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Reggio Calabria L'ira funesta del procuratore Alberto Cisterna: non sono contumace, voglio un processo vero, no all'archiviazione


Reggio Calabria Alberto Cisterna un fiume in piena
Il “numero due” della Direzione Nazionale Antimafia, Alberto Cisterna, vice del procuratore Piero Grasso, incassa una mezza assoluzione, ma, non festeggia. Anzi, non si ritiene soddisfatto per niente e passa ora addirittura al contrattacco; perché non intende far passare in cavalleria l’imboscata, come la chiama in conferenza stampa, nell’auditorium della Confindustria, in via Torrione a Reggio Calabria. Iniuria illata iudici videtur ipsi regi illata.L'aggressione fatta al giudice è come se fosse fatta al re. Cisterna era stato indagato dalla Procura di Reggio Calabria in seguito ad alcune dichiarazioni del boss pentito della 'ndrangheta Antonino Lo Giudice. Anni di calunnie, falsità, manipolazioni, ingerenze, travisamenti, giochi sporchi e chissà cos’ altro. Nel dicembre 2012, il gip, su richiesta della stessa Procura, ha disposto l'archiviazione. In seguito all'inchiesta, il Csm ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti di Cisterna che si e' concluso, nel maggio 2012, con il suo trasferimento dalla Dna al Tribunale di Tivoli con funzioni di giudice. .Lui  Cisterna, 52 anni, in magistratura dal 1986 ed alla Dda di Reggio Calabria fino al 2002, anno in cui è passato alla Procura nazionale antimafia, si è sempre protestato e ritenuto innocente:”Solo oggi, ho potuto finalmente, leggere le 83 pagine con cui il Gip di Reggio Calabria ha archiviato, su richiesta della Procura della Repubblica, l'accusa di corruzione. Voglio dirlo subito: dopo due anni di appassionate indagini, dalle quali, ovviamente, non poteva emergere nulla contro di me, ho letto un documento di archiviazione francamente inaccettabile e che, infatti, non accetto”. Chi ha sbagliato deve pagare. Un colpo di scena che potrebbe innescare una nuova stagione dei veleni a “Palais de justice”

REGGIO CALABRIA…”QUALCUNO DOVEVA AVER CALUNNIATO JOSEPH K., PERCHẾ SENZA CHE AVESSE FATTO NIENTE DI MALE, UNA MATTINA FU ARRESTATO”. “ARCHIVIAZIONE? NON MI STA BENE, NON SE NE PARLI NEMMENO,VOGLIO IL PROCESSO  PER CORRUZIONE IN ATTI GIUDIZIARII!
 
Una situazione kafkiana. Nel complotto, ci sarebbero dentro sino al collo, anche magistrati, poliziotti, carabinieri e giornalisti, regolarmente denunziati. In palio importanti procure; compresa la PNA. Smentito, il pentito Nino Logiudice, che si è autoaccusato di essere l’ideatore degli attentati compiuti nel 2010 ai danni della sede della Procura generale di Reggio Calabria, dell’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro e dell’intimidazione compiuta ai danni dell’ex procuratore di Reggio Giuseppe Pignatone, oggi a capo della Procura di Roma, con un bazooka lasciato davanti alla sede della Dda reggina come “regalo” per il procuratore, come disse uno sconosciuto in una telefonata al 113. Il pentito, in un memoriale successivo all’inizio della sua collaborazione inviato ai giudici del Tribunale del riesame di Catanzaro, aveva sostenuto di avere saputo dal fratello Luciano, che Cisterna si era interessato per la scarcerazione di un altro loro fratello, Maurizio, in cambio di un “regalo”, lasciando intendere che si trattasse di soldi. Dopo queste affermazioni, Cisterna finì nella Geenna, nel registro degli indagati ed il 17 giugno del 2011 fu interrogato, nel suo ufficio alla Dna, dall’allora procuratore Giuseppe Pignatone e dal pm della Dda reggina Beatrice Ronchi. “Non ho mai convocato una conferenza stampa. Conosco le regole, un magistrato deve tacere”. Arriva con pochi secondi di ritardo rispetto alla tabella dell’ ’orario stabilito, le ore quindici del 4 febbraio 2013; proprio  mentre la platea, comincia ad ingrossarsi. Mai visti tanti giornalisti in una volta sola, se non al Motel Agip di Catanzaro, allorquando Raffaele Nicolò buon’anima e la folla strabocchevole di colleghi, presenziavano numerosi alle  votazioni per l’elezione del presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria e del direttivo. Senza preamboli, Cisterna entra subito in argomento e butta sul tappeto alcune cifre che la dicono tutta sulle ingiustiiizie subìte…Dieci anni di…fumus persecutionis; otto faldoni; decine di migliaia di fogli e foglietti, 600 pagine per l’archiviazione, giudici già trasferiti, distaccati per seguire il caso. Miliardi al vento
Domenico Salvatore



