Un maestro vive di allegrie e naufragi lungo i fiumi di Ungaretti. Nel tempo del mio viaggio mi posso permettere tutto...
di Pierfranco Bruni
Fummo allegri. Poi naufragammo. Allegria dei naufragi. Spesso la mia aquila vola tra questi due "continenti". Io che mi sono formato ai porti sepolti e alle terre promesse di Giuseppe Ungaretti mi trovo a navigare tra le parole della poesia, tra l'alchimia della poesia, tra le parole che restano parola.
di Pierfranco Bruni
Fummo allegri. Poi naufragammo. Allegria dei naufragi. Spesso la mia aquila vola tra questi due "continenti". Io che mi sono formato ai porti sepolti e alle terre promesse di Giuseppe Ungaretti mi trovo a navigare tra le parole della poesia, tra l'alchimia della poesia, tra le parole che restano parola.
Certo, il Novecento letterario italiano è "costellato" da una poesia e da una scrittura, dai veli degli stregoni e da una abituale letterarietà del testo.
Se il poeta non trova il sogno dei Maya resta un letterato che fa il poeta. Ungaretti è stato sempre uno sciamano che si è messo in ascolto dei nodi del Nilo.
Bisogna avere il coraggio di assentarsi dalla storia per incamminarsi verso il mistero del Sole e vivere l'allegria come l'essere del naufragio.
Ormai io leggo soltanto poeti che vivono dentro di me. Siamo rimasti in pochi. Ma sono veri alchimisti. Il resto non ha più luogo nel mio camminamento.
La letteratura tocca la mia indifferenza. Soltanto il mistero solca la mia anima. Forse anche per questo racconto ciò che è parte viva del mio esistere. Non mi lascio trascinare dal tempo.
Sono un maestro nel mio mestiere come ebbe a dire Cesare Pavese e lascio traccia soltanto su ciò che mi appartiene. Il resto è altro.
Ungaretti è un maestro. Non ci sono altri poeti nel Novecento italiano che abbiano viaggiato nella magia come questo alchimista che ha toccato le solitudini dopo aver vissuto i versi della trincea. È andato oltre. Non mi dedico più a comparazioni.
I Nobel sono accademia.
D'Annunzio e Ungaretti restano e resteranno nelle civiltà dei cuori viaggianti. Non ci sarebbe stata una magia nella letteratura. Gli altri sono venuti dopo. Più tardi è arrivato il Pavese di Leuco' e di verrà la morte. Ma siamo dentro una precarietà e una mediocrità scolastica che azzera il pensiero. Non mi interessa.
La confessione è sempre un genere letterario. Io resto lungo la via della Zambrano di Eliade di Tagore di Gibran di Cardarelli di Pavese di Castaneda...
Se fummo allegri poi naufragammo... Ma lungo questi solchi vivono Rumi Khayyam Basho... I fiumi i deserti... Il mistero. Poi un'aquila volò...

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