Il tribunale di Milano, ha inflitto 40 condanne da 20 anni a 3 anni di reclusione, nel processo seguìto alla maxi Operazione 'Infinito', volta a colpire presunte infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia. I giudici milanesi, hanno condannato anche l'ex direttore Asl di Pavia Antonio Chiriaco a 13 anni di reclusione. Tra le condanne ci sono anche quelle di Pino Neri, massone dichiarato, ritenuto il capo della locale di Pavia, ma che prima di essere un mafioso è un rispettato avvocato tributarista, 18 anni; e dell'ex carabiniere Michele Berlingeri (13 anni e sei mesi). L’imprenditore Ivano Perego a 12 anni . Nella prima tranche, davanti al Gup,110 imputati erano stati processati e condannati; con pene, che vanno da un massimo di 16 anni di reclusione per Alessandro Manno, capo della locale di Pioltello, Pasquale Zappia (condannato a 12 anni) nominato ‘capo dei capi’, durante una riunione a Paderno Dugnano, nel centro intitolato a Falcone e Borsellino; colui che sarebbe stato scelto, come “Mastro generale” e successore di Carmelo Novella, ucciso un anno prima a San Vittore Olona, in provincia di Milano, perché voleva rendersi indipendente dalla Calabria; Cosimo Barranca, condannato a 14 anni di reclusione, capo della locale di Milano e contatti diretti con la ‘Provincia’, organo di comando dell’intera organizzazione, capace di mantenere rapporti con uomini della cosiddetta zona grigia (mafia, impresa, politica, massoneria) Vincenzo Mandalari, presunto boss della ‘ndrangheta trapiantata in Lombardia, dai giudici considerato il capo società di Bollate, sino ad un minimo di 1 anno e 4 mesi per l’ex sindaco di Borgarello (Pavia); Pasquale Valdes. Cinque le assoluzioni, quattro non luogo a procedere: 3 perché già giudicati per i medesimi fatti in altro procedimento, un quarto per estinzione del reato a causa della morte dell’imputato
MILANO, UN PROCESSO…”INFINITO”, IL PRESUNTO PADRINO DELLA ‘NDRANGHETA DI DESIO, CANDELORO PIO, INTESO “TONY”, ORIGINARIO DI MONTEBELLO JONICO, CONDANNATO A 20 ANNI DI RECLUSIONE, NEL COSIDDETTO RITO ORDINARIO, PINO NERI A 18, VINCENZO NOVELLA A 16, MICHELE BERLINGERI A 13 E SEI MESI, CARLO CHIRIACO A 13, IVANO PEREGO A 12, FRANCESCO DI PALMA A 11 FRANCESCO MANNO A 10 E 10 MESI, ANGELICA RIGGIO 6 ANNI E SEI MESI, NATALE MARRONE 3 ANNI E 3 MESI
La sentenza e' arrivata nell'aula bunker in via Filangeri a Milano, a pochi passi dal carcere di San Vittore. Al presunto boss di Desio, Pio Candeloro, fonte Reuters, è stata data la pena più alta di 20 anni di carcere, a 18 anni è stato condannato Pino Neri, il 'capo dei capi' della 'ndrangheta in Lombardia; il boss Vincenzo Novella a 16 anni. L'ex dirigente della Asl di Pavia Carlo Chiriaco, accusato di aver favorito gli interessi economici della 'ndrangheta con appalti pubblici e iniziative immobiliari e di aver fatto da cerniera tra l'organizzazione criminale e la politica, è stato condannato a 13 anni di carcere. All'imprenditore Ivano Perego sono stati inflitti 12 anni piu' la pena accessoria della inabilitazione all'esercizio di imprese commerciali per dieci anni. I giudici dell'ottava sezione penale, che hanno letto il verdetto nell'aula bunker del carcere di San Vittore, hanno stabilito anche che alcuni condannati debbano risarcire con un milione di euro la regione Lombardia. Sono stati previsti risarcimenti anche a favore della provincia di Monza e Brianza, della regione Calabria, dei comuni di Seregno, Desio, Bollate e Pavia. I parenti gridavno…”Buffoni, buffoni", "Vergogna", "I mafiosi siete voi", "Andate a lavorare"
Domenico Salvatore
MILANO-La ‘ndrangheta in Lombardia affonda le radici nel Dopoguerra. Allora, si chiamava ancora ‘Onorata Società” degli ‘omini di panza, pettu e prisenza’ ; se non ‘Fibbia’ o ‘Gramigna’. Gli emigranti calabresi, a decine di migliaia, compreso il direttore di questa testata, per sbarcare il lunario, presero la valigia di cartone ed il treno della speranza (se non della disperazione). In cerca di fortuna. Portarono con sé gli usi, costumi, tradizioni e cultura della terra d’origine. Più tardi, arrivarono i soggiornanti obbligati, pregiudicati, ergastolani, avanzi delle patrie galere. Un grande magistrato, VincEnzo Macrì, (Viceprocuratore Nazionale Antimafia ), oggi procuratore generale ad Ancona, negli Anni Ottanta, lanciò l’allarme sull’invasione della ‘ndrangheta nella Pianura Padana. In modo particolare Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Liguria, (Negli Anni Novanta stimò il valore dei ricavi quotidiani della ndrangheta milanese, in 400 milioni di lire) ma non venne preso in parola. Anzi ci fu, chi lo considerò un visionario; se non un mitomane od un megalomane. Tuttavia, la"colonizzazione" della 'ndrangheta, era in atto ormai da anni. Il super-pentito Saverio Morabito, rivelò, che la Libia volesse assoldare un gruppo di fuoco tra ndrangheta e Cosa Nostra, per uccidere alcuni oppositore del regime in Egitto, Stati Uniti e Gran Bretagna. Poco male. Sino all’altro giorno, Prefetti, Questori, Sindaci, Governatori, Presidenti di Provincia, negarono l’esistenza della mafia; comunque la presenza della ‘ndrangheta in Lombardia. C’è voluta l’ostinazione e la lungimiranza di due procuratori capo della Repubblica come Manlio Minale (Milano) e Giuseppe Pignatone (Reggio Calabria) e l’operazione Crimine-Infinito, per aprire gli occhi.
