Sono entrambi pregiudicati i due uomini trovati uccisi oggi pomeriggio in una zona periferica a Milano. Si tratta di Emanuele Tatone di 52 anni e di Paolo Simone, di 54. In particolare il primo è un membro della famiglia Tatone nota a Quarto Oggiaro e più volte al centro delle cronache criminali. Emanuele Tatone è fratello di Nicola Tatone, pluripregiudicato e considerato uno dei boss di Quarto Oggiaro, il popolare quartiere milanese da decenni al centro di vicende legate allo spaccio di droga. Nicola Tatone è stato arrestato dalla polizia nel 2009 per un'associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti ed è stato condannato a 24 anni di carcere. Lui e suoi fratelli sono i figli della nota 'Mamma Rosa Famiano' detta anche 'Nonna eroina', perché una delle capostipiti dello spaccio di droga nel capoluogo lombardo. Emanuele Tatone non era inserito in ambienti criminali di grande spessore, se non per le sue parentele. Era gravemente malato da anni ed era tossicodipendente. L'altro uomo trovato ucciso, Paolo Simone, non viene ritenuto un pregiudicato di rilievo e proprio in queste ore gli investigatori della Squadra Mobile, diretta da Alessandro Giuliano, che conducono le indagini, stanno accertando se ci sono stati in passato collegamenti tra i due o tra le rispettive famiglie.
MILANO, QUEI DELITTI A GO-GO AL FORTINO DI QUARTO OGGIARO, VUOI VEDERE CHE LA NDRANGHETA NON… ESISTA, NEMMENO STAVOLTA? È UN'INVENZIONE GIORNALISTICA, NON C'AZZECCA, PERCHỂ LA LOMBARDIA È ESENTE ED IMMUNE ALLE MAFIE, MA INTANTO, I CLAN DELLA "GRAMIGNA" VENGONO AZZERATI, DALLE FAIDE, INSERITE NELLA PIỦ VASTA GUERRA DI MAFIA, ANCHE QUELLO DEI TATONE, BOSS DELLA PIOVRA, CHE HANNO TRAFFICATO TONNELLATE DI COCAINA ED EROINA, HASCHISC E MARIJUANA, SE NON ECSTASY E ROVINATO TANTISSIMI GIOVANI (E LE LORO FAMIGLIE RIDOTTE SUL LASTRICO), MA NON SIAMO NEL BRONX OD A SCAMPIA, SEMPLICEMENTE A MILANO
E' una caccia all'uomo, una corsa contro il tempo, quella che sta impegnando strenuamente la polizia milanese nelle indagini sull'omicidio di Pasquale Tatone, 54 anni, freddato ieri sera poco prima delle 23 nel suo 'fortino', a Quarto Oggiaro, alla periferia nord di Milano. Un colpo di fucile a canne mozze contro i vetri; uno alla testa e l'altro al cuore. L'assassino, o gli assassini, devono infatti essere presi prima che vengano commessi altri fatti di sangue perché i morti sono già tre, dato che domenica scorsa sono stati uccisi in un campo a margine del quartiere il fratello di Pasquale, Emanuele, di 52 anni, e il suo autista, Paolo Simone, di 54. Ma la Squadra Mobile non brancola affatto nel buio. In poche ore ha saputo ricomporre le tessere di un mosaico abbandonato forse da troppo tempo, da quel 2009 in cui sono stati fatti gli ultimi arresti in grande stile nel quartiere, famigerato per la sua storia criminale legata allo spaccio di droga e alle famiglie che lo controllano. Il clan Tatone è (o forse sarebbe meglio dire 'era') una di queste.
Domenico Salvatore
MILANO Ma quale faida e guerra di mafia. Fantasie! Sarà, ma i morti, sono veri, purtroppo. Tre, in tre giorni. Non a Scampia o nel Bronx; a Quarto Oggiaro. Quelli erano…petardini di Natale sparati col fuciletto della fiera di Santa Filomena. Non c'è nessun fortino di Quarto Oggiaro! Soltanto invenzioni giornaliiistichee, sono. Che rompimento di scatole questi cronisti coli, scribacchini, pennivendoli e ficcanacaso… -Pam-pam …Sei morto davvero?-Nooo! Era solo un…dolcetto scherzetto di Halloween!Il riserbo degli investigatori è massimo, sono ore decisive per le indagini. Ma già stamani, fonte Ansa, all'esito dei primi accertamenti, il questore di Milano, Luigi Savina, ha affermato che ''non c'è nessuna guerra di mafia, a Milano'', nessuna faida. Secondo indiscrezioni, infatti, la mano che ha ucciso i due amici, domenica scorsa, e il capofamiglia, ieri sera, potrebbe essere la stessa. Una mano di basso rango, nella gerarchia del 'rispetto' criminale, forse perfino una mano fuoriuscita dallo stesso seno. Chi ha ucciso - ma è solo una delle ipotesi in campo - forse era più spaventato delle vittime. Forse gli era stato fatto un torto, forse era stato coinvolto in uno 'sgarro' su una piccola partita di droga non pagata o peggio, che non sapeva come pagare.
