Editors Choice

3/recent/post-list

Lazzàro (RC),Tanto rumore per nulla e polemiche inutili, inaugurata ed aperta al pubblico la prima spiaggia... "Libera" d'Italia

Lazzaro la prima spiaggia …’Libera’ d’Italia. Che fine hanno fatto i bastian contrari ed i cercatori d’oro della notizia a tutti i costi? Dove sono andati a finire i professionisti della macchina del fango? Stavolta, c’era il vero scoop, ma si è rotto il manico della…pala. Eclissati i professionisti della comunicazione. Dopo le polemiche gratuite, sterili ed improduttive dei giorni scorsi, soddisfatto se non, rispettato l’iter procedurale, ha aperto i battenti la struttura balneare di fronte al ristorante l’Accademia, sul lungomare “Cicerone”;come da copione, alla presenza della Giunta Comunale
IL COMUNE DI MOTTA SAN GIOVANNI SIMBOLO DELLA LOTTA ALLA MAFIA, MA IL SINDACO INGEGNERE  PAOLO LAGANÁ SEDUTO SULLA SPONDA DEL FIUME, ATTESE L’ARRIVO DI GODOT
Domenico Salvatore

Parte dall’antica ‘Leucopetra’ oggi Lazzaro agro di Motta San Giovanni, il primo paese ‘Pizzo Free’ in Calabria, un nuovo messaggio di legalità. Una spiaggia pubblica, libera e pulita, aperta a tutti i turisti ed ai bagnanti che vorranno piantarci un ombrellone; buttarci sopra una sedia a sdraio. Come e meglio dei tropici; degustare i cibi caratteristici della gastronomia calabrese. Da lui, Filippo Cogliandro, imprenditore-coraggio e chef, che ha vinto pure un premio nazionale (secondo posto)che gli consente di essere riconosciuti come eccellenza gastronomica calabrese. Nella sezione Ristoranti Gourmet, nell'ambito del Premio Nazionale "Ospitalità Italiana 2013".  Le luci della ribalta, si sono accese per illuminare la scena del Lungomare, intitolato a Marco Tullio Cicerone, luogo dell’appuntamento con la Storia. Il ristorante l’Accademia, diventato insieme all’icona Filippo Cogliandro, il simbolo della lotta alla mafia, era ancor più maestoso e solenne del solito. La spiaggia più…”Libera” d’Italia, proprio sotto il promontorio di Leucopetra, punta dello ‘Stivale’, allegoria della democrazia e della libertà, dirimpettaia della più celebrata Taormina, non ha più niente da invidiare alle famose Copacabana ed Acapulco. Le due bandierine appaiate, metafora della ribellione alla Piovra, garriscono al vento, sotto l’occhio vigile, fermo, deciso, fiero ed emozionato del procuratore capo della DDA  ‘riggitana’, Federico Cafiero De Raho, inteso “L’invincibile”; idolo e mito della lotta alla Camorra, totem del contrasto alla ‘ndrangheta. Gli occhi della platea sono per lui; ma lo sguardo dei visitatori, è puntato soprattutto su Filippo Cogliandro, ambasciatore della ristorazione antiracket nel mondo; uno chef che, innamorato della sua terra che non vuole lasciare e del suo mestiere, parla attraverso i suoi piatti;  chef de rang, paludato nell’ elegante camice biancolatte standard in cotone, comodo e pratico, da cui si sprigionano professionalità, cortesia e competenza, guanti e ‘toque blanche’, se non ‘coreana’ in doppio petto. Nelle more, velocemente la sua avventura… Nel 2008, si presentarono due picciotti della’famiglia’ Barreca, del locale di ‘ndrangheta di Pellaro, per chiedergli la mazzetta mensile, tuttavia lui rifiutò, con maniere garbate ma decise. Il giorno dopo, si recò in caserma dai Carabinieri e denunciò con tanto di nome, cognome ed in calce la sua firma per esteso e leggibile e soprattutto lo confermò in Tribunale. Educazione alla legalità che aveva ricevuto dalla buon’anima del padre Demetrio Cogliandro, gestore di una colonnina di carburanti. Anche lui, si rifiutò di pagare il pizzo al rakett delle estorsioni; fece i nomi dei delinquenti, denunciò ai Carabinieri e confermò in Tribunale, facendo condannare gli estortori. Nonostante la macchina incendiata, il portone sparato, le taniche di benzina al distributore pronte per far scoppiare un incendio ed i colpi di pistola agli arti; gambizzato fuori casa, nel giorno di Natale del 1986. Uno scatto di dignità per salvare l’azienda dalle sanguisughe e lasciare una doppia eredità a figli e nipoti; valori morali ed ideali d’inestimabile valenza. Non l’eroe che si ribella alla mafia, ma il cittadino libero e cosciente che compie il suo dovere civico, sic et simpliciter. La sua famiglia, non accampò nessuna scusa, pretesto, cavillo o scappatoia. Anzi, lo affiancò. “Quando ho denunciato il pizzo, al mio ristorante non veniva più nessuno perché la gente aveva paura di trovarsi in mezzo a un attentato. Ho pensato anche di chiudere. Ma i miei collaboratori, mi hanno detto di pagare prima i fornitori e saldare i debiti con le banche, che certo non aiutano, e poi pensare a loro. Io sto pagando adesso i loro arretrati”.

