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Strade interrotte

di Pietro Sergi

Quante storie si intrecciano nella vita di ognuno di noi?! 
Sarebbe bello conoscerle e raccontarle tutte. 

Quanti difetti sotto una parvenza civile e normale, quanti torti subiti o arrecati ad altri. Sofferenze inflitte per egoismo, per un eccesso di ricerca della propria libertà in nome della quale ci si ritiene liberi di passare sui sentimenti degli altri. Storie che si perdono nel nulla, storie che si staccano dalla normalità e diventano diverse da tante altre, ripiombando poi nella linearità a volte fortemente voluta, a volte fonte di epiloghi e di ricerca di nuovi orizzonti, nuove emozioni, nuovi distacchi dalla linearità di una ennesima storia che come un cerino si consuma tra le dita, dopo aver illuminato con l’illusione il buio. Quella luce che diede la forza e dalla quale scaturì il bisogno di farla nascere, quella storia, magari sapendo che sarebbe finita come tante altre non appena la luce del cerino si fosse affievolita.

Camminando, quante volte mi è capitato di vedere delle strade iniziate e poi interrotte.
Sono interruzioni che ti fanno riflettere e immaginare, perché devi inventarti tutto ciò che quella strada non ti dice essendo, appunto, interrotta. Devi immaginare i paesaggi che non vedrai, la gente che non incontrerai e chiederti a quale meta saresti approdato se quella strada non si fosse interrotta bruscamente, magari dopo una curva.
Le strade interrotte può sembrare che non portino da nessuna parte, ma non è così, perché sei arrivato proprio attraverso esse al punto dove si fermano e che dà il via ai tuoi pensieri, alle tue considerazioni, alla tua fantasia.

Le strade interrotte possono essere tante: amori, amicizie, affetti, vite, incubi.
Sono tanti i fattori e le circostanze che possono determinare l’interruzione di una strada e con essa lo stop al cammino intrapreso da chi la stava percorrendo. Per esempio un nuovo amore che sboccia e chiude la strada ad un altro, o a chissà quanti altri. Un nuovo amore che può trasformarsi in un evento che tronca un’amicizia, o che dirada e fa disperdere affetti fino a quel momento densi, che rappresentavano, magari, l’unica strada percorribile per qualcuno. Un’unica strada che chiudendosi si tradurrebbe in un incubo per chi forse non avrebbe la forza di tornare indietro a riprendere il filo, impaurito davanti ad un bivio imprevisto e destabilizzante, dato che per quel qualcuno l’unica strada percorribile era quella appena interrotta. Spesso per venir fuori da quell’incubo si decide di far sparire, di ignorare tante altre strade che sarebbero felici di essere intraprese. Si finisce così però per non prenderne mai nessun’altra se non quella che porta in un tunnel dal quale spesso non si esce più.

Strade immaginate che la fantasia moltiplica a dismisura ma che restano sue prigioniere, soltanto perché troppo belle per essere percorribili. Le strade figlie della fantasia difficilmente consumano suole di scarpe né fanno indurire la pelle sotto i piedi, perché quelle strade sono sempre soffici. Rimangono di esse immagini fugaci che non hanno la forza di emergere, di materializzarsi; e se si materializzano, ne viene fuori una proiezione reale spesso ben diversa da tutte quelle meravigliose fantasie, figlie e padrone dell’immaginazione, che costeggiano sempre verdi montagne, sempre immerse in rigogliose primavere.
Viottoli antichi che hanno come semaforo la superstizione di storie altrettanto antiche, leggende che li accompagnano e li interrompono anche se loro sfociano alla meta. Viottoli sperduti dove qualche crudo destino ha colpito, lasciandosi dietro una croce di legno, arte povera ammantata da leggende che gli stanno addosso, pesanti, spesso non veritiere.
Strade intraprese che si scopre poi essere interrotte che ti costringono a tornare indietro, tuo malgrado, per cercare strade alternative.

