Carissimi
Fratelli,
L’annuale
celebrazione della festa della nostra Patrona, Maria madre della consolazione,
è sempre un momento importante e un’occasione propizia perché noi possiamo
guardare alla nostra città con intelligenza e con fede.
Siamo
esseri dotati di ragione e quindi persone che pensiamo e giudichiamo; come
credenti abbiamo anche il dono della fede, che aiuta la ragione ad essere se
stessa e ad andare al di là dei propri limiti naturali.
L’anno
scorso, celebrando per la prima volta come Vescovo di questa città tale festa
solenne, davo uno sguardo di speranza sulla città, riflettendo sul significato
biblico e teologico della consolazione. La liturgia oggi ci mette ancora nella
situazione di riflettere sulla relazione consolazione-speranza, perché cuore di
questi festeggiamenti popolari in onore di Maria è proprio la speranza.
I
testi liturgici, quando parlano della consolazione sperimentata dalla Vergine,
ne parlano in termini di speranza per noi tutti, nel senso che attestano che
essa sarà elargita, come dono di Dio, solo in ragione della conseguente e necessaria
collaborazione dell’uomo.
Il prefazio che fra poco pregheremo, spiega
molto bene questo concetto: presso la
croce del Figlio Maria patì sofferenze indicibili, da te confortata con la
speranza della risurrezione.
Maria,
dunque, soffre per la missione che
svolge; accetta di fare la sua parte e di non sottrarsi alle sofferenze indicibili che dovrà patire,
proprio perché è certa, nella fede, che
solo così potrà realizzare la speranza di essere confortata e sostenuta da Dio.
Il prosieguo della storia della Salvezza ci dice che è andata proprio
così: Il Padre ha sostenuto il suo
Unigenito nell’ora del supremo Sacrificio, così come ha donato a Maria la forza
per sopportare il dolore inumano e terribile della morte di Gesù e, poi, la
gioia di godere della sua resurrezione. L'ha confortata, l'ha consolata, come
aveva promesso.
E’
soprattutto Paolo che ci richiama questa verità e realtà: Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di
Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Cioè, è necessario, prima di
sperimentare la consolazione di Dio fare la nostra parte nel realizzare l’opera
alla quale Dio ci ha chiamati.
Esiste,
dunque, una prospettiva vocazionale, della consolazione, di cui Maria è
splendida icona. Permettetemi, però, miei cari, di riflettere, assieme a voi,
oggi, qui ai piedi della Vergine Patrona della nostra città, su di una declinazione
ulteriore, un po' originale, del tema biblico della consolazione, una dimensione,
direi, politica della consolazione; una
declinazione che ci interpella tutti, proprio perché provoca una lettura
critica, sia pur illuminata dalla fede, del nostro essere persone che sanno di non essere del mondo, ma anche di non
dover rinunciare ad essere nel mondo
(Gv 17). Abbiamo, perciò l’opportunità di riflettere su di una prospettiva politica della consolazione, cioè la
ricaduta sulla polis della responsabilità di costruire consolanti percorsi di
speranza affidabile.
La
meditazione che vorrei offrirvi, cari fratelli e sorelle, nasce dal mio desiderio,
ma anche dalla mia responsabilità, di Vescovo di dover dar voce alle tante
domande di verità e di vita che sgorgano nel cuore della nostra gente, che ho
incontrato ed ascoltato nel corso di questo mio primo anno di ministero qui a
Reggio. La gente chiede di essere consolata senza essere, però, commiserata con
fatue e ripetitive promesse, o irrispettosi
mielismi. Voglio dar voce alle tante domande di speranza e di futuro, che
abitano il cuore dei nostri giovani, stanchi di essere impossibilitati a
progettare la loro vita, perché tormentati da prospettive sempre più cupe e
deludenti; alle troppe domande di disincanto e di paura di chi ha perso la fiducia
e la pazienza perché non riesce più a lottare
per la sopravvivenza. Sento, oggi, di dover dar voce a quanti, in questa nostra città, chiedono, a tutti, credenti e non, ancor
prima che al Signore o alla nostra Celeste Patrona, di essere consolati, nel
senso letterale dell'etimo latino di questo termine, cioè di non essere lasciati soli nel difficile percorso della vita! Ricordo le
parole dell'Omelia di Papa Francesco, pronunciate al Sacrario militare di
Redipuglia: La cupidigia, l’intolleranza,
l’ambizione al potere… generano solo la risposta di Caino: “A me che importa?”.
