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Napoli, una pandemia di pentiti che scuote il Vesuvio dalle fondamenta

Napoli si pente anche Rosario Pariante:” Ordinai i primi due omicidi che scatenarono lo scontro dalla gabbia del Tribunale''. E' la rivelazione di un boss che ha deciso di pentirsi. Il suo, era un ruolo di primo piano all'interno del cartello criminale, che controllava la zona a nord di Napoli; prima, alleato del super boss Paolo Di Lauro, poi in totale contrasto con lui dopo aver commissionato i due delitti, che di fatto scatenarono la faida di Scampia. E' quanto emerge - come riferiscono organi di stampa - dai verbali depositati nel corso dell'udienza preliminare a carico di altri 20 camorristi alla sbarra proprio per quel duplice omicidio. Con il labiale, racconta ora Pariante, sussurrò da una gabbia del Tribunale il nome delle persone da uccidere, Fulvio Montanino e Claudio Salierno, molto vicino a Cosimo Di Lauro, il figlio del capo clan. Il pentimento di Pariante è arrivato dopo 12 anni. Da lui i magistrati attendono di conoscere molti segreti, in particolare sul flusso di soldi gestito con i proventi della droga. Il racconto choc del pentito:”Cosimo Di Lauro voleva una carneficina”

MA L’EPIDEMIA DI PENTITI SCOPPIATA A NAPOLI, HA COLPITO PURE ERCOLANO E TORRE DEL GRECO?
 Domenico Salvatore

 L’area vesuviana ha …eruttato un esercito di pentiti. Il vulcano di Napoli era pressocchè indenne o quasi, rispetto al voltagabbana dei collaboranti, poi venne la valanga delle ‘gole profonde’. Nessuno tra boss e fidati scudieri, si erano mai sognati di tradire il patto di sangue con la propria cosca. E men che meno di collaborare con lo Stato, svelando segreti, business e omicidi in cinquant’ anni di guerra di camorra tra Ercolano e Torre del Greco. Qui gladio ferit, gladio perit. Gli Iacomino-Birra, contano dieci pentiti contro i sei degli Ascione-Papale. Sono diventati collaboratori di giustizia, boss del calibro di Costantino Iacomino, capoclan indiscusso della camorra di Ercolano. Un mammasantissima della Camorra che condivideva lo scettro del potere con Stefano Zeno e con Giovanni Birra. I pentiti rappresentano una miniera d’oro per la Dda; per le preziosi rivelazioni che stanno rendendo agli investigatori. Tra i primi a scegliere di collaborare fu Gerardo Sannino. L’anno successivo si pentirono i fratelli Savino, reggenti della cosca, il volto nuovo del clan Iacomino-Birra.  Ecco Ciro, Giovanni e Giuseppe Savino a vuotare il sacco.  Nel 2011 fu Ciro Langella, un semplice fiancheggiatore, a rendere dichiarazioni alla Dda. Durante gli anni della faida, si è pentito Agostino Scarrone. Ed ecco il killer Francesco Raimo, insieme a Marco Durantini, fratello del boss Giovanni “Boninsegna”. Ha  tifato per lo Stato anziché per la camorra pure Pasquale Borragine Tra gli Ascione-Papale,  Salvatore Fiore, il killer poeta. Fausto Scudo, un emissario che conosceva i segreti del clan.  Poi, Biagio Munizzi e subito dopo il killer Ivan Francato. Quindi, nel 2011, Gaetano e Andrea Esposito, padre e figlio. Si pentono i boss, stanchi dei tradimenti, anche delle persone più fidate e di dormire con un occhio solo; se non, di finire nel dormiveglia; ma stufi di quella vita, fatta di stress, emozioni ed ansia, tre sicari sempre in agguato, che ti possono uccidere in qualsiasi momento. Si pentono soprattutto i killers, sfuggiti agli agguati dei loro…colleghi, perché diventati testimoni di segreti scomodi e pericolosi per sé e per gli altri. Il pentito Salvatore Fiore killer degli Ascione-Papale, nipote di Luigi Nocerino alias “ zì Luigi”, chiamato in aula nell’ambito del processo a carico degli esponenti della camorra di Ercolano, nato dal blitz Reset del