Anzi per spalancarli. Ma oramai è troppo tardi per la prevenzione. C’è spazio, solo per la repressione. Un processo tira l’altro. Migliaia di anni di galera ed ergastoli e 41 bis; sequestro e confisca di beni mobili ed immobili nell’ordine delle centinaia di milioni, se non di miliardi; arresti domiciliari, servizi sociali, obbligo di firma, libertà vigilata ecc. Solo dal Processo” Nord – Sud” era arrivata una pioggia di ergastoli. Tredici condanne a vita e 1.800 anni di carcere ai 133 imputati della 'ndrangheta. Nove ergostoli per Paolo Sergi; sette condanne a vita per Francesco Trimboli; sei per Saverio Sergi; due per Antonio Papalia. Uno a testa per:Pietro Amante, 49, Domenico Branca, 39, Giulio Antonino Lombardo, 35, Alessandro Nucara, 38, Domenico Papalia, 52, Rocco Papalia, 47, Vincenzo Saffioti, 39, Francesco Sergi, 29. Un altro troncone dell’inchiesta, si era visto irrogare una trentina di ergastoli. Condannati i colpevoli dei sequestri Galli, Rancilio, Cattaneo, Jacorossi e Casella L’inchiesta era sostenuta dalla collaborazione di 23 pentiti, tra cui il boss Francesco Saverio Morabito. I fratelli Papalia e Sergi di Plati (RC), erano descritti come i boss dei boss in Lombardia. L’ultimo allarme lo aveva lanciato, il colonnello Domenico Grimaldi, comandante del Gico della Guardia di Finanza di Milano, durante la conferenza stampa che ha fatto seguito all’operazione “Cerberus”; un’indagine delle Fiamme Gialle, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano e durata quattro anni …
Otto arresti nella zona sud di Milano per i calabresi della cosca Barbaro-Papalia, guidata dietro le sbarre dai fratelli Domenico, Rocco e Antonio Papalia (originari di Platì, oggi tutti al 41 bis). Hanno influenza anche sui Comuni di Buccinasco, Corsico, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Gaggiano. "Si tratta, aveva spiegato Grimaldi, degli epigoni di Domenico, Rocco e Antonio Papalia, che hanno investito i propri reggenti direttamente dal carcere, dove scontano l'ergastolo”. Stiamo parlando dell’operazione ‘Cerberus’, partita nel 2004 e arrivata nella zona di Buccinasco, Assago e Corsico. Il 10 luglio 2008 nell'operazione Cerberus della Guardia di Finanza su ordine del gip di Milano Piero Gamacchio e su richiesta del pm Alessandra Dolci, vengono arrestati Domenico Barbaro, 71 anni detto l’australiano, i figli Salvatore e Rosario Barbaro, Pasquale Papalia (figlio di Antonio Papalia), Mario Miceli (era in carcere per rapina), Maurizio De Luna, Maurizio Luraghi e Giuliana Persegoni. Tutti gli arrestati, ricevevano ordini dai capibastone in carcere al 41bis Domenico, Rocco e Antonio Papalia. Loro ordinavano e le «nuove leve» eseguivano A tradirli è stato il business della movimentazione della terra: "La terra vale oro". Rende quasi quanto la droga, ma è un business molto più sicuro e soprattutto non attira l'attenzione delle forze dell'ordine.
Per il colonnello Domenico Grimaldi, la 'ndrangheta calabrese, monopolizzava tra Buccinasco, Corsico e Assago, con le famiglie Barbaro e Papalia il settore del "movimento terra"; cioè il trasporto di terra e ghiaia per i cantieri edili. Un business, che fruttava alla criminalità organizzata svariati milioni di euro l'anno. Tutti gli imprenditori edili, sapevano che gli appalti per il trasporto della terra era affare dei calabresi. Nel giugno del 2010 il Tribunale di Milano, accogliendo le richieste formulate dal pm della Dda milanese, Alessandra Dolci, aveva condannato Salvatore Barbaro a nove anni di reclusione, Domenico e Rosario Barbaro a sette anni, Mario Miceli a sei anni e Maurizio Luraghi a quattro anni e sei mesi. Pene confermate in appello il 20 maggio dello scorso anno. Sebbene, la Corte di Cassazione, disattendendo la requisitoria del procuratore generale che aveva chiesto la conferma delle pene ed accogliendo i ricorsi della difesa, abbia annullato la sentenza, disponendo il rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. Il 19 novembre 2011,un anno e mezzo dopo il maxi blitz del 13 luglio 2010, le cosche lombarde della ‘ndrangheta, incassarono la sentenza di primo grado. Ed ora la seconda tranche, con il rito ordinario.
