Per una vicenda familiare tutta da chiarire. Assolta la compagna per non aver commesso il fatto. Il nostro motto è…”. Quando la notizia c’è, va data”. Sebbene ci procuri dolore ed angoscia . E mentre scriviamo, arriva la triste notizia del decesso della mamma di Luigi. Un altro colpo gobbo del destino
SBATTI “IL MOSTRO” LUIGI PALAMARA IN PRIMA PAGINA (IN “GAZZETTA DEL SUD”)
Domenico Salvatore
I nemici, ma non chiamateli rivali, avversari od antagonisti, se la ridono sotto i baffi. L’un contro l’altro armato. Non ha amici il giornalista. Un dejà vu, che ogni giornalista che operi in Calabria e segnatamente nella derelitta provincia reggina, deve mettere sul conto. Homo homini lupus. Se poi, il giornalista in questione, si chiamasse Luigi Palamara, tanto peggio, avrebbe le sue belle gatte da pelare. Lui, nell’ottica di un giornalismo “veramente” libero, autonomo ed indipendente, non ha guardato in faccia nessuno. Lotta dura, senza paura, nel regno della ‘ndrangheta e del malaffare. Tante inchieste, reportage, foto, video, hanno lasciato il segno. Non entriamo nel merito della sentenza. Intanto per rispetto nei confronti della Giustizia. Abbiamo sempre rispettato i giudici e le sentenze. Tranne i corrotti, che per fortuna, sono una infinitesimale parte del tutto. Ma anche per rispetto verso Luigi, compagno di viaggio in quest’ultima avventura. Ne abbiamo viste tante in questi quasi cinquant’anni di militanza attraverso le testate calabresi, radio, televisione ed agenzia di stampa. Luigi difenderà la sua onorabilità, la sua dignità, la sua persona, nelle sedi idonee ed opportune. I suoi legali di fiducia stanno lavorando per questo. Neppure vogliamo chiosare sull’operato della ‘Gazzetta del Sud’ giornale con cui abbiamo collaborato negli Anni Settanta e parte degli Ottanta. Nemmeno, ci ha sorpreso, che abbia voluto “sbattere il mostro” in prima pagina, insieme ai mafiosi certificati, con tanto di fotografia, sgraffignata su Facebook. Da quello che abbiamo letto sui giornali, Luigi è stato condannato per un fatto personale, anzi familiare. Sino a che la Corte di Cassazione, se si dovesse arrivare, non pronunzierà la sentenza, vige la presunzione d’innocenza. Questo, stabilisce il Codice di Proceduta Penale.
Palamara ci ha preceduti con una comunicazione di suo pugno, che gli fa onore. Non solo, ha dato la notizia, ma non si è nascosto dietro un dito. Di più. Si è autosospeso da direttore editoriale della testata. Non spariamo a zero contro la Gazzetta del Sud, per carità. Nemmeno ci passa per l’anticamera del cervello. Ogni giorno da mezzo secolo, la compriamo all’edicola. Siamo tra i suoi fedelissimi. Questo è certo. Non solo per un senso di gratitudine (a suo tempo, ci ha offerto la possibilità di fare giornalismo), ma anche per rispetto verso la professione giornalistica. Se volete, per etica professionale e morale. Ogni giornale redige come ritiene opportuno e prepara il menabò che ritiene opportuno. Tocca poi al lettore sovrano, per la sua parte di competenza, giudicare se sia stato o meno ‘politically correct’. Diversamente, da altre situazioni analoghe, se non più gravi. Nemmeno, osiamo definirlo” accanimento terapeutico”. Ma, Melitoonline-Mnews non ha mai avuto vita facile. Da subito, sono cominciati i ‘disturbi’. Sebbene neanche per le altre testate, siano rose e fiori. Se l’occhio e la memoria non c’ingannino e la vista nemmeno. Un colpo dietro l’altro. Per distruggere la testata che graffia, artiglia e scrosta. Sul web, ci sono migliaia di testate on line e blog, ma i danni, sono ridotti al minimo. In amore ed in guerra, tutte le armi sono valide. Contro la nostra testata, sono state usate quelle lecite ed anche illecite. La cosa fra l’altro, non ci sorprende affatto. Conosciamo questo mestiere, meglio di tanti altri.
