Nota di replica dell’Avv.
Antonino Napoli, vice-presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori e
legale della costituenda parte civile, alla nota inviata a varie testate
giornalistiche dal dott. Petro Interdonato in ordine ad un presunto caso di
malasanità a Polistena.
Non intendo replicare alle gratuite offese ricevute,
come professionista e come uomo, da parte del dottore Interdonato e pubblicate
da alcune testate giornalistiche ma intervengo solo per amore di verità, quella
verità che – forse – si pretende di occultare offendendo chi si è sempre comportato
in modo deontologicamente ineccepibile.
Voglio premettere, anche se ciò non sarebbe
necessario per chi mi conosce, che le ingiuste accuse ricevute dal dottore
Interdonato non mi impediranno di svolgere il mio mandato in piena coscienza
senza essere intimorito da sterili attacchi personali.
Oltre ad essere il difensore dei genitori del
piccolo, che hanno denunciato l’accaduto e depositato istanza di costituzione
di parte civile all’udienza pubblica, sono vice-presidente e responsabile
legale dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori – comitato scientifico che
opera ed agisce a tutela esclusiva dei minori – ed in tale veste ho ritenuto di
comunicare alla stampa, a fronte di una richiesta espressa dei genitori del
piccolo e non per una mera forma di pubblicità di cui non ho bisogno e ne avrei
fatto - nel caso concreto - volentieri a meno, esclusivamente l’attività svolta
in pubblica udienza ed il capo di imputazione contestato dalla Procura della
Repubblica di Palmi.
I signori Francesco De Salvo e Rosanna Laruffa, genitori
del piccolo A. D. S., comunicando alla stampa la loro disavventura hanno voluto
richiamare l’attenzione su questo episodio affinché casi simili non abbiano più a ripetersi.
Nella nota, diffusa su richiesta dei clienti, è riportato,
senza enfasi e senza commento alcuno, esclusivamente il capo di imputazione contestato
al dottore Interdonato dal Pubblico Ministero del Tribunale di Palmi, dottor
Francesco Frettoni, che qui si riporta integralmente ad eventuali fini
comparativi: <<del delitto p. e p.
dagli articoli 113, 590, secondo comma, c.p. perché in cooperazione colposa fra
loro, non effettuando tempestivamente un taglio cesareo alla sig.ra Rosanna
Laruffa – che, alla 36a settimana di una gravidanza ad alto rischio,
caratterizzata da rilevanti problemi di ipertensione, versava in una condizione
di travaglio pre–partum con sofferenza fetale – e non assicurando una sollecita
ed adeguata terapia neonatale, determinavano l’aggravamento di un’encefalopatia
ipossico-ischemica insorta a livello fetale negli ultimi giorni della
gravidanza e così concorrevano a cagionare al piccolo Alessio De Salvo, nato
alle ore 8.45 del 31.08.2010, lesioni gravi e gravissime; più in particolare,
la sera del 30.08.2010 la sig.ra Laruffa, avvertendo contrazioni che
progressivamente aumentavano e si facevano dolorose, contattava telefonicamente
il dott. Romeo, suo ginecologo di fiducia, senza però ricevere indicazioni di
recarsi in ospedale; successivamente, avvertendo dolori ancora più forti, si
recava di propria iniziativa presso il presidio ospedaliero di Polistena, da
dove suo marito Francesco De Salvo contattava telefonicamente più volte il
Dott. Romeo, che però non acconsentiva alla richiesta del De Salvo di recarsi
in ospedale, affermando che avrebbe seguito la situazione da casa tenendosi in
contatto con l’ospedale; qui, nonostante la situazione di travaglio fetale e
benché già alle ore 2.30 - 2.50 lo stato ipertensivo della sig.ra Laruffa fosse
stato ricondotto a livelli compatibili con un taglio cesareo, il Dott.