Il tribunale di Milano ha inflitto 40 condanne nel processo seguito alla maxi Operazione 'Infinito', volta a colpire presunte infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia. Le pene variano dai 3 ai 20 anni. Tre le assoluzioni. I giudici hanno condannato anche l'ex direttore Asl di Pavia Antonio Chiriaco a 13 anni di reclusione. Tra le condanne ci sono anche quelle di Pino Neri, 18 anni, e dell'ex carabiniere Michele Berlingeri (13 anni e sei mesi). La condanna più dura l’ha subìta Candeloro Pio, presunto mammasantissima di Desio, comune sciolto per mafia), originario di Montebello Jonico (RC). “capo società del locale di Desio comandato da Giuseppe Moscato” inteso ‘Peppe’, il più anziano dei fratelli ( 17.2, Capo 1 dell’ordinanza Infinito), figlio di Antonia Iamonte, deceduta nel 1994; sorella del mammasantissima della ‘ndrangheta don Natale, padrino del clan omonimo di Melito Porto Salvo. Giuseppe Moscato, presente al summit al ristorante ‘Il Palio’ di Legnano, del 26 febbraio 2008, viene indicato come il capo del locale di Desio da Pietro Panetta e Vincenzo Mandalari, che vogliono conferirgli la dote di padrino. Moscato partecipa alle riunioni per l riassetto della provincia ‘Lombardia’ dopo l’uccisione di Nuzzo Novella.
Presente anche al Summit di Paderno Dugnano del 31 ottobre 2009. Assieme al Capo di Società, Candeloro Pio, dote del quartino. Nella squadra, recita l’ordinanza, ci sarebbero stati: PIO Candeloro detto Tonino, PIO Domenico detto Mico, MINNITI Nicola, MINNITI Giuseppe, SGRO’ Giuseppe detto Peppe, SGRO’ Eduardo Salvatore detto Turi, POLIMENI Candeloro detto Candi, TRIPODI Antonino detto Nino, MANNA Domenico, SALATINO Giuseppe, DI PALMA Francesco, FOTI Bartolo, COTRONEO Vincenzo. Al vertice c’è Annunziato Giuseppe Moscato, detto «Peppe», 68 anni, nipote del mammasantissima ‘don Natale’ Iamonte, 85enne sottoposto al carcere duro; cosca smantellata dai carabinieri guidati dal capitano Cataldo Pantaleo. Il Pio, ha cercato in più di un’occasione di agire anche in via autonoma ma tramite il solito ‘canale delle ambasciate’ e con l’intervento diretto di Moscato Saverio è stato redarguito e ricondotto nell’alveo istituzionale ‘ndranghetistico. In ogni caso ha dimostrato in numerose occasioni la statura e lo spessore del capo, anche se, si è dovuto’sporcare le mani’nella diretta commissione di reati fine. E’ colui che mantiene in modo anche diretto i rapporti con la cosca Iamonte di Melito Porto Salvo. La sua carica di Capo Società, lo rende personaggio di pari livello a Pio Domenico, classe 1946, subordinato solamente a Moscato Saverio (deceduto) ed ovviamente, al Capo Locale Moscato Giuseppe…Si può sostenere che ‘il gruppo criminale’ facente capo a Pio Candeloro è il braccio armato del locale di Desio. Un servizio de “il Giorno” del 6 ottobre 2010 riportava,…”Nei guai anche Roberto Lucchini e Agostino Fallara.
C’è un’ampia presenza della «Locale» di Desio nelle 123 pagine dell’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano Andrea Ghinetti, ha emesso 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere, per altrettanti esponenti della ‘ndrangheta in Lombardia. Dei 13 arresti operati dall’Arma brianzola, tre erano ancora in libertà, mentre gli altri erano già in carcere: si tratta di Angelica Riggio la compagna 29enne del «capo società» Domenico Pio, Roberto Lucchini, 60 anni, e Agostino Fallara, 30. I primi due rintracciati da queste parti, mentre il Fallara è stato acciuffato nella natìa Melito Porto Salvo, in Calabria. Gli altri personaggi raggiunti dal provvedimento sono Carlo Antonio Chiriaco, Emanuele De Castro, Aldo Laudicina, Ignazio Marrone, Giuseppe Antonio Medici, Candeloro Pio, Domenico Pio, Giuseppe Salvatore, Pasquale Giovanni Varca, Carmine Giuseppe Verterame, Alfredo Introini, Salvatore Paolillo, Giovanni Valdes, Vincenzo Novella, Alfredo Scarfò, Fabio Zocchi, Nicodemo Filippelli e Cosimo Damiano Vallelonga. Nomi legati al filone pavese, che ha fatto scalpore per l’arresto del sindaco di Borgarello, ma anche alla Locale desiana: la figura che si conferma predominante è quella di Domenico Pio, camionista con la «passione» per le estorsioni, che anche grazie alla sua attività aveva modo di conoscere persone in difficoltà fuori territorio, finendo per allargare il suo campo d’azione (ad esempio, nella Bergamasca).