Al di là della ‘nobile missione’ di informare, conoscere, sapere e comunicare e fior di campioni (la stragrande maggioranza) che hanno fatto la storia del giornalismo e della cultura, brulicano anche le mezze calzette, equamente suddivise in sadici e masochisti. Ed altra ‘fauna’; tipo, gli sciacalli, i piranhas, i coccodrilli, le iene del deserto, gli squali e le tigri del Bangala. Reddite quae sunt caesaris caesari et quae sunt dèi dèo. Pane al pane e vino al vino. Sarebbe facile scendere in campo e difendere Luigi. Ma non lo faremo. Egli, ha già i suoi avvocati, che stanno lavorando per questo. Non perché, vogliamo negargli la nostra solidarietà ed il nostro conforto. Non presteremo il fianco a nessun demagogo, pronto a strumentalizzare la qualunque. Ma, vogliamo portare una testimonianza. Abbiamo conosciuto la signora Angela Iaria, mamma di Luigi. Siamo stati a casa sua, a Roccaforte del Greco, quando era nel pieno possesso delle sue facoltà fisiche e mentali. Non ci siamo persi nemmeno una battuta del dialogo intercorso fra mamma e figlio. Tante frasi e parole dolci, ma una, ci ha colpiti”Figlio benedetto”, mentre l’abbracciava teneramente. Del resto, siamo stati testimoni oculari degli ottimi rapporti che s’interfacciano tra i due familiari. Ogni giorno, ogni sera, dopo il ricovero all’Azalea di Saline, Luigi per anni, ha fatto il suo dovere di figlio.
Oppure, nella struttura di San Sperato allorquando sia stato necessario. Siamo stati testimoni, della sofferenza di Luigi. Sempre e comunque al capezzale della mamma sofferente. All’ospedale di Melito Porto Salvo, a quello di Taurianova, agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, a Villa Aurora. Non gli ha fatto mancare nulla. Le aveva comprato un telefonino con cui comunicavano tutti i giorni. Questo è certo. Anche in queste ore di agonia.
Luigi, messo in croce, alla gogna, soffre perché ritiene di essere vittima di una situazione, che egli stesso dipinge come “kafkiana”… “Una riflessione fatta col cuore a pezzi mentre mia madre in questo momento è morente in ospedale. Qualcuno ha pensato bene di sbattere il mostro in prima pagina. Facendo di una questione familiare kafkiana e assurda, la notizia del giorno. Ebbene quando c'è la notizia va data. Luigi Palamara condannato a 5 anni e 6 mesi per estorsione alla madre.Sembrerebbe una burla. Invece è la notizia del giorno. C'è chi è stato sobrio e discreto nella valutazione della notizia, c'è chi invece cavalca la stessa; a torto o a ragione lo vedremo col tempo.Certo non mi sottraggo alle mie responsabilità, nè tantomeno penso al complotto. E' una situazione familiare come tantissime altre. Solo che in questo caso, la mia mamma accompagnata da Palamara Carmelo si è recata in una caserma e mi ha denunciato. Sic et simpliciter.Mai al mondo ritenevo si potesse arrivare a tanto.
La giustizia ha voluto processarmi e condannarmi. Non entro in merito alla prima sentenza nè ai fatti. Un intero paese conosce la realtà. Basta chiedere. Il dolore per mia madre morente è forte, e scrivere questo mi ha solo sottratto del tempo che avrei potuto dedicare a lei nei suoi ultimi momenti di vita.Ma la società è questa e come tale la si deve accettare nel bene e nel male. Nella giustizia e nelle ingiustizie. Fanno parte della storia, della vita.Ritengo di dover dare spiegazioni in merito a questo solo a Dio.Certo continuerò a fare il giornalista finchè sarà possibile, diversamente farò il blogger o scriverò dei libri. Non sarà questo a distruggermi la vita, per una fatto così infame. Non dico neanche di essere innocente. Sarebbe mancare di rispetto a mia madre. E mia mamma da me ha avuto solo AMORE. Ma questo certo non interessa a nessuno.Concludo sospendendomi a tempo indeterminato da Direttore Editoriale di MNews.IT. Continuerò a scrivere comunque, e a raccontare.Niente e nessuno spezza Luigi Palamara, e di sicuro non l'INGIUSTIZIA nè tantomeno il fango. Da cattolico CREDO nella Giustizia Divina.”.
