Il boss di camorra Angelo Nuvoletta, condannato all'ergastolo per l'omicidio del giornalista del Mattino Giancarlo Siani, è morto oggi nell'ospedale di Parma, dove era ricoverato. Aveva 71 anni. Nuvoletta, boss di Marano, arrestato nel maggio del 2001 dopo 17 anni di latitanza, era detenuto in regime di 41 bis, nel carcere di Spoleto e poi in ospedale a Parma. Fra gli omicidi contestatigli, vi sono quelli di cinque affiliati del clan Alfieri, strangolati e poi sciolti nell'acido.
NAPOLI "MARCISCE" IN GALERA ANCHE ANGELO NUVOLETTA, CAPO DEI CAPI DEL CARTELLO NUVOLETTA-GIONTA, CONDANNATO ALL'ERGASTOLO, MORTO IN OSPEDALE A PARMA
I Nuvoletta erano in rapporti con Cosa Nostra di Riina e Provenzano. Per tanti anni il suo nome figurava nel famigerato elenco dei trenta super-latitanti di massima pericolosità. La "famiglia" dei Nuvoletta era composta da numerosi adepti, amministrati dalla triade Lorenzo, Ciro e Angelo. Capo dei capi del cartello era Lorenzo, trapassato in galera. Il secondo venne ammazzato nel corso della guerra di mafia tra i cartelli, Nuvoletta-Gionta e i Bardellino-Alfieri-Galasso-Verde. Angelo era invece la «mente» del clan ed era lui che ne gestiva gli affari economici
Domenico Salvatore
NAPOLI-I suoi legali di fiducia erano riusciti a convincere il Giudice di Sorveglianza, magra consolation, a concedere al loro assistito gli arresti domiciliari (ospedalieri) per gravi motivi di salute. Ma Angelo Nuvoletta era un padrino di serie A. Un detenuto speciale. Un pezzo di storia della Camorra. Gli avvocati sono riusciti ad ottenere il beneficio di legge; scontato, ma che spesso e volentieri non viene concesso. I condannati muoiono in carcere. Partono le inchieste, che come le cronache segnalano, finiscono spesso in una bolla di sapone. Ma i decreti con tanto di condanna al risarcimento morale, fisico od altra "chiamata", afflitti da mille moine giuridiche, cavilli e pretesti, leggi, leggine, testi unici, norme transitorie, interpretazioni cicero pro domo sua, se non lungaggini, non vengono(quasi ) mai eseguiti. L'ultimo tonfo della Giustizia, in ordine di tempo, è quello relativo al caso di Antonino Vadalà, affetto da tumore, recluso a Melfi, a cui è stato negato di curarsi in una struttura sanitaria degna di questo nome. Avrebbe finito di scontare la pena di sette anni, in primavera. Il boss di camorra Angelo Nuvoletta, condannato all'ergastolo per l'omicidio del giornalista del Mattino Giancarlo Siani, è morto nell'ospedale di Parma, dove era ricoverato. Aveva 71 anni. Nuvoletta, boss di Marano, arrestato nel maggio del 2001 dopo 17 anni di latitanza, era detenuto in regime di 41 bis, nel carcere di Spoleto e poi in ospedale a Parma. Fra gli omicidi contestatigli, vi sono quelli di cinque affiliati del clan Alfieri, strangolati e poi sciolti nell'acido. Il regime di carcere duro nei riguardi di Nuvoletta era stato confermato l'8 marzo 2011 dalla Corte di Cassazione che ritenne il suo stato di detenzione pienamente "compatibile con la salvaguardia dei diritti umani".
Nuvoletta, fonte Ansa, considerato uno dei grandi padrini della camorra, a lungo nell'elenco dei 30 latitanti di massima pericolosita', apparteneva a una "famiglia" potentissima che da decenni aveva allacciato stretti rapporti di collaborazione con la mafia siciliana. Dapprima strinse alleanza con il Clan dei Casalesi, diretto dal mammasantissima Antonio Bardellino, il Clan Alfieri, il Clan Galasso, il Clan Verde, il clan Giuliano, per contendere la leadership all'avversario del re della camorra, NCO "don Raffaele" Cutolo, ras di Ottaviano, ma poi si andò ala scissione. Il clan era governato da tutti e tre i fratelli: Lorenzo, Ciro e Angelo. Il primo, morto in carcere per una grave malattia, era considerato il capo; Ciro, ucciso in un agguato nella guerra di camorra fra i Nuvoletta-Gionta e i Bardellino-Alfieri-Galasso-Verde, era considerato il piu' sanguinario del gruppo; Angelo era invece la "mente" del clan ed era lui che ne gestiva gli affari economici e che teneva i contatti con Cosa Nostra, in particolare, con la cosca dei Corleonesi, con la quale, sin dagli anni Settanta, i Nuvoletta avevano stretto un patto di reciproca collaborazione. A Nuvoletta sono stati contestati numerosi tipi di reati, oltre agli omicidi e all'accusa di essere il mandante dell'uccisione di Siani: dal traffico di stupefacenti all' estorsione, al possesso di armi ed esplosivo, all' intimidazione, al controllo degli appalti pubblici.