Così ieri, Pasquale Tatone è stato raggiunto da tre colpi di fucile caricato a pallettoni, da distanza ravvicinata, tutti a segno, che lo hanno raggiunto alla testa e al corpo. L'uomo è stato ucciso alle 22.40, e alle 22.42 un passante, presumibilmente un avventore della pizzeria dalla quale era uscito e di fronte alla quale aveva parcheggiato la sua auto, ha chiamato il 118. Sul posto, in via Pascarella all'angolo con via Trilussa, a poche centinaia di metri da via Lopez, da sempre 'fortino' del clan che porta il suo nome, sono arrivati i carabinieri ma l'autorità giudiziaria ha affidato le indagini alla polizia per unificarle con quelle sul duplice omicidio di domenica scorsa. Tatone ha visto una partita nel circolo Rim, una pizzeria di quartiere dove era solito andare. Quando è uscito, è entrato nella sua Ford Fiesta blu che distava pochi metri dall'uscita. Un uomo solo, pare, a bordo di un motorino, lo ha affiancato al posto di guida e ha sparato tre colpi con un fucile caricato a pallettoni, centrandolo in pieno a testa e tronco. Il corpo è stramazzato sul lato destro, con le gambe sotto il volante e il resto appoggiato sul sedile del passeggero. Il 118, giunto sul posto, non ha potuto far altro che constatarne il decesso". Per decenni, magistrati, Prefetti, Questori, Sindaci, Governatori, Presidenti di Provincia ( non tutti) ed altre istituzioni importanti, hanno messo la testa sotto la sabbia, sostenendo, che la mafia a Milano non esistesse. La 'ndrangheta? E che cos'è, un'invenzione giornalistica? Quattro "sciancati" dell'Aspromonte, pastori innocui, rubagalline, bampapagghiara…
Hai voglia che Eleno e Cassandra, Esaco, Calcante, Melampo, Tiresia, Laocoonte, Mopso, Anfiloco, Pizia, Sibilla, disperatamente protesi alla quadratura del cerchio, si lambiccassero le cervella, e tentassero vanamente di invertire la rotta; ma non chiamateli Vincenzo Macrì (aveva detto che "su 37 grosse operazioni della DDA di Milano condotte negli ultimi anni, ben 24 riguardavano la 'ndrangheta a Milano….operazione Fior di loto (cosca Morabito); operazione Hoca Tuca (famiglie De Stefano, Sergi, Morabito); operazione Green Ice (Piromalli insieme ai corleonesi); operazione Belgio 1 (Serraino, Condello, Imerti);operazione Wall Street (De Stefano, Coco Trovato, Flachi, Schettini); operazione Nord-Sud (Papalia, Sergi, Morabito); operazione Gelo (cosca Morabito); operazione Isola felice (Pesce, Bellocco, Piromalli); operazione Costanza (famiglia Papalia); operazione Terra bruciata (Morabito, Papalia, Coco Trovato); operazione Belgio 2 (Imerti, Serraino, Condello); operazione Hinterland (Pepe Flachi e Coco Trovato); operazione Notte dei fiori di San Vito (Mazzaferro e altri); operazione Mozart ('ndrangheta e collegamenti internazionali relativi al traffico di droga); operazione Count Down (famiglia De Stefano); operazione Fortaleza (Santo Pasquale Morabito); operazione Belgio 3 (Serraino, Condello); operazione Nord-Sud 2 (Papalia, Sergi); operazione Calabria (famiglia Libri); operazione Storia infinita (famiglie di Petilia Policastro); operazione Fortino (Coco Trovato, De Stefano); operazione Fiori di San Vito 2 (Mazzaferro); operazione Europa (Paviglianiti, Latella); operazione Rho (famiglia Di Giovine); Marcello Maddalena, procuratore aggiunto, procuratore capo e procuratore generale a Torino, Armando Spataro, Salvatore Boemi, Alberto Cisterna, Roberto Pennisi, Franco Neri, Nicola Gratteri, Antonio Vincenzo Lombardi, Domenico Ielasi, Giuseppe Verzera, Rocco Lombardo, Carlo Macrì, Ezio Arcadi, Agostino Cordova, Giuseppe Tuccio, Giuseppe Carbone, Giuliano Gaeta, Giancarlo Caselli, Ilda Boccassini e qualche altro…vanesio, presuntuoso, sognatore, visionario, utopista, allucinato, fanatico, idealista, arrogante, paranoico, esaltato, come lo scrivente; e che altro? Emblematica, la vicenda della Commissione Antimafia, che avrebbe dovuto sovraintendere ai lavori per l'Expo 2015, commissione che fu in un primo momento approvata e subito dopo bocciata dalla giunta comunale per un cavillo legale. E quanti altri epiteti più o mano velati, su "Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, L'Unità, la RAI, Canale 5 e via di seguito, tutto il ben nutrito e numeroso codazzo della comunicazione, cosi detta ufficiale o di regime; a cui, non è stata mai negata, la pubblicità istituzionale e commerciale. Qui habet auries audiendi, audiat. Giudici eroi ed incompresi, combattuti dalla "Piovra".