Ecco l’altra faccia del duro mestiere di giornalista…Inimici domini (homini) demestici eius. E mentre andiamo in macchina, Luigi ci telefona:”Direttore, mia madre è morta. Sto male…”. Farfuglia qualche altra parola; monosillabi tra i singhiozzi dell’anima ferita; ma non riusciamo più a distinguere niente. Saliamo in macchina e partiamo.
Domenico Salvatore
SBATTI “IL MOSTRO” LUIGI PALAMARA IN PRIMA PAGINA (IN “GAZZETTA DEL SUD”)
Domenico Salvatore
I nemici, ma non chiamateli rivali, avversari od antagonisti, se la ridono sotto i baffi. L’un contro l’altro armato. Non ha amici il giornalista. Un dejà vu, che ogni giornalista che operi in Calabria e segnatamente nella derelitta provincia reggina, deve mettere sul conto. Homo homini lupus. Se poi, il giornalista in questione, si chiamasse Luigi Palamara, tanto peggio, avrebbe le sue belle gatte da pelare. Lui, nell’ottica di un giornalismo “veramente” libero, autonomo ed indipendente, non ha guardato in faccia nessuno. Lotta dura, senza paura, nel regno della ‘ndrangheta e del malaffare. Tante inchieste, reportage, foto, video, hanno lasciato il segno. Non entriamo nel merito della sentenza. Intanto per rispetto nei confronti della Giustizia. Abbiamo sempre rispettato i giudici e le sentenze. Tranne i corrotti, che per fortuna, sono una infinitesimale parte del tutto. Ma anche per rispetto verso Luigi, compagno di viaggio in quest’ultima avventura. Ne abbiamo viste tante in questi quasi cinquant’anni di militanza attraverso le testate calabresi, radio, televisione ed agenzia di stampa. Luigi difenderà la sua onorabilità, la sua dignità, la sua persona, nelle sedi idonee ed opportune. I suoi legali di fiducia stanno lavorando per questo. Neppure vogliamo chiosare sull’operato della ‘Gazzetta del Sud’ giornale con cui abbiamo collaborato negli Anni Settanta e parte degli Ottanta. Nemmeno, ci ha sorpreso, che abbia voluto “sbattere il mostro” in prima pagina, insieme ai mafiosi certificati, con tanto di fotografia, sgraffignata su Facebook. Da quello che abbiamo letto sui giornali, Luigi è stato condannato per un fatto personale, anzi familiare. Sino a che la Corte di Cassazione, se si dovesse arrivare, non pronunzierà la sentenza, vige la presunzione d’innocenza. Questo, stabilisce il Codice di Proceduta Penale.
Palamara ci ha preceduti con una comunicazione di suo pugno, che gli fa onore. Non solo, ha dato la notizia, ma non si è nascosto dietro un dito. Di più. Si è autosospeso da direttore editoriale della testata. Non spariamo a zero contro la Gazzetta del Sud, per carità. Nemmeno ci passa per l’anticamera del cervello. Ogni giorno da mezzo secolo, la compriamo all’edicola. Siamo tra i suoi fedelissimi. Questo è certo. Non solo per un senso di gratitudine (a suo tempo, ci ha offerto la possibilità di fare giornalismo), ma anche per rispetto verso la professione giornalistica. Se volete, per etica professionale e morale. Ogni giornale redige come ritiene opportuno e prepara il menabò che ritiene opportuno. Tocca poi al lettore sovrano, per la sua parte di competenza, giudicare se sia stato o meno ‘politically correct’. Diversamente, da altre situazioni analoghe, se non più gravi. Nemmeno, osiamo definirlo” accanimento terapeutico”. Ma, Melitoonline-Mnews non ha mai avuto vita facile. Da subito, sono cominciati i ‘disturbi’. Sebbene neanche per le altre testate, siano rose e fiori. Se l’occhio e la memoria non c’ingannino e la vista nemmeno. Un colpo dietro l’altro. Per distruggere la testata che graffia, artiglia e scrosta. Sul web, ci sono migliaia di testate on line e blog, ma i danni, sono ridotti al minimo. In amore ed in guerra, tutte le armi sono valide. Contro la nostra testata, sono state usate quelle lecite ed anche illecite. La cosa fra l’altro, non ci sorprende affatto. Conosciamo questo mestiere, meglio di tanti altri.

