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Cosenza, "In morte del fratello Alessandro Bozzo", giornalist​a di Calabria Ora.

  Alessandro Bozzo", giornalist​a di Calabria Ora.
40 anni, sposato una bambina di 4 anni.

Redattore di ‘Calabria Ora’. Un colpo di pistola per dire che” Non ce la faceva più”. Cordoglio hanno espresso anche il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Giuseppe Soluri ed il segretario regionale del Sindacato dei Giornalisti Carlo Parisi. Descritto come un “giovane intelligente, informatissimo, sicuramente uno dei più brillanti giornalisti calabresi”. Alessandro era originario di Cosenza, dov’era nato il 12 marzo 1973. Cominicò a scrivere per alcuni periodici ed emittenti televisive. Poi venne assunto dal quotidiano “La Provincia Cosentina”,  a partire dal 1° ottobre 2003. Divenne professionista il 27 luglio 2005. Lavorò come redattore fino al 31 dicembre 2005. Dal 1° marzo 2006, entrò a far parte nella squadra del nuovo quotidiano “Calabria Ora”. Alessandro era sposato con Mariuccia,. Lascia anche una bambina di 4 anni, Venere. Ha lasciato una lettera di addio ai propri cari.

COSENZA, LA ‘MORTE INVISIBILE’ HA COLPITO IL MONDO DEL GIORNALISMO, ALESSANDRO (BOZZO) CI HA LASCIATI.


Domenico Salvatore.

Il suicidio è il gesto autolesionistico più estremo, tipico in condizioni di grave disagio psichico, particolarmente in persone affette da grave depressione e/o disturbi della personalità di tipo psicotico. Problemi economici, problemi amorosi, problemi sociali, problemi morali, problemi spirituali, problemi esistenziali…. Perché una persona cade in depressione? Come, quando, dove e perché? Ippocrate, fu il primo a cimentarsi in questa ricerca. Lo stesso Sigmund Freud, il re della psicanalisi, ha dedicato tanti anni a questo rebus-puzzle (‘ Lutto e Melanconia’ del 1917). Egli, fonte Wikipedia, teorizzò che la perdita di un "oggetto", come ad esempio la perdita di un rapporto a causa della morte o dell'interruzione di un rapporto amoroso, si traduce in una perdita del "soggetto" e l'individuo depresso ha identificato con l'oggetto di affetto attraverso un inconscio processo narcisistico chiamato "investimento libidico dell'ego". Il risultati di tale perdita comporta gravi sintomi malinconici più profondi del lutto, non solo il mondo esterno viene visto negativamente, ma l'Io stesso viene compromesso Il declino della percezione di sè da parte del paziente si rivela nel convinzione della sua colpa e della propria inferiorità e indegnità. Egli ha anche sottolineato che le prime esperienze di vita siano un fattore predisponente.” Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno. Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno (anedonia). Significativa perdita di peso, in assenza di una dieta, o significativo aumento di peso, oppure diminuzione o aumento dell'appetito quasi ogni giorno. Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno. Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno. Affaticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno. Sentimenti di autosvalutazione oppure sentimenti eccessivi o inappropriati di colpa quasi ogni giorno. Diminuzione della capacità di pensare o concentrarsi, o difficoltà a prendere decisioni, quasi ogni giorno. Ricorrenti pensieri di morte, ricorrente ideazione suicida senza elaborazione di piani specifici, oppure un tentativo di suicidio o l'elaborazione di un piano specifico per commettere suicidio. Il grande poeta Ugo Foscolo, addolorato per la prematura scomparsa del fratello Giovanni, gli dedicò un celeberrimo sonetto…”Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo/di gente in gente, mi vedrai seduto/su la tua pietra, o fratel mio, gemendo/il fior de’ tuoi gentili anni caduto./ La madre or sol, suo dì tardo traendo/parla di me col tuo cenere muto;/ma io deluse a voi le palme tendo/;e se da lunge i miei tetti saluto,/sento gli avversi Numi, e le secrete/cure che al viver tuo furon tempesta,/e prego anch’io nel tuo porto quiete./Questo di tanta speme oggi mi resta!/Straniere genti, l’ossa mie rendete/Allora al petto della madre mesta./In morte del fratello Giovanni è un sonetto scritto da Ugo Foscolo (Zante, 6 febbraio 1778 – Londra, 10 settembre 1827) nel 1803. Il brano è stato scritto, come afferma appunto il titolo, in occasione della morte del fratello del poeta: Giovanni Dionigi, tenente dell'esercito cisalpino, si era probabilmente ucciso nel 1801 (a soli venti anni d'età) a causa dei suoi numerosi debiti di gioco. Esso è una ripresa del carme 101 di Catullo, dedicato al fratello la cui tomba si trova in Bitinia.principali temi attorno ai quali è costruito il sonetto sono l'esilio, la morte, la tomba e la madre, vista come madre natura, madre patria, madre poesia e madre morte; come fosse la Grecia personificata e come se lui ne fosse il figlio (data la sua origine greca). Ricorda il Carme 101 di Catullo…”Multas per gentes et multa per aequora vectusadvenio has miseras, frater, ad inferias,ut te postremo donarem munere mortiset mutam nequiquam alloquerer cinerem.quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum. heu miser indigne frater adempte mihi, nunc tamen interea haec, prisco quae more parentumt radita sunt tristi munere ad inferias, accipe fraterno multum manantia fletu, atque in perpetuum, frater, ave atque vale. Tra molte genti portato e tra molti mari arrivo a queste misere, fratello, esequie,per donarti l'ultimo tributo di morte ed invano parlare colla cenere muta. Dal momento che la sfortuna mi ha tolto proprio te.Ahi, misero fratello indegnamente sottrattomi,ora tuttavia intanto queste offerte, che per antico rito degli avi son state rese con triste tributo alle esequie,accoglile emananti molto di fraterno pianto ed in perpetuo, fratello, salute e addio.”.  La testata online (anche cartacea)”Corriere della Calabria” diretta dal collega Paolo Pollichieni, sull’argomento,  ha scritto un articolo dal titolo:”Ciao Alessandro”. Gli amici i parenti i conoscenti, è pacifico, non riescono ad accettare la sua volontà; il gesto estremo. Arrivano a colpevolizzarsi. Forse si poteva fare qualcosa per salvarlo. Siamo sicuri di aver fatto tutto quanto fosse umano e possibile fare?