Secondo gli investigatori, durante i 17 anni di latitanza Angelo Nuvoletta non si sarebbe quasi mai mosso da Marano, centro alle porte di Napoli, riuscendo sempre a trovare rifugio, forse in qualche nascondiglio segreto nello stesso centro della cittadina. E da lì avrebbe continuato sia a mantenere in piedi l'organizzazione criminale, gestendone le molteplici attività illecite, sia ad avere i rapporti con Cosa Nostra. Questa circostanza fu confermata anche dalle dichiarazioni di Gaspare Mutolo, gia' appartenente alla famiglia Partanna di Mondello e collaboratore di giustizia. Mutolo riferì ai giudici che, nel 1973, uscito dal carcere di Poggioreale in cui era rinchiuso, trovo' ad attenderlo Saro Riccobono e Angelo Nuvoletta, che lo accompagnarono in auto a Poggio Vallesana, nella tenuta del clan di Marano, dove, a sua volta, li aspettava Toto' Riina. Il ritorno in libertà di Mutolo fu festeggiato a tavola con un pranzo che sanci' la definitiva alleanza tra i Nuvoletta e il gruppo di Riina.". Per poter seguire bene le storie di 'camorra", che ora s'intrecciano ed ora si scindono ed avere un quadro sufficientemente chiaro, occorre approfondire due o tre cose, di cui abbiamo deciso di darvi dettagliate notizie a seguire. Per chi sia interessato alla cosa. Altrimenti può fermarsi qui. Per evitare lungaggini inopportune ometteremo la cronistoria dei vari clan di camorra. Ma due 'cose', sono imprescindibili. L'Alleanza di Secondigliano e il Clan dei Casalesi.
"Il clan Nuvoletta, alleato con i Clan dei Corleonesi, Clan Gionta, Clan Mallardo, Clan Licciardi, Clan Stabile, Clan D'Alessandro, è un clan camorristico operante sul territorio del comune di Marano di Napoli, periferia nord della città partenopea. Nella seconda metà degli Anni Settanta, alle famiglie di stampo camorristico della "vecchia generazione" si unisce una nuova forza, che arriverà ad avere, secondo alcune stime, circa 7000 affiliati: è la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, la quale vuole imporre la sua egemonia su qualsiasi attività e commercio illegale. Si arriva inevitabilmente ad una guerra, che scoppia dal 1979, e che totalizza circa 900 omicidi solo fino al 1983. La guerra è combattuta dai cutoliani appunto, e dagli affiliati della Nuova Famiglia, in cui oltre ai clan di Bardellino e quello dei Nuvoletta, sono comprese le famiglie dei Galasso, degli Alfieri e degli Gionta, oltre a quella dei Giuliano. La così detta Alleanza di Secondigliano. L'alleanza di Secondigliano è un'organizzazione criminale nata a Napoli verso la fine degli anni ottanta, e che negli anni successivi si impadronì[senza fonte, come tante altre volte accade] di quasi tutti i traffici illeciti della città (contrabbando, estorsioni, appalti, traffico di stupefacenti). I clan generalmente considerati stabili affiliati al cartello sono:Clan Mallardo, Clan Contini, Clan Licciardi, Clan Lo Russo, Clan Prestieri, Clan Stabile, Clan Ferone, Clan Bosti, Clan Bocchetti. La storia.
"L'alleanza di Secondigliano", viene fondata da tre persone: Edoardo Contini, detto "il Romano" (originario del quartiere San Carlo all'Arena-Rione Amicizia-di Napoli), Francesco Mallardo detto "Ciccio 'e Carlantonio" (proveniente da Giugliano, grosso paese alle porte di Napoli) e, soprattutto, Gennaro Licciardi, detto "la Scimmia" (di Secondigliano). I primi due sono legati anche da saldi rapporti di parentela: hanno sposato due donne, sorelle tra loro, trovandosi così cognati, una terza sorella ha invece sposato Patrizio Bosti, braccio destro di Contini. Il "cartello" criminale diventa egemone in pochi anni, conquistando la leadership soprattutto nel lucroso traffico di droga: cocaina dal Sud America ed eroina dall'Asia (importata attraverso l'Albania). L'organizzazione, è inoltre sostenuta da personaggi di rilievo, spesso specializzati in un settore specifico: tra questi, Ciro Mantice, businessman nel settore dell'abbigliamento, al quale viene delegato il compito di riciclare il denaro in attività legali nei più disparati settori (compito che svolse alla perfezione, fino all'anno 2000, quando gli furono sequestrati quasi cento miliardi di lire); Patrizio Bosti, criminale del rione Amicizia (zona d'influenza di Contini e Mantice), cognato del Contini, specializzato nel gestire le operazioni di fuoco del gruppo; Gaetano Bocchetti di Secondigliano (uomo di fiducia del Licciardi), vero specialista nell'importare droga e nel gestire la vendita al dettaglio di stupefacenti nei diversi punti di spaccio della città.
L'alleanza, comandò in città per oltre dieci anni, passando anche per vere e proprie "guerre" combattute con gruppi rivali, come quella del 1998-1999, che vide contrapposta l'Alleanza di Secondigliano al clan Mazzarella, della zona orientale di Napoli. Il cartello di Secondigliano, risultò vincente, ma molte persone rimarranno uccise in entrambi gli schieramenti. Alla fine degli Anni Novanta l'alleanza subirà un declino: Licciardi, leader storico, morrrà in galera; Mallardo, venne arrestato; mentre Contini, si darà latitante. Verso l'inizio del 2008 anche Edoardo Contini, verrà arrestato, poco dopo la cattura del suo alleato, Vincenzo Licciardi, fratello di Gennaro. Per quanto riguarda i Mallardo, attualmente, sono considerati inquadrati nell'orbita del Clan dei Casalesi e per questo, vengono ritenuti molto potenti e pericolosi.Dopo la vittoria della Nuova Famiglia, si apre una nuova faida: difatti emergono le rivalità tra i Nuvoletta e Bardellino, che affondano le proprie radici nelle amicizie siciliane degli uni e dell'altro: infatti, i maranesi sono alleati della famiglia corleonese, capeggiata da Totò Riina e Bernardo Provenzano, mentre i casalesi sono in combutta con Stefano Bontate e Tommaso Buscetta. Il 23 aprile 1981, con l'assassinio di Bontate, scoppiò una guerra di mafia, che portò irrimediabilmente le sue conseguenze anche in Campania: la domenica mattina del 26 agosto 1984 un commando composto da almeno 14 persone arriva nella città di Torre Annunziata, fulcro del clan Gionta, alleato dei Nuvoletta; compiono una strage, uccidendo 7 affiliati e ferendone altri 7.