Interdonato, ginecologo di turno quella notte, non attivava le procedure per
l’effettuazione del parto cesareo, ma manteneva la paziente in osservazione
sino alle ore 8.30 del mattino, quando, dopo che alle 7.20 un esame
cardiotocografico aveva evidenziato un tracciato anormale e dopo che alle 8.25
un’ecografia effettuata dal Dott. Romeo, frattanto giunto in ospedale per
l’inizio del suo turno intorno alle ore 8, aveva rivelato la riduzione del
liquido amniotico ed una flussimetria alterata, si procedeva agli atti
preparatori del taglio cesareo, che veniva posto in essere intorno alle ore
8.45; al momento del parto, inoltre, non veniva immediatamente predisposto
quanto necessario per l’immediato trasferimento del nascituro in una struttura
ospedaliera dotata di terapia intensiva neonatale, ma a ciò si provvedeva solo
dopo più di un’ora dal parto, dapprima cercando infruttuosamente disponibilità
di posti presso la TIN
di Reggio Calabria e poi rivolgendosi alla TIN di Lamezia Terme, dove peraltro
il piccolo Alessio doveva essere portato mediante elisoccorso a seguito
dell’accertata difficoltà di reperire
un’ambulanza in sede; in questo modo il Dott. Romeo ed il Dott. Interdonato,
per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza, sottovalutando la
gravità della situazione di travaglio pre-partum della Sig.ra Laruffa e di
sofferenza fetale del nascituro, non avviando la partoriente ad una struttura
ospedaliera adeguata, dotata di reparto di terapia intensiva neonatale,
ritardando di cinque-sei ore l’effettuazione del taglio cesareo rispetto al
momento in cui questo era necessario e praticabile ed inoltre provvedendo con
ulteriore ritardo al trasferimento del neonato presso un ospedale dotato di
TIN, concorrevano ad aggravare nel piccolo Alessio De Salvo un’encefalopatia
(leucoencefalomalacia periventricolare) ipossico-ischemica insorta a livello
fetale negli ultimi giorni della gravidanza e così a cagionargli una
compromissione della funzione neuro-psichica foriera di lesioni gravi e
gravissime. In Polistena, il 31 agosto 2010>>.
Relativamente alla perizia, disposta dal Giudice per
le indagini Preliminari in seguito ad incidente probatorio e tanto enfatizzata
dal dottore Interdonato tanto da riportarne un minuscolo stralcio, si evidenzia
che proprio questa, unitamente all’esame dei periti e consulenti nel
contraddittorio di tutte le parti, ha indotto il Pubblico Ministero ad emettere
il Decreto di Citazione a Giudizio ed è alla base del capo di imputazione contestato
dalla Procura.
A nessuna
riservatezza ero obbligato in qualità di difensore delle costituende parti
civili poiché, quando il segreto istruttorio era da tempo venuto meno a seguito
dell’emissione del decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale di Palmi,
sede distaccata di Cinquefrondi, proprio i miei clienti mi avevano chiesto di
comunicare alla stampa, per loro conto ed interesse, quanto accaduto e di rispondere alle domande dei giornalisti
con una nota.
Relativamente
al rapporto con la stampa il Codice Deontologico Forense, all’art. 18, prevede
che il difensore, con il consenso del proprio assistito, può fornire agli
organi di informazione e di stampa notizie che non siano coperte, come nel caso
di specie, da segreto istruttorio.
Io non
presenterò, almeno per ora, querela contro il dottore Interdonato per avermi
diffamato, né scriverò all’ordine dei medici o agli altri ordini di vigilanza.
Il mio pensiero, in questo momento, va al povero A. D. S., ed avrei davvero
gradito che anche quello del dottore Interdonato fosse rivolto al piccolo ma la
sensibilità non è una cosa che si può pretendere da tutti.
La mia
condotta, pertanto, è stata non solo deontologicamente corretta, a fronte di quella
del dottore Interdonato che, ad oggi, è imputato di lesioni colpose gravi o
gravissime, ma improntata al rispetto della legge, correttezza, lealtà e senso del dovere nell’interesse dei propri assistiti.
Il pudore
avrebbe imposto al dott. Interdonato di replicare con una nota difensiva
piuttosto che diffamare il professionista che assiste le persone offese anche
se un dato emerge dalla nota del ginecologo di Polistena ed è quello che non
afferma mai – né lo avrebbe potuto – che è stato comunicato alla stampa il
falso.
Taurianova 19.01.2013
0 Commenti