REGGIO CALABRIA-Noi invece, siamo contenti e soddisfatti per l’esito finale del guazzabuglio, groviglio, garbuglio. Ma non esultiamo. Non facciamo il tifo per Alberto Cisterna. Sebbene, per come siano andati i fatti rocamboleschi, kafkiani e surreali come le tele di Salvador Dalì o Alberto Giacometti, lo meritasse.  Serviva altro, che l’opera geniale (“L’interpretazione dei sogni”) del re della psicanalisi Sigmund Freud, per interpretare l’incubo; pardon, il sogno malefico, in maniera utile, efficiente, funzionale ed efficace. Ha trionfato la Giustizia. Eccola. Facciamo il tifo per essa; per Lei. Nella sostanza. Nella forma un po’ meno. Arriva quasi in orario rispetto all’orario della 15:00. Non ci sono preliminari. Irrompe sulla scena lateralmente.  La sorpresa è uguale a quella di Jim Hawkins e sua madre, in “L’isola del tesoro”, quando aprono il baule lasciato del capitano Billy Bones, ospite nella loro locanda "Ammiraglio Benbow", sul mare vicino a Bristol; e trovano al suo interno, una mappa che conduce alla scoperta del luogo in cui è nascosto il leggendario tesoro del Capitano Flint. Sebbene i giornalisti presenti in aula, non siano …“ Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-oh-oh! E una bottiglia di rum! Il vino e il diavolo hanno fatto il resto, yo-oh-oh! E una bottiglia di rum! “. Entra subito in argomento, supportandosi con un malloppo di fotocopie di atti ufficiali…“Ho deciso di convocare una conferenza stampa, per informare tutti i giornalisti che a vario titolo, negli ultimi due anni, si sono occupati del mio caso, delle iniziative che ho deciso di assumere; ho ripetutamente chiesto di essere messo al corrente dei contenuti della richiesta di archiviazione per potermi difendere in modo che non restasse nemmeno un'ombra sul mio operato. ''. Sembra il fiume Nilo in piena. E lascia sul terreno, pardon in aula, il fertilissimo limo a beneficio dei giornalisti. Scroscia come le celeberrime cascate  sotto il ponte dell’Arcobaleno a Niagara Falls.

Meno male, che ci siano questi registratorini moderni e le videocamere digitali. Diversamente, si potrebbero stenografare solamente alcuni stralci della conferenza fiume. Per raccontare ciò che gli è successo e che lo ha costretto a indire una conferenza stampa nell’associazione degli industriali della Città dello Stretto, Cisterna, tira fuori gli artigli e gli speroni, l’esperienza e la professionalità, che gli hanno consentito a soli 49 anni di scalate le vette dell’Olimpo giudiziario. Granitico e tetragono come capitan Achab, ritto sulla tolda del Pequod con l’apione in mano pronto a fiocinare Moby Dick…“Se non parlassi ora significherebbe accettare questa storia. Un indagato che vede archiviata una posizione solitamente organizza una festa con invitati, io farò il contrario. Vi chiedo di mantenere uno spazio intimo di valutazione su quanto è accaduto. Non gioca a nascondino. Non indossa l’anello di Gige. Ringrazia tutti i giornalisti intervenuti. Anche quelli con i quali ha un contenzioso. Qualche Rasputin, ha soffiato veleno  peggio del serpente con gli occhiali, a proposito di un’inesistente operazione per truffa o giù di lì. Le assenze di peso c’erano; e le presenze anche.  Ma, Alberto Cisterna, non risponde con la celeberrima battuta di “Via col vento”, con cui Rhett Buttler (Clark Gable) si rivolge a Rossella O’Hara (Vivien Leigh): “Francamente, mia cara, me ne infischio!”. Sugli scudi, se non tre metri sopra il cielo, ci finisce Claudio Cordova, che ha avuto l’ardire e l’ardore, se non il coraggio, fors’anche la temerarietà e l’occhio di lince per pubblicare un famoso articolo; davvero importante per Alberto Cisterna; di enorme valenza processuale, scripta manent, verba volant …chiosa, sulle 83 pagine con cui il Gip di Reggio Calabria ha archiviato, su richiesta della Procura della Repubblica, l’accusa di corruzione nei suoi confronti.