Prima di questa strage però, Bardellino era riuscito a mettere a segno un altro punto: il 10 giugno 1984 infatti, era riuscito ad uccidere Ciro Nuvoletta , fratello del capofamiglia Lorenzo; questo episodio era stato preceduto dall'arresto in Spagna di Antonio Bardellino, che pensava di esser stato tradito da un esponente proprio del clan di Marano. Nel 1985, con l'arresto di Valentino Gionta (boss del clan omonimo) proprio a Marano, Lorenzo Nuvoletta, fonte wikipedia, ordinò l'esecuzione del cronista del Mattino Giancarlo Siani, che avvenne il la sera del 23 settembre 1985. Siani aveva scoperto che Nuvoletta aveva tradito Gionta per mettere fine alla nascente faida con i casalesi, ed aveva scritto in merito un articolo, firmando così la sua condanna a morte. Lorenzo Nuvoletta stato fu catturato ed incarcerato il 7 dicembre del 1990, dopo 10 anni di latitanza; rilasciato nel '91, nel gennaio successivo fu condannato a 9 anni di carcere per attività di stampo camorristico, morì l'8 aprile 1994. Angelo Nuvoletta è stato arrestato il 17 maggio del 2001, dopo ben 17 anni di latitanza; si nascondeva in un appartamento di Marano, il paese alle porte di Napoli dove la sua famiglia non ha mai avuto bande rivali, dove ospitava i grandi capi della mafia, come Luciano Liggio e Salvatore Riina. Angelo Nuvoletta, era detenuto, in regime di 41 bis, nel carcere di Spoleto e, al momento della morte, era ricoverato all'ospedale di Parma.
I funerali del padrino della Camorra, che aveva 71 anni, si terranno a Marano, sua città d'orgine, tra martedì e mercoledì. In forma pubblica. Salvo diversa decisione per motivi di ordine pubblico e sicurezza, del questore di Napoli,operante nella periferia a sud di Napoli, più precisamente nell'area del comune di Torre Annunziata.
Cenni storici. Il Clan Gionta comincia a far sentire la sua presenza all'inizio degli anni ottanta quando Valentino Gionta (nato a Torre Annunziata il 14 gennaio 1953), che lavora a Torre Annunziata con la qualifica di "ambulante ittico", stringe contatti con la mafia in Sicilia e con i Nuvoletta di Marano, affiancandosi alla Nuova Famiglia nella lotta contro il disegno criminale di Raffaele Cutolo. L'11 settembre 1981 i Gionta fanno piazza pulita dei capizona di Cutolo a Torre Annunziata, dove vengono ammazzati Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Il clan si basa soprattutto sul contrabbando di sigarette, ma anche sul controllo del mercato ittico dove attraverso una cooperativa, la Do.Gi. Pesca, riesce a mettere le mani su interessi di miliardi di lire. È solo l'inizio del periodo d'oro del clan che, negli anni, sarà in grado di far sorgere una vera e propria holding. Il secondo passo è il traffico dell'eroina che risulta di facile attuazione avendo a disposizione numerosissimi pescherecci.
Ma questo è un interesse troppo grande ed è per questo che il clan entra in conflitto con Antonio Bardellino. È proprio il boss casertano a volere la strage di Sant'Alessandro che sarà perpetrata dagli uomini di Carmine Alfieri. Ma il 1984 riserva altre sorprese al clan di Torre Annunziata. Il 20 maggio a cadere è Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, che controllava il mercato dei fiori di Pompei.Il 3 novembre furono notificati 54 mandati di cattura, emessi dal Tribunale di Napoli. Il boss verrà catturato quasi un anno dopo, nel giugno del 1985, a Marano, il quartier generale dei Nuvoletta. Con il boss a scontare l'ergastolo, grande potere sembra avere la moglie Gemma Donnarumma e comunque il giro di Palazzo Fienga (roccaforte storica dei Gionta), nel Quadrilatero delle carceri, conta ancora molto. Gli affari principali sono estorsioni e spaccio. Gli inquirenti sono sulle tracce di Umberto Onda ritenuto essere il vero reggente del clan. Quel che resta dei Gionta si è rafforzato grazie al matrimonio del nipote omonimo del boss Valentino con una ragazza della famiglia di "François" Chierchia, incontrastato nella Provolera. Nel 2007 sei omicidi rivelano lo scontro dei Gionta con i Gallo ("I Cavaliere") clan egemone da via Murat fino a Villa Oplonti.
Il 4 novembre 2008 viene condotta un'operazione a Napoli, zona Torre Annunziata, eseguendo 88 arresti (di cui 28 già in carcere, come il capo Valentino Gionta) contro il clan. Altro durissimo colpo al cuore del clan è stato messo a segno nell'estate del 2009 dai militari del Nucleo Investigativo del neonato Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata agli ordini del Maggiore Pasquale Sario e del Capitano Paolo Guida, i quali hanno tratto in arresto i latitanti Di Ronza Gaetano, Palumbo Michele, Ambrosino Vincenzo ed il reggente Nappo Ciro. Arrestato l'ultimo baluardo dei Gionta, il clan oramai ha perso tutto il suo potere sul territorio. Umberto Onda, super ricercato tra i 100 latitanti più pericolosi, è stato acciuffato dai militari dell'Arma coordinati dal Tenente colonnello Andrea Paris al porto di Brindisi, il latitante proveniva dalla Grecia assieme ad alcuni amici ed alla sua amante di Castellammare di Stabia. Il 4 Luglio 2012 sono state arrestate 22 persone a seguito ad un'indagine legata al clan, raggiunti da ordinanza di custodia cautelare per spaccio e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravati dal metodo mafioso e dal carattere transnazionale dell'attività illecita. Tra le accuse vi è il traffico dall'Olanda di cocaina, hashish, marijuana. Tra gli arrestati anche un noto cantante neomelodico, Tony Marciano. Il clan dei Casalesi, è un cartello camorristico della Provincia di Caserta che prende il nome dalla sua città d'origine, Casal di Principe. Ne fanno parte differenti clan. Le attività della cosca, sono state segnalate in diverse regioni d'Italia (Lazio e Lombardia in testa), con una forte presenza riscontrata anche in alcuni stati europei (Spagna e Scozia). Secondo una stima della DNA il fatturato risultante delle aziende controllate dal clan e dei traffici illeciti si aggirerebbe attorno ai 30 miliardi di euro. Inoltre dal 1985 al 2004 sarebbero stati compiuti dal clan 646 omicidi.