Sostenuto, sorretto ed incoraggiato da alcuni personaggi a lui cari…Prima di tutto i ragazzi,  per tutto quello che sono riusciti a fare nell'attività poi la famiglia,  moglie e fratelli che hanno da subito appoggiato la decisione.  C’è la Procura della Repubblica;  il capitano Ferdinando Mazzacuva della Guardia di Finanza, una persona di una sensibilità unica; don Ciotti che dopo due settimane dalla, telefonò da Parigi; le altre associazioni;  Claudio la Camera,  per le importanti esperienze di legalità.  E c’è soprattutto, con  l’esenzione dei tributi varata dal sindaco Laganà , l’aiuto fondamentale  del  Comune di Motta San Giovanni e da tutto il territorio, che si è impegnato a sostenere il caso. Traversie, avversità e vessazioni, ne sta passando anche l’ingegnere Laganà, che da subito si schierò a fianco di Filippo, collaborò perché gli venisse data la spiaggia in concessione e si costituì parte civile nel processo. I seminatori di zizzania, sono rimasti con un palmo di naso, grazie alla tenacia del sindaco-coraggio, che ha deciso di cancellare per 5 anni i tributi idrici, l’addizionale IMU e le tasse Tarsu agli imprenditori coraggiosi, che decidono di denunciare i propri aguzzini.. Se non sia stato un golpe, un putch od un pronunciamiento, sicuramente sarà stato almeno, qualcosa che gli assomigli. Per defenestralo, dargli scacco matto e mandarlo a casa, hanno circuito Giunta e Consiglio Comunale. Minando al tempo stesso il territorio con pettegolezzi mirati e ‘murmuru’ pilotato. Ma l’ingegnere Paolo Laganà, al secondo mandato consecutivo, sindaco di fede PD, di cui anzi è una colonna portante, non ha abboccato all’amo. Gli avevano preparato una polpetta condita con vetriolo, acido muriatico, arsenico e cianuro di potassio. Più duro del generale cartaginese Annibale Barca, che sconfisse i Romani a Canne, Trebbia, Trasimeno e Ticino, prima di cedere a Zama, sconfitto da Pubblio Cornelio Scipione l’Africano. Incrollabile come Mitridate, il mitico re del Ponto, che educato da piccolo a bere piccoli sorsi di veleno, finì con l’immunizzarsi. Per non cadere vivo nelle mani di Gneo Pompeo, tracannò una fiala intera di veleno, ma non gli fece effetto alcuno. Palate di fango in quantità industriale, attraverso la gogna mediatica per indebolirlo. Nemici interni ed esterni, se non avversari e rivali; lupi rapaci con la pelle dell’agnello. Chiunque altro al suo posto, afflitto da insonnia, inappetenza, emicrania a grappolo, colite e depressione, sarebbe crollato di schianto. Il danno oltre alla beffa. Intendiamoci, Paolo Laganà ha chiuso le porta in faccia alla ‘ndrangheta. Non solo aveva sostenuto l’azione del ‘ribelle’ Filippo Cogliandro, che aveva osato opporsi alla ‘ndrangheta, rifiutandosi di pagare il famigerato pizzo, tangente o mazzetta agli emissari della “Gramigna”. Un gesto rivoluzionario che non poteva passare sotto silenzio. Ma era andato addirittura oltre; chi gli doveva stare a fianco, paradossalmente gli ha girato le spalle, facendo il gioco della Piovra, che le tentò tutte per disarcionarlo.  