O martiri della Giustizia, come il procuratore capo di Torino, Bruno Caccia, assassinato dalla "Gramigna" in quel di Torino, che hanno combattuto "veramente" la mafia; e la combattono ancora. Come Pierpaolo Bruni, Gerardo Dominijanni, Raffaele Mazzotta, Mario Spagnuolo, Marisa Manzini, Salvatore Vitiello, Domenico Prestinenzi. Altro che vetrine e passerelle. Ma, per quali inconfessabili motivi, si negava ( e si nega ancora tutt'oggi, badate bene, amici lettori sovrani) l'esistenza della mafia in Val Padana? Tra i pazzi, sognatori e paranoici, che scrivevano 'fesserie', c'era anche lo scrivente. E c'è ancora. Ne sanno qualcosa, i miei ex motorini, le macchine, l'arma, danneggiati o sequestrati; lettere anonime, telefonatine equivoche, messaggi trasversali, isolamento fisico e morale, solitudine del giornalista; lettere e telefonate ai giornali: "Cacciate quel corrispondente falso e tendenzioso, rompiscatole, ficcanaso, scribacchino e pennivendolo, disonesto intellettuale, che scrive corbellerie o non compriamo più il giornale". Solidarietà? Un'altra fesseria, corbelleria. Non ci stupiamo della malvagità dei cattivi; siamo colpiti dal silenzio dei buoni (Martin Luther King)…Decenni di solitudine in…
La Tribuna del Mezzogiorno; Il Tempo pagine della Calabria; Il Giornale di Calabria; La Gazzetta del Sud; Oggisud; Giornale di Calabria; Il Quotidiano della Calabria, l'Agenzia Ansa; RAI 3 ed un'infinità di settimanali, quindicinali, mensili ecc. Fatti e misfatti, denunciati anche negli uffici della Polizia, della Guardia di Finanza e dei Carabinieri; ed altri no. Si chiamasse Cosa Nostra, Camorra, 'Ndrangheta, Sacra Corona Unita o Quintamafia, poco importava; e poco importa. La mafia, non esisteva; la mafia non esiste, punto e basta! E fu così che Luciano Liggio, Totò Riina e Bernardo Provenzano, ma anche Gaetano Fidanzati, Gianni Nicchi, Gerlando Alberti, inteso 'U zu' Paccarè ebbero tutto il tempo e lo spazio per poter colonizzare anche la Lombardia; assieme alle altre mafie. Una delle ultime operazioni, denominata "Esperanza", che ha parlato di mafia imprenditoriale, dove i picciotti si sono trasformati in menager, lo conferma. La Squadra Mobile di Milano, diretta dal vice-questore aggiunto Alessandro Giuliano, ha smantellato una presunta organizzazione mafiosa (otto gli arrestati) attiva in Lombardia e ritenuta emanazione diretta di Cosa nostra siciliana. In manette, sono finiti Cinzia Mangano, classe 1969, figlia minore di Vittorio Mangano, cugino del capo della famiglia mafiosa di Porta Nuova,
Pippo Calò della quale proprio Mangano nel 1993 verrà nominato reggente, lo "stalliere" di Arcore (Milano), descritto dal giudice Paolo Borsellino come una delle "teste di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia, deceduto nel luglio del 2000 dopo molte condanne e una vicenda giudiziaria chiacchierata; il genero dell'ex stalliere di Arcore, Enrico Di Grusa; Orlando Basile, Alberto Chillà, Antonio Fabiano, Giuseppe Porto, Walter Tola e Vincenzo Tumminello. Indagati anche, quelli della zona grigia, mafia dei colletti bianchi, borghesia mafiosa ed altra definizione come, mafia dalle scarpe lucide, su cui indagano Polizia di Stato e Guardia di Finanza… commercialisti, bancari, prestanome. Un distributore di carburanti, a Milano, in zona Corvetto, era diventato una base di Cosa Nostra, con ripetuti summit tra "palermitani di Milano" e siciliani dei clan d'origine; in combutta con la 'ndrangheta. Non è una novità. Casomai, una conferma ribadita mille altre volte. Compresa la recente operazione "Esperanza" del 25 settembre 2013 Ma prima ancora, l'operazione "Dioniso", del 18 ottobre 2012, che ha portato all'arresto di più di 50 persone del cartello combinato ovvero di una joint-venture fra Cosa Nostra e 'n drangheta, ha dimostrato ancora una volta l'alleanza di ferro fra Cosa Nostra e 'Ndrangheta. Gli affari, sono affari. Il boss Vincenzo Mandalari disse: "Destra o sinistra, noi ce ne fottiamo. Basta che ci lascino fare le rotonde". E di rotonde le strade della Lombardia sono piene.
Gli arresti sul contesto criminale relativo all'omicidio del pregiudicato Natale Rappocciolo, il cui cadavere era stato rinvenuto, a Pioltello (MI), il 27 giugno 2009, sono stati eseguiti dai Carabinieri in Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata; invischiate anche le famiglie, riconducibili alle proiezioni milanesi delle più importanti cosche delle 'ndrangheta, come i Morabito di Africo, i Pelle di San Luca, i Molè di Gioia Tauro. Accertato pure un rapporto sempre funzionale al traffico di droga tra le cosche indagate ed esponenti di spicco di Cosa Nostra operanti in Lombardia, facenti capo alla famiglia palermitana dei Fidanzati e alle famiglie di Gela degli Emanuello e dei Rinzivillo. Protagonista, scrivono i giudici nelle ordinanze, Guglielmo Fidanzati, figlio dello storico boss di mafia Gaetano detto Tanino trapiantato a Milano negli anni Sessanta, socio di diversi locali noti della movida milanese, avrebbe collaborato con le cosche calabresi per finanziare l'importazione della cocaina dal Sud America.
La "Provincia ", organo supremo di gestione della 'ndrangheta aveva incaricato di coordinare il cartello a Milano, ad Alessandro Manno, condannato a 16 anni di reclusione, ritenuto dagli inquirenti capobastone della locale di Pioltello, vice di Carmelo Novella, che dopo l'omicidio venne rimpiazzato dal padrino Domenico Zappia, condannato a 14 anni di galera, e inserito a pieno titolo nell'organigramma 'ndranghetista milanese, con il grado di "Crociata"; in collegamento con Giuseppe Pelle e Francesco Strangio di San Luca. La droga arrivava dall'Ecuador e dalla Colombia ed entrava in Europa, in aereo o nei container delle navi commerciali, nascosta tra i gamberi e le banane. Dai porti di Anversa e Amburgo, i container carichi di cocaina arrivavano sulle banchine del porto di Amburgo…" Hamburger"; o, ha spiegato il capo del ROS Mario Parente, dall'eroporto di Vienna, veniva distribuita e commercializzarla in Belgio, Germania, Olanda, Austria ed Italia; poi in tutto il continente. L'altra indagine che ha ribadito la joint-venture Cosa Nostra-'ndrangheta è operazione Dioniso, che ha visto perquisizioni nel Milanese: a Peschiera Borromeo, Bresso, Corsico, San Donato Milanese, Brugherio, Trezzano sul Naviglio ed in provincia di Varese, a Monza, a Lodi, a Cremona. La sezione misure patrimoniali del Tribunale di Milano, ha sequestrato beni mobili ed immobili per un ammontare di circa 3 milioni di euro. Nell'ordinanza, firmata dal gip Stefania Donadeo su richiesta del sostituto procuratore antimafia Marcello Tatangelo, vengono pure messi in evidenza, i legami con la politica milanese.