Il giornalista Alessandro Bozzo

COSENZA È morto nella sua abitazione di Marano, alle porte di Cosenza, il giornalista Alessandro Bozzo. Aveva compiuto 40 anni da pochi giorni. Con lui avevamo condiviso un pezzo di strada, non solo professionale ma anche umana, dalla fondazione di Calabria Ora nel marzo 2006 fino all'estate 2010.
La metà della sua vita, Bozzo l'aveva passata nei media, nella sua Cosenza. Prima la tv, poi i quotidiani. Aveva vissuto il precariato – e, per un periodo, anche una sorta di “esilio” a Castrovillari che lui fece comunque fruttare, cementando fonti e amicizie –, seguito i grandi casi di cronaca e politica della sua città, riversando tutta quella “passionaccia” che non lo ha mai lasciato nella copertura delle elezioni, delle vertenze sindacali, di vicende dall'eco nazionale come quella dei No global nel 2002. Lo ricordiamo con affetto per la sua curiosità e la sua sagacia, la scrittura spesso dissacrante. Il carattere era spigoloso ma dietro la scorza di burbero nascondeva un animo gentile che la nascita della figlia aveva reso ancora più tenero.
Appassionato di rock e di tennis, tifoso della Fiorentina, da poco aveva scoperto una nuova passione, quella per i poligoni di tiro. Forse una valvola di sfogo in un momento particolare, un periodo difficile che Bozzo pare abbia lucidamente descritto in una lettera di tre fogli trovata in casa ieri sera dalle prime persone accorse quando il dramma s'era da poco materializzato. Rigoroso sul lavoro e fedele alla notizia senza mai cedere alle appartenenze, nel 2009 era stato intimidito per aver denunciato le presunte ingerenze della malavita cosentina nella politica: il suo volto era apparso su riviste e programmi tv che iniziavano ad occuparsi dei giornalisti scomodi e del caso Calabria.
Ieri sera, rientrando nell'appartamento che condividevano dopo il matrimonio, la tragica scoperta della moglie Mariuccia. Alessandro lascia anche una figlia di 4 anni, Venere. A loro l'abbraccio del Corriere della Calabria.

