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I beni culturali come qualità dei territori e identità di una Nazione - di Pierfranco Bruni

I beni culturali come qualità dei territori e identità di una Nazione

 

di Pierfranco Bruni

 

 

 

  I beni culturali sono "strumenti" di socializzazione ("metafora sociale") che si muovono su diverse direzioni e si propongono come modelli di identità depositata che, comunque, dovrebbero portare a dei valori condivisi.

      Il dibattito che spesso ha movimentato questi ultimi decenni ha focalizzato aspetti ed esigenze di un rapporto fondamentale che è quello tra processi culturali e manifestazioni educative.

      Già di per sé la istituzione di un dicastero che raggruppa i beni e le attività culturali apre una verifica importante intorno a tutto il sistema cultura in termini legislativi (quindi istituzionali) soprattutto con il legame con il turismo.

      Bene culturale, identità e territorio. Una visione, dunque, che riprende i codici genetici del concetto di patrimonio, di cultura, di promozione. Promozione e programmazione delle culture. Sarebbe, forse, più opportuno identificare il comparto dei servizi e degli interessi culturali come Culture. Perché, in fondo, proprie di attività delle culture si parla. E dentro questa terminologia si vivono i concetti di tutela, valorizzazione, fruizione, come più volte si è affermato.

      Interessante è il seguente inciso: “Chiamiamo ‘cultura’ un insieme correlato di valori e di modelli in rapporto al quale un gruppo afferma la sua identità e salvaguarda i processi reciproci attraverso i quali si assicura la sua permanenza. E’ in sostanza la ‘memoria ereditaria’ di una collettività, composta da un sistema di segni attraverso i quali e con i quali l’uomo e la società comunicano”. Già questa prima osservazione aprirebbe a ventaglio una seria discussione sul rapporto tra cultura e società anche all’interno della visione del Codice.

      E ancora in coerenza con l’inciso prima citato: “Il linguaggio visivo in particolare assume rilievo nell’ambito di ciò che si definisce ‘memoria sociale’ all’interno dei messaggi oggettuali. Nella misura in cui questi messaggi oggettuali rappresentano un certo livello di comunicazione, conservarli equivale a preservare una sezione di storia e contemporaneamente a stabilire nel presente e nel futuro un mondo da comunicare attraverso il quale comunicare” (cfr. Amalia Russo, Censimento bibliografico relativo agli studi di informatica applicata alla catalogazione dei Beni culturali, in “Ricerche di storia dell’arte”, 1991).

      L’aspetto della comunicazione sembra avviare un intreccio privilegiato che permette un migliore approccio verso i codici un apprendimento all’interno di un valore di sistema. Un dato anche antropologico che ha una sua valenza culturale e scientificamente apprezzabile sul piano dei modelli economici. Modelli che devono fare i conti proprio con prospettive legate al “sistema” degli standard.

     I beni culturali (lo diceva molto bene l'antica normativa del 1939 e l'attuale Codice. ne ha incorporato i punti cardini), comunque restando al tracciato legislativo attuale, hanno una valenza prioritaria ed è quella di essere tutelati e conservati. La stessa terminologia d'altronde va in questa direzione.

      Il termine "Bene" apre una visione importante sul valore di possesso e sul valore di qualità. Essendo un bene, dunque, c'è all'interno del discutere stesso il termine di possesso. Non dell'essere in possesso di tale bene e quindi di proteggerlo in quanto tale (che è già un fatto intrinseco non solo giuridicamente ma culturalmente) ma dell'essere di appartenere.

      L'appartenenza di un bene richiama altri processi che sono storici, ereditari, radicanti. Ecco, dunque, il bene come identità. Ovvero come trasmissione di tradizione di civiltà attraverso la testimonianza. Le testimonianze della storia sono dettati, appunto, di civiltà.  L'identità deve essere vissuta come consapevolezza comunitaria. Quindi trattasi di un percorso pubblico nello stesso tempo. Ma, ancora, essendo tale diventa chiaramente una risorsa identitaria.            

      Il concetto di patrimonio richiama riferimenti che hanno un senso identitario. Si tutela una identità nella conservazione di una testimonianza - tradizione. Ma non basta. La storia che diventa sempre più deposizione di percorsi di civiltà non basta.

      La valorizzazione è una trasposizione del valore del bene tutelato in bene che si appresta ad essere fruito (ovvero ad essere rivissuto anche solo in termini teorici o metaforici). Ma accanto al bene, in questo tale contesto, c'è un concetto forte che è quello di cultura. Ovvero cultura come civiltà. Un bene della civiltà.

      Già di per sé un bene è un patrimonio. Un bene della civiltà è un patrimonio della civiltà, la quale custodisce e manifesta storia. Manifestare storia è non solo offrire conoscenza ma anche consapevolezza. Il valore e il concetto di patrimonio creano, in fondo, anche una relazione "tra gli oggetti, le persone e il tessuto connettivo di un dato ambiente" (cfr. Lina Ossi, Arte e patrimonio artistico, Bompiani, 1994).

      Il bene culturale è sempre dentro un ambiente. Un ambiente storico, radicante o pre costituito. Ma resta sempre come elemento di congiunzione tra appartenenza e tracciati di eredità. E qui il termine di consapevolezza riprende sostanzialmente il concetto di valore identitario. I beni culturali, dunque, sono processi di identità che portano alla socializzazione attraverso l'affermazione della difesa e la diffusione della loro conoscenza. E' naturale che sono espressione non solo etica (e civile se si vuole) ma anche estetica.

      La bellezza è una manifestazione del concetto di estetica che non è al di fuori dei discorsi legislativi. Un oggetto va valorizzato perché deve documentare l'attività di un tempo che si è fatto storia (e resta nella memoria della cultura dei popoli) ma nulla toglie al fatto che questo oggetto deve essere apprezzato anche per la sua valenza artistica e quindi per il suo aspetto estetico.

      L'arte (dall'archeologia alle proposte contemporanee) è espressione. Nei beni culturali vi sono tantissimi oggetti che non sono nati come espressione artistica ma che sono diventati (proprio per quel rapporto storia, tempo, spazio) modelli di civiltà e modelli d'arte. Quindi un confronto tra la visione etica e quella estetica diventa sempre più significativo. E' su queste prospettive che la discussione deve imporsi soprattutto per definire dei percorsi che sono chiaramente culturali sui quali si mobilità un ulteriore dibattito legislativo. Dall’archeologia come modello culturale al turismo come dimensione valorizzante: il sistema ha una rete interattiva e va vissuta come in un contesto integrato tra sviluppo, partecipazione e investimento.

 

 




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Luigi Palamara
Giornalista, Direttore Editoriale e Fondatore di MNews.IT
Cell.: +39 338 10 30 287
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