Da solo, o in compagnia della Riggio, di Lucchini e Fallara è stato protagonista di numerose altre azioni di forza, oltre a quelle già accertate: 6mila euro prestati a una ristoratrice, che diventano 11.400 in tre mesi; altri 6mila euro prestati a un consulente finanziario, che diventano 100 mila euro nell’arco di 8 anni (con la vittima che saputo dell’arresto in luglio di «Mimmo» si sente liberata dall’incubo e invece poi si ritrova i collaboratori del boss a riscuotere il denaro e piomba in depressione, meditando il suicidio); oltre 70mila prestati a un’altra donna, con un’infinità di cambiali con maggiorazioni del 15% in caso di insoluto. Un’attività messa in atto con la sola forza dell’intimidazione, nella gran parte delle volte, ma anche, all’occorrenza, con violente punizioni. Come quella riservata al consulente finanziario, fatto salire in auto, portato nella taverna della villa desiana del malvivente e massacrato di botte dal nipote dello stesso, non ancora identificato, tanto da rompergli diversi denti: “Lui ha ammazzato suo padre”, gli dice Mimmo, riferendosi al nipote, lasciando intendere che non si farebbe certo scrupoli ad ammazzare un estraneo. Un vortice di violenza fisica e psicologica, di cambiali maggiorate anche del 20% se non pagate, di auto e case che le vittime sono costrette a cedere a Mimmo per onorare i debiti.” .
Venti anni di reclusione per associazione di stampo mafioso a Candeloro Pio, ritenuto il braccio operativo del capo della 'locale' della 'ndrangheta di Desio, Annunziato Moscato, collegato alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo e capo del gruppo di 'ndrine stanziato nel Desiano, già condannato a 11 anni di reclusione con il rito abbreviato). Pari grado è Domenico Pio. Si occupa di organizzare alcuni dei vertici tenutisi fra il 2008 e il 2009 nella zona (ne sono stati svolti in gelaterie, ristoranti e locali pubblici di Desio, Seregno, Giussano). A Nicola Minniti, fonte Il Giorno, invece, 36enne che abita in città, spetta il ruolo di contabile della cosca. Giuseppe Sgrò detto «Peppe» ha 32 anni e vive a Cesano, come il fratello Eduardo Salvatore detto «Turi» di 36 anni. Quest’ultimo ha un ruolo meno rilevante ed è stato candidato alle ultime elezioni comunali di Cesano, nel Pdl, dove ha racimolato appena 35 voti. Entrambi sono autori di intimidazioni, di attività più o meno illecite, fanno da esattori in episodi di estorsioni (anche nei confronti dei due fratelli Marrone, dell’omonima carrozzeria di via Ferravilla a Desio). Per loro l’accusa, oltre che per associazione a delinquere, è anche per traffico di droga: da qualche anno smerciavano cocaina e durante il blitz ne è stato trovato un etto dietro una statua di Madonna, in una grotta vicino casa.
Candeloro Polimeni, 36 anni, è di Seregno: è nipote di Moscato ed è il primo a riferire al capo, quando qualcuno della «locale» s’arroga diritti non suoi. Organizza gli incontri del gruppo cittadino e difende l’onorabilità dello stesso, «nessuno si può permettere di infangare la sua famiglia», emerge nelle carte, pena azioni violente. Tripodi Antonino, 31 anni, abita anche lui a Seregno, ma fa riferimento alla cosca desiana: ne rappresenta la faccia pulita, insospettabile, in quanto incensurato e con una regolare attività di panificio a Seregno; per questo custodisce l’arsenale del gruppo, pistole, fucili, detonatori, esplosivo, ritrovati in parte in un box nel 2009 e in parte adesso. Viene fermato alle 4 di mattina, alla veglia funebre del nonno. A completare la «squadra» c’erano Domenico Manna, 41enne desiano, Francesco Di Palma, 44enne seregnese, e Bartolo Foti, 37enne domiciliato a Correzzana. Più G.S. e V.C., al momento a piede libero. La condanna inflitta dai giudici della ottava sezione del Tribunale di Milano nel processo ordinario nei confronti di una quarantina di imputati per la maxioperazione 'Infinito', che il 13 luglio 2010 ha sgominato l'organizzazione della n'drangheta in Brianza. Il collegio di giudici presieduto da Maria Luisa Balzarotti, ha infatti riconosciuto un risarcimento dei danni di 300mila euro ciascuno alla Provincia di Monza e Brianza e ai Comuni di Desio e Seregno che si erano costituiti parti civili al processo. In dirittura d’arrivo il processo ‘Bagliore’.