La "Provincia ", organo supremo di gestione della 'ndrangheta aveva incaricato di coordinare il cartello a Milano, ad Alessandro Manno, condannato a 16 anni di reclusione, ritenuto dagli inquirenti capobastone della locale di Pioltello, vice di Carmelo Novella, che dopo l'omicidio venne rimpiazzato dal padrino Domenico Zappia, condannato a 14 anni di galera, e inserito a pieno titolo nell'organigramma 'ndranghetista milanese, con il grado di "Crociata"; in collegamento con Giuseppe Pelle e Francesco Strangio di San Luca. La droga arrivava dall'Ecuador e dalla Colombia ed entrava in Europa, in aereo o nei container delle navi commerciali, nascosta tra i gamberi e le banane. Dai porti di Anversa e Amburgo, i container carichi di cocaina arrivavano sulle banchine del porto di Amburgo…" Hamburger"; o, ha spiegato il capo del ROS Mario Parente, dall'eroporto di Vienna, veniva distribuita e commercializzarla in Belgio, Germania, Olanda, Austria ed Italia; poi in tutto il continente. L'altra indagine che ha ribadito la joint-venture Cosa Nostra-'ndrangheta è operazione Dioniso, che ha visto perquisizioni nel Milanese: a Peschiera Borromeo, Bresso, Corsico, San Donato Milanese, Brugherio, Trezzano sul Naviglio ed in provincia di Varese, a Monza, a Lodi, a Cremona. La sezione misure patrimoniali del Tribunale di Milano, ha sequestrato beni mobili ed immobili per un ammontare di circa 3 milioni di euro. Nell'ordinanza, firmata dal gip Stefania Donadeo su richiesta del sostituto procuratore antimafia Marcello Tatangelo, vengono pure messi in evidenza, i legami con la politica milanese.
Ma guarda tu, che combinazione! Giuseppe Porto, si sarebbe attivato per sostenere il candidato del Pdl Domenico Zambetti, nominato assessore regionale della Lombardia, poi arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e corruzione. Connesso in qualche modo alla joint-venture fra Cosa Nostra e 'ndrangheta, sarebbe il mancato sequestro, di persona a scopo di estorsione, negli Anni Settanta, dell'allora imprenditore Silvio Berlusconi. Come riportato anche in un articolo firmato dal direttore del settimanale 'Corriere della Calabria', Paolo Pollichieni, … "si evidenzia che quel patto siglato tra calabresi e siciliani, fu mal digerito da alcune cosche e provocò una frattura al vertice della 'ndrangheta, che ebbe pesanti ripercussioni negli anni successivi. Per impedire il sequestro del Cavaliere, si mise in moto anche la massoneria deviata e a Milano si svolse un importante incontro che servi' a saldare l'accordo con i siciliani". Il Corriere della Calabria, pubblicò i verbali inediti che ricostruiscono la trasferta meneghina dei boss Stefano Bontade e Paolo De Stefano. Anche Piersilvio, il figlio di Berlusconi, rischiò di essere sequestrato, come riferiva il Corriere della Sera in un articolo del 11 agosto 1996…"Intorno alla meta' degli anni ' 70 il figlio di Berlusconi, Piersilvio, sarebbe sfuggito a un tentativo di sequestro da parte degli esponenti della cosca mafiosa catanese legata al boss Gimmy Miano. Silvio e famiglia si sarebbero cosi' trasferiti in Spagna per alcuni mesi, su consiglio di Marcello Dell' Utri.
La notizia del progetto di sequestro, gia' nota da tempo, si arricchisce di nuovi particolari. Lo stesso Dell' Utri, secondo Il giornale di Sicilia, avrebbe ammesso ai magistrati di aver riferito al finanziere Rapisarda di essersi impegnato a fare da "mediatore" per scongiurare "minacce ed estorsioni" nei confronti della famiglia Berlusconi da parte del gruppo mafioso di "Stefano Bontade, Mimmo Teresi e Filippo Marchese". Ma si sarebbe poi difeso sostenendo di avere fatto quelle affermazioni solo per "vanteria". Ma non e' tutto: i pentiti Giuseppe Marchese e Gaspare Mutolo hanno raccontato ai giudici che il clan dei catanesi sarebbe stato bloccato nel progetto di rapire Piersilvio dall' intervento delle cosche palermitane. Giuseppe Marchese ha riferito di avere appreso da Illuminato Asero e Orazio D' Antoni che lo stesso Asero "voleva sequestrare il figlio di Berlusconi ma tutto fu bloccato perche' Berlusconi "interessava ai palermitani". E Gaspare Mutolo: "Antonino Grado mi disse che volevano sequestrare uno della famiglia del costruttore di Milano 2". Eravamo in diciotto per rapire Berlusconi, c'era anche Contorno. Poi arrivò il contrordine. E dopo, per tenere alla larga Turatello e altri malintenzionati, Berlusconi assunse Mangano».