Il 30 novembre 2010 Nino Lo Giudice, si sveglia e davanti ai pm esordisce: “Sono a conoscenza che mio fratello Luciano conoscesse Cisterna”… Hanno indagato su 10 anni della sua vita, sulla sua unica abitazione, sul suo unico conto corrente. Sono state ascoltate decine e decine di testimoni, interrogati finanche i congiunti. Sono stati acquisiti 5 anni di tracciati di cellulari, con un’operazione “incessante, assillante, con l’applicazione straordinaria di un magistrato che anche se trasferito a Bologna da mesi si occupa esclusivamente della mia persona”. Scorrono i mesi, passano 180 giorni e nell’aprile 2011 il gip di Catanzaro dice che Lo Giudice è reticente e mendace. “Il primo giudice che si occupa di lui  gli dà del mendace e bugiardo”. Il 28 aprile Lo Giudice, para il colpo e manda un memoriale a Catanzaro e tra i fatti decisivi che inserisce, ci sarebbe anche il fatto, che Cisterna si sarebbe interessato del fratello e in qualche modo lui si sarebbe interessato alla cattura del “Supremo”, Pasquale Condello. Interrogato, Lo Giudice, dice che il fratello gli ha fatto intendere che Cisterna avrebbe avuto una grossa somma di denaro, tanto che in sede di interrogatorio, il pm che lo interroga dice: “questo lo abbiamo detto tre volte”. Il 17 giugno 2011 Cisterna incontra il suo avvocato alle 8.30 e lui stupefatto dice al proprio assistito: “ma lei ha letto i giornali? Guardi che è sulla prima pagina del Corriere della Sera”.

“Io non ho mai incontrato da solo Luciano Lo Giudice. Cosa voleva? 1) mi disse che c’è il figlio era gravemente ammalato e che aveva necessità di ricoverarlo. Capita che un mio amico della Guardia costiera conosce chi può aiutarlo e Luciano Lo Giudice ne sarà grato per anni; 2) la malattia del fratello, anoressico, ricaduto quando doveva espiare un residuo pena ma la Ronchi dice che era cicciottello anche se pesava 49,5 kg ed era in fin di vita ma vedrà che verrà fatto tutto il possibile e la magistratura di sorveglianza dichiara che è stato salvato. Questo atteggiamento sarebbe stato compensato da Luciano Lo Giudice ma non capisco in che modo. Chi, quando, quanto e dove mi sono stati dati i soldi? 3) ci fu un controllo su strada del 2005. Luciano Lo Giudice venne fermato a Villa San Giovanni e mi disse: “glielo dica che sono un uomo delle Istituzioni” ma, chiamando la stazione, dissi: “Dategli pure un calcio nel sedere ma non litigate per strada perché lei sa chi è Lo Giudice Luciano” Interrogato il tenente dei Carabinieri disse: “Mi fece capire che aveva un contatto con uomini delle Istituzioni, esplicitamente non mi disse altro ma io intuì immediatamente la sua intenzione”. Nel 2009 arriva nell’ufficio alla Dna di Cisterna una lettera aperta in cui Lo Giudice riferisce “che è stato arrestato, che è innocente, che è per bene e chiude la lettera dicendo: non ho mai tradito la sua fiducia”. La lettera finisce agli atti della Dna. “Scopro che arrestano Lo Giudice per usura non aggravata da mafia e infatti   non si può dimostrare che esistesse una cosca Lo Giudice dopo la fine della guerra di mafia.