Ed anche l’Appello del processo Infnito. Il padrino Antonino Belnome, capo della 'locale' di Seregno, di Giussano, diventato un pentito e reo confesso dell'omicidio di Carmelo Novella (lo 'scissionista' della n'drangheta calabrese in trasferta in Lombardia) è già stato condannato a 11 anni e mezzo di reclusione; tra gli imputati anche Michael Panaja che, come Antonino Belnome, ha deciso di collaborare con la Giustizia. Alla Regione Lombardia andrà 1 milione e 200 mila euro. Sono stati disposti inoltre risarcimenti da parte di alcuni degli imputati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per 500 mila euro al ministero dell’Interno e al ministero della Difesa. Trecentomila euro sono stati stabiliti per la parte civile regione Calabria, la stessa cifra per il comune di Bollate, il comune di Pavia, provincia di Monza-Brianza, il comune di Seregno e il comune di Desio. Lo Stato impone la sua legge. Almeno, ci prova, visti i chiari luna del…disconoscimento della mafia. Sarà. A Milano tuttavia, nella Capitale morale degl’Italiani, i processi si celebrano per davvero; i giudici sono incorruttibili; la pena è certa. Domenico Salvatore
MILANO, UN PROCESSO…”INFINITO”, IL PRESUNTO PADRINO DELLA ‘NDRANGHETA DI DESIO, CANDELORO PIO, INTESO “TONY”, ORIGINARIO DI MONTEBELLO JONICO, CONDANNATO A 20 ANNI DI RECLUSIONE, NEL COSIDDETTO RITO ORDINARIO, PINO NERI A 18, VINCENZO NOVELLA A 16, MICHELE BERLINGERI A 13 E SEI MESI, CARLO CHIRIACO A 13, IVANO PEREGO A 12, FRANCESCO DI PALMA A 11 FRANCESCO MANNO A 10 E 10 MESI, ANGELICA RIGGIO 6 ANNI E SEI MESI, NATALE MARRONE 3 ANNI E 3 MESI
La sentenza e' arrivata nell'aula bunker in via Filangeri a Milano, a pochi passi dal carcere di San Vittore. Al presunto boss di Desio, Pio Candeloro, fonte Reuters, è stata data la pena più alta di 20 anni di carcere, a 18 anni è stato condannato Pino Neri, il 'capo dei capi' della 'ndrangheta in Lombardia; il boss Vincenzo Novella a 16 anni. L'ex dirigente della Asl di Pavia Carlo Chiriaco, accusato di aver favorito gli interessi economici della 'ndrangheta con appalti pubblici e iniziative immobiliari e di aver fatto da cerniera tra l'organizzazione criminale e la politica, è stato condannato a 13 anni di carcere. All'imprenditore Ivano Perego sono stati inflitti 12 anni piu' la pena accessoria della inabilitazione all'esercizio di imprese commerciali per dieci anni. I giudici dell'ottava sezione penale, che hanno letto il verdetto nell'aula bunker del carcere di San Vittore, hanno stabilito anche che alcuni condannati debbano risarcire con un milione di euro la regione Lombardia. Sono stati previsti risarcimenti anche a favore della provincia di Monza e Brianza, della regione Calabria, dei comuni di Seregno, Desio, Bollate e Pavia. I parenti gridavno…”Buffoni, buffoni", "Vergogna", "I mafiosi siete voi", "Andate a lavorare"
Domenico Salvatore
MILANO-La ‘ndrangheta in Lombardia affonda le radici nel Dopoguerra. Allora, si chiamava ancora ‘Onorata Società” degli ‘omini di panza, pettu e prisenza’ ; se non ‘Fibbia’ o ‘Gramigna’. Gli emigranti calabresi, a decine di migliaia, compreso il direttore di questa testata, per sbarcare il lunario, presero la valigia di cartone ed il treno della speranza (se non della disperazione). In cerca di fortuna. Portarono con sé gli usi, costumi, tradizioni e cultura della terra d’origine. Più tardi, arrivarono i soggiornanti obbligati, pregiudicati, ergastolani, avanzi delle patrie galere. Un grande magistrato, VincEnzo Macrì, (Viceprocuratore Nazionale Antimafia ), oggi procuratore generale ad Ancona, negli Anni Ottanta, lanciò l’allarme sull’invasione della ‘ndrangheta nella Pianura Padana. In modo particolare Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Liguria, (Negli Anni Novanta stimò il valore dei ricavi quotidiani della ndrangheta milanese, in 400 milioni di lire) ma non venne preso in parola. Anzi ci fu, chi lo considerò un visionario; se non un mitomane od un megalomane. Tuttavia, la"colonizzazione" della 'ndrangheta, era in atto ormai da anni. Il super-pentito Saverio Morabito, rivelò, che la Libia volesse assoldare un gruppo di fuoco tra ndrangheta e Cosa Nostra, per uccidere alcuni oppositore del regime in Egitto, Stati Uniti e Gran Bretagna. Poco male. Sino all’altro giorno, Prefetti, Questori, Sindaci, Governatori, Presidenti di Provincia, negarono l’esistenza della mafia; comunque la presenza