La mafia casalese, fonte Wikipedia per sua stessa ammissione non sempre aggiornata con fonti attendibili, non è una qualunque organizzazione criminale all'interno della camorra, ma una vera e propria organizzazione criminale, avente tratti tipici paragonabili alla 'ndrangheta o a cosa nostra, che oggi si sta dimostrando avere una influenza maggiore rispetto alle altre mafie italiane. L'attività di questo clan si radica profondamente nella storia del territorio dell'agro aversano e ha inizio alla fine degli anni settanta attraverso la figura di Antonio Bardellino. Il boss ebbe l'iniziativa di creare il consorzio del cemento dove le varie imprese si sarebbero recate per acquistare il cemento ad un prezzo maggiorato evitando in questo modo ai vari membri del clan di spostarsi cantiere per cantiere a chiedere le estorsioni. Già a partire dalla fine degli anni settanta, Bardellino intuì che il futuro dei traffici illegali sarebbe stato rappresentato dalla cocaina, capace di alimentare a lungo termine un affare molto più redditizio rispetto a quello dell'eroina.
Per questo motivo, il capoclan, organizzando un'attività di import-export di farina di pesce, imbastì un'imponente traffico di cocaina che, partendo dall'America latina, arrivava nell'agro aversano passando attraverso Alberto Beneduce, uno dei vertici indiscussi del clan e fraterno amico di Michele Zagaria. Cionondimeno, il clan Bardellino contrabbandò anche l'eroina, le cui spedizioni, dirette alla famiglia Gambino di New York, erano nascoste all'interno dei filtri di caffè espresso. I collaboratori di giustizia hanno riferito che quando una di queste spedizioni venne intercettata dalle autorità antidroga, Bardellino telefonò a John Gotti affermando che il business non si sarebbe di certo fermato e che avrebbe mandato una quantità di stupefacente pari al doppio di quella sequestrata. Il clan Bardellino fece parte della Nuova Famiglia, il cartello criminale che sconfisse Raffaele Cutolo. Bardellino ottenne un potere enorme, dal casertano fino al basso Lazio, potere che molto frequentemente era gestito da suo nipote, il giovane Paride Salzillo. Bardellino spesso si allontanava dal territorio, si recava in Brasile e a Santo Domingo, dove aveva contatti con la politica locale, al punto che finanziò la campagna elettorale del Presidente della Repubblica Dominicana. Lo strapotere del boss infastidiva gli altri capi-clan che decisero di eliminarlo utilizzando un subdolo stratagemma: spinsero Bardellino a ordinare l'uccisione di Mimì Iovine, dopodiché indussero il fratello di Mimì, Mario, ad uccidere per vendetta Bardellino stesso.
Secondo i collaboratori di giustizia, Mario Iovine si recò a casa di Bardellino in Brasile e qui lo uccise con un martello, non si può dire con certezza che le cose siano andate così perché il corpo non venne mai ritrovato. Pochi giorni dopo venne eliminato anche Paride Salzillo.Tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta, il clan vive una grave crisi, scaturita dall'omicidio di Alberto Beneduce, operato dai clan satellite La Torre ed Esposito, a cui seguono gli omicidi di Vincenzo De Falco e di Mario Iovine, elementi di spicco del gruppo. La frattura determina un vortice di vendette e numerosissimi morti, tanto che Casal di Principe, in quegli anni, ottenne il sinistro primato di area urbana col più alto tasso di omicidi d'Europa;[senza fonte, come altre volte] ma "brillava" anche per l'altrettanto singolare record di 17 consiglieri comunali su 30 sotto inchiesta per collusioni con la camorra. Schiavone, Bidognetti e il processo Spartacus. È all'inizio degli anni novanta che il potere e il comando del clan finirà nelle mani di Francesco Schiavone, detto Sandokan e di Francesco Bidognetti detto Cicciotto' e mezzanotte; una specie di diarchia, anche se era Sandokan il principale boss dei casalesi. Al di sotto spiccavano le figure di Michele Zagaria e Antonio Iovine. In questi anni, precisamente nel 1994, i casalesi fecero una vittima molto illustre, don Giuseppe Diana, parroco di Casal di Principe, colpevole di aver criticato fortemente la camorra.