«Sono forse io il custode di mio fratello? (Gen 4,9) .
Noi
non possiamo ripetere la risposta di Caino! Noi non vogliamo ripetere: a me che importa?
Consolare,
è esserci, costi quel che costi, quando si tratta di assumersi le proprie
responsabilità; consolare, è guardare all'uomo riconoscendo in lui la dignità
di essere persona e non un numero da
sommare ad altri. Consolare, per noi credenti, è coniugare la grammatica della
fede con l'alfabeto della vita, perché una fede disincarnata,
semplicisticamente devozionista, non è fede. Essa deve profumare di Vangelo e
tradursi in buone prassi di vita, misurandosi con le sfide di un mondo che cambia.
Scriveva Benedetto XVI: Fede e ragione
sono necessarie e complementari nella ricerca della verità, sicché.. una
ragione debole è incapace di una fede ragionevole! .."
Miei
cari, oggi, la Madonna santissima ci chiama a consolare, prima ancora che a
chiederle di consolarci; lei, la Consolatrice per eccellenza, ci invita a fare
la nostra parte, senza paura, senza maschere, senza bugie, senza retoriche,
senza deleghe, nei confronti della nostra città, Reggio, chiamata a vivere
grandi appuntamenti, che decideranno del suo futuro. È questa la declinazione politica ed etica
della consolazione cui accennavo all'inizio di questa Omelia.
Sono
state alcune parole di S. Paolo, or ora ascoltate, ad avermi messo su questa
strada: Dio ci consola in ogni nostra
tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi
genere di afflizione. Noi siamo consolati da Dio affinché possiamo
consolare i fratelli; lo ripeto: ecco la dimensione politica della
consolazione! La lotta per il bene apre la porta all’intervento consolante di
Dio per la nostra vita e ci abilita ad
andare incontro a quanti sono in difficoltà per capirne i bisogni e cercare
assieme a loro una soluzione, che dia speranza concreta, incarnata, non aleatoria,
sterile e vuota.
Non
c’è contraddizione tra consolazione e politica, nel senso che si possa relegare
la consolazione alla sfera dell’emozione, mentre la politica alla sfera
dell’azione. Se noi diamo concretezza alla speranza e alla strada per
costruirla, allora ci rendiamo conto che non c’è contraddizione nel parlare di
una dimensione politica ed etica della consolazione cristiana!
Chi
guarda alla fede con occhi sospetti ha sempre paura della sfida della speranza,
perché non accetta la prospettiva della speranza della vita eterna, sulla quale
si fonda la fede, perché confonde questa speranza con l’addormentamento della
coscienza e la prospettiva della vita eterna con l’avallo di ogni forma di
ingiustizia perpetrata contro l’uomo. La speranza sarebbe, dunque, alienazione
e stordimento indegni per l’uomo; la fede diverrebbe l'oppio dei popoli. Ma non
è così!
La
speranza consolatoria non postula la quiescenza di chi non vuol cambiare nulla,
perché anche chi avvia con l’azione un processo di cambiamento, accetta i tempi
lunghi, e perciò ha già messo in conto
di sperare in un futuro, accettando di non vedere al presente i frutti del
cambiamento.
Il
rimando cristiano alla vita eterna è sempre unito al realismo che accetta un mondo nel quale è necessario anche
combattere, sempre e di nuovo, avendo
davanti agli occhi ed al cuore, dei valori per la cui attuazione bisogna
lottare. Il rimando, perciò, al paradiso non è una speranza consolatoria, ma
una realtà. Nella storia, tanto più la passione per la vita eterna si è
risvegliata negli uomini, tanto più umani e umanizzanti essi sono diventati. Questo
perché le decisioni politiche non vanno separate dalla decisione fondamentale
sul senso e il non-senso del mondo.