Il progetto non ando' in porto perche' "Pippo Bono (presunto mafioso residente a Milano, ndr) e Gaetano Fidanzati avevano definito Berlusconi intoccabile". Insomma la mafia spadroneggiava a Milano, ma 'nessuno' ci metteva naso; se non marginalmente ed in maniera blanda e distaccata. Figurarsi, la così detta, stampa ufficiale o di regime. Tranne le eccezioni importanti, per carità, che pure c'erano e ci sono ancora. Lo Stato non è una cosa astratta, svuotata di corpo ed anima. Vive e vegeta sulle spalle degli uomini; cammina sulle gambe delle istituzioni, rappresentate dagli uomini. Bisognerà giungere al 13 luglio del 2010 con l'operazione Crimine-Infinito, combinata DDA-di Reggio Calabria e DDA di Milano, per scoprire…l'acqua potabile…che a Milano, in Lombardia la 'ndrangheta c'azzeccasse eccome. Ben al di là della scoperta dei locali di 'ndrangheta… Bollate, Bresso, Canzo, Cormano, Corsico, Desio, Erba, Legnano, Limbiate, Mariano Comense, Milano, Pavia, Pioltello, Rho, Seregno, Giussano e Solaro, tutte coordinate da un organo denominato la "Lombardia". Sebbene per i magistrati, le 'locali siano presenti anche a Lonate Pozzolo, Legnano, Busto Arsizio Il procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, oggi trasferito a Roma in un'audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia sostenne che le locali fossero almeno 25. Anche se sono solo 13 quelle individuate.
La punta dell'iceberg, di un universo criminale, ben più radicato e vasto, come hanno confermato e ribadito le successive operazioni della DDA. Ma i procuratori capo della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone e l'aggiunto Michele Prestipino Giarritta (trasferito a Roma), e Manlio Minale, (promosso procuratore generale a Milano e l'aggiunto Ilda Boccassini, in corsa per l'Ufficio di Firenze, promoveatur ut amoveatur?), eroi di quella stagione, che fine hanno fatto, dove sono? E perché viene contestata l'elezione a presidente della Commissione Parlamentare Antimafia della Rosy Bindi? Non ha forse prestigio ed autorevolezza l'ex parlamentare europea, ex ministro della Sanità, ex vicepresidente della Camera, ex presidente nazionale del PD? E nemmeno i due vicepresidenti: Claudio Fava (Sel) e Luigi Gaetti (M5S)? Renato Brunetta ha detto che il Pdl ostacolerà l'attività del governo e del Parlamento finchè la neo-presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, non si dimette. E lo scioglimento per mafia del Comune di Sedriano? Nelle carte giudiziarie di "Crimine-Infinito", non ha trovato spazio, nemmeno per una virgola. Entrambi sembrerebbero essere stati raggiunti da colpi d'arma da fuoco.
Sul posto, un'area al limitare della strada dove si trovano alcuni orti, si trova la polizia che sta compiendo i primi rilievi. Secondo le prime informazioni i due corpi erano a una distanza di diversi metri, tanto che la prima segnalazione giunta alla polizia da un passante, parlava di un solo corpo. Una volta sul posto, una zona di orti costruiti dai cittadini in un'area verde a ridosso della strada, nella zona di Quarto Oggiaro, è stato notato il secondo. Milano res nullius. Quarto Oggiaro terra di conquista, terra di mafia (Cosa Nostra, 'Ndrangheta, Sacra Corona Unita, Camorra ecc.), ma anche "campuscapulatu" per bande di minorenni e così dette di delinquenza comune, che infestano il territorio. Il rosario di nomi snocciolato da Gaspare Mutolo… Giuseppe Bono, Salvatore Enea, Ugo Martello e Gaetano Fidanzati della famiglia di Bolognetta; Alfredo Bono, fratello di Giuseppe e Gino Martello della famiglia di San Giuseppe Jato; Gaetano Carollo, Giuseppe Ciulla e Franco Guzzardi della famiglia di Resuttana. Mischiati tra i 250.000 immigranti siciliani sbarcati in provincia di Milano nel secondo dopoguerra erano infatti arrivati mafiosi a centinaia.Allora, tutti ricavavano la maggior parte dei loro guadagni non dal traffico di droga, ma dai sequestri di persona, dalle rapine e, in parte, dal contrabbando di tabacchi; uomini di panza che a quell'epoca, si erano trasferiti all'ombra della Madonnina. A partire dal 1961 e fino al 1972, la legge sul soggiorno obbligato ne aveva mandati in Lombardia ben 372.
Tutti o quasi, dopo qualche mese, venivano raggiunti da familiari e amici. La colonia si gonfiava, si diramava, si riproduceva. In quel tempo, Gaetano Badalamenti, con Stefano Bontate e Luciano Liggio formavano il triumvirato al vertice di Cosa nostra. Si voleva creare una decina anche a Milano ma, Giuseppe Ciulla e Pippo Bono, allora già molto potenti, si erano opposti. I fratelli Bono, Ugo Martello e Salvatore Enea, operavano a un livello molto più alto e importante dal punto di vista imprenditoriale; trattavano da pari a pari con imprenditori dal fatturato miliardario. Racconta Gaspare Mutolo: "Il pericolo dei sequestri, allora molto frequenti, portava gli industriali ad entrare in contatto con gli uomini d'onore, anzi a desiderarne la protezione. Chiaramente, una volta entrato in contatto con Cosa nostra l'imprenditore non poteva e non può più allontanarsene e deve consentire alle varie richieste che possono venire dagli uomini d'onore con cui è in contatto. Tra queste, indubbiamente, c'è anche il reimpiego di capitali d'illecita provenienza". L'ippodromo di San Siro era il luogo dove i mafiosi riuscivano ad agganciare i Vip. Frequentato da persone che possedevano scuderie di cavalli da corsa e da altri facoltosi appassionati. Non è dimostrato, che tra gli habitué dell'ippodromo di San Siro ci fossero anche Dell'Utri e Berlusconi; e nemmeno che dopo una serie di tentati sequestri e di attentati, fosse sceso a patti con Cosa nostra.