Il dominio di Schiavone e Bidognetti venne interrotto con una maxi-operazione denominata "Spartacus" nata dalla collaborazione di alcuni pentiti. L'operazione portò all'arresto di Bidognetti nel 1993 e di Schiavone nel 1998. Nacque un maxi-processo (il Processo Spartacus), considerato, per importanza, alla pari se non superiore al Maxiprocesso di Palermo contro Cosa nostra ma passato sotto il silenzio dei media. Iniziato nel 1998, le sentenze di primo grado arrivarono nel 2005, quelle di appello nel 2008 e il terzo ed ultimo grado (la Cassazione) il 15 gennaio 2010. Il colpo per il clan fu molto duro, vennero condannati all'ergastolo Schiavone, Bidognetti e molti altri importanti esponenti latitanti come Zagaria e Mario Caterino. Durante gli anni del processo un pentito rivelò che ci sarebbe stato un piano del clan per uccidere lo scrittore Roberto Saviano entro il 25 dicembre del 2008. Zagaria e Iovine. Gli arresti, le dure condanne e il regime penitenziario del 41 bis hanno indebolito molto le figure di Schiavone e Bidognetti permettendo l'ascesa di due boss già condannati all'ergastolo ma latitanti:Michele Zagaria e Antonio Iovine. Il gruppo di Bidognetti è stato quasi distrutto, soprattutto dopo l'arresto di Giuseppe Setola, allora reggente del gruppo e colpevole della Strage di Castelvolturno dove vennero uccise sette persone a colpi di kalashnikov.
Il clan di Schiavone è stato indebolito ma risulta ancora attivo, lo dimostrano l'arresto di Nicola Schiavone (figlio maggiore di Francesco) avvenuto il 15 giugno 2010 visto come reggente del gruppo e mandante del triplice omicidio di Francesco Buonanno, Giovanni Battista Papa e Modestino Minutolo seguito dall'arresto di Francesco Barbato o' sbirro considerato a sua volta reggente del clan dopo l'arresto di Nicola. L'arresto di Antonio Iovine avvenuto il 17 novembre 2010, fino ad allora uno dei più importanti boss del clan, aveva reso Michele Zagaria la figura di spicco del clan. Tuttavia il 7 dicembre 2011, durante una massiccia operazione della Polizia di Stato (attività investigativa della III Sezione della Squadra Mobile della Questura di Napoli, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli) scattata all'alba, è stato anch'egli catturato: il boss, latitante da ben 16 anni, si nascondeva in un bunker sotterraneo di un appartamento del suo paese, Casapesenna, in via Mascagni. I Casalesi, dalle ultime dichiarazioni antimafia, sono considerati la mafia italiana più ricca e potente sotto il profilo economico nel mondo, come la 'ndrangheta nello spaccio di droga. Zone d'influenza. Il clan dei casalesi (anche se si preferisce parlare di Confederazione) opera nella quasi totalità della provincia di Caserta, in particolare nell'agro aversano, in tutta la zona detta dei "Mazzoni" (Cancello ed Arnone, Grazzanise e Santa Maria La Fossa) sul litorale domizio facente parte del comune di Castelvolturno compreso il cosiddetto Villaggio Coppola.
In realtà i Casalesi detengono il controllo di tutto il territorio dall'area metropolitana di Napoli a nord di Giugliano, arrivando fino al Basso Lazio. Gli interessi economici dei casalesi sono da diversi anni estesi anche nel nord italia, e in alcune città in particolare come Milano, Modena e Roma; evitando di mettersi in contrasto con Cosa Nostra e 'Ndrangheta, che puntano maggiormente sul traffico di droga, sono riusciti a ritagliarsi uno spazio come imprenditori. A quanto risulta dalle dichiarazioni dell'Antimafia, l'egemonia dei casalesi si sta estendendo anche sul piano degli stupefacenti e sarebbero arrivati a impostare anche i prezzi dei prodotti cinesi. Zona di Mondragone, Sessa Aurunca, Marcianise-Maddaloni. Per quanto riguarda le altre zone del casertano, va segnalato che in Mondragone, dopo la totale eliminazione del sodalizio facente capo alla famiglia La Torre ed alla scelta di collaborare effettuata dal capo di quel gruppo, Augusto La Torre, si è ricostituito un gruppo criminale che ha recuperato vecchi affiliati di seconda fila. La scarsissima forza del gruppo – e soprattutto l'assenza di una vera rappresentanza esterna – lo rende di fatto ormai assoggettato a quello casalese che è già in grado di gestire in zona le più importanti vicende estorsive. Nella zona di Sessa Aurunca opera il gruppo diretto da Mario Esposito (detenuto in regime ex art. 41 bis ordinamento penitenziario) e da Gaetano Di Lorenzo (arrestato in Spagna dopo una lunga latitanza e solo di recente estradato e sottoposto al regime ex art. 41 bis citato).
Anche questo gruppo, conosciuto col nome di "mazzoni", risulta di fatto assoggettato a quello dei Casalesi. Nella zona di Marcianise–Maddaloni, al confine sia con il napoletano sia con il beneventano, opera il Clan Belforte; si tratta di un gruppo – l'unico della zona erede della NCO di Cutolo, ma oggi anch'esso alleato - quantomeno non più contrapposto - con i casalesi. Attività criminali. Nel 2008 in merito al problema della spazzatura di Napoli, è stato scoperto un grande traffico e smaltimento illegale di rifiuti da parte del clan. Traffico di armi. Traffico di droga. Il clan è attivo nel traffico di eroina e cocaina. Estorsioni. Il clan è attivo nell'attività di estorsione. Lotta al clan. La lotta al clan dei casalesi da parte delle forze dell'ordine e della magistratura divenne forte soprattutto dopo la collaborazione di alcuni pentiti che portò al Processo Spartacus nel 1998. Da allora vi sono stati molti sequestri di beni e arresti importanti ma la potenza del clan rimane ancora enorme a causa dei fortissimi legami con la politica (sia locale che nazionale), con l'imprenditoria, con l'industria e infine a causa della mancata collaborazione della popolazione. Arresti:
Il 30 settembre 2008 una maxioperazione porta all'esecuzione di 127 ordini di custodia cautelare (un'ottantina per persone già detenute) e all'arresto di Giuseppina Nappa, moglie di Sandokan. Inoltre sono stati sequestrati beni per 100 milioni di euro. A Quarto. In un'altra operazione dei carabinieri è stato posto agli arresti il gruppo di fuoco di Giuseppe Setola formato da: Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia, gruppo che da mesi stava seminando il terrore sul litorale domizio. Nel'corso del blitz sono state sequestrate 7 pistole un fucile a pompa e 2 fucili Ak-47 e numerosi proiettili di vario calibro pettorine dei carabinieri palette lampeggianti 2 auto rubate e 2 moto di grossa cilindrata. L'11 ottobre 2008 vengono arrestate dalla DDA di Napoli 7 persone delle 10 ricercate legate al clan scissionista di Bidognetti e con a capo il latitante Giuseppe Setola sfuggito anche questa volta. Il 7 novembre 2008 vengono arrestati Davide Granato, 33 anni, e Giuseppe Alluce, il primo uno dei responsabili dell'omicidio del collaboratore di giustizia Stanislao Cantelli, l'altro braccio destro del boss latitante Setola. Il 21 novembre 2008 viene arrestato Gianluca Bidognetti, figlio di Francesco (detto Cicciotto 'e Mezzanotte), reo di aver partecipato il 31 maggio 2008 a un commando con l'intento di uccidere sua zia e sua cugina. Il 21 dicembre 2008 viene arrestato Metello Di Bona, 38 anni, stragista del clan dei casalesi. Il 12 gennaio 2009 fallisce il blitz contro Giuseppe Setola a Trentola-Ducenta.
