
BRUZZANO ZEFFIRIO (RC) L’EFFERATO DELITTO DEL PRESUNTO BOSS DOMENICO RODÁ, 48 ANNI, FRATELLO DEL MAMMASANTISSIMA ALESSANDRO, ALL’ERGASTOLO PER OMICIDIO, UN TERREMOTO ALL’INTERNO DELLA ‘NDRANGHETA?
Pregiudicato, attualmente sottoposto a regime di sorveglianza speciale, l'uomo a bordo del suo triciclo motore Piaggio-Ape stava rientrando a casa, dopo aver accudito agli animali in un podere della zona. Sui mass media è stato dipinto come un ‘omicidio eccellente’, che colpisce da vicino il presunto capocosca locale, fratello della vittima. Delitto, che potrebbe rimettere in discussione gli equilibri su cui fino ad oggi si è fondata la pax mafiosa, fra i litigiosi clan della zona. A livello ufficiale, gli investigatori, non escludono alcuna ipotesi sul movente del delitto e le indagini, come da prassi sono orientate a 360 gradi. Tuttavia la pista privilegiata sembra essere quella di un nuovo delitto di ndrangheta. Un sequestro di persona, quello della farmacista Concetta Infantino, di Razzà di Brancaleone, rapita il 25 gennaio del 1983 " e rilasciata senza il pagamento di alcun riscatto, fu la causa di una insanabile frattura tra alcune famiglie della zona Morabito-Bruzzaniti-Palamara e Palamara-Scriva-Speranza. Da allora i due gruppi rivali, che si accusano della responsabilità del sequestro, si sono letteralmente sterminati
Domenico Salvatore

Ma quello di don Mico Rodà, è stato l’ennesimo omicidio di stampo mafioso. Questo, è lapalissiano. I killers acquattati ed armati sino ai denti, attendevano il passaggio della vittima designata, proprio dietro una curva per crivellarla come un colabrodo. Il sorvegliato speciale della P.S. Domenico Rodà, 48 anni, coniugato, padre di sei figli, affiliato alla ben nota famiglia di Bruzzano è stato ucciso così. Nel corso di un agguato di stampo mafioso; con diversi colpi di fucile, caricati a pallettoni ed a palla asciutta. Forse, anche di pistola di grosso calibro; come si usa fare, con i mammasantissima, i padrini ed i capibastone. L'uomo, a bordo della sua moto ape-Piaggio, stava rientrando a casa, dopo aver accudito agli animali, in una proprietà privata della zona. Domenico Rodà, è il fratello del boss Alessandro, condannato all'ergastolo per omicidio. La Corte d'assise di Locri, lunedì 11 aprile 2011, ha condannato all'ergastolo due cugini di Bruzzano Zeffirio, Alessandro Roda' e Francesco Talia, perche' riconosciuti responsabili dell'omicidio dell'operaio Giuseppe Sculli, di 34 anni; ucciso, a Bruzzano Zeffirio, a colpi di fucile caricato a lupara, davanti agli occhi della moglie e del figlio di tre anni, che l'uomo teneva in braccio; in un agguato di stampo mafioso, la sera del 16 febbraio del 2007; mentre rientrava a casa. Il verdetto di condanna, venne pronunciato dalla Corte d’Assise, presieduta da Bruno Muscolo.
L’omicidio di un boss o ‘sballo’, non è mai un caso isolato, né improvviso o d’impeto, ma, ‘sempre’ un delitto, pianificato, studiato a tavolino e griffato dalla ‘ndrangheta. Un terremoto dentro la ‘Piovra’? Preludio scontato ed inevitabile ad uno sciame tellurico; se non, scosse di assestamento. In quest’ottica, era stato inquadrato il delitto dell’operaio idraulico-forestale, Francesco De Maria, di anni 60, coniugato, residente a Messina, ma, originario di Staiti, commesso, un anno fa, il 31 dicembre 201, anch’esso giorno di San Silvestro; ultimo dell’anno. Sui tornanti serpentosi, della dirimpettaia Staiti. Figlio, del mammasantissima ‘don Bruno’, ammazzato nell’ambito della faida di Bruzzano. De Maria, era stato arrestato nell’ambito di un’operazione condotta dalla Polizia di Stato, denominata ‘Vascello’; operazione, nella quale, era rimasto invischiato anche, il ristoratore di Brancaleone Luciano Criseo, ucciso nei pressi del suo negozio. De Maria, era rimasto invischiato, anche, nell’operazione ‘Panta Rei’, un vero e proprio terremoto all’interno dell’Università di Messina, con l’accusa di traffico di droga. Condannato in prima e seconda istanza; sentenza ribaltata dalla Corte di Cassazione.