giugno del 2007. La gola profonda ha consumato quattro delitti. Era pronto ad ammazzare ancora. Aveva già ucciso Vincenzo Scognamiglio inteso ‘a Badessa; massacrato il 2 settembre del 2007 nei pressi del cimitero di Ercolano; un altro delitto spietato, venne eseguito il 17 dicembre del 2007, ai danni di Salvatore Madonna nei vicoli di Pugliano. Gli era stato consegnato un elenco interminabile di nemici da sterminare. A partire da Antonio Birra, fratello del boss Giovanni e reggente del clan;  Giacomo Zeno fratello di Stefano e Vincenzo Esposito, alias ‘o Ricordino. Terzo delitto confessato, l’omicidio del 12 febbraio del 2008, quando venne ammazzato Giorgio Scarrone, fratello di Agostino condannato all’ergastolo per l’omicidio di Gaetano Pinto. Quarto omicidio, quello di Vincenzo Abbate, fratello di Aristide anche lui fatto fuori nella faida di camorra eseguito l’8 marzo del 2009; omicidi di camorra che hanno insanguinato Ercolano tra il 2007 e il 2009. Lo Stato, ha escogitato una sua strategia, nella lotta alla mafia. Il legislatore ha varato provvedimenti finalizzati ed azzeccati che tuttavia vanno revisionati ed adeguati per evitare assuefazione e distorsioni. La Legge sui pentiti.

Dai pentiti vengono fuori importanti notizie sugli organigramma delle cosche in continua evoluzione. Fondamentali nella lotta alla mafia; per prevenire e per reprimere delitti e reati; per sequestrare e confiscare il patrimonio delle cosche. Beni per circa10 milioni di euro, tra Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, Toscana ed Emilia Romagna, sono stati sequestrati dal Gico della Guardia di Finanza di Firenze e dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta a un gruppo di "prestanome", parenti di Sigismondo Di Puorto, 42 anni, fedelissimo di Nicola Schiavone, figlio del boss del clan dei Casalesi Francesco Schiavone, alias "Sandokan". Nel blitz sono stati arrestati il padre, due fratelli, un cognato e i nipoti di Di Puorto detto "Sergio". I provvedimenti di sequestro e le misure cautelari nei confronti di parenti di Sigismondo Di Puorto, sono state emesse dal gip di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea (pm Cesare Sirignano, Giovanni Conzo e Maurizio Giordano), diretta da Giovanni Colangelo. Sigismondo Di Purto, attualmente detenuto, fu arrestato dalla Squadra Mobile di Caserta il 20 dicembre del 2010, dopo una fuga sui tetti di un'abitazione, a San Cipriano d'Aversa (Caserta). Insieme a lui venne arrestata anche tutta la sua famiglia per favoreggiamento. Dopo l'arresto del figlio di "Sandokan", Nicola Schiavone, avvenuto il 15 giugno del 2010, prese in mano le redini della fazione Schiavone del clan dei Casalesi. L’ordine era chiaro: sterminare tutta la famiglia di Gennaro Marino detto “’O Mekkey”. Lo racconta Gennaro Puzella, il nuovo pentito del clan Di Lauro, che sta facendo tremare la cosca. “Il nostro obiettivo era quello di ammazzare chiunque si fosse opposto a Cosimo Di Lauro; quelli, che avevano fatto una scissione. L’ordine che io ho sentito venire direttamente da Cosimo Di Lauro era quello di uccidere i nostri nemici e in particolare la famiglia Marino di Genny, intendendo il padre, i fratelli, i cugini. Cosimo aveva detto che si dovevano uccidere tutti quanti i parenti indistintamente. Così avvenne anche per il nipote di Rosario Pariante; nella circostanza in cui, venne ucciso la persona innocente, ovvero Attilio Romanò, nel negozio di telefonini”. Il racconto di Puzella è di una spietatezza disarmante proprio come quella faida di camorra che non fece sconti a nessuno. Vendette trasversali, morti e feriti che nulla avevano a che fare con la guerra; e pure, furono puniti, “perché” vicini al clan e vincolati da legami di sangue.