C'è di mezzo un certo Luigi Monti, cresciuto alla scuola di Joe Adonis, il mafioso italo-americano fondatore del sindacato del crimine negli Stati Uniti: un uomo che negli Anni Ottanta verrà inutilmente indicato da Fbi, pentiti e magistrati milanesi come lo snodo fondamentale del riciclaggio dei soldi della Pizza Connection. Suoi guardaspalle, erano i fratelli Bono, mentre il suo fiscalista di fiducia era Michele Sindona. Mutolo è sicuro che Monti, un portatore di capitali che non dovevano passare attraverso le rigide regole bancarie, conoscesse Berlusconi e Dell'Utri; per anni Luigi Berlusconi è stato direttore generale della Banca Rasini, alla base delle fortune di Silvio Berlusconi. In un libro, Paolo Madron parla anche esplicitamente di un tentativo di sequestro di cui sarebbe rimasto vittima il padre di Silvio, Luigi Berlusconi.Il primo di una serie di rapimenti progettati ai danni di Silvio Berlusconi o del suo entourage. Nei primi Anni Settanta, Berlusconi era davvero nel mirino di Cosa Nostra. E nella grande villa di Arcore si viveva a tu per tu con la paura.
A cadere sotto i colpi dei killer, verso l'ora di pranzo, sono stati due pregiudicati. A colpi d'arma da fuoco al capo, probabilmente sparati con un'arma a tamburo, dato che al momento non sono stati trovati bossoli. Le vittime, ammazzate a bruciapelo, sono: Emanuele Tatone di 52 anni, e Paolo Simone, di 54, proprietario dell'auto abbandonata, entrambi con precedenti per stupefacenti e reati contro la persona. In particolare il primo è un membro della famiglia Tatone, nota nella zona del duplice omicidio e più volte al centro delle cronache criminali. Emanuele Tatone è fratello di Nicola Tatone, pluripregiudicato e considerato uno dei boss di Quarto Oggiaro, il popolare quartiere milanese da decenni al centro di vicende legate allo spaccio di droga. Nicola Tatone è stato arrestato dalla polizia nel 2009 con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti ed è stato condannato a 24 anni di carcere. I Tatone, sono figli della nota 'Mamma Rosa', detta anche 'Nonna eroina'. Emanuele Tatone, detto 'il pazzo', non era ritenuto "di grande spessore", se non per le sue parentele. Sul posto sono arrivati il capo della Squadra Mobile di Milano, Alessandro Giuliano e il capo del commissariato di Quarto Oggiaro Antonio D'Urso; insieme agli agenti della Scientifica. Viveva al civico 18 di via Pascarella, dove da anni si fronteggiano forze dell'ordine e occupanti abusivi. La mamma, Rosa Famiano, nella primavera del 1972, decise di trasferirsi a Milano dal paese di Casaluce, in provincia di Caserta. Il marito, Antonio Tatone, non era d'accordo, ma lei partì con i figli, quattro maschi adolescenti e una bambina: Mario, Pasquale, Emanuele, Adelina e Nicola. Trovarono casa, a Quarto Oggiaro, quartiere dormitorio sorto negli anni Sessanta.
Finirono dietro in galera, dapprima per furto d' auto; ma poi per rapine, spaccio di droga, tentati omicidi. Persino Adelina, sposata a un boss della Sacra Corona Unita. Adelina morì poi dietro le sbarre. Nonna Rosa alias 'nonna-eroina' finì pure lei dietro in prigione nel novembre del 1992, per spaccio di droga: Emanuele Tatone nel luglio scorso, dopo aver ricevuto lo sfratto dall'appartamento dove viveva con la compagna e la figlia, aveva inscenato una protesta montando una tenda in cortile: "Ho pagato il mio debito con la giustizia e voglio redimermi, non sono più un boss, non ho più niente". La pista investigativa principale, sembra essere quella del tanto redditizio, quanto sanguinario, traffico di droga. Tuttavia, come in casi del genere, il ventaglio delle ipotesi investigative si allarga a 360 gradi. Il vicinato ha sentito i colpi ma si è guardato bene da avvisare la Polizia od i Carabinieri. Tranne una persona che sia pure a scoppio ritardtao9 ha dato il suo contributo. Quando la macchina investigativa si è messa all'opera, dopo che un passante aveva notato i cadaveri, per identificare gli esecutori se non il mandante e risalire al movente del delitto, era già tardi. Sul posto, anche il medico legale e la ditta del caro estinto per la rimozione dei cadaveri, trasportati all'istituto di Medicina Legale. Domani l'autopsia, poi le salme verranno restituite alle famiglie per la celebrazione dei funerali. Che si svolgeranno in forma pubblica. Salvo diversa decisione del questore di Milano, Luigi Savina, ex capo della Squadra Mobile della città meneghina
Su Quarto Oggiaro, il supermercato della droga più ricco di Milano dopo l'azzeramento della cosca di Mario Carvelli, condannato a 30 anni di reclusione e gli arresti degli uomini legati alla famiglia Tatone, pure Giordano Filisetti e Francesco Castriotta sono in carcere si cercano nuovi equilibri. Svariate le operazioni della DDA di Milano che riguardano questa zona e questo settore…" Non ti vedo"; "Terra Bruciata"; "Ciak 1"; "Ciak 2"; "Smart"; "Pavone" "Cleaned Quarter", " Belgio 1"; "Belgio 2"; "Belgio 3". Da Bruzzano e dalla Comasina, sono arrivati nuovi pusher. Torna l'ombra del clan Flachi. Nel 2005, fonte Wikipedia, in un'operazione antidroga dei Carabinieri vengono arrestati Antonio Catanzaro "Ferrofilato" e Salvatore Carvelli (detto "'u scellerato"), inseriti in una cosca di Petilia Policastro che dagli anni novanta in poi aveva trasferito i propri interessi nel nord Italia e in particolare nello hinterland milanese. Nel 2006, la Corte di Cassazione conferma l'ergastolo per Vincenzo Scandale e Aldo Carvelli, calabresi residenti a Milano, accusati di un duplice omicidio nell'ambito di una vendetta della 'ndrangheta. Francesco Carvelli viene ucciso a Garbagnate, in provincia di Milano, nel settembre 2007: secondo la ricostruzione degli inquirenti il giovane è stato avvicinato da tre uomini vestiti da poliziotti e poi ucciso con un colpo alla nuca, esploso da distanza ravvicinata.
