basilicata, Puglia, Campania, che brillano ed incantano; accanto ai palloni gonfiati, che come toccano uno spillo fanno splash; principi del giornalismo trash, professionisti della macchina del fango; bastian contrari a tutti i costi. Potremmo sbagliare analisi, ma come disse Rhett Butler a Rossella O’Hara in “Via col vento…”Francamente me ne infischio!”. L’istinto, ci dice che i due avvocati in questione siano innocenti. Con questo, non vogliamo dire che i magistrati abbiano sbagliato tutto. Per carità. Loro hanno gli strumenti d’indagine, l’aiutino dei pentiti, dei delatori; dei confidenti & malandrini, l’ordinanza e tutto il resto. Devono svolgere il loro lavoro che noi rispettiamo. Certo, due avvocati potenti, bravi, intelligenti, efficienti e funzionali ma anche efficaci, acculturati, aggiornati, motivati…A parte il venticello dell’invidia e della gelosia, bestia nera di tanti abitanti di questo pianeta, chissà quanti e soprattutto quali ‘piedi’, avranno pestato. In quale kafkiana situazione, in quali sabie mobili, si saranno infilati, loro malgrado. Sia pure involontariamente. Riflettendo diremo che un avvocato della piazza, non possa rifiutarsi di difendere un cittadino, che si rivolga fiducioso e speranzoso di vedere riconosciuti i loro diritti sacrosanti ed inalienabili. Fossero anche Al Capone, Salvatore Lucania alias Lucky Luciano, Joe Maranzano, Frank Costello, Vic Cotroni, Carlo Gambino, Totò Riina o Pasquale Condello. Un avvocato non può scegliersi i clienti, questo è lapalissiano. Conosciamo personalmente tantissimi avvocati del foro. Fior di professionisti. Spesso, sono loro stessi di sua sponte a narrarci il vissuto…”Ho conosciuto la fame; ho avuto un’infanzia così e cosà; un’adolescenza infame; oltre trent’anni a impazzire sui libri; corsi, ricorsi e concorsi. Quante amarezze e delusioni, un panino ed una birra, giorni grami per “arrivare” ad essere un illustre avvocato; un bravo penalista; un credibile legale di fiducia. Sempre con gli occhi spalancati per non commettere passi falsi. Sebbene come tutti sanno, quella fatidica soglia, sia così sottile, da trarre in inganno anche Perry Mason in persona, carne, ossa ed anima”. Benchè questo, non sia il prototipo, lo stereotipo dell’avvocato. Non siamo sicuri affatto, che gli avvocati in questione, siano colpevoli dei reati e delitti loro ascritti E lo diciamo a chiare lettere. Altrimenti il padre Dante ci spingerà verso il girone degl’ignavi, a viver come bruti, dove i dannati son costretti a correre senza posa, dietro ad un’insegna, punzecchiati sulla chiappe da sciami di vespe inferocite. Affirmanti incumbit probatio. Anche noi, stimiamo quei professionisti e sino a prova contraria, sono brave persone se non persone perbene. Speriamo, che ciò non sia proibito dalla legge. Il presidente dell’Ordine degli Avvocati della provincia, Alberto Panuccio, il presidente della Camera Penale di Reggio Calabria Carlo Morace ed il segretario Paolo Tommasini, hanno una brutta gatta da pelare. Fermo restando, ovviamente la solidarietà ai colleghi, hanno la piena e totale fiducia nella Giustizia, Fremono e non vedono l’ora che tutto si chiarisca .
