di
Pierfranco Bruni - Sono
stati anni che hanno segnato la vita. Generazioni di attraversamenti che hanno
dato un senso e sono stati fari per orizzonti in una visione in cui la famiglia
non è un concetto soltanto, ma un essere.
Si
è padri e si è madri se si resta figli, fino in fondo, nel segno non di un
dovere, ma di una umanità, di una fratellanza, di un sangue e chi tradisce il
sangue porta dentro la propria storia il fallimento di un essere stato, di un
essere, di una testimonianza, di un esempio nel campo dei trenta danari.
Si
è padri e si è madri se si ha la dignità la fierezza l’orgoglio e la saggezza
della continuità nella tradizione dei valori e nel sangue che scorre tra le
vene…
Io
noi, nel destino dei cinque fratelli, percorriamo, sempre con gli occhi oltre
gli orizzonti, questo viaggio… La continuità…
Bisogna
dare sempre esempi.
Per
sé e per i figli. In una famiglia quando si è madre e si è padre il vincolo è
tra la generazione che ti ha generato e la generazione che tu hai generato.
Io,
forte della lezione di mio padre, un padre che è stato un esempio e che non
smette di solcare i miei passi, e sicuro della lezione di mia madre, che ha
dedicato, testimoniandosi quotidianamente, una vita al donarsi e all’essere nel
donarsi, porto con me solo la verità dei ricordi. E i ricordi sono voce…
Grandi
ricordi, e qualche rimpianto per aver lacerato cocci di tempo inutili, invece
di cogliere ricchezze di parole negli spazi dei camminamenti di mio padre,
aquila tra le torri del castello, e di mia madre, danzatrice nel vento della
mia infanzia. Ma loro, mio padre e mia madre, sono e restano il vissuto di una
dignità che hanno eredito.
I
cinque fratelli sono una storia e un destino.
Hanno
raccontato l’intreccio di altre storie e di altri destini.
Adolfo
con Teresa Fiore.
Mariano
con Maria Notti.
Virgilio
Italo con Maria Caracciolo.
Gino
con Adalgisa Tricoci.
Pietro
con Gabriella Inghilleri.
Hanno
toccato città e porti. Altre famiglie e altri incontri. Ma la vita è fatta di
porti, di incontri, di rispetto e di amore.
I
cinque fratelli si sono sempre
caratterizzati. Per rispetto, con amore.
Per dignità, con lealtà. Per fedeltà, amando sempre la memoria di un
incontro tra i Bruni e i Gaudinieri.
Nella
verità della famiglia, mi hanno insegnato i cinque fratelli, c’è sempre la
bellezza dell’onestà di essere famiglia.
Io
li ho vissuti e non smetto di vivere ciò che mi hanno tramandato, perché ciò
che mi hanno tramandato è la tradizione di un valore unico che io ho cercato di
consegnare ai miei figli, nel rispetto che i nonni, i nonni dei miei figli, ma
i nonni dei figli dei cinque fratelli per completare l’insieme dei sentieri
delle vite, restano sempre dei riferimenti e che vanno amati dentro il cerchio
magico della vita, che è storia ed è pensiero.
I
nipoti che non rispettano i propri
nonni, ho sempre sottolineato ai miei figli, non conoscono il legame di
sangue, o rifiutano il legame, non conoscono l’essere famiglia e l’essere
persona, non conoscono la vigilanza dell’amore, non conoscono la sacralità del
dono, non conoscono il volo passeggero degli anni che si intaglia nel tempo
della vita di ognuno di noi. Non solo non conoscono la dignità di essere in una
tradizione di nomi e di cognomi, non sono loro stessi dignità.
Questo
ho sempre detto ai miei figli. Parole
non mie, ma che ha sempre sottolineato mio padre. Mio padre mi ha consegnato
tutto ciò.
Il
cammino dei Bruni Gaudinieri ha solcato la quotidianità e ha lasciato dune e
larghe praterie lungo i passi del deserto e della speranza.
Ci
sono le parole di nonno Ermete Francesco, ovvero di nonno Alfredo, che mi
sottolineava sempre che occorre necessariamente guardare negli occhi le persone
con le quali intrattieni un rapporto. E diceva che se quegli occhi cercano uno
sguardo basso, incontrando altri occhi,
sarebbe opportuno cambiare strade, perché non hanno lo stesso lignaggio, la
stessa educazione, lo stesso singolare percorso dell’aquila.
E
queste parole mi sono state riferite da mio padre che, consapevole delle sue
origini, ha vissuto, a volte, silenzi belli e profondi, da zio Adolfo che ha
coltivato la virtù della pazienza, da zio Mariano della cui nobiltà segnava la
sua fierezza, da zio Gino che portava nel sorriso la dignità dell’eleganza, da
zio Pietro che ha raccontato l’intreccio dell’aquila e del barocco.
Siamo
figli di una tradizione che non ha mai smentito la tradizione dalla quale
discendeva.
Guardate
sempre negli occhi chi vi sta di fronte. Non serve guardare negli occhi chi vi
sta accanto.
Ora
si riposano. I cinque fratelli. Ma dormono sempre, come sempre è stato nella
loro vita, un sonno leggero in una folata di vento tra i rami della palma.
Sono
gli echi che accarezzano la foglia della conchiglia e gli echi ci parlano e non
come se riportassero soltanto un passato e un vissuto.
Ci
parlano perché sanno che nuovi
camminamenti ci attendono e nuovi viaggi sono da percorrere. Ma la storia resta
la storia in un destino che porta voci.
Mi
dico spesso: ho amato e amo profondamente questa famiglia dalla quale, come i
cinque fratelli, con fierezza, porto i segni e mai mi sorge il dubbio di non
averla amata abbastanza.
Continuo
ad amarla abbastanza nel rispetto, e conoscendo il bene e la dignità. Perché
con orgoglio ho ascoltato quel vento, il vento che attraversa l’aquila tra i
cieli della verità e della bellezza…
Sola
la verità e la bellezza ci salveranno e la rosa rossa nel becco dell’aquila è
un regno che ognuno di noi porta nell’anima.
So
che mi ascolteranno.
Zio
Adolfo, zio Mariano, papà Virgilio Italo, zio Gino, zio Pietro e dopo aver ascoltato le mie parole si
incontreranno in un posto segreto e si ricorderanno un passaggio di generazioni
che va dal 1912 al 1914, dal 1920 al 1924 al 1926…
Ancora
numeri.
Aspetteranno
le notti di dicembre per aprire le tombolate, come era nella mia, nella nostra,
infanzia, o si inventeranno una nuova storia o nuove avventure navigando le
acque dell’Esaro…
Già,
si è padri e si è madri se si ha la dignità della tradizione nella continuità
di una antica nobiltà…
Teresa
e Adolfo, Mariano e Maria, Virgilio Italo e Maria, Adalgisa e Gino, Pietro e
Gabriella, nonno Alfredo Bruni e nonna Giulia Gaudinieri
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