La
prospettiva etica e politica della consolazione, mi permette, allora, di ricordare,
a tutti, in particolare a voi, uomini e donne impegnati nel presente e nel
futuro a governare e reggere le sorti politiche ed economiche di questa città e
di questa Regione, che, ciò di cui ha bisogno, soprattutto oggi, la politica, è
la razionalità oggettiva, attraverso cui cercare il meglio possibile. E’ necessario
allora un concetto oggettivo di bene che animi ogni azione a favore della
polis. La fede cristiana, infatti, chiede una politica razionale perché
rispetta l’autonomia del mondo. Ma chiede, anche, alla politica, lo ripeto, di porre a suo
fondamento il valore del bene, quello oggettivo, non quello egoistico
dell’interesse personale.
Chiedendo
ciò alla politica, la fede cristiana non annulla la ragione, ma la sfida e le
dà sostegno, legandola al criterio dell’eternità, il solo che libera la ragione
da se stessa. Il cristiano si lascia animare da quello Spirito di verità, dono
di Dio all’uomo, che dà forza alla ragione, la prende per mano e la guida nel
suo discernimento e nelle sue scelte: Io
pregherò il Padre ed egli vi darà un altro consolatore perché rimanga con voi
sempre, lo Spirito di verità che il mondo ora non può ricevere... (Cfr Gv 14,
1-17).
La
politica allora, sulla base di una ragione legata all’eternità, e quindi alla
speranza del paradiso, impara, cito Papa Benedetto XVI, a
conciliare l’utile comune con la libertà personale, il dominio con
l’uguaglianza, la statualità con la determinazione sovrastatale. Il cristiano
nella politica, tenendo conto del criterio dell’eternità, deve utilizzare la
propria ragione in modo che essa possa sopravvivere di fronte al giudizio
dell’eternità.
La
fede affida alla ragione il compito di essere se stessa, cioè guidare l’uomo,
che agisce, a non perdere l’orientamento dei valori. Allora proprio perché attende
un altro mondo, la fede può rendere l’uomo già ora felice nella lotta per ciò
che egli riconosce come durevole.
La
vera consolazione allora è la forza morale che l’uomo, in forza della fede,
riceve per lottare in questo mondo e renderlo vivibile. Ecco la dimensione politica
della consolazione. La fede non deve temere di misurarsi con un mondo che sarà
sempre pieno di tormenti, un mondo nel quale sarà sempre difficile - in modo quasi
insopportabile! - essere semplicemente un uomo; un mondo che non afferra mai
saldamente l’umanità, bensì che ha continuamente bisogno che gli uomini
diventino tali.
Quali
sono allora le condizioni perché il discorso della e sulla consolazione diventi
politico, senza perdere, in nulla, la sua altissima prospettiva
biblico-esistenziale?
Messo
da parte un concetto di speranza, che, è solo inganno e delusione, possiamo
indicare i punti seguenti che ruotano tutti attorno alle riscoperta e riaffermata
responsabilità dinanzi alla realtà, che esige tutto il nostro impegno. E lo
facciamo, da credenti, con la consapevolezza di poter offrire alla città il nostro
umile servizio; lo facciamo proprio come Chiesa alla luce della via maestra e
non negoziabile del Vangelo che anima, da sempre, ogni nostro pronunciamento ed
ogni nostro intervento; lo facciamo perché abbiamo a cuore l'uomo, soprattutto
chi di più necessita della rigenerante e consolante parola del perdono e della
misericordia. Lo facciamo, infine, a testa alta senza temere le tante
delegittimazioni che, soprattutto nell'anno appena trascorso, sono cadute sulla
testa di questa chiesa reggino-bovese, sul suo Vescovo e sui Vescovi della
Calabria, accusati, addirittura, di collusione con la 'Ndrangheta, perché, si è detto o scritto, allettati ed
interessati al denaro della malavita organizzata! Abbiamo sopportato ciò in
dignitosa solitudine, anche se con umiliazione e sofferenza. Quanta delusione
e, anche, quanto timore per questa delegittimazione dinanzi all’opinione
comune, di credenti e non credenti (dei giovani, soprattutto)!