Il Quotidiano della Calabria…

“UN giornalista di 40 anni, Alessandro Bozzo, è stato trovato morto ieri nella sua abitazione di Marano Principato. Secondo gli accertamenti degli investigatori si è tolto la vita con un colpo di pistola. Ha lasciato una lettera di addio ai propri cari. Quello che segue è il nostro ricordo di Alessandro.

di ROBERTO GRANDINETTI

COME un tennista concentrato sulla battuta, quella decisiva, ha tirato un forte respiro e si è lasciato andare. In quegli ultimi istanti gli sarà passata tutta la vita davanti, con l’ultimo pensiero sicuramente dedicato alla figlioletta. Alessandro Bozzo ieri ha deciso di andarsene, di lasciare questa vita per sempre. Era un collega davvero bravo, prestato da qualche anno alla cronaca nera e giudiziaria. Lui, che si occupava di politica, si è subito adattato, scrivendo belle e sentite pagine di cronaca per “Calabria ora”. E come tutti i giornalisti amava e odiava il suo lavoro. Perché chi è davvero appassionato, ama e odia nello stesso tempo. Alessandro era diventato mio amico e da veri amici ci trattavamo. Ogni mattina ci incontravamo in tribunale. Forse in questi ultimi due, tre anni abbiamo passato più tempo tra noi che con le rispettive famiglie. E’ il dazio che devi pagare se vuoi fare questo lavoro. Scrivevamo per due giornali diversi, ma questo non contava. «Perché dobbiamo farci la guerra?», diceva. «Facciamo lo stesso lavoro e navighiamo nella stessa barca...». Lo diceva tranquillo e sorridente, quasi beffardo, perché alla fine anche a lui piaceva piazzare un bel “buco” alla concorrenza. Prendeva appunti con una penna nera, con scrittura minuta e precisa. Pare avesse tutto sotto controllo. Gi piaceva fare il duro, ma sono convinto che dentro era un buono. Pochissimi giorni fa gli feci sentire - mentre eravamo in attesa davanti alla stanza di un pm - una canzone, per me bellissima, ossia “Vivere la vita” di Mannarino.  «Ecco - mi disse sempre sorridendo - ti stai afflosciando. E a pensare che di te mi ero fatto un’immagine da duro...». Mi piacevano il suo volto e quei cappelli a volte al vento. Ci sfottevamo sui rispettivi look, assolutamente casual e senza cravatta. La passeggiata con lui nei corridoi del tribunale e della Procura era sempre piacevole e sempre diversa. Si parlava di tutto, dalle bollette allo stipendio che non basta mai. Era appassionato di tennis. Parlava di Federer, Nadal, Djokovic come pochi altri. Non si perdeva una sola partita, a costo di restare sveglio davanti alla tv fino a tardissima notte. E il giorno dopo ti parlava di quei match, ammaliando gli stessi magistrati, traducendo in poesia gli  ace, i dritti e i rovesci dei campioni con la racchetta: «Federer e Nadal? Si divertono, guadagnano e girano il mondo...», diceva ammirato, senza invidia. Aveva compiuto 40 anni pochi giorni fa: «Non festeggio - aveva  detto agli amici - perché non c’è niente da festeggiare...». Forse era il primo segnale che qualcosa in lui non andava. Si vantava, a buon diritto, di non avere un filo di grasso: «Sono un giovanotto». Sembrava uno spirito libero, un po’ ribelle. Ma quando parlava della figlia anche a lui, il duro senza un filo di grasso, luccicavano gli occhi. Quando capitava di chiedergli un piacere, la sua risposta era sempre la stessa: «A disposizione, amico mio». Una disponibilità sincera e disarmante, che ti faceva sentire sempre in difetto con lui. Ieri pomeriggio, quasi come un presentimento, l’ho cercato. L’ho chiamato al telefonino, ma lui non ha risposto. Dopo pochi minuti mi ha inviato un sms, inviato da “Alex Bozzo”. Così l’avevo memorizzato sul telefonino.  «Oggi nn lav. Non pss risp. A dpo». Quella sua risposta telegrafica e a parole monche mi aveva sorpreso. Era la prima volta che mi rispondeva in questo modo. Di solito richiamava o mandava un sms di altro tenore. Dopo poche ore la notizia della tragedia. Caro Alessandro, resta la rabbia di non aver saputo davvero leggerti dentro e magari fare qualcosa di veramente utile per te. Lunedì ritornerò in Procura e tu non ci sarai. Mi sentirò solo e sono sicuro che piangerò. Avevi ragione, non sono un duro...”. Anche  Melitoonline, si associa al dolore della famiglia ed esprime vicinanza; anche al mondo del giornalismo.

Il direttore

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