della ‘ndrangheta in Lombardia. C’è voluta l’ostinazione e la lungimiranza di due procuratori capo della Repubblica come Manlio Minale (Milano) e Giuseppe Pignatone (Reggio Calabria) e l’operazione Crimine-Infinito, per aprire gli occhi. Anzi per spalancarli. Ma oramai è troppo tardi per la prevenzione. C’è spazio, solo per la repressione. Un processo tira l’altro. Migliaia di anni di galera ed ergastoli e 41 bis; sequestro e confisca di beni mobili ed immobili nell’ordine delle centinaia di milioni, se non di miliardi; arresti domiciliari, servizi sociali, obbligo di firma, libertà vigilata ecc. Solo dal Processo” Nord – Sud” era arrivata una pioggia di ergastoli. Tredici condanne a vita e 1.800 anni di carcere ai 133 imputati della 'ndrangheta. Nove ergostoli per Paolo Sergi; sette condanne a vita per Francesco Trimboli; sei per Saverio Sergi; due per Antonio Papalia. Uno a testa per:Pietro Amante, 49, Domenico Branca, 39, Giulio Antonino Lombardo, 35, Alessandro Nucara, 38, Domenico Papalia, 52, Rocco Papalia, 47, Vincenzo Saffioti, 39, Francesco Sergi, 29. Un altro troncone dell’inchiesta, si era visto irrogare una trentina di ergastoli. Condannati i colpevoli dei sequestri Galli, Rancilio, Cattaneo, Jacorossi e Casella L’inchiesta era sostenuta dalla collaborazione di 23 pentiti, tra cui il boss Francesco Saverio Morabito. I fratelli Papalia e Sergi di Plati (RC), erano descritti come i boss dei boss in Lombardia. L’ultimo allarme lo aveva lanciato, il colonnello Domenico Grimaldi, comandante del Gico della Guardia di Finanza di Milano, durante la conferenza stampa che ha fatto seguito all’operazione “Cerberus”; un’indagine delle Fiamme Gialle, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano e durata quattro anni …
Otto arresti nella zona sud di Milano per i calabresi della cosca Barbaro-Papalia, guidata dietro le sbarre dai fratelli Domenico, Rocco e Antonio Papalia (originari di Platì, oggi tutti al 41 bis). Hanno influenza anche sui Comuni di Buccinasco, Corsico, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Gaggiano. "Si tratta, aveva spiegato Grimaldi, degli epigoni di Domenico, Rocco e Antonio Papalia, che hanno investito i propri reggenti direttamente dal carcere, dove scontano l'ergastolo”. Stiamo parlando dell’operazione ‘Cerberus’, partita nel 2004 e arrivata nella zona di Buccinasco, Assago e Corsico. Il 10 luglio 2008 nell'operazione Cerberus della Guardia di Finanza su ordine del gip di Milano Piero Gamacchio e su richiesta del pm Alessandra Dolci, vengono arrestati Domenico Barbaro, 71 anni detto l’australiano, i figli Salvatore e Rosario Barbaro, Pasquale Papalia (figlio di Antonio Papalia), Mario Miceli (era in carcere per rapina), Maurizio De Luna, Maurizio Luraghi e Giuliana Persegoni. Tutti gli arrestati, ricevevano ordini dai capibastone in carcere al 41bis Domenico, Rocco e Antonio Papalia. Loro ordinavano e le «nuove leve» eseguivano A tradirli è stato il business della movimentazione della terra: "La terra vale oro". Rende quasi quanto la droga, ma è un business molto più sicuro e soprattutto non attira l'attenzione delle forze dell'ordine.
Per il colonnello Domenico Grimaldi, la 'ndrangheta calabrese, monopolizzava tra Buccinasco, Corsico e Assago, con le famiglie Barbaro e Papalia il settore del "movimento terra"; cioè il trasporto di terra e ghiaia per i cantieri edili. Un business, che fruttava alla criminalità organizzata svariati milioni di euro l'anno. Tutti gli imprenditori edili, sapevano che gli appalti per il trasporto della terra era affare dei calabresi. Nel giugno del 2010 il Tribunale di Milano, accogliendo le richieste formulate dal pm della Dda milanese, Alessandra Dolci, aveva condannato Salvatore Barbaro a nove anni di reclusione, Domenico e Rosario Barbaro a sette anni, Mario Miceli a sei anni e Maurizio Luraghi a quattro anni e sei mesi. Pene confermate in appello il 20 maggio dello scorso anno. Sebbene, la Corte di Cassazione, disattendendo la requisitoria del procuratore generale che aveva chiesto la conferma delle pene ed accogliendo i ricorsi della difesa, abbia annullato la sentenza, disponendo il rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. Il 19 novembre 2011,un anno e mezzo dopo il maxi blitz del 13 luglio 2010, le cosche lombarde della ‘ndrangheta, incassarono la sentenza di primo grado. Ed ora la seconda tranche, con il rito ordinario.