Setola riesce a fuggire attraverso le fogne. Viene invece arrestata e interrogata la moglie del superlatitante, Stefania Martinelli. Il 14 gennaio 2009 i Carabinieri riescono ad arrestare Giuseppe Setola a Mignano Monte Lungo e a porre fine alla sua latitanza. Il 30 marzo 2009 vengono arrestate 38 persone appartenenti ai Casalesi tra Napoli, Caserta, Milano, Ferrara e Reggio Emilia che gestivano un traffico di droga sul litorale campano da Mondragone (Caserta) fino a Lago Patria, frazione di Giugliano (Napoli). Il 6 aprile 2009 nell'operazione Medusa vengono arrestate a Modena 5 persone legate al clan dei casalesi che operavano nella zona da più di 20 anni e riconducibili al figlio di Francesco Schiavone. Altri 4 erano già stati arrestati il 9 marzo. Il 29 aprile 2009 nell'operazione Principe viene arrestato Michele Bidognetti, il fratello del capoclan Francesco Bidognetti detto Cicciotto 'e mezzanotte. Sequestrati beni del valore di 5 milioni di euro. Il 3 maggio 2009 viene arrestato dagli agenti della Squadra Mobile di Caserta Raffaele Diana, boss dei casalesi, ricercato dal 2004 e inserito nell'elenco dei 30 superlatitanti. Il 18 maggio 2009 viene arrestato Franco Letizia dagli agenti della Squadra mobile di Caserta a San Cipriano d'Aversa. Letizia, al momento dell'arresto nella lista dei cento latitanti più pericolosi, era considerato il successore di Giuseppe Setola alla guida del clan Bidognetti, fazione del clan dei Casalesi. Insieme a lui sono stati arrestati anche Antonio Diana, proprietario dell'abitazione in cui si trovava Letizia, e Carlo Corvino, entrambi già noti alle forze dell'ordine.
Il 15 luglio 2009, in un'operazione anticamorra effettuata dalla Polizia di Stato, vengono arrestate 42 persone appartenenti al clan tra Caserta e Modena, città da tempo succursale del sodalizio criminale, attivo nella città emiliana con il racket delle estorsioni e il gioco d'azzardo. Nell'operazione vengono arrestate anche la moglie e la figlia di Raffaele Diana, capozona di Modena catturato il 3 maggio 2009. Il 13 agosto 2009 la squadra mobile di Casal di Principe fa irruzione durante un summit di camorra che porta all'arresto di 9 persone più il super latitante Maccariello Raffaele, condannato all'ergastolo per essersi reso responsabile di efferati omicidi. Il 18 marzo 2010 il gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata del Nucleo di polizia tributaria di Bologna emette 20 ordinanze di custodia cautelare per altrettanti affiliati del clan camorristico dei Casalesi dislocati tra Modena, Mantova, Napoli e Caserta. Confiscati valori mobili ed immobili illecitamente accumulati per un valore complessivo di almeno 6 milioni di euro. Il 30 marzo 2010 Carmine Zagaria e Nicola Zagaria, rispettivamente fratello e padre del boss latitante Michele Zagaria, sono stati arrestati nel corso di un'operazione che ha portato a 16 ordinanze di custodia cautelare e al sequestro di beni per circa 30 milioni di euro. Carmine è stato scarcerato il 22 aprile 2010, probabilmente per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, mentre Nicola, riconosciuto colpevole di estorsioni è agli arresti domiciliari per la sua età.
Carmine è stato successivamente ri-arrestato. Il 14 aprile 2010 viene catturato Nicola Panaro, numero 3 del clan dei casalesi, ricercato dal 2003, ed inserito nell'elenco dei 30 latitanti più pericolosi.Il 12 luglio 2010, su richiesta della DDA di Napoli, vengono arrestate 17 persone con l'accusa di estorsione, turbativa d'asta, associazione camorristica, e sequestrati beni per un miliardo di euro. Tra gli arrestati l'ex consigliere regionale dell'UDEUR Nicola Ferraro, accusato di essersi accordato col clan nella doppia veste di imprenditore nel settore dei rifiuti e di politico, allo scopo di ottenere vantaggi per l'affermazione delle proprie aziende e di ottenere voti, fornendo in cambio appoggio al clan insieme al fratello Luigi, per agevolare l'attribuzione di risorse pubbliche attraverso l'aggiudicazione di appalti ad imprese compiacenti, nonché per favorire il controllo da parte del clan dello strategico settore economico dello smaltimento dei rifiuti. Nella stessa operazione risultano indagati anche il superlatitante Antonio Iovine, Nicola Schiavone (figlio del boss Francesco "Sandokan" Schiavone) e il prefetto di Frosinone Paolino Maddaloni. Il 4 novembre 2010 vengono arrestati cinque esponenti dei casalesi appartenenti al gruppo di Francesco Schiavone accusati dell'omicidio di Raffaele Lubrano perpetrato nel novembre 2002.