La cronaca è lì, purtroppo, asettica ed impersonale, se non impietosa…Operazione “Rifiuti spa 2” I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno arrestato 24 persone per associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, intestazione fittizia di beni e sottrazione di cose sottoposte a sequestro, con l'aggravante delle finalità mafiose. Al centro dell'operazione gli interessi della cosca Alampi nella gestione di alcune discariche e le infiltrazioni negli appalti ecologici. Coinvolto un amministratore giudiziario. Sequestrati beni per 18 milioni. Operazione “Rifiuti spa 2” - Nella mattinata odierna, il R.O.S., unitamente al Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, al Gruppo Operativo Cacciatori di Calabria, l’ 8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia e con il contributo dei Comandi Territorialmente competenti, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 24 persone, a vario titolo, indagate dei delitti di associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, nonché i delitti - aggravati dalla finalità di agevolare associazioni mafiose - di intestazione fittizia di beni, sottrazione di beni o cose sottoposte a sequestro, truffa aggravata. Contestualmente è stata data esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 18 milioni di Euro. I provvedimenti scaturiscono da un’articolata attività investigativa, coordinata da questa Procura Distrettuale Antimafia sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti e nei servizi pubblici relativi alla gestione di discariche, con particolare riferimento agli interessi illeciti della cosca “ALAMPI” di Reggio Calabria.La fase esecutiva dell’Operazioni “Rifiuti SPA 2” si è conclusa da poco con l’arresto in Francia di ALAMPI Matteo cl. ’69 e della moglie SICLARI Maria Giovanna cl. ’71, localizzati dal R.O.S. nella cittadina di Villefranche sur mer, vicino Nizza, grazie alla collaborazione del collaterale organo di polizia. L’indagine si pone quale continuazione dell’attività denominata “RIFIUTI SPA” che, nel 2006, aveva accertato l’esistenza di un accordo trasversale tra le cosche LIBRI- CONDELLO, finalizzato alla ripartizione dei rilevanti vantaggi economici ricavabili dalla gestione fraudolenta delle discariche presenti nel territorio regionale. In tale contesto, l’imprenditore MATTEO ALAMPI, ritenuto esponente di spicco dell’omonimo sodalizio e titolare della società “EDILPRIMAVERA”, era riuscito ad avviare in Calabria diversi impianti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, facendo fronte ai requisiti tecnici espressamente richiesti dai relativi bandi di gara, attraverso l’unione societaria con l’imprenditore veneto SANDRO ROSSATO CL.’51 (tra gli arrestati), con esperienze e qualifiche nel settore specifico. In particolare il binomio ALAMPI - ROSSATO aveva costituito numerose società, tra cui la “ROSSATO SUD”, per opere di bonifica, protezione ambientale, smaltimento e recupero dei rifiuti, aggiudicandosi, attraverso il sistematico ricorso ai tradizionali metodi di intimidazione mafiosa, diversi appalti per la gestione di alcune discariche in provincia di Reggio Calabria. L’indagine si era conclusa con l’emissione di 14 misure cautelari a carico di altrettante persone, tra i quali lo stesso MATTEO ALAMPI, successivamente condannato dalla corte di appello del capoluogo reggino, alla pena di 10 anni di reclusione per associazione mafiosa e altri reati. L’iter processuale aveva visto altresì la confisca della società “EDILPRIMAVERA” e l’iniziale sequestro della Società “ROSSATO SUD SRL”.
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L’odierna attività, oltre ad accertare l’intraneità della cosca ALAMPI alla ‘ndrangheta reggina ed il ruolo preminente rivestito nell’ambito della locale di “TRUNCA”, ha offerto uno spaccato emblematico dei molteplici interessi illeciti promossi e gestiti dall’organizzazione, assolutamente pervasiva ed efficace sul piano dell’infiltrazione illecita del tessuto economico ed imprenditoriale della provincia reggina.In tale quadro sono stati raccolti significativi elementi sull’evoluzione della cosca ALAMPI: dai trascorsi legati alla partecipazione del capo bastone GIOVANNI ALAMPI cl.’46 al summit di Montalto del 1969, ai più attuali conferimenti di cariche di ‘ndrangheta al decano della famiglia. In particolare è stata riscontrata:
- una definita e collaudata organizzazione strutturale e funzionale, in ragione dell’esistenza di mezzi, supporti logistici e strumenti a disposizione della cosca, con la definizione di ruoli e specifiche mansioni;
- una strategia criminale a livello imprenditoriale, con un potere di penetrazione e collusione nella pubblica amministrazione, per aggiudicarsi gli appalti di maggior interesse, tra cui i lavori di ricopertura della discarica di località MARRELLA del Comune di Gioia Tauro (RC) e la bonifica del sito della discarica di Calanna (RC);
- una forza di intimidazione ed un controllo del territorio mediante l’esplicazione di un proprio potere coercitivo ed estorsivo, forte dei legami diretti con le più significative cosche del “Mandamento di Centro”, tra cui quelle riconducibili ai CONDELLO ed ai ROSMINI.