Strade a volte larghe, altre volte semplici viottoli antichi che hanno come semaforo la superstizione di storie altrettanto antiche, leggende che li accompagnano e li interrompono anche se loro sfociano alla meta. Viottoli sperduti dove qualche crudo destino ha colpito, lasciandosi dietro una croce di legno, arte povera ammantata da leggende che le stanno addosso, pesanti, spesso non veritiere. Quei viottoli che hanno tempi di percorrenza ben diversi dalle fiammanti autostrade. Percorrendo quei viottoli, il tempo passa lentamente; eppure si arriva lo stesso, di mattina presto, prima che il sole si alzi o la rugiada si asciughi. La differenza è simile a quella che c’è tra il  leggere un libro di fiabe piuttosto che un libro di matematica che per insegnarti a calcolare  ti costringe nel suo freddo e meccanico ragionamento. I viottoli ti costringono ad imparare soltanto il tempo di percorrenza che ti serve per arrivare alla meta. Devi calcolare il tempo che passa per te e aggiungere quei dieci minuti in più, magari tanti secondi in più per ogni capello che cambia colore, che scandisce il tempo che, per quanto lento, è passato inesorabilmente. La fiaba ti aiuta a rilassarti, ti porta in giro per i boschi, ti fa volare insieme ai folletti e non hai nulla da temere se non quello che può succederti per volontà del tuo destino.

La realtà è un tracciato rigido, che raramente riesci a modellare secondo la tua volontà, i tuoi bisogni, la tua visione di essa. Eppure, se ti stacchi da lei, ti scopri impaurito, ansioso come quando hai problemi reali, quando in mezzo alla realtà ci vivi, quando senti il bisogno di evadere da essa perchè ti opprime e non ti riconosci più in lei, quando non ti rappresenta più e senti che non è quella la realtà che vorresti...e il cammino, l'ennesimo, si interrompe. ma resta comunque una strada aperta, più stretta, più buia ma sempre aperta.

Strade interrotte dalla solitudine, solitudini imposte dal proprio orgoglio. Orgoglio che a volte si tramuta in senso di colpa dopo aver provocato la solitudine.
Quanta gente ho conosciuto?! Quante cose avrei potuto fare se ne avessi conosciute altre? Quanta gente incontrerò per la mia strada, che va in senso contrario al mio, con cui scambierò soltanto qualche cenno di saluto, che conoscerò soltanto per qualche tempo. Conoscenze che fanno parte della normalità, che passano come i giorni piatti di cui  non ti resta che un ricordo o un numero su un calendario. Persone che non potranno prescindere dal tuo destino, che non potranno non influenzarti, aiutarti o, loro malgrado danneggiarti. Persone che ti accompagneranno per brevi lassi di tempo, altre che la natura ti ha assegnato, consegnato, appiccicandoteli addosso con una colla chiamata affetto che non verrà meno per nessun motivo. Quell’affetto sarà una strada virtuale, che andrà avanti anche se la natura stessa o il fato dovessero intervenire a interrompere quella strada.

Solo l’affetto, l’amore naturale hanno il potere di far sì che una strada non si arresti mai. L’amore che nasce da solo, spinto da uno sguardo, da una conversazione o da un bisogno, può anch’esso avere il potere di tenere sempre aperta una strada, un canale che si era interrotto per un qualsiasi motivo. Essi, però, se anche si interrompessero  solo perché un amore finisce, come dire, senza esaurirsi, dovrebbero essere tenuti nascosti, perché non sarebbero tollerati dal nuovo amore.

Restano, dunque, in un cantuccio, come perle che arricchiscono ognuno che li ha vissuti.
Se un amore nasce davvero, non finisce mai! Se non nasce, se è solo parvenza, bisogno o pia illusione, esso non avrà mai la forza di evitare l’interruzione di quella strada intrapresa in due, e anzi, a volte, sarà visto come un incidente su un percorso che sembrava privo di pericoli.

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