La Suprema Corte, infatti, ha annullato con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria. L'automobile, una Wolkswagen-Passat condotta dalla vittima, con accanto la moglie Caterina Trimarchi, stava percorrendo la strada, che dalla statale 106 jonica, conduce a Staiti.
L’autovettura, era stata speronata da un fuoristrada, dal quale sono scesi due killer che hanno ucciso nella sua auto davanti agli occhi della moglie, rimasta illesa, con 4 colpi di pistola calibro 9x 21. Nel terribile speronamento il pick-up, rubato a Torino (ma la ‘ndrangheta è “una” sola cosa, da Scilla al Tanaj e dal Manzanarre al Reno) perse una ruota e non potè essere bruciato, come facevano intendere le due taniche di benzina rimaste sul cassone. Agguato in piena regola di puro stampo mafioso Insieme alla moglie, aveva fatto rientro negli ultimi giorni a Staiti per trascorrere con i parenti le festività di fine d’anno. Era considerato dai carabinieri vicino alla cosca Morabito-Mollica-Palamara. Il comandante della stazione di Bruzzano e di Brancaleone, se non di Ferruzzano, il capitano Francesco Donvito, comandante della Compagnia di Bianco, il maggiore Alessandro Mucci, il t.colonnello Giuseppe De Liso, comandante del Gruppo di Locri, il colonnello Lorenzo Falferi, comandante provinciale di Reggio Calabria, hanno avviato da subito le indagini per identificare i killers, ricostruire il movente del delitto e risalire all’eventuale mandante. Soprintende il p.m. coordinato dal procuratore capo della Repubblica di Locri, Luigi D’Alessio (si è occupato anche di un caso di grande evidenza mediatica: il processo a Danilo Restivo per l’omicidio di Elisa Claps) che ha preso il posto del f.f. Salvatore Cosentino.
Quest’ultimo, a suo dire, ingiustamente trasferito dalla sede naturale, aveva prodotto, con esito positivo, regolare ricorso al TAR del Lazio. Si tenta di capire se vi sia un qualche collegamento, pure con il delitto del consigliere comunale di Staiti, Giuseppe Sgabellone, ex autista del boss Saverio Mollica 31 anni, assassinato il 30 ottobre 2011.Vincenzo Sgambellone, bracciante agricolo, pregiudicato, consigliere comunale di maggioranza eletto nella lista civica “Pace, Libertà e Progresso”, nelle elezioni amministrative del 2009, venne ammazzato con numerosi colpi di pistola calibro 7.65. A pochi giorni, dal matrimonio con Antonella. Il cadavere del giovane è stato trovato stamani in località Scorizzi, a pochi metri di distanza dall'auto, completamente bruciata, intestata al padre Salvatore, 54 anni, anch’egli pregiudicato. L'uomo è stato freddato con cinque colpi in testa, tutti sparati da una pistola 7.65 ed è stato ritrovato dai carabinieri in aperta campagna Le indagini, per cercare di fare chiarezza, furono affidate ai militari, guidati dal maggiore Alessandro Mucci e coordinate dal pm della Procura di Locri, Salvatore Cosentino. Dopo qualche tempo, il Consiglio Comunale di Samo, verrà sciolto per infiltrazioni mafiose. Il sorvegliato speciale della P.S. “Don Mico” Rodà, era fratello del padrino di Bruzzano Alessandro Rodà in galera per omicidio. Il 2 luglio 2012, la Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria, pur escludendo le aggravanti mafiose, ha confermato la pena dell'ergastolo, già inflitto in primo grado nei confronti di Alessandro Rodà e Francesco Talia, ritenuti responsabili dell'omicidio di Giuseppe Sculli, avvenuto il 16 febbraio del 2007 a Bruzzano Zeffirio.
Pesano come macigni, le dichiarazioni, già registrate in primo grado, della vedova, Domenica Cuzzupi moglie di Sculli, il muratore bruzzanese, inteso ‘U Pitaci’, ritenuto dagli intercettati il responsabile del duplice omicidio di Giuseppe Talia e Antonia Lugarà, ammazzati il 17 settembre 2005, davanti al cimitero di Bruzzano. In primo grado, il gup di Reggio Calabria, Francesco Petrone, aveva condannato Domenico Rodà a 10 anni di reclusione, Alessandro Rodà a 8 anni, Pasquale e Domenico Talia a 5 anni e quattro mesi e Francesco Talia a 6 anni e quattro mesi di carcere. Furono per la cronaca e per la storia, nella sterminata Locride, due anni (2004-05) di fuoco d’inferno, di morti ammazzati…come nel Far West, si spara e si uccide in pieno giorno, con scene da film: 26 omicidi in poco più di un anno nella Locride, da settembre 2004 a ottobre 2005. Una ventina di episodi diversi, secondo l'agenzia Ansa… Il 17 settembre 2004, a Locri, viene ucciso Massimiliano Carbone, 30 anni, incensurato e titolare di una cooperativa di servizi che dava lavoro anche a giovani disabili, fu ferito a morte al rientro da una partita di calcetto, da un cecchino che si era appostato dietro un muretto del giardino; il 19 settembre, a Grotteria, Giuseppe Commisso, 29 anni, parrucchiere; il 29 settembre, a Bianco, Bruno Mollica, 56 anni, geometra; il 2 novembre, a Ferruzzano, Pasquale e Paolo Rodà, 36 anni e 13 anni, pastori.