In tale ambito sono state documentate le fittizie assunzioni, in seno alla “ROSSATO SUD”, di Francesco Domenico CONDELLO, figlio di Pasquale CONDELLO DETTO “IL SUPREMO”, e di Diego ROSMINI, figlio di Demetrio cl. ’53.
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L’attività investigativa dopo le richiamate condanne ha seguito il processo di riorganizzazione del sodalizio sviluppato attraverso la riacquisizione delle imprese sottoposte a vincoli reali e comunque sottratte alla disponibilità gestionale della cosca. In tale ambito, la riaffermazione degli interessi economico- imprenditoriali del sodalizio ha coinciso con il dissequestro della “ROSSATO SUD S.R.L.”, che diveniva, pertanto, lo strumento degli ALAMPI per continuare ad infiltrare il remunerativo settore degli appalti ecologici.
E’ emerso, in particolare, come MATTEO ALAMPI, dal carcere, impartisse precise direttive ai più stretti familiari, anche attraverso i legali di fiducia, sulla gestione degli affari e sulle modalità di riorganizzazione del circuito imprenditoriale. Segnatamente, le indagini hanno documentato ogni fase del programma delittuoso, perfezionatosi attraverso:- L’inserimento di prestanome e la nomina di nuovi referenti tecnici nella Società “ROSSATO SUD SRL”, e nelle altre imprese controllate attraverso il “CONSORZIO STABILE AIRONE SUD”: ed in particolare con la nomina dell’ingegnere LAURO MAMONE cl.’57 e di DOMENICO ALATI cl.’73, rispettivamente in qualità di amministratore e direttore tecnico della citata società;
- Il risanamento economico dei bilanci dell’impresa, con una mirata attività di saldo dei debiti e concomitante recupero dei crediti, anche con il sistematico ricorso ai tradizionali metodi di intimidazione mafiosa nei confronti di fornitori e clienti; - L’individuazione di una nuova squadra di collaboratori, tra impiegati, operai ed autisti, assunti o riconfermati secondo le direttive del capocosca GIOVANNI ALAMPI: tra costoro dipendenti della “EDILPRIMAVERA”;
- Il progressivo svuotamento dei beni materiali ed immateriali della società “EDILPRIMAVERA”, con la complicità dell’amministratore giudiziario SPINELLA ROSARIO GIOVANNI, utilizzata esclusivamente per il nolo a freddo dei mezzi d’opera a vantaggio della “ROSSATO SUD” e del “CONSORZIO STABILE AIRONE SUD”.