Fece scalpore sul set jet partenopeo,una lettera pubblicata dai mass-media, del pentito Bruno Buttone:” Mi rendo conto che il ruolo apicale rivestito all’interno dell’organizzazione criminale, in cui per molti anni ho militato, ha potuto generare nei giovani una sorta di fascino e infatuazione che li ha condotti in un percorso concreto di vita di imitazione. (...).Da giovane, anch’io ero convinto che le persone che appartenevano ad organizzazioni criminali, fossero di scadente livello culturale. Invece, nel corso degli anni, mi sono dovuto ricredere; e ciò, mi è toccato farlo, proprio sulla mia stessa pelle. Per anni, sono stato convinto, che la causa scatenante della mia adesione al crimine organizzatom fosse stata l’improvvisa scomparsa di mio fratello, vittima di camorra, una delle poche vittime di "lupara bianca" della storia di camorra di Marcianise. Sono diventato, pertanto, l’esatto contrario di ciò, che mi ero prefissato di diventare nella mia vita. La vendetta, non fa riavere indietro una cosa che è persa. Per rimanere circoscritti alla mia esperienza: non solo mio fratello non è più tornato, in più ho distrutto la mia vita e quella delle mie vittime. Ma, dopo anni di riflessioni e di meditazioni sulle reali motivazioni, mi sono dovuto ricredere: l’unica ragione risiedeva nella volontà di vivere uno stile di vita fatto di illeciti, di sete di danaro, di guadagno facile, di mania di protagonismo e niente altro.(...) Mi appello ai giovani affinchè non cadano nella tentazione della trasgressione e dei facili guadagni (per possedere il rolex, la moto o la macchina di lusso) perché i veri valori della vita, sono tutt’altro quali: la libertà, l’onestà, la cultura, l’amore per la propria famiglia e il rispetto della vita umana. Sappiate, ragazzi, che la camorra fa schifo, ha distrutto me, e, se non vi opponete, distruggerà anche voi e sta distruggendo tanti altri come me. Non fatevi travolgere, contrastatela, cambiate mentalità e cultura perché come in "Napoli milionaria", commedia di Eduardo De Filippo, vivere di illeciti non è male necessario per affermarsi nella vita”
Altro pentito di camorra, Lorenzo Cozzolino, dal 2002 sbarcato a Gissi, con i carabinieri del Ros e i pm dell'Aquila Antonietta Picardi e David Mancini… hanno arrestato 31 persone per lo spaccio di droga sulla costa chietina… "Sono nato a Cercola, però ho sempre abitato a Portici. A Portici, già da minorenne ho fatto parte di un clan camorristico Vollaro di cui quando ero minorenne nel 1988 ho sparato a due persone: Scognamiglio Massimo e Iorio Felice. Gli ho sparato, perché noi avevamo una piazza di fumo di droga; e datosi che il clan operante nella zona, non permetteva a nessuno di sparare senza l’ordine del clan, io mi rifornivo da mio suocero Attilio Belsole, che all’epoca non era mio suocero, eravamo amici".  Il clan Vollaro, sopravvissuto alla guerra di camorra dei primi Anni Ottanta, nel corso della quale, era federato con la Nuova famiglia contro la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Dopo sei mesi, sono uscito; quando sono uscito, ho iniziato a fare le estorsioni, sempre per il clan Vollaro; però io, il contatto diretto con il clan Vollaro non l’avevo e lo iniziai a fare con Fiore Gaetano, che è deceduto, con Albertino Trocino che è deceduto, con Beato Antonio detto ’u pazz, che è vivo; e con La Monica Giuseppe, che è pure vivo. Comunque non mi trovavo bene, facevamo queste estorsioni, però non mi trovavo bene; ‘perché’ i soldi, loro li spartivano a modo loro ….” Cozzolino, vittima di un paio di agguati con un proiettile conficcato nella schiena, perché non è stato possibile di operarlo, racconta anche di un episodio, che ha scatenato una guerra tra la malavita napoletana.