Nel 2005: il 6 gennaio, a Casignana, Salvatore Favasuli, 20 anni, commesso, di Africo; il 17 gennaio, a Stilo, Marcello Geracitano, 31 anni, operaio; il 15 febbraio, a Locri, Giuseppe Cataldo, 36 anni, nipote dell' omonimo capoclan; il 7 marzo, a S. Ilario, Francesco Lucà, 45 anni, benzinaio; il 17 aprile, a Portigliola, Giuseppe e Giovanni Longo, 58 e 21 anni, pensionato e operaio. La serie degli omicidi prosegue il 20 aprile, a Ferruzzano, con Elia Altomonte, 30 anni, imprenditore; il 24 maggio, a Siderno, Gianluca Congiusta, 34 anni, commerciante; il 31 maggio, a Siderno, Salvatore Cordì, 51 anni, nipote del presunto capocosca Antonio Cordì, detto "U ragiuneri"; il 26 giugno, a Bovalino, Pepe Tunevic, 36 anni, slavo, venditore ambulante; il 26 luglio, Gioiosa Jonica, Pasquale Simari, 40 anni. Nell'ultimo mese la serie degli omicidi ha assunto un ritmo impressionante: il 15 agosto, a Mammola, viene ucciso Domenico Barillaro, 45 anni, operaio forestale; l'8 settembre, a Gerace, Fortunato La Rosa, un medico oculista in pensione; il 16 settembre, a Bovalino, i fratelli Domenico e Filippo Costarella, di 60 e 57 anni, braccianti agricoli in un agguato di chiaro stampo mafioso.
I due, sono stati assassinati da almeno due persone su un terreno di loro proprietà, dove avevano lavorato per l'intera giornata. Gli assassini, li hanno sorpresi mentre facevano rientro a piedi nella loro abitazione, distante poche centinaia di metri dal luogo dell'agguato; il 17 settembre, a Bruzzano Zeffirio, l'ultimo duplice omicidio: vengono uccisi nei pressi del cimitero Giuseppe Talia, di 26 anni, bracciante agricolo, di Bruzzano, e Antonia Lugarà, 27, commerciante, di Ferruzzano. Il giovane, risiedeva a Bruzzano Zeffirio, mentre la donna, abitava in una frazione del paese, Motticella.
Poi, gli ultimi tre omicidi tra cui quello eclatante di Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio Regionale assassinato il 16 ottobre a Locri, in un seggio dove si stavano svolgendo le primarie del centrosinistra. Pochi giorni dopo cade a Gerace Raffaele Marturano, 50 anni. Ed il 31 ottobre 2005, Antonio Giorgi, di 21 anni, nato a San Luca e residente a Bovalino, due precedenti penali, imparentato con un boss che conta, Antonio Totò Cordì, inteso ‘U Rraggiuneri’, uno dei presunti capi cosca di Locri, reggente dell'omonimo clan dopo l'assassinio, nel 1997, del fratello Cosimo. Antonio Giorgi, stava percorrendo in automobile, una Mercedes Classe A, la statale ionica 106, nei pressi del cimitero di Africo Nuovo.
E' stato affiancato da una moto di grossa cilindrata con due persone a bordo, una guidava e l'altra sparava. Con due pistole: una calibro 9 e una 357 Magnum, recuperata dalla polizia. Il p.m. di turno Rosanna Sgueglia, coordinato dal procuratore capo della Repubblica di Locri, Salvatore Cosentino, attende l’esito dell’autopsia, sul corpo di Domenico Rodà, effettuata dal dottor Aldo Barbaro; elemento utile alle indagini, assieme agli altri già in possesso del magistrato locrese, forniti dal Comando Provinciale dei Carabinieri. Tuttavia non è escluso, che il fascicolo, finisca sul tavolo della DDA di Reggio Calabria, coordinata dal procuratore capo della Repubblica, f.f. Ottavio Sferlazza. Vi sono infatti, ben pochi dubbi, che il delitto sia di stampo mafioso. Domenico Salvatore
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