La causa dell'omicidio nasceva dalla volontà del clan Lubrano di rendersi autonomo dai casalesi. Il 17 novembre 2010 personale della Squadra Mobile della Questura di Napoli arresta a Casal di Principe il boss Antonio Iovine, detto "O' ninno", già condannato all'ergastolo nel 2008 e latitante da 14 anni.Il 23 novembre 2010 la DIA e il NIC arrestano due vigili di Casal di Principe (Mario De Falco, fratello del defunto boss Vincenzo e Stanislao Iaiunese) ed eseguono altri due provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di Gianluca e Michele Bidognetti (già reclusi) per violazione del regime carcerario 41 bis. Il 25 novembre 2010 viene arrestato Nicola Della Corte con l'accusa di essere il killer di Giovanni Battista Papa, Modestino Minutolo e Francesco Buonanno, uccisi l'8 maggio 2009 su ordine di Nicola Schiavone. Il 20 dicembre 2010 viene arrestato Sigismondo Di Puorto (38 anni), latitante da nove mesi, considerato il reggente del clan Schiavone. Accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Il 21 dicembre 2010 vengono arrestati otto presunti affiliati dei casalesi per tentate estorsioni nei confronti di imprenditori e commercianti. L'11 gennaio 2011 viene arrestato, con l'accusa di associazione mafiosa, Mario Iavarazzo, considerato il reggente del clan Schiavone e il gestore della cassa del clan. Il 13 gennaio 2011 Iavarazzo viene scarcerato dal GIP per insufficienza di elementi di prova.
Il 29 marzo 2011 viene arrestato a Santa Maria Capua Vetere Carmine Morelli, l'ultimo degli accusati del triplice omicidio di Giovanni Battista Papa, Modestino Minutolo e Francesco Buonanno ad essere latitante. Insieme a Morelli sono state arrestate altre quattro persone per favoreggiamento. Il 14 aprile 2011 vengono arrestate nel corso di una maxioperazione in cinque regioni italiane (Veneto, Lombardia, Sardegna, Campania e Puglia) 29 persone riconducibili ai casalesi. Il gruppo aveva la propria sede principale in Veneto. Gli arrestati sono accusati di estorsione verso centinaia di ditte, usura aggravata, associazione mafiosa. Il 2 maggio 2011 viene arrestato a Casal di Principe Mario Caterino, condannato all'ergastolo nel processo Spartacus e latitante da 3 anni. Il 7 dicembre 2011 viene catturato a Casapesenna Michele Zagaria, capo della cosca e latitante da 16 anni. Il 27 gennaio 2012 vengono arrestate 6 persone in un'operazione eseguita dalla Squadra Mobile di Caserta e dalla Dia di Roma e coordinata dalla Dda di Napoli, tutte appartenenti sia al clan dei casalesi, nello specifico la fazione facente capo al gruppo Schiavone, sia a Cosa Nostra. L'operazione si basa su indagini riguardanti un'alleanza tra camorra e mafia per prendere il monopolio nel settore dei trasporti nel Mezzogiorno. Tra i destinatari delle misure cautelari vi sono Gennaro Laudicino, Nicola Schiavone, figlio di Sandokan, e anche Gaetano Riina fratello del "Capo dei Capi" Totò. Il 10 febbraio 2012 viene arrestato il sindaco in carica del comune di Casapesenna, Fortunato Zagaria, omonimo ma non parente del boss della camorra.
Accusato, secondo le indagini della Dda di Napoli, di concorso esterno in associazione camorristica, in particolare come uomo di fiducia di Michele Zagaria, di violenza privata nei confronti del precedente sindaco del Comune casertano, Giovanni Zara. Il 2 agosto 2012 Il Dipartimento di stato americano, ha deciso di bloccare i beni e nel divieto a tutti gli americani di effettuare con loro transazioni, a cinque boss campani, fra i quali Antonio Iovine, Michele Zagaria, Mario Caterino (clan dei casalesi), Paolo Di Lauro (sopranominato Ciruzzo 'o milionario, uno dei protagonisti della faida di Scampia) e Giuseppe Dell'Aquila (noto come Peppe 'o ciuccio, tra i fondatori dell'Alleanza di Secondigliano). Il 2 agosto 2012 nella zona di influenza criminale del clan dei casalesi, alcuni commercianti ai quali viene estorta una tangente cominciano a denunciare. Viene arrestato Oreste Reccia, luogotenente del boss Salvatore Venosa. Il 6 ottobre 2012 viene arrestato il boss latitante dal 2010 Massimo Di Caterino luogotenente di Michele Zagaria. Nel novembre 2012 vengono arrestate, per estorsione aggravata dal metodo mafioso, nove persone del gruppo Zagaria. Tra loro anche tre fratelli e un nipote di Michele Zagaria. Uno dei tre fratelli arrestati è Antonio Zagaria, ritenuto il reggente della cosca dopo l'arresto del boss.