Succede anche questo nella Calabria delle mille contraddizioni. Il sindaco-coraggio, aveva portato in Giunta ed in Consiglio Comunale, le delibere per la costituzioni di parte civile in tutti i processi di mafia. Altro che chiacchiere di bizolo. Questi, sono fatti di portata storica. Ma i traffichini, faccendieri e maneggioni, sempre pronti e rimestare, sanno come girare la frittata; e fare diventare bianco, il nero. Bugìe colossali, spudorate menzogne sulla pelle di chi combatta “veramente” la mafia, dodici mesi all’anno;  di chi ami la legalità e la trasparenza. A cose viste, non servono prove. Non era vero ( e non lo è) che il sindaco si opponesse all’associazione   “Libera” di Don Luigi Ciotti. E non era vero, che Paolo Laganà avesse abiurato. Anzi il primo cittadino ‘motticiano’ animato da glasnost e perestrojka, è più fermo e deciso di prima. Il prete-coraggio bellunese, torinese di adozione però, non l’ha bevuta; non ha ceduto al canto delle sirene dei truffaldini, che volevano “vendere” il sindaco ed in religioso silenzio aspettò l’evoluzione dei fatti.  Su questa storica spiaggia dell’antica Leucopetra, dove sbarcò Marco Tullio Cicerone, ospite del console Pubblio Valerio, sventola la bandiera della “prima spiaggia Libera” d’Italia. Questi sono fatti, non chiacchiere di bettola. Nibbio, Griso, Sfregiato e Carlotto, sempre pronti a buttare l’acqua sporca col bambino dentro c’hanno provato, ma hanno fatto cilecca. I ciarlatani di piazza, i don Abbondio, gli Azzeccagarbugli, serviti di barba e capelli, sono stati messi all’angolo. Gl’ignavi, che non hanno il coraggio di prendere una decisione verranno spinti dal padre Dante, verso l’infernale girone, se non nella mala bolgia e costretti a correre in eterno, dietro un’insegna, inseguiti da uno sciame di vespe e mosconi inferociti, che gli punzecchiano la chiappe. A Filippo Cogliandro, piacciono le iniziative antimafia concrete e non quelle salottiere, della convegnistica o da crocicchio del Corso Garibaldi. iniziative come quella della Camera di Commercio del presidente Lucio Dattola a Reggio, che ha deciso l’esenzione del tributo di iscrizione all’associazione per 5 anni, a beneficio di chi denuncia il pizzo. Da rimarcare anche la sofferenza prossima al fallimento commerciale, per colpa di banche, che non vogliono dare credito, a chi denunciava il pizzo e combatte la mafia. Nobili intenti, ma non manca la nota polemica.Tentativi di strumentalizzazione, non solo a fini politici. Il sindaco non ha peli sulla lingua:” La scelta del Comune di Motta San Giovanni di costituirsi parte civile nel procedimento penale, instaurato contro chi chiedeva il pizzo al ristoratore Cogliandro e la decisione del Consiglio Comunale di esentare il ristoratore, per molti anni, dal pagamento dei tributi comunali, testimonia la volontà ferma ed incondizionata dell'ente di sostenere, attraverso, gesti concreti, la scelta coraggiosa dell'imprenditore di ribellarsi al racket delle estorsioni, con l'obiettivo dichiarato ed auspicato che altri cittadini e amministrazioni potessero seguirne l'esempio". 

Galeotto fu il Piano Spiaggia e chi lo scrisse, quel giorno, più non vi leggemmo avante. Un pomo della discordia che fatto perdere la bussola a più di uno. “In due occasioni ho avuto modo di ribadire, evidentemente senza successo, che la procedura di concessione del tratto di spiaggia antistante il complesso Cogliandro, in mancanza di piano spiaggia, è subordinata a precisi vincoli imposti dalla Regione Calabria in materia di demanio marittimo e che la stessa doveva trattarsi alla stregua di analoghe richieste avanzate da parte di operatori del settore, anche perché diversamente si sarebbe configurato, avendo avuto già in precedenza assegnata l'area, un "diritto di insistenza" che la norma esclude categoricamente. Insomma abbiamo l'obbligo di rispettare la legge”. Per l’occasione, erano state invitate a partecipare tante personalità e rappresentanti delle istituzioni. A cominciare dal procuratore capo della DDA di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho; il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza; Francesca Stilla, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minori.il prefetto Claudio Sammartino; il colonnello Lorenzo Falferi, comandante provinciale dei Carabinieri; il capitano Gennaro Cascone, comandante della Compagnia di Melito Porto Salvo; il rappresentante di “Libera” della sterminata Piana di Gioia Tauro, don Pino De Masi, l’onorevole Tano Grasso della federazione antirakett. Per la capitaneria di porto-Guardia Costiera, Francesco Pirrello della Delegazione di Spiaggia di Melito Porto Salvo. Ha presenziato alla manifestazione anche la presidentessa della Pro Loco Ida Cotrupi, associazionismo, volontariato, pezzi della società civile. C’erano anche, i giornalisti nel mirino della ‘ndrangheta, Michele Albanese con macchina blindata e scorta armata e Michele Inserra. All’alza bandiera, tutti con la mano sul cuore e pronti a cantare Fratelli d’Italia. Il procuratore capo della Repubblica, ha chiarito in tutte le salse, che denunciare la ‘ndrangheta convenga. Un vantaggio enorme, che serve per recuperare margini di democrazia e di libertà. La Piovra soffoca l’economia e schiavizza gl’imprenditori. Serve una presa di coscienza e di responsabilità. Si è rivisto don Mimmo Cartella, altro prete industrioso e dinamico.
Domenico Salvatore