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Il porto di Gioia Tauro eldorado della mafia, I clan di 'ndrangheta fanno il pieno di armi e droga, ma non è guerra di mafia

Si va da un sequestro all’altro. Come segnala la cronaca, con cadenza quotidiana. Cocaina, eroina, marijuana, haschisc, vagonata di kalashnikov, pistole, fucili a pompa, lupare, mitragliette, bazooka, lanciamissili e lanciagranate, tritolo, candelotti di dinamite, proiettili di vario calibro ecc.L’ultimo colpo grosso, in ordine di tempo, è della Guardia di Finanza. L’orecchio raffinato del giornalista Peppe Baldessarro, scrittore e saggista di spessore, ha captato e pubblicato sul Quotidiano della Calabria on line, (collabora anche con “La Repubblica”)la notizia che di sotto pubblichiamo. Non per dare alcuna paternità, ma per contribuire a stabilire certe verità
IL TRAFFICO DI ARMI E DROGA NEL PORTO DI GIOIA TAURO RIENTRA NEL “NATURALE” E SCONTATO BUSINESS DELLA ‘NDRANGHETA O SI STA PREPARANDO UNA NUOVA GUERRA DI MAFIA?
Domenico Salvatore
Traffico di armi e droga nel porto di Gioia Tauro? Sai che scoperta! La’ndrangheta, da gruppo locale a vera e propria holding del crimine, come l’ha definita nel 2005 la Direzione Investigativa Antimafia nella sua relazione semestrale al Ministero dell’Interno, ha le mani in pasta, da prima ancora, che fosse costruito il più grosso porto del mediterraneo; il terzo in Europa per dimensioni e volume di traffici. Sulla banchina, che si sviluppa per cinque chilometri, vengono movimentati ogni anno oltre 2 milioni di container; costruito nel ’75 in connessione con un polo industriale, il Quinto Centro Siderurgico Italiano, inserito nei progetti della Cassa del Mezzogiorno e mai realizzato. E non era solamente monopolio dei casati di ‘ndrangheta più gettonati nella sterminata Piana di Gioia Tauro, come i Piromalli-Molè ed i Pesce-Bellocco, ma anche delle altre consorterie mafiose, che di riffe o di raffe facevano capo a loro; comunque avevano relazioni…Alvaro di Sinopoli, Crea di Rizziconi, Mammoliti-Rugolo di Oppido-Castellace, Gioffrè e Pellegrino di Seminara, Gallico e Parrello di Palmi, Facchineri e Raso di  Cittanova, Avignone di Taurianova, Petullà di Cinquefrondi, Longo-Versace di Polistena e le varie cosche collegate attraverso una fitta rete di comparaggi e matrimoni combinati e finalizzati al rafforzamento dei clan mafiosi di Laureana di Borrello, Galatro,  Varapodio, San Giorgio Morgeto, Molochio, Oppido Mamertina, Anoia, Giffone e così via. Gli ultimi sequestri nell’ordine di tonnellate di cocaina, eroina, marijuana e Haschisc nel porto di Gioia Tauro appunto, confermano questa tendenza; questo business, scontato, inevitabile ed irrinunciabile.

Cosiccome la partite di armi a vagonate, anch’esse sequestrate. Alcune delle quali dovevano servire per attentati contro i giudici. Sebbene la ‘ndrangheta, fosse contraria alla strategìa stragista proposta da Cosa Nostra nei summit di Rosarno, Nicotera, Gioia Tauro e Locri-Siderno, Platì, San Luca ed Africo; se non Marina di Gioiosa. Un altro sequestro di armi che era stato secretato dagli inquirenti e che un articolo del Mattino di Napoli aveva divulgato, venne scoperto a Gioia Tauro: 70 kalashnikov, plastico per esplosivo, rampe per missili e casematte in cemento armato rinforzato, necessarie a caricare armamenti di breve e lunga gittata. Un arsenale da guerra proveniente da un paese satellite della Russia e destinate, secondo le carte, ad un porto commerciale americano. Gli agenti della Cia, si   presentarono al porto di Gioia per scoprire gli eventuali altri passaggi delle armi e le modalità della scoperta effettuata dai militari delle Fiamme Gialle.  Allo stato in ambienti investigativi, non risultava che vi fosse stato un traffico illecito di armi dal porto di Gioia Tauro.   Il procuratore della Repubblica di Palmi del tempo, Antonio Vincenzo Lombardo, escluse, che il suo ufficio avesse avviato un'inchiesta. 

Nell'aprile del 2004, nel porto di Gioia Tauro, furono sequestrati quasi 8.000 fucili mitragliatori AK-47 Kalashnikov e altre armi da combattimento.  Il 20 aprile del 2004, la Guardia di Finanza sequestrò un carico, partito dalla Romania, e diretto negli Stati Uniti. I mitragliatori erano stati modificati per renderli di tipo “comune”. Lo scopo: aggirare le normative sui trasporti di materiale bellico. “Un carico di armi da guerra, diceva la fonte Ansa, è stato intercettato e sequestrato dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria nel porto di Gioia Tauro. In tre container erano stipati oltre 8000 fucili mitragliatori tipo Kalashnikov completi di caricatori e baionette, nonchè 11 mitragliatrici pesanti. Il carico, proveniente dalla Romania e diretto a New York, era imbarcato su una motonave battente bandiera turca, la “Adnan Bayraktar”, partita dal porto di Costanza. Le armi erano destinate a una società americana con sede in Georgia. I kalashnikov sono particolarmente ricercati sui mercati clandestini per la loro potenza, nonchè per la facile manutenzione, semplicità d`uso e favorevole rapporto qualità/prezzo.