Nel gennaio 2013, viene arrestato il figlio Carmine per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo i carabinieri è stato lui a governare la famiglia dopo gli arresti dei fratelli Nicola, Ivanoe ed Emanuele. Dei cinque figli di Francesco Schiavone resta libero soltanto Walter. Carmine Schiavone, il cui nome era stato scelto in omaggio al cugino del boss, poi pentito, non aveva precedenti penali. Il 28 febbraio 2013 vengono effettuati 23 arresti – tredici in Toscana e dieci in Campania – con accuse di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto d'armi, danneggiamento seguito da incendio, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Aprile 2013: operazione Titano, 24 arresti. Rilevati affari nella Repubblica di San Marino, Emilia Romagna e Marche. Il 27 Giugno 2013 in tutta Italia vengono arrestate 57 persone ritenute affiliate al Clan dei Casalesi. Operazione "Rischiatutto". Asse Casalesi-Mafia-'Ndrangheta. Sequestri di beni. L'8 aprile 2010 vengono sequestrati beni per oltre 700 milioni di euro, tra cui l'ex zuccherificio Ipam, e l'azienda agricola la Balzana (ex Cirio), appartenevano a Dante Passarelli, imprenditore organico al clan, deceduto in circostanze misteriose nel 2004. Gli inquirenti ipotizzano che il valore dei beni sequestrati ammonti a 2 miliardi di euro, quindi si tratterebbe del più grande sequestro di beni, nella lotta alle organizzazioni mafiose.
Il 10 luglio 2010, viene sequestrata al clan la società Country Club, intestata ad un prestanome del boss dell'ala stragista del clan Giuseppe Setola, per un valore di 15 milioni di euro, nonché viene sottoposto a sequestrato preventivo il Lago D'Averno di cui non viene calcolato il valore economico essendo un luogo naturale, specchio d'acqua tra i più suggestivi del mondo, ricco di importanti siti storici, narrato da Virgilio, e Dante. Il 25 marzo 2010 vengono sequestrati beni tra Caserta e Modena per un valore complessivo di 50 milioni di euro agli Schiavone, gruppo affiliato dei Casalesi guidato da Francesco Schiavone. Il 14 luglio 2009 la Dia di Napoli sequestra al clan beni per oltre 50 milioni di euro, intestati a 30 prestanomi ricollegabili a 5 persone, per le quali vengono emessi dei provvedimenti restrittivi. Il 4 dicembre 2009, vengono sequestrati ad affiliati, e prestanomi, nelle province di Massa-Carrara, Parma e Cremona, beni per 20 milioni di euro. Il 24 gennaio 2010, la Polizia di Caserta sequestra beni per tre milioni di euro riconducibili a Vincenzo Ucciero, elemento di spicco dei casalesi nella zona di Villa Literno.Il 15 marzo 2011 la DIA sequestra nel basso Lazio beni per 100 milioni di euro.Il 6 aprile 2011 vengono sequestrati beni per 13 milioni di euro nel padovano. I beni erano legati ad un imprenditore casertano ma intestati ad un imprenditore veneto collegato ai casalesi e allo smaltimento dei rifiuti tossici. Tra i beni sequestrati anche una villa a Sperlonga.
Il 7 febbraio 2012 vengono sequestrati beni per 4 milioni di euro a carico dei fratelli Roma, imprenditori implicati in affari riguardanti il traffico illegale di rifiuti, coadiuvati con il gruppo del clan facente capo alla famiglia Bidognetti. Il 10 Luglio 2012 Maxisequestro da 1 Miliardo di euro tra aziende, immobili e ristoranti. Uno dei sequestri più ingenti contro le mafie italiane.Il 14 gennaio 2013 vengono confiscati beni per 90 milioni di euro nel Lazio e in Campania. Si tratta della più grossa confisca ai danni delle organizzazioni camorristiche nel Lazio.Il 21 gennaio 2013 avviene un sequestro di beni per due milioni di euro nei comuni del basso Lazio Fondi, Sperlonga, Formia, Sezze e Latina. Si tratta di società di trasporto, fabbricati, terreni, veicoli e rapporti finanziari. Prevenzione personale nei confronti di Giuseppe D'Alterio, Luigi D'Alterio, Melissa D'Alterio e Armando D'Alterio, nel 2010 arrestati a seguito dell'indagine Sud Pontino. Secondo l'accusa Giuseppe D'Alterio, detto O'Marocchino, pluripregiudicato, ha rappresentato per lungo tempo un punto di riferimento nel M.O.F. (Mercato Ortofrutticolo di Fondi) per il clan dei Casalesi.Aprile 2013: operazione Titano, sequestro di beni per due milioni di euro tra cui una Ferrari 612 Scaglietti e immobili in costruzione in provincia di Pesaro. Il 27 Giugno 2013: operazione "Rischiatutto", sequestro di beni per 450 milioni di euro tra cui sale bingo, sale scommesse, auto di lusso, terreni, fabbricati e rapporti bancari.
I casalesi all'estero. Secondo Saviano, all'estero conducono attività illecite in Polonia, Ungheria, Bulgaria, Germania, Regno Unito, Romania, Santo Domingo, Venezuela e Kenya; in Spagna sono molto impegnati in investimenti su immobili, aziende agricole, alberghi, ville, negozi di lusso e traffico di droga. Sono inoltre da anni presenti nel traffico e nello smaltimento internazionale dei rifiuti tossici e nocivi delle industrie italiane e straniere.A New York, sempre secondo ricostruzioni riconducibili allo stesso autorà, sono implicati in attività illecite correlate alla ricostruzione del World Trade Center di New York. In Svizzera riciclaggio di soldi e acquisto di banche, così come in Scozia, Cina e a Francoforte; puntano in borsa in Portogallo, Brasile, Francia, Ungheria.I Casalesi e le altre organizzazioni criminali. Il Clan dei Casalesi ha rapporti con l'Ndrangheta, Cosa Nostra, la mafia albanese, nigeriana, colombiana e serba. Rapporti con Cosa Nostra. I rapporti tra casalesi e Cosa nostra sono antichi, risalgono alle origini del clan;Antonio Bardellino, boss storico dei casalesi, era affiliato a Cosa nostra e aveva legami molto stretti con i capi palermitani rivali dei corleonesi, Tommaso Buscetta, Gaetano Badalamