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'Ndrangheta: Boss ucciso Roma, crivellato da almeno nove colpi di pistola calibro 9.

Il luogo dell'omicidio.
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Vincenzo Femia di 67 anni, era uno degli esponenti di spicco e referenti della 'ndrangheta, su Roma da vent'anni. Secondo gli inquirenti si tratta di «un personaggio di primo piano» nella malavita della Capitale.

ROMA, 25 Gennaio 2013 - Omicidio  nella zona dell'Ardeatina  a Roma la scorsa notte. Un uomo di 67 anni, con precedenti, e' stato ucciso a colpi d'arma da fuoco, forse un fucile, mentre era a bordo della sua auto, in via Castelluccio di San Paolo, all'Eur. L'episodio e' accaduto poco dopo le 23 di ieri sera.

Il luogo dell'omicidio.
Sulla vicenda indaga la Squadra Mobile di Roma. Il corpo di Vincenzo Femia,  è stato crivellato da almeno nove colpi di pistola calibro 9 (e non di fucile come era stato ipotizzato in un primo momento) che lo hanno trafitto in varie parti del corpo, tra cui il volto e l'addome.

Femia è stato ucciso mentre era a bordo della sua auto, una Matiz grigia, che aveva ancora il motore acceso. Il cadavere è stato trovato con la testa sul volante mentre i finestrini sono andati in frantumi e alcuni bossoli sono ancora sul sedile passeggero dell'auto.

'NDRANGHETA:BOSS UCCISO A ROMA, ERA DELLA COSCA DI SAN LUCA
 

È un agguato mafioso quello avvenuto la scorsa notte alla periferia di Roma, dove un 67/enne è stato ucciso a colpi di pistola in una stradina isolata. Secondo gli investigatori, Vincenzo Femia da anni era uno degli esponenti di spicco e referenti della 'ndrangheta su Roma da vent'anni. Secondo gli inquirenti si tratta di «un personaggio di primo piano» nella malavita della Capitale, che ha diversi precedenti tra cui associazione mafiosa e apparteneva alla cosca di San Luca, conosciuta per la strage di Duisburg in Germania nel 2007.

Femia, originario di Reggio Calabria ma che risiedeva da molti anni a Roma nel quartiere di Montespaccato, era sorvegliato speciale. Aveva precedenti per associazione mafiosa, traffico internazionale di stupefacenti, tentato omicidio e armi. L'uomo era un referente romano della 'ndrangheta ed affiliato alla cosca di San Luca, la stessa coinvolta nella strage del 2007 di Duisburg in Germania, dove in un ristorante italiano furono uccisi cinque calabresi.



DALL'ARCHIVIO STORICO DEL CORRIERE DELLA SERA  

Assassinato il padrino della ' ndrangheta

Reggio Calabria: Giuseppe Nirta, 82 anni, agli arresti domiciliari, era un esponente storico del crimine calabrese organizzato

Assassinato il padrino della ' ndrangheta

Cinque colpi alla testa del vecchio boss: in veranda stava scrivendo un memoriale. preparava la difesa per il maxiprocesso che oggi lo avrebbe visto imputato. droga, armi, sequestri il suo impero. il magistrato : " le cosche hanno nuovi capi "