Il tribunale di Milano ha inflitto 40 condanne nel processo seguito alla maxi Operazione 'Infinito', volta a colpire presunte infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia. Le pene variano dai 3 ai 20 anni. Tre le assoluzioni. I giudici hanno condannato anche l'ex direttore Asl di Pavia Antonio Chiriaco a 13 anni di reclusione. Tra le condanne ci sono anche quelle di Pino Neri, 18 anni, e dell'ex carabiniere Michele Berlingeri (13 anni e sei mesi). La condanna più dura l’ha subìta Candeloro Pio, presunto mammasantissima di Desio, comune sciolto per mafia), originario di Montebello Jonico (RC). “capo società del locale di Desio comandato da Giuseppe Moscato” inteso ‘Peppe’, il più anziano dei fratelli ( 17.2, Capo 1 dell’ordinanza Infinito), figlio di Antonia Iamonte, deceduta nel 1994; sorella del mammasantissima della ‘ndrangheta don Natale, padrino del clan omonimo di Melito Porto Salvo. Giuseppe Moscato, presente al summit al ristorante ‘Il Palio’ di Legnano, del 26 febbraio 2008, viene indicato come il capo del locale di Desio da Pietro Panetta e Vincenzo Mandalari, che vogliono conferirgli la dote di padrino. Moscato partecipa alle riunioni per l riassetto della provincia ‘Lombardia’ dopo l’uccisione di Nuzzo Novella.
Presente anche al Summit di Paderno Dugnano del 31 ottobre 2009. Assieme al Capo di Società, Candeloro Pio, dote del quartino. Nella squadra, recita l’ordinanza, ci sarebbero stati: PIO Candeloro detto Tonino, PIO Domenico detto Mico, MINNITI Nicola, MINNITI Giuseppe, SGRO’ Giuseppe detto Peppe, SGRO’ Eduardo Salvatore detto Turi, POLIMENI Candeloro detto Candi, TRIPODI Antonino detto Nino, MANNA Domenico, SALATINO Giuseppe, DI PALMA Francesco, FOTI Bartolo, COTRONEO Vincenzo. Al vertice c’è Annunziato Giuseppe Moscato, detto «Peppe», 68 anni, nipote del mammasantissima ‘don Natale’ Iamonte, 85enne sottoposto al carcere duro; cosca smantellata dai carabinieri guidati dal capitano Cataldo Pantaleo. Il Pio, ha cercato in più di un’occasione di agire anche in via autonoma ma tramite il solito ‘canale delle ambasciate’ e con l’intervento diretto di Moscato Saverio è stato redarguito e ricondotto nell’alveo istituzionale ‘ndranghetistico. In ogni caso ha dimostrato in numerose occasioni la statura e lo spessore del capo, anche se, si è dovuto’sporcare le mani’nella diretta commissione di reati fine. E’ colui che mantiene in modo anche diretto i rapporti con la cosca Iamonte di Melito Porto Salvo. La sua carica di Capo Società, lo rende personaggio di pari livello a Pio Domenico, classe 1946, subordinato solamente a Moscato Saverio (deceduto) ed ovviamente, al Capo Locale Moscato Giuseppe…Si può sostenere che ‘il gruppo criminale’ facente capo a Pio Candeloro è il braccio armato del locale di Desio. Un servizio de “il Giorno” del 6 ottobre 2010 riportava,…”Nei guai anche Roberto Lucchini e Agostino Fallara.
C’è un’ampia presenza della «Locale» di Desio nelle 123 pagine dell’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano Andrea Ghinetti, ha emesso 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere, per altrettanti esponenti della ‘ndrangheta in Lombardia. Dei 13 arresti operati dall’Arma brianzola, tre erano ancora in libertà, mentre gli altri erano già in carcere: si tratta di Angelica Riggio la compagna 29enne del «capo società» Domenico Pio, Roberto Lucchini, 60 anni, e Agostino Fallara, 30. I primi due rintracciati da queste parti, mentre il Fallara è stato acciuffato nella natìa Melito Porto Salvo, in Calabria. Gli altri personaggi raggiunti dal provvedimento sono Carlo Antonio Chiriaco, Emanuele De Castro, Aldo Laudicina, Ignazio Marrone, Giuseppe Antonio Medici, Candeloro Pio, Domenico Pio, Giuseppe Salvatore, Pasquale Giovanni Varca, Carmine Giuseppe Verterame, Alfredo Introini, Salvatore Paolillo, Giovanni Valdes, Vincenzo Novella, Alfredo Scarfò, Fabio Zocchi, Nicodemo Filippelli e Cosimo Damiano Vallelonga. Nomi legati al filone pavese, che ha fatto scalpore per l’arresto del sindaco di Borgarello, ma anche alla Locale desiana: la figura che si conferma predominante è quella di Domenico Pio, camionista con la «passione» per le estorsioni, che anche grazie alla sua attività aveva modo di conoscere persone in difficoltà fuori territorio, finendo per allargare il suo campo d’azione (ad esempio, nella Bergamasca).