Si pentono anche i figli dei boss, come Carmine Sacco; lui è il figlio di un boss condannato all’ergastolo per un omicidio ed era detenuto solo per droga. Inseguìto da due provvedimenti restrittivi, emessi dalla magistratura napoletana per droga. Furono i poliziotti del commissariato di Secondigliano, che riuscirono a bloccarlo all'interno di un'abitazione, di via Monte Faito. Ha parlato con i pubblici ministeri Stefania Castaldi e Barbara Sargenti della Dda di Napoli ed ha raccontato tutto quello che sapeva; nel frattempo le sue confessioni, hanno permesso la cattura di 12 presunti affiliati al gruppo Bocchetti, alleato dei Sacco; quindi, ha parlato di esponenti della sua stessa cosca, accusandoli anche di omicidi. Il padre, è detenuto per l’omicidio di Modestino Bosco, ucciso in un garage di Secondigliano il 2 settembre del 2006. Per quel delitto sono stati condannati all'ergastolo, in primo grado, oltre a Claudio Sacco, anche Giacomo Selva e Salvatore De Santo. Tante, le cose da raccontare; anche quelle della faida con il clan Licciardi. Dei presunti assassini di Carmine Grimaldi detto “Bombolone” affiliato alla cosca dei Licciardi e prima vittima della scissione Un esercito di pentiti, collaboranti o collaboratori di giustizia…:Antonio Iovine, Carmine Alfieri, Mauro Marra, Buttone Bruno Claudio, Bellopede Camillo Antonio, Frongillo Michele Antonio, Gerardi detto Kalash, Claudio Sacco, Pasquale Serrazzi,  Castellano Armando Morra   Carlo Capasso, Raffaele Caianello, Costantino, Iacomino Pietro Amodio, Angela Barra, Domenico Cuccaro, Antonio Farina, Massimo Belgiorno, Pasquale Aveta, Riccardo Di Grazia, Paolo Di Grazia, Vincenzo Maiello, Francesco Paccone, Giacomo Nocera, Pietro Nocera, Antonio Corvino, Giuseppe Marino, Giannantonio Masella, Gerardo Legnante, Alfredo Russo, Luisa Maresca,  Luigi Conte, Anna Russo, Raffaele Gargiulo   Giovanni Aversano, Aniello Aversano, Domenico Russo, Giuseppe Storace, Rosario Guarino inteso Joe Banana, Carmine Schiavone, Angela Barra, Tammaro Diana, Nicola Cangiano, Rosario Pariante “Chiappariello”, Anna Sodano, Giuseppe Schisa, Ciro Sarno ‘O Sindaco, Mario Perrella, Pietro Esposito, Salvatore Russomagno, Marcello Di Domenico, storico capo del cartello criminale,  Salvatore De Martino, Antonio Zaccaro, Giovanni Labonia, Giuseppe Manco inteso ‘Pepp ‘O Mostro, Ettore Sabatino, Roberto Perrone, Marco Palomba – alias ‘o chiatto, nipote del super-boss Giuseppe Falanga,  Filippo Cuomo e Isidoro Di Gioia – rispettivamente nipote e figlio di Gaetano Di Gioia, alias ‘o tappo, Domenico Falanga, primogenito dello storico capoclan, Antonio Discetti, Giovanni Romano alias “Maccarone” Roberto Vargas, Armando De Rosa e di Mario Di Fiore Domenico Delli Paoli, Alias Mimil Zarrill, Pasquale Di Fiore, Vincenzo Scudiero, Giovanni Messina,  Pasquale Zito e Antonio Di Buono alias o “Gnocco, Fiore D’Avino, Antonio Buonocore, Pasquale Frajese, Nico Boccia, Salvatore Fiore, Fausto Scudo, il "pentito" Pasquale Barra, detto "O animale", killer delle carceri ( ha assassinato, fra gli altri, Turatello e Cuomo), Giovanni Pandico, Michelangelo D'Agostino, Mario Incarnato, Pasquale D'Amico, Giovanni Melluso, Rosalba Castellini Giuseppe Margutti e via di sèguito. Anche in questo, l’anti-Stato, imita, copia o scimmiotta lo Stato, pieno di doppiogiochisti, cerchiobottisti, voltagabbana, canne al vento e banderuole; se non “cipollisti”. La cronaca, ha offerto sempre, uno spaccato della filiera di traditori e felloni, ribaldi e canaglie, pronti a passare sull’altra sponda; per un piatto di lenticchie, se non per una mangiata di patate e peperoni…impresari od imprenditori, funzionari di banca e di posta, se non di enti ed associazioni, avvocati, magistrati, carabinieri, poliziotti e finanzieri, secondini ed altre figure della così detta società civile. Corrotti e corruttori. Unti con olio di…filigrana. Tutti, regolarmente indagati, arrestati, processati, condannati ed incarcerati… homo homini lupus. Ma il braccio di ferro secolare, non finisce qui. Domenico Salvatore