Nel Codice di Famiglia
del 1865 le donne non avevano il diritto di esercitare la tutela sui figli
legittimi, né tanto meno quello ad essere ammesse ai pubblici uffici. Le donne,
se sposate, non potevano gestire i soldi guadagnati con il proprio lavoro,
perché ciò spettava al marito. L’articolo 486 del Codice Penale prevedeva una
pena detentiva da tre mesi a due anni per la donna adultera, mentre puniva il
marito solo in caso di concubinato.
Effettivamente la condizione socioeconomica delle
donne fra fine ‘800 e primi del ‘900 era di drammatica disparità.
Sul fronte dell’istruzione, venne permesso soltanto
nel 1874 l’accesso delle donne ai licei e alle università, anche se in realtà
continuarono ad essere respinte le iscrizioni femminili.
Il 1 febbraio del 1945 venne infine concesso il voto
alle donne.
Nel 1951 viene nominata la prima donna in un governo
(la democristiana Angela Cingolani, sottosegretaria all’Industria e al
Commercio).
Nel 1958 viene approvata la legge Merlin, che abolisce
lo sfruttamento statale della prostituzione e la minorazione dei diritti delle
prostitute.
Nel 1959 nasce il Corpo di polizia femminile, con
compiti sulle donne e i minori.
Nel 1961 sono aperte alle donne la carriera nel corpo
diplomatico e in magistratura.
Nel 1975 era stato infine riformato il diritto di
famiglia, garantendo la parità legale fra i coniugi e la possibilità della
comunione dei beni.
E oggi? riprendiamo le
parole pronunciate nel 1966 dalla contessa di Belgioioso, patriota e
letterata che scriveva in proposito:
"quelle poche voci femminili che si innalzano chiedendo dagli uomini il
riconoscimento formale delle loro uguaglianza formale, hanno più avversa la
maggior parte delle donne che degli uomini stessi. [...] Le donne che ambiscono
a un nuovo ordine di cose, debbono armarsi di pazienza e abnegazione,
contentarsi di preparare il suolo, seminarlo, ma non pretendere di raccoglierne
le messi".
Nessuna frase può essere
più attuale, abbiamo avuto nella storia recente
esempi di comitati, organizzazioni, associazioni che si sono schierati a
favore dei diritti per le donne ma sempre seguendo logiche partitiche ,
orientamenti di pensiero già delineati e
definiti dai veri detentori del potere: i Maschi.
Oggi accade la stessa
cosa, apprendo le parole formulate nei giorni scorsi da più parti che accusano
le donne candidate di quello che è stato un vero e sancito fallimento
dell’ennesimo strumento per garantire parità di eleggibilità della donna: la
doppia preferenza.
Purtroppo questo
strumento e’ stato da subito spacciato nell’opinione pubblica come “le donne non
devono perdere questa occasione si possono abbinare all’uomo forte….” .
Ma forse è sfuggito ai
più, che ci sono state donne che non si sono abbinate proprio a nessuno uomo
forte, ma hanno semplicemente informato l’elettorato della doppia preferenza,
facendo campagna politica da sole e portando il loro personalissimo contributo
in termini di professionalità , programmazione politica e quant’altro.
Leggiamo tra le varie
analisi del post-voto formulate, anche da qualche rappresentante delle pari
opportunità, che il problema dello scarso risultato delle donne è stato
determinato dal fatto che sono scese in campo donne poco rappresentative e
che sono andate al seguito, trainate
quindi, da uomini forti che potevano prendere molti voti.
Questa analisi non è
ammissibile, in quanto, se come hanno
confermato sempre le stesse
rappresentanti delle pari opportunità, c’è ancora un grave difetto culturale nell’immaginario
politico verso le donne, la responsabilità va ritrovata proprio nelle donne che
pur detenendo da moltissimi anni posizioni istituzionali, a più livelli, per la
sensibilizzazione della parità di genere, non sono riuscite a creare il giusto
substrato collettivo pronto a ricevere innovazioni strumentali del voto proprio
come la doppia preferenza.
Se oggi le donne che
scendono in campo trovano ancora questo clima nella nostra città lo dobbiamo
solo a chi aveva gli strumenti in questi anni per costruire politica vera al femminile e promuovere quindi
un cambiamento culturale.
In questa tornata
elettorale si sono impegnate donne che hanno un trascorso professionale
ventennale fatto di successi e di incontro costante con il territorio
attraverso l’ascolto , la progettazione e la programmazione d’interventi per la
comunità. A differenza di una grande moltitudine di uomini candidati che magari
ha da sempre fatto politica ( chiaramente questa non è intesa come colpa).
Il gap dello storico
elettorale di cui siamo portatrici va sanato con un buon lavoro sinergico sia attraverso il panorama politico femminile che attraverso quello maschile.
E vi prego, non
addossiamoci colpe a vicenda altrimenti nessuna frase può sintetizzare meglio
il nostro momento come quella pronunciata nel
1966 dalla contessa di Belgioioso, patriota e letterata che scriveva in
proposito: "quelle poche voci
femminili che si innalzano chiedendo dagli uomini il riconoscimento formale
delle loro uguaglianza formale, hanno più avversa la maggior parte delle donne
che degli uomini stessi. [...]”.
Tiziana Catalano Reggio Futura
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