Da solo, o in compagnia della Riggio, di Lucchini e Fallara è stato protagonista di numerose altre azioni di forza, oltre a quelle già accertate: 6mila euro prestati a una ristoratrice, che diventano 11.400 in tre mesi; altri 6mila euro prestati a un consulente finanziario, che diventano 100 mila euro nell’arco di 8 anni (con la vittima che saputo dell’arresto in luglio di «Mimmo» si sente liberata dall’incubo e invece poi si ritrova i collaboratori del boss a riscuotere il denaro e piomba in depressione, meditando il suicidio); oltre 70mila prestati a un’altra donna, con un’infinità di cambiali con maggiorazioni del 15% in caso di insoluto. Un’attività messa in atto con la sola forza dell’intimidazione, nella gran parte delle volte, ma anche, all’occorrenza, con violente punizioni. Come quella riservata al consulente finanziario, fatto salire in auto, portato nella taverna della villa desiana del malvivente e massacrato di botte dal nipote dello stesso, non ancora identificato, tanto da rompergli diversi denti: “Lui ha ammazzato suo padre”, gli dice Mimmo, riferendosi al nipote, lasciando intendere che non si farebbe certo scrupoli ad ammazzare un estraneo. Un vortice di violenza fisica e psicologica, di cambiali maggiorate anche del 20% se non pagate, di auto e case che le vittime sono costrette a cedere a Mimmo per onorare i debiti.” .
Venti anni di reclusione per associazione di stampo mafioso a Candeloro Pio, ritenuto il braccio operativo del capo della 'locale' della 'ndrangheta di Desio, Annunziato Moscato, collegato alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo e capo del gruppo di 'ndrine stanziato nel Desiano, già condannato a 11 anni di reclusione con il rito abbreviato). Pari grado è Domenico Pio. Si occupa di organizzare alcuni dei vertici tenutisi fra il 2008 e il 2009 nella zona (ne sono stati svolti in gelaterie, ristoranti e locali pubblici di Desio, Seregno, Giussano). A Nicola Minniti, fonte Il Giorno, invece, 36enne che abita in città, spetta il ruolo di contabile della cosca. Giuseppe Sgrò detto «Peppe» ha 32 anni e vive a Cesano, come il fratello Eduardo Salvatore detto «Turi» di 36 anni. Quest’ultimo ha un ruolo meno rilevante ed è stato candidato alle ultime elezioni comunali di Cesano, nel Pdl, dove ha racimolato appena 35 voti. Entrambi sono autori di intimidazioni, di attività più o meno illecite, fanno da esattori in episodi di estorsioni (anche nei confronti dei due fratelli Marrone, dell’omonima carrozzeria di via Ferravilla a Desio). Per loro l’accusa, oltre che per associazione a delinquere, è anche per traffico di droga: da qualche anno smerciavano cocaina e durante il blitz ne è stato trovato un etto dietro una statua di Madonna, in una grotta vicino casa.
Candeloro Polimeni, 36 anni, è di Seregno: è nipote di Moscato ed è il primo a riferire al capo, quando qualcuno della «locale» s’arroga diritti non suoi. Organizza gli incontri del gruppo cittadino e difende l’onorabilità dello stesso, «nessuno si può permettere di infangare la sua famiglia», emerge nelle carte, pena azioni violente. Tripodi Antonino, 31 anni, abita anche lui a Seregno, ma fa riferimento alla cosca desiana: ne rappresenta la faccia pulita, insospettabile, in quanto incensurato e con una regolare attività di panificio a Seregno; per questo custodisce l’arsenale del gruppo, pistole, fucili, detonatori, esplosivo, ritrovati in parte in un box nel 2009 e in parte adesso. Viene fermato alle 4 di mattina, alla veglia funebre del nonno. A completare la «squadra» c’erano Domenico Manna, 41enne desiano, Francesco Di Palma, 44enne seregnese, e Bartolo Foti, 37enne domiciliato a Correzzana. Più G.S. e V.C., al momento a piede libero. La condanna inflitta dai giudici della ottava sezione del Tribunale di Milano nel processo ordinario nei confronti di una quarantina di imputati per la maxioperazione 'Infinito', che il 13 luglio 2010 ha sgominato l'organizzazione della n'drangheta in Brianza. Il collegio di giudici presieduto da Maria Luisa Balzarotti, ha infatti riconosciuto un risarcimento dei danni di 300mila euro ciascuno alla Provincia di Monza e Brianza e ai Comuni di Desio e Seregno che si erano costituiti parti civili al processo. In dirittura d’arrivo il processo ‘Bagliore’.
Ed anche l’Appello del processo Infnito. Il padrino Antonino Belnome, capo della 'locale' di Seregno, di Giussano, diventato un pentito e reo confesso dell'omicidio di Carmelo Novella (lo 'scissionista' della n'drangheta calabrese in trasferta in Lombardia) è già stato condannato a 11 anni e mezzo di reclusione; tra gli imputati anche Michael Panaja che, come Antonino Belnome, ha deciso di collaborare con la Giustizia. Alla Regione Lombardia andrà 1 milione e 200 mila euro. Sono stati disposti inoltre risarcimenti da parte di alcuni degli imputati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per 500 mila euro al ministero dell’Interno e al ministero della Difesa. Trecentomila euro sono stati stabiliti per la parte civile regione Calabria, la stessa cifra per il comune di Bollate, il comune di Pavia, provincia di Monza-Brianza, il comune di Seregno e il comune di Desio. Lo Stato impone la sua legge. Almeno, ci prova, visti i chiari luna del…disconoscimento della mafia. Sarà. A Milano tuttavia, nella Capitale morale degl’Italiani, i processi si celebrano per davvero; i giudici sono incorruttibili; la pena è certa. Domenico Salvatore










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