Era il nipote di Mario Carvelli. Nel 2008 a Milano, viene colpita una rete dedita allo spaccio di stupefacenti nel quartiere di Quarto Oggiaro: il gruppo di malviventi era capeggiato dal clan dei Carvelli. Capo dell'organizzazione è ritenuto Mario Carvelli il quale, secondo l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano Guido Salvini, aveva organizzato "un mercato di sostanze stupefacenti, soprattutto cocaina, a cielo aperto. A Milano, storicamente, Cosa Nostra e la Camorra sono arrivati prima della 'ndrangheta e si sono radicate per diversi anni, ma poi la Piovra calabrese, ha preso il sopravvento. Per esempio, l'arrivo di Cosa Nostra risale agli Anni Cinquanta, quando si stabilì in città Giuseppe Doto detto Joe Adonis, mafioso espulso dagli Stati Uniti. Luciano Liggio, il capostipite dei Corleonesi, abitava stabilmente a Milano quando fu arrestato nel 1974. Anni fa Carlo Testa, era stato coinvolto nell'omicidio di Rocco Lo Faro, figlio naturale di Santo Pasquale Morabito, boss della 'ndrangheta, arrestato negli anni Novanta durante l'operazione Fior di Loto. Delitto eseguito nel locale pubblico "Scream" di via Porta Tenaglia, il 23 febbraio 1996. In pieno centro a Milano. Jimmy Miano e Turi Cappello", entrambi mafiosi siciliani legati ai cursoti catanesi.
Per non parlare del mammasantissima Angelo Epaminonda, il successore di Francis Turatello, inteso "Faccia d'angelo", compare d'anello di Renato Vallanzasca. I due regnanti della Valassina e della Comasina. Dopo l'arresto, Epaminonda è stato il primo pentito di mafia a Milano. Ha confessato ai magistrati milanesi di aver ordinato o di essere stato complice di 17 omicidi, ricostruendone un totale di 44. Fu il primo maxi-processo, a Cosa Nostra e 'ndrangheta, fuori dalla Sicilia e dalla Calabria. Il giudice Guido Piffer ha ordinato il rinvio a giudizio per il 23 febbraio 1995 di centotrentatré protagonisti dell' operazione Nord Sud, scattata il 28 ottobre 1993
A Quarto Oggiaro, dopo lo smantellamento dei clan Carvelli-Sabotino e Crisafulli, ( dopo l'omicidio di Francesco Carvelli, l'arresto di Aldo Carvelli ma sopratutto del boss Mario Carvelli) si impossessarono della piazza dello spaccio, i narcotrafficanti dei Di Giovine, di nonna-cocaina" alias Maria Serraino, dodici figli e numerosi nipoti imparentata con i mammasantissima della 'ndrangheta reggina. Il marito Rosario Di Giovine,ex guardia carceraria
contrabbandava sigarette dalla Svizzera.
Figlia di Domenico Serraino, classe 1904, zio paterno di Ciccio Serraino, ucciso assieme al figlio Alessandro in una corsia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, Paolo e Domenico; cugina del ceppo di Arangea. Poco lontano, in Piazza Prealpi, insiste il regno, per quasi un quarto di secolo, della 'Di Giovine Connection', come la chiama Douglas Thompson, in "L'intoccabile", Sperling & Kupfer editore. Risiedeva in Via Belgioioso.Regno di un'altra nonna-cocaina, cioè di Maria Serraino, "bossa" della 'ndrangheta. In joint-venture con il clan camorrista dei Gallo di Torre Annunziata: le spedizione di hascisc raggiungevano talvolta le 25 tonnellate ed arrivavano in Italia via mare (su navi che attraccavano nei porti della Campania e della Calabria) o via terra, attraverso la frontiera di Ventimiglia. Gli inquirenti ritrovano nelle banche di Zurigo tracce del passaggio di decine di miliardi di proprietà dei clan, che li utilizzavano poi in Italia investendoli nell'acquisto soprattutto di locali pubblici. Mamma e nonna di una tribù di figli e nipoti. Un nome altisonante all'interno del gotha della "Gramigna". Nonna cocaina. La matriarca indiscussa del clan che aveva il suo quartier generale in Piazza Prealpi Donna affettuosa e feroce e mamma dei pentiti Emilio Di Giovine, narcotrafficante ed assassino, e' riuscito a fuggire dalle carceri di Milano, Barcellona e New York, sette anni di 41-bis, che nel giugno 1991, mise in piedi l'evasione più spettacolare che Milano abbia mai visto, comprando secondini e medici per farsi ricoverare al Fatebenefratelli e da lì fuggì mitra in pugno, ("sembra che buona parte della sua libertà di azione sia dipesa, oltre che dalla potenza militare, dalle bustarelle passate a giudici e poliziotti" L'operazione "Belgio, 80 persone, arrestate e 42, hanno ricevuto il mandato di cattura in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di droga e armi.