PER NON DIMENTICARE
13 giugno 1991 – Nicodemo PANETTA
di Cosimo Sframeli
| Il LuogoTenente Cosimo Sframeli |
Nicodemo
Panetta era un imprenditore edile di Grotteria. Nel 1986, dopo l'ennesima
aggressione da parte delle cosche, decise di denunciare i patiti soprusi e i
sofferti taglieggiamenti ai Carabinieri, facendo arrestare una cinquantina di 'ndranghetisti della Vallata del
Torbido. Venne assassinato a colpi di mitra insieme con l'amico Nicodemo
Raschellà. Aveva accusato gli uomini della ‘ndrangheta.
Li aveva sfidati o, più semplicemente, si era difeso facendo i nomi di chi gli
aveva reso la sua vita impossibile, sottoscrivendo la propria condanna a morte.
Nicodemo Panetta, 37 anni, piccolo imprenditore edile di Grotteria, un paese
preaspromontano della Locride, lo sapeva e viveva nell'incubo, viaggiando su
un'auto blindata: “La mia bara da vivo”,
diceva. Si faceva vedere poco e mai in luoghi esposti. Dei soprusi non ne
poteva più. Anni prima gli avevano fatto saltare i mezzi della propria impresa,
lo avevano sfiancato con richieste di denaro, gli avevano sparato mentre in
auto viaggiava con la moglie e la figlia di pochi anni, Daniela. Lo avevano
stremato. Andò dai Carabinieri a raccontare per filo e per segno quel che gli
stava accadendo. Aveva così spedito in galera una cinquantina di mafiosi
cancellando, di colpo, la 'ndrangheta
della Vallata del Torbido guidata dalla famiglia Ursini. In quei momenti, per
lui, venne pronunciata la sentenza mafiosa, eseguita a distanza di anni. Trenta
colpi di mitra sparati con uno di quelli in dotazione alle Forze dell’Ordine,
falciarono l'imprenditore e il suo inseparabile amico, Nicodemo Raschillà, 41
anni, di Mammola, altro paese della Locride, vicino Grotteria. I Carabinieri
sul luogo del delitto ritrovarono i bossoli di un intero caricatore, ma non
rintracciarono un solo testimone, come affermò il Capitano Francesco Bonfiglio.
Eppure, in contrada Dragoni di Grotteria, teatro della spietata esecuzione, ci
dovevano essere diverse persone che lunedì sera avrebbero assistito al duplice
omicidio. Ricostruendo i fatti, Nicodemo Panetta, poco prima delle 17:00
s'incontrò con Nicodemo Raschillà, giunto alla guida di una grossa moto, in contrada
Dragoni, in un locale che era punto d'incontro per gli abitanti della contrada.
I due amici se ne andarono con la Thema blindata del Panetta. Un giro di un'ora
e mezza prima di rientrare al punto di partenza dove li attendeva il killer.
Appena tornati in contrada Dragoni, i due furono falciati da una sventagliata
di mitra, crivellati di colpi da distanza ravvicinata. “Lo sapeva, che sarebbe finita così”, avrebbe confidato piangendo
Maria Barberi, moglie del Panetta. Il suo destino era segnato, ancora prima di
quel drammatico 22 novembre 1986 quando i sicari delle cosche tentarono di
farlo fuori. La sua piccola impresa, otto-dieci dipendenti che lavoravano di
solito per conto di enti pubblici, non fu in grado di sopportare la sanguisuga
mafiosa. Panetta decise di collaborare con la Giustizia. Ai Carabinieri diede
nomi, fatti, prove che inchiodarono le ‘ndrine
di Grotteria, di Gioiosa e di Martone. Al processo confermò tutto, non tentò
neanche di salvarsi dall'ira della 'ndrangheta.
Dopo qualche anno, diversi di quegli imputati furono scarcerati. L'inchiesta
passò al Sostituto Procuratore di Locri Bruno Muscolo e l'attenzione degli
investigatori per ricercare killers e mandanti fu indirizzata verso un gruppo
di latitanti che infestavano il territorio.
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