Vorrei, qui, ripetere l'appello
consegnato nella Relazione pronunciata nel corso del nostro Convegno Diocesano.
Mi chiedevo e vi chiedevo: Chi è che vince se ci screditiamo a vicenda? Chi
cresce se lasciamo scendere ombre sulla pulizia e l'onestà di tutti, istituzioni
civili e chiesa comprese?
Che futuro di speranza daremo ai nostri
giovani, se li educhiamo a...sospettare di tutto e di tutti?...
Aiutiamoci, invece, in questo nobile ma
difficile processo educativo che è, innanzitutto, un fatto di conversione al
Vangelo di Gesù! Chiediamolo, come dono particolare, alla cara Madre della Consolazione,
da sempre venerata come Avvocata del popolo reggino!
Voglio,
infine, offrire alcuni suggerimenti, per dare concretezza alla dimensione
politica della speranza. Li voglio offrire alla nostra, alla mia città, perché
maturi le sue scelte politiche. Desidero offrirli soprattutto a chi intende scendere
in campo per le prossime elezioni:
1. Bisogna risvegliare la ragione
assopita. Potrebbe bastare solo questo punto perché si possa essere sicuri di
migliorare la politica. Una ragione che non pensa, che non cerca, che non valuta,
ma sprofonda nel sonno del dominio dell’utile, dell’interesse e del puro
godimento è una ragione fallita, fonte di ogni fallimento politico. Cristo ci
invita ad accogliere lo spirito di verità, che solo ci consola.
2. Bisogna porre al centro dell’azione
politica la persona: tutto deve concentrarsi sul rispetto della sua dignità;
tutto deve avere di mira la sua crescita. La persona va accolta sempre come fine
e mai come mezzo, nell’ambito di una politica che, perciò, tratti il problema
scuola e cultura come una chiave di volta per la costruzione della speranza
futura.
3. Unitamente alla dignità della persona
deve procedere la promozione del bene comune. Sono due realtà che si richiamano
a vicenda, non si escludono ma si sostengono l’una con l’altra, si realizzano
entrambe se si relazionano tra loro.
4. La politica va condotta in assoluta
verità e trasparenza, senza mai ingannare i cittadini con false o illusorie speranze,
dando ai giovani la possibilità di impostare il futuro nella nostra Regione con
un lavoro sicuro e stabile, interrompendo la nuova emigrazione.
5. Si progetti la vita della città a
partire dagli ultimi; perciò bisogna impostare una politica che metta al primo
posto l’assistenza sanitaria e la cura degli ultimi che soffrono le più
disparate disabilità.
Ecco,
carissimi, come il tema religioso della consolazione può diventare politica per
quanti fanno della fede il loro punto di riferimento. Soprattutto a quanti
vorranno coinvolgersi nella prossima competizione elettorale si rivolge la mia
esortazione: vi supplico, fate della politica un vero servizio al popolo! Con
le parole della Bibbia vi dico: Consolate,
consolate il mio popolo; parlate al cuore della città … ogni valle sia colmata,
ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in
piano e quello scosceso in pianura (Is 40, 1ss.)
Ve
lo chiedo in nome di Dio! Ve lo chiedo, oggi,
in nome del comune amore che nutriamo per la Santa Vergine Consolatrice,
ai cui piedi, in questo momento solenne, tutti ci troviamo! Noi vi accompagneremo,
con fiducia e simpatia ma anche con santa vigilanza; con la nostra preghiera ma
anche con la promessa che non ci
lasceremo strattonare con promesse illusorie e ingannatrici.
E
tu, dolce Madre della Consolazione, volgi il tuo sguardo su questa tua, questa
nostra città, sulla chiesa, sulla nostra gente, sulle famiglie, sugli anziani,
sempre più soli, sui giovani, sui
poveri, soprattutto! Guardaci, dolce Madre Consolatrice, guardaci come solo una
Madre sa fare! Guardaci e benedicici, incoraggiaci, proteggici, custodiscici!
Amen!
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