Oppure, nella struttura di San Sperato allorquando sia stato necessario. Siamo stati testimoni, della sofferenza di Luigi. Sempre e comunque al capezzale della mamma sofferente. All’ospedale di Melito Porto Salvo, a quello di Taurianova, agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, a Villa Aurora. Non gli ha fatto mancare nulla. Le aveva comprato un telefonino con cui comunicavano tutti i giorni. Questo è certo. Anche in queste ore di agonia.
Luigi, messo in croce, alla gogna, soffre perché ritiene di essere vittima di una situazione, che egli stesso dipinge come “kafkiana”… “Una riflessione fatta col cuore a pezzi mentre mia madre in questo momento è morente in ospedale. Qualcuno ha pensato bene di sbattere il mostro in prima pagina. Facendo di una questione familiare kafkiana e assurda, la notizia del giorno. Ebbene quando c'è la notizia va data. Luigi Palamara condannato a 5 anni e 6 mesi per estorsione alla madre.Sembrerebbe una burla. Invece è la notizia del giorno. C'è chi è stato sobrio e discreto nella valutazione della notizia, c'è chi invece cavalca la stessa; a torto o a ragione lo vedremo col tempo.Certo non mi sottraggo alle mie responsabilità, nè tantomeno penso al complotto. E' una situazione familiare come tantissime altre. Solo che in questo caso, la mia mamma accompagnata da Palamara Carmelo si è recata in una caserma e mi ha denunciato. Sic et simpliciter.Mai al mondo ritenevo si potesse arrivare a tanto.
La giustizia ha voluto processarmi e condannarmi. Non entro in merito alla prima sentenza nè ai fatti. Un intero paese conosce la realtà. Basta chiedere. Il dolore per mia madre morente è forte, e scrivere questo mi ha solo sottratto del tempo che avrei potuto dedicare a lei nei suoi ultimi momenti di vita.Ma la società è questa e come tale la si deve accettare nel bene e nel male. Nella giustizia e nelle ingiustizie. Fanno parte della storia, della vita.Ritengo di dover dare spiegazioni in merito a questo solo a Dio.Certo continuerò a fare il giornalista finchè sarà possibile, diversamente farò il blogger o scriverò dei libri. Non sarà questo a distruggermi la vita, per una fatto così infame. Non dico neanche di essere innocente. Sarebbe mancare di rispetto a mia madre. E mia mamma da me ha avuto solo AMORE. Ma questo certo non interessa a nessuno.Concludo sospendendomi a tempo indeterminato da Direttore Editoriale di MNews.IT. Continuerò a scrivere comunque, e a raccontare.Niente e nessuno spezza Luigi Palamara, e di sicuro non l'INGIUSTIZIA nè tantomeno il fango. Da cattolico CREDO nella Giustizia Divina.”.
Ecco l’altra faccia del duro mestiere di giornalista…Inimici domini (homini) demestici eius. E mentre andiamo in macchina, Luigi ci telefona:”Direttore, mia madre è morta. Sto male…”. Farfuglia qualche altra parola; monosillabi tra i singhiozzi dell’anima ferita; ma non riusciamo più a distinguere niente. Saliamo in macchina e partiamo.
Domenico Salvatore
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