Le indagini hanno evidenziato come gli amministratori delle citate società siano ricorsi costantemente all’emissione di sovrafatturazioni relative alle nuove commesse aggiudicate, per la realizzazione di ingenti provviste in nero destinate alla cosca ALAMPI. Le indagini hanno anche evidenziato interventi illeciti relativi all’aggiudicazione dei lavori per la bonifica e la successiva riapertura della discarica sita nel Comune di Calanna (RC), ottenuta con la compiacenza dell’ex sindaco, Luigi Catalano, che – dagli elementi acquisiti – emergeva aver fatto redigere dall’ufficio tecnico comunale un bando di gara, con parametri concordati con i vertici dell’impresa mafiosa. L’interesse della cosca ALAMPI per gli appalti ecologici ha riguardato anche il complesso delle attività gravitanti intorno al termovalorizzatore di Gioia tauro (RC), all’epoca gestito dalla “VEOLIA SERVIZI AMBIENTALI TECNITALIA SPA”[1]. All’interno di tale struttura, ed in particolare della TERMO ENERGIA CALABRIA SPA”, l’organizzazione aveva inserito un proprio referente, rivelatosi decisivo per l’aggiudicazione dei lavori di ricopertura della discarica “MARRELLA”DI Gioia Tauro (RC), in favore delle imprese controllate dalla cosca.Nella gestione della citata commessa, peraltro, emergevano accordi con associati di altri locali, in particolare con la cosca ALVARO detti “TESTAZZI-CUDALONGA” di COSOLETO e GALLICO di PALMI, in relazione alla fornitura dei materiali di copertura ed al relativo trasporto per il conferimento in discarica.Le indagini hanno anche evidenziato l’esistenza di accordi tra gli ALAMPI ed i titolari della SOCIETÀ FILTRANS, riconducibile alla cosca “FICARA”, per appropriarsi di rilevanti somme di denaro ai danni della stessa VEOLIA, attraverso un collaudato sistema di false fatturazioni per prestazioni in subappalto.
Nel quadro della complessiva attività il GIP del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro preventivo di 5 aziende:
- “ROSSATO SUD S.R.L.” e “CONSORZIO STABILE AIRONE SUD”, sedenti a Reggio Calabria e direttamente riconducibili alla cosca ALAMPI;
- “IMPRESA INDIVIDUALE DI GALIMI GIUSEPPE”, con sede a Palmi (RC), gestita dall’omonimo nucleo familiare organico alla cosca GALLICO di Palmi (RC);
- “CO.GE.MER S.R.L.” e “P&O S.R.L.”, rispettivamente sedenti in San Ferdinando (RC) E COSOLETO (RC), e riconducibili alla cosca ALVARO di Cosoleto (RC).
REGGIO CALABRIA, 22 LUGLIO 2014
[1] “Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia SPA”, con sede legale in La Spezia, via del Molo nr. 3. ”.
[2] “T.E.C. - Termo Energia Calabria”: società controllata dalla “Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia SPA”, interessata alla gestione degli impianti facenti parte del Sistema Integrato di smaltimento di rifiuti di Calabria Sud: il Termovalorizzatore di Gioia Tauro (RC), e gli impianti di selezione e compostaggio di Gioia Tauro (RC), Rossano (CS), Crotone, Siderno (RC) e Sambatello (RC). Di seguito l’elenco dei destinatari di Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere nell’ambito dell’odierna operazione Rifiuti Spa 2, condotta dal R.O.S., unitamente al Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia: Alampi Carmela, classe 71; Alampi Giovanni, classe 46; Alampi Matteo, classe 69 ;Alampi Valentino, classe 78; Alati Domenico, classe 73; Catalano Carmelo, classe 68;Dieni Giulia Mariarossana, classe 62; Mamone Lauro, classe 57; Palumbo Matteo, classse 70; Putortì Giuseppe, classe 67; Quattrone Antonio, classe 74; Rossato Sandro, classe 51; Siclari Maria Giovanna, classe 71; Siclari Paolo, classe 44; Spinella Rosario Giovanni, classe 59. Agli arresti domiciliari: Barreca Carmela, classe 69; Battaglia Antonino, classe 76; Catalano Luigi, classe 67; Cutrupi Laura, classe 82; Gozzi Gaspare Giuseppe, classe 55; Itri Andrea, classe 74; Laboccetta Salvatore, classe 51 . La parola passa ora al Gip per gl’interrogatori di garanzie, ma gli avvocati, hanno ribadito che con la ‘ndrangheta, non hanno niente a che spartire. Non c’azzeccano con l’inquinamento ambientale, la zona grigia, la borghesia mafiosa ed i colletti bianchi. Si dichiarano e si sono dichiarati: i n n o c e n t i.
Domenico Salvatore
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