------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ Reggio Calabria: Giuseppe Nirta, 82 anni, agli arresti domiciliari, era un esponente storico del crimine calabrese organizzato TITOLO: Assassinato il padrino della ' ndrangheta Cinque colpi alla testa del vecchio boss: in veranda stava scrivendo un memoriale - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - BIANCO (Reggio Calabria) . Il suo nome era una leggenda. La sua morte crea paure. Giuseppe Nirta, 82 anni, di San Luca, era uno degli ultimi patriarchi della ' ndrangheta. Lo hanno assassinato ieri verso le 17, nella sua abitazione di Bianco. Alcuni killer gli hanno esploso cinque colpi di pistola calibro 38 alla testa. Nirta e' morto all' istante. Al momento dell' agguato l' anziano boss era seduto nella veranda della sua casa, a godersi il sole mentre scriveva una memoria difensiva che avrebbe dovuto consegnare stamane ai giudici del tribunale di Locri. Nirta era infatti imputato al maxi processo alle cosche dei sequestri di persona. Era stato arrestato nel settembre del ' 92, assieme ad altre 33 persone nel corso di una operazione denominata "Aspromonte". Data l' eta' gli erano stati concessi gli arresti domiciliari. In questo stesso processo e' imputato uno dei suoi tre figli, Bruno, detto "U professori"; gli altri due, Antonio e Francesco sono titolari di una impresa edile. Nirta era considerato un pezzo da novanta della storia criminale calabrese. E' apparso anche in televisione, intervistato in una trasmissione di Michele Santoro. Il suo nome e' stato legato alle piu' importanti attivita' illecite commesse dalla ' ndrangheta soprattutto nella Locride. Aveva un carisma che valicava i confini della stessa Calabria e i pentiti lo hanno indicato come uno dei componenti della commissione provinciale. Da alcuni anni, pero' , il vecchio padrino s' era fatto da parte. Soprattutto dopo l' eliminazione di altri patriarchi, forse anche perche' il suo ruolo era ormai in declino. La conferma si e' avuta nel luglio del 1993, con il rapimento del fotografo di Bovalino, Adolfo Cartisano, tuttora in mano all' anonima calabrese. I sequestratori hanno abbandonato la moglie del fotografo, Domenica Brancatisano, nei pressi del silos di proprieta' del figlio di Nirta. Un atto che nella legge delle cosche starebbe a significare una delegittimazione del potere nella zona. Ma anche su questo c' e' chi nutre dubbi. La sua morte apre nuovi ed immaginabili scenari nell' universo della ' ndrangheta. Chi ha osato decretare la morte di un padrino? Gli inquirenti sostengono che una decisione del genere non puo' che essere disposta dal vertice della commissione. Le nuove leve dell' organizzazione stanno preparando una nuova stagione di fuoco, che avrebbe come obiettivi l' eliminazione della vecchia guardia del crimine organizzato in Calabria. Una strategia gia' collaudata a Palermo, proprio nelle ultime settimane. I sicari che hanno assassinato Giuseppe Nirta hanno agito da veri professionisti. Forse hanno spiato per giorni le abitudini del vecchio boss. Ieri sono entrati in azione praticamente indisturbati. Si sono avvicinati al muretto che delimita la veranda dell' anziano boss e da non piu' di cinque metri hanno esploso i colpi. Nessuno ha udito e visto niente. Neanche i suoi familiari, che stavano seduti davanti al televisore al primo piano della casa, ubicata alla periferia sud di Bianco. A scorgere il cadavere e' stata una persona che stava transitando per quella strada. Giuseppe Nirta era fratello di Francesco, anche lui personaggio di rispetto nel gotha della ' ndrangheta. La famiglia per anni era stata considerata lontana dai traffici internazionali di droga e d' armi. Un business che caratterizza oggi i maggiori guadagni della ' ndrangheta che, proprio in questi settori criminali, sembra essere tra le organizzazioni piu' forti del mondo. Le cosche hanno abbandonato i sequestri di persona ed hanno investito i loro guadagni in questi traffici, un tempo banditi proprio dai vecchi capi della ' ndrangheta. Recenti indagini della procura distrettuale di Reggio Calabria hanno pero' provato l' interesse delle famiglie storiche anche in queste attivita' , considerate molto remunerative. Proprio i Nirta, i Romeo, i Vottari e gli Strangio, clan storici di San Luca, avrebbero monopolizzato il mercato internazionale della droga e delle armi, creando anche nel Nord Italia vere e proprie centrali di smistamento. La potenza di queste cosche e' data anche dai legami che queste famiglie hanno intrecciato con i clan mafiosi palermitani. L' assassinio di Giuseppe Nirta potrebbe incrinare questo tipo di rapporto cresciuto all' ombra di una intesa che avrebbe dovuto mantenere l' equilibrio tra le famiglie. "Questo delitto e' un segnale rilevante . dice Salvatore Boemi, procuratore aggiunto di Reggio Calabria . i Nirta erano al vertice della ' ndrangheta; l' assassinio di Giuseppe segna l' indice di un cambiamento di rotta. Le cosche si stanno organizzando e al loro interno hanno ridisegnato la mappa dei nuovi capi". Da ieri sono confluiti nella Locride massicci spiegamenti di forze dell' ordine. C' e' il timore di una nuova guerra di mafia. Si indaga su piu' fronti. Si cerca soprattutto di capire se il delitto fosse in qualche modo l' epilogo di una faida iniziata a San Luca nel 1991. Protagonisti furono le famiglie Vottari, Strangio e Nirta. Tutto ebbe inizio durante il carnevale. Uno scherzo male interpretato, la causa dell' omicidio di Francesco Strangio e Domenico Nirta; altri due giovani appartenenti a quest' ultima famiglia, Giovanni e Sebastiano rimasero feriti. A maggio del 1993, il bollettino di questa faida segnala altri quattro morti ammazzati. Tutti giovani appartenenti alle famiglie Vottari, Strangio, Pugliesi. ------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ TITOLO: "Ebbe un ruolo nel delitto Falcone" IL PENTITO - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - SAN LUCA (Reggio Calabria) . Giuseppe Nirta era considerato il capo dell' omonima famiglia di San Luca e della cosca chiamata la "Maggiore" che domina su San Luca e Bianco. Anche i Nirta sono stati protagonisti della guerra tra clan. Nel marzo ' 88 a Bovalino un killer uccise Bruno, dirigente provinciale dc, figlio di Ciccio Nirta, fratello di Giuseppe. Anni dopo, davanti al tribunale di Reggio, fu ucciso Domenico Musitano. Per gli inquirenti, Musitano sarebbe stato ucciso per ordine di Ciccio Nirta che avrebbe cosi' vendicato la morte del figlio. Il nome di Giuseppe Nirta fu fatto al giudice Borsellino dal pentito Vincenzo Calcara: racconto' che l' esplosivo per la strage di Capaci era stato fornito dai calabresi in cambio di cocaina. L' accordo, secondo Calcara, fu raggiunto in un ristorante di Bovalino. L' incontro fu introdotto, affermo' il pentito, dai fratelli Giuseppe e Ciccio Nirta.
Macri' Carlo
Pagina 11
(20 marzo 1995) - Corriere della Sera

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