Dopo qualche giorno mi chiama la moglie che mi vuole parlare per una cosa urgente e io gli dico: venga a Roma in Dna e si porti un documento. Il giorno che lei sale a Roma io gli dico, la prossima settimana sarò a Reggio mi venga incontro perché non la conosco. La settimana dopo mi avvicina con altre persone intorno e mi dice che il marito è innocente e ha parenti ammalati. Io pensavo che volesse parlarmi della sua situazione di collaboratore di giustizia e invece sono cose personali. Mi contatta ancora, ne scrivo alla Pna e mi arriva un telegramma da Tolmezzo e la trascrizione è infedele e vorrei vedere quando verranno arrestati gli uomini di stato infedeli oltre ai consulenti. Scrivo al procuratore e dico: guardate che questo vuole collaborare e dopo la terza lettera, il 7 maggio, Grasso mi dice: “Ho parlato con Reggio e mi hanno detto questo non collaborerà mai: Il 22 maggio viene intercettato Luciano con la moglie e gli dice: “adesso basta, dì all’avvocato di Roma che voglio parlare con lui così 100 andranno in galera, 99 della questura e qualcuno tra i magistrati”. Anni di calunnie, falsità, manipolazioni, ingerenze, travisamenti, giochi sporchi e chissà cos altro. L’8 giugno Luciano arriva a Reggio Calabria ma ad aspettarlo,   non trova lui ma la sua collega Beatrice Ronchi, un altro Pm e un avvocato ma il 7 giugno, poche ore prima di questa visita in carcere,   “si presenta Pignatone nella mia stanza e mi dice: “Sai  nulla di una videocassetta di Lo Giudice? Siccome pensavamo che ti avesse affidato qualcosa.” Non ho nulla, rispondo io, tranne due lettere e un telegramma di cui ti do copia perché Grasso mi autorizza”.

C’è anche la lettera di novembre che per il Csm Cisterna non avrebbe protocollato e occultato ma c’è un problema, dice Cisterna: “L’ho data io a Pignatone”. Altro fatto che racconta Cisterna: i contatti durano per pochi secondi e secondo il Csm questo vuol dire che gli incontri sarebbero avvenuti di persona. “Ma quella telefonata scomparsa da un’informativa e comparsa in un’altra dimenticata   vuol dire che non incontravo proprio nessuno”. Dice ancora il Csm  : “Appare evidente che la consegna della corrispondenza a Grasso è stata di gran lunga successiva agli articoli sulla stampa e a fatti ormai noti. Non sono intercorsi 10 giorni ma 1 anno e 10 giorni, il 7 giugno 2010 e non del 2011”. Un giorno mia figlia venne fermata alle 2 di notte per un controllo. Mi chiamo è io le dissi di far terminare il controllo e che poi ce la saremmo vista a casa…Io  non sono intervenuto per favorire Luciano Lo Giudice: ho ritenuto di intervenire per salvargli la pelle”.“Ho fiducia incondizionata nella magistratura ma la mia posizione è stata archiviata in 600 pagine che son una sentenza di condanna sebbene siano di archiviazione. Combatto a mani nude perché l’ordinamento non concepisce che l’indagato reagisca alla richiesta di archiviazione. Chiederò che la richiesta di archiviazione venga respinta e chiedo il rinvio a giudizio davanti al Tribunale di Reggio Calabria .

Richiedo un giudizio immediato senza udienza preliminare e sono sicuro che portando davanti ai giudici le scorie velenose si potrà chiarire tutto. Lo debbo alla mia famiglia e a chi è sicuro della mia innocenza e del mio onore. Così potrò restituire onore alla mia toga”.   Cisterna rimprovera se stesso per aver tardato di venti giorni, a mettere in movimento la macchina della difesa. Diversamente da Joseph K., il protagonista del romanzo di Franz Kafka (“Il processo”)…”Pensando ad un errore, decide di intervenire con tempestività per risolvere quello che ritiene uno spiacevole (ma passeggero) malinteso”. Il protagonista, tenta inizialmente di affrontare la macchina processuale, al tempo stesso cervellotica e irrazionale, con la logica e il pragmatismo che gli derivano dal suo lavoro. Un fiume in piena, dentro un uomo in pena, a causa di un altro uomo. Homo homini lupus, diceva Plauto.“Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo (Matteo 15 C.E.I.)… Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà sradicata. Lasciateli; sono ciechi, guide di ciechi; or se un cieco guida un altro cieco, ambedue cadranno nella fossa. Pietro allora prese a dirgli: Spiegaci la parabola. E Gesù disse: Siete anche voi tuttora privi d’intendimento?  Non capite voi che tutto quello che entra nella bocca va nel ventre ed è gettato fuori nella latrina?  Ma quel che esce dalla bocca viene dal cuore, ed e quello che contamina l’uomo. Poiché dal cuore vengono pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni.

Queste son le cose che contaminano l’uomo; ma il mangiare con le mani non lavate non contamina l’uomo”. Cisterna, sembra Diogene,mentre con in mano una lanterna va in cerca dell’uomo.  I suoi avversari, ma non chiamateli nemici, rosi dall’invidia e corrosi dalla gelosia, se non erosi dalla cattiveria e dalla malvagità, non sono seguaci della scuola cinica o di quella epicurea, che cercavano la felicità in una vita semplice, lontana dalle passioni, dalla politica e dall’amore. Il figliol prodigo Cisterna è tornato alla casa del padre, con l’archiviazione in tasca. Ma non gl’interessa che  qualcuno, macelli il vitello più grasso. Lui abbandona invece le novantanove pecore al sicuro fra i monti e va alla ricerca della pecorella smarrita oggetto del suo amore; per ricondurla all’ovile; una pecora sarà sempre di un valore enorme per il pastore. Per la sua gioia  che è anche la gioia di Dio. Dio non ha nessuna responsabilità per la fragilità o la debolezza dell’uomo. Egli non può impedire alla sua creatura più cara di allontanarsi da Lui perché, pur amandola, la lascia libera di scegliere tra la strada della salvezza e il deserto della stoltezza umana. perché parte integrale del suo gregge e del suo amore. Per recuperare il suo onore e la sua onorabilità Cisterna, suo malgrado, è costretto a lanciare sassi in piccionaia ed a gettare l’acqua sporca col bambino dentro. Una storia lunga dieci anni. Di riffe o di raffe a vario titolo sono entrati enti e persone giuridiche…DDA, DNA, CSM, Corte di Cassazione, Corte d’Appello, Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Procura della Repubblica di Roma, la Procura della Repubblica di Catanzaro, Ministero degl’Interni, Comandi provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, ROS, Questura, Squadra Mobile, Quirinale, Prefettura.

Un piccolo universo, popolato di personaggi alla don Rodrigo e conte Attilio, dove non mancano nemmeno i don Abbondio, la Perpetua, Carneade ed il  dottor Azzeccagarbugli; se non l’Innominato, Renzo Lucia, Agnese, quel ramo del Lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare, bravi, lazzaretti e monatti. Non mancano i ciarlatani di piazza, i dottor Dulcamara. Semel in anno lecit insanire.Una volta all'anno è lecito impazzire. Una storia incredibile, che si popola di personaggi variegati. In numero crescente, come gli squali intorno alla barca di Santiago, protagonista de “Il vecchio ed il mare” di Ernest Hemingway. Ad un certo punto dopo i soliti Carlo Macrì, Mario Meliadò, Claudio Cordova, Aldo Varano, Luigi Palamara si alza una donna coi capelli bianchi, avanti con gli anni, intenerita dall’odissea del dottor Cisterna e fa la sua domanda, che suona più o meno così:”

Mi scusi procuratore, sono stata ben attenta alla sua disamina e ho sentito con le mie orecchie, dopo aver letto in precedenza coi miei occhi, tutte le peripezie, le vicende, le avventure, le circostanze, i fatti ed i casi. Una domanda mi sorge spontanea:” Come può difendersi il comune mortale, il cittadino medio, il povero disgraziato, di fronte alla Legge, visto e considerato che uno come lei, che ha rivestito il ruolo di vice-procuratore nazionale antimafia, abbia trovato tutte questa difficoltà a difendersi ed alla fine ha ottenuto solamente una mezza assoluzione, se possiamo chiamarla così?”. La risposta del Procuratore:” Ho sempre avuto fiducia nella Giustizia, nella Legge è lapalissiano e ne ho tutt’ora ovviamente”. Difficile est longum subito deponere amorem. E’ difficile far finire improvvisamente un amore che dura da tanto. (Catullo). Un signore dietro di noi, bofonchia… Ci riempiamo la bocca di belle parole sullo Stato…“Lo Stato è l’azienda dei burocrati e dei politici… lo Stato è ormai asservito al potere finanziario e anche a quello della criminalità organizzata, come sta venendo fuori grazie all’indagine sulla trattativa Stato-mafia…”. Ed una bionda, simile a Lara, che ne “Il dottor Zivago” di Boris Pasternak suonava la balalaika, provocatoriamente sibila …”In questa storia ci sono pupi e pupari, fuori i nomi”. Le carte sono tante, la voglia di parlare davvero grande. Cistena, svolazza, carta, incarta, scarta le…carte sotto il microfono. Legge alcune, “salta” le altre. Poi ritorna daccapo.  Come uno che ha subìto il torto più grande, (quasi 600 pagine tra il ”papello” del p.m. Beatrice Ronchi ed il  “pacco”del gip Barbara Bennato, per quella che Cisterna bolla come una condanna in contumacia) sapendo per certo di avere ragione da vendere.

Di essere assolutissimamente innocente. Ben al di là, dell’archiviazione. Un rospo difficile da ingoiare e peggio da digerire….Quando è apparso quell’articolo sul “Corriere della Sera” ed i successivi su “La Repubblica” ed altre testate di respiro nazionale, ho capito che si trattasse di un’imboscata.”. L’unico passaggio di questo sapore. Divaga, perfino quando i colleghi nelle domande inevitabili e scontate, sibilano e parlano di…congiura, complotto, cospirazione, trama, macchinazione, intrigo, tranello, trappola, trabocchetto e così via. A che cosa mirassero. I giornalisti sono partiti larghi sperando di cogliere nel segno. Aria fritta, perché Cisterna benché (a giusta ragione) esacerbato, amareggiato, deluso ed esasperato, ma lucido ed abbottonato, se non responsabile e cosciente, si è chiuso a riccio. Come Davy Crokett a Forte Alamo. Un muro di berlino. Un bunker degno del Padova del paron Nereo Rocco. Un urlo strozzato in gola quello del procuratore Alberto Cisterna, che solo il divino Munch, avrebbe potuto dipingere. L’alto senso della legalità e trasparenza, il giusto senso della Giustizia, un pizzico d’esperienza e la competenza ed esperienza, hanno salvato Cisterna dalla Geenna e dalle spire di Cerbero. Non sarebbe uscito indenne dal labirinto, nemmeno col filo di Arianna.Un Alberto Cisterna meno tempestoso, abbandona il luogo della conferenza stampa. A caldo ci torna in mente un proverbio latino… Absentem qui rodit amicum, qui non defendit alio culpante, solutos qui captat risus hominum famamque dicacis, fingere qui non visa potest, commissa tacere qui nequit: hic niger est, hunc tu, romane, caveto. (Quinto Orazio Flacco)"…”Chi parla male alle spalle dell'amico assente, chi non lo difende quando altri lo incolpa, chi si diverte con le feroci denigrazioni per accaparrarsi la fama di uomo di spirito, chi giunge ad inventarsi ciò che non ha mai visto, chi non sa tenere un segreto: costui è di animo nero e spregevole; da questi, o cittadino Romano, dovrai sempre guardarti e diffidare". 
Domenico Salvatore

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