Gli organizzatori della spedizione, sottolineano le Fiamme Gialle, avevano cercato, con una piccola modifica, di rendere le armi di tipo “comune” e non “da guerra”, per mezzo di un piccolo intervento meccanico che avrebbe dovuto impedire alle armi di sparare a raffica (caratteristica tipica delle armi da guerra). Lo scopo di queste modifiche, evidentemente, era proprio quello di aggirare le severe normative che regolano i commerci ed i trasporti degli armamenti di tipo bellico. La modifica però, come dimostrato dai periti balistici interpellati dai finanzieri, era facilmente aggirabile non essendo di tipo permanente (in pratica la funzione di sparo a raffica poteva essere facilmente ripristinata). Sono tuttora in corso approfondite indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi (RC), le cui proiezioni internazionali suggeriscono, allo stato attuale, il massimo riserbo sulle persone fisiche e giuridiche coinvolte.” Le cosche mafiose sul territorio ci sono  e producono affari per migliaia di miliardi, ma anche, faide, inserite nella più vasta guerra di mafia, più o meno dichiarata, che generano morti ammazzati, vedove, orfani. Per fortuna, finora si registrano ‘soltanto’ allarmismi; non sempre inutili, perché comunque i morti ci sono; la droga anche; le armi pure e sempre più numerose e micidiali. E lo Stato che fa? Veglia, vigila, sequestra, confisca, arresta, processa, incarcera, previene, reprime ecc. Un bel braccio di ferro secolare. Generazioni di poliziotti, finanzieri, carabinieri. Generazioni di picciotti, padrini, mammasantissima, capibastone. Scrive Giuseppe Baldessarro su “La Repubblica”…” Hanno trovato armi da guerra, che dovevano usare per colpire in alto.

Dieci kalashnikov, due fucili mitragliatori, cinque pistole con la matricola abrasa, munizionamento a volontà. "Come obiettivo non posso pensare altro che a un soggetto istituzionale sotto protezione", dice il procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho appena, ieri mattina, è stato informato dagli investigatori della Finanza del sequestro di una santabarbara fra Rizziconi e Gioia Tauro. È allarme in Calabria dove la 'ndrangheta - secondo fonti riservate - starebbe abbandonando la sua strategia di inabissamento e di "pace" con lo Stato, per provare a sferrare un attacco armato contro chi la combatte. Magistrati. Carabinieri. Poliziotti. Uomini degli apparati investigativi. Sono tutti nel mirino.
L'indizio più evidente di questo cambio di marcia, l'antimafia calabrese l'ha rintracciato qualche ora fa, subito dopo il controllo a un posto di blocco di un'utilitaria piena di armi. Non si conoscono ancora tutti i dettagli dell'operazione, si sa al momento che hanno fermato la macchina, identificato l'autista - Marino Belfiore, incensurato, di Gioia Tauro - e nel cofano c'era l'arsenale. "Stavano progettando un attentato", ripete il procuratore Cafiero De Raho. Di più non dice e non può dire.

Annuncia però: "Mi auguro che questa vicenda richiami la massima attenzione del ministro degli Interni, chiederò domani mattina (oggi, ndr) ad Angelino Alfano di convocare a Reggio il Comitato di ordine pubblico e sicurezza". E spiega: "Queste sono armi che sicuramente non servivano per faide e scontri interni, in quelle terre ci sono equilibri mafiosi molto stabili, servivano ad altro", ci sono poi "segnali inquietanti degli ultimi mesi". Un'escalation di "piccoli" attentati, avvertimenti precisi. Fino al ritrovamento di ieri. Armi adatte per un agguato in grande stile, "eclatante", per far rumore. Un personaggio "importante" dello Stato. "L'attività indimidatoria è diventata sempre più forte", racconta ancora il procuratore. Dopo gli imprenditori, Cafiero de Raho ricorda come l'obiettivo sia stato spostato anche su esponenti delle forze dell'ordine, e come le armi abbiano fatto fuoco contro caserme dei carabinieri e della Finanza. Anche i kalashnikov hanno già sparato. Le mitragliate contro il capannone di Nino De Masi, imprenditore sotto scorta che opera a ridosso del porto, i 50 proiettili trovati sparsi sul pavimento della Dogana, le sventagliate di mitra su vetrine e saracinesche. Nei giorni scorsi alle undici di sera, a pochi metri dalla gente che passeggiava sul corso principale di Reggio, una bomba si è portata via una gastronomia. Cafiero de Raho ricorda che "avrebbero potuto ammazzare qualcuno". Le ragioni di questo clima sono chiare. "La 'ndrangheta ha capito che lo Stato c'è e ci sarà", dice il procuratore. Gli affari dei boss non vanno più a gonfie vele come prima. Qualcosa da un po' di tempo è cambiato. La Dda reggina continua a colpire duro. “. Pure “Il Corriere della Sera” a pagina 16 riferisce dettagliatamente sull’argomento con un servizio di Giovanni Bianconi dal titolo”Il procuratore anti ‘ndrangheta:preparano un attacco alle istituzioni”. 

Domenico Salvatore


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