…Avvocati, poliziotti, guardie carcerarie erano al loro servizio. Agli ordini, per soldi o per paura, di un'organizzazione legata alla 'ndrangheta che spacciava droga in mezza Italia e che trafficava armi con la Svizzera pagando in pani di hashish: per ogni chilo di "fumo" un kalashnikov e una pistola); padre di Marisa, la protagonista del lavoro di Douglas; e Marghe Rita Di Giovine, la figlia; testimone al processo per l'omicidio dell'onorevole Ludo Vico Ligato (presidente Paolo Bruno, a latere Vincenzo Giglio). Si era trasferita con la madre e i fratelli a Milano nel 1966. La cosca di 'ndrangheta, venne invischiata nell'inchiesta del Siderno Group per il loro traffico di cocaina negli Stati Uniti. Vengono catturati: Emilio, compagno di Maria Luisa, la figlia di Theodor Cranendonk, trafficante miliardario olandese di armi legato ai clan reggini di Serraino-Condello-Imerti e Rosario Di Giovine;amico dell'ex Presidente Milosevic ; arrestato in Italia nel maggio del 1999 proprio perchè si è scoperto che aveva procurato ben 30 bazooka alla cosca milanese della 'ndrangheta capitanata proprio da Emilio Di Giovine; riceveva ambasciatori di tutte le nazioni. L'ultimo arresto, il 9 maggio 2007 viene arrestato a Milano nel quartiere Ghisolfa, in Piazza Prealpi, il boss Domenico di Giovine (1952), inteso anche "Mimmo lo Zoppo" insieme al suo corriere della droga Franco Tamburiello. Secondo la testimonianza di Rita, all'apice della prosperità, la famiglia importava fino a sette tonnellate di eroina all'anno, oltre alle armi da fuoco, pistola, kalashnikov e bazooka, ma anche missili anticarro, pistole Glock, uno di queste uccise il Presidente delle Ferrovie, fucili a pompa, mitragliette Uzi, per i cugini calabresi impegnati in una guerra di 'Ndrangheta per il controllo del territorio. Clan smantellato da una delle tante operazioni della DDA diretta da Manlio Minale ed eseguita dalla Squadra Mobile meneghina, diretta da Francesco Messina; le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Giorgio Barbuto su richiesta del pm Giuseppe D' Amico della Dda. Il capo, Riccardo "Ricky" Dogali, 42 anni, vantava legami con clan Di Giovine, padrone di piazza Prealpi a inizio anni ' 90: con i luogotenenti Bruno "Bruce" Ricci, 28enne, e Alessandro Paglia, 34, coordinava la vendita al dettaglio davanti a un bar di via Amoretti e le trattative coi fornitori che arrivavano dalla Spagna, con un' autorimessa di corso Sempione come punto di riferimento milanese. Tommaso Mannarino, 44 anni, calabrese di Petilia Policastro e affiliato a una locale ' ndrina, curava la gestione del sottogruppo. Emilio Di Giovine, è stato dipinto pure come" un nuovo pentito disposto a rivelare la sua verità sulle navi dei veleni". Francesco Fonti, difeso dall'avvocato Claudia Conidi, fu il primo che ha raccontato la storia degli affondamenti programmati delle navi cariche di sostanze tossiche. Legale di fiducia che ha riferito anche una inquietante coincidenza: "Proprio il giorno in cui ho chiesto l'audizione in Commissione rifiuti, Di Giovine è stato investito da un'auto ed è scampato per miracolo all'incidente. E' stato ricoverato in ospedale, da dove verrà prossimamente dimesso". Emilio Di Giovine, che affidò le sue memorie criminali prima al magistrato Vincenzo Macrì (attuale procuratore generale della Corte di Appello ad Ancona) in seguito alla studiosa Ombretta Ingrascì), venne arrestato in Marocco, a Cabo Negro, villaggio turistico nel nord del Paese, il 24 aprile del 1995; con il padre, Rosario, e il fratello, Filippo. I due Di Giovine erano accompagnati da un terzo italiano, Santo Verduci, e da un funzionario dell' amministrazione penitenziaria spagnola, anche loro finiti nella locale prigione. Ma anche i Di Giovine, hanno subito le loro gravi perdite. Due boss, Guglielmo e Rosario, sono incappati nell'operazione "Cicala" (14 febbraio 2013; da Pasquale Cicala, suocero del broker Guglielmo Di Giovine, imparentato con i Serraino, grande amico del rosarnese Rocco Ascone, ritenuto capo del locale di Bollate, in provincia di Milano) eseguita dal GICO di Catanzaro e SCICO di Roma e NPT di Milano, coordinato dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri e dai sostituti Maria Luisa Miranda e Paolo Sirleo.Emilio Di Giovbine che poi si pentirà…"Sono stato cresciuto secondo la mentalità della 'ndrangheta. Ti dicono che i "contrasti", cioè le persone non affiliate, siano dei fessi; che i soldi siano importanti; che gli "sbirri" siano da disprezzare. La 'ndrangheta è dura, schifosa. Ma, ti crescono facendotela sembrare l'unico mondo possibile. Pensi, che ci sia solidarietà, fratellanza e invece, c'è solo crudeltà". A Milano, dove, le famiglie della 'ndrangheta Arena, Di Giovine, Carvelli controllano Quarto Oggiaro, Piazza Pompeo Castelli, Piazza Prealpi; Bruzzanti, Morabito, Palamara sono padroni dei traffici illegali in piazza Diaz, Corso Lodi, via Mecenate (Ortomercato). I Barbaro, Papalia, Trimboli, Sergi dettano legge a Buccinasco, Corsico, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Assago, Guggiano, Cisliano, Bareggio. A Lecco, i Coco Trovato e Pepè Flachi. A Varese, i Morabito, Mazzaferro, Farao-Greco. A Como, governano i Paviglianti. Ma, il prefetto il Sindaco, il Governatore, il Questore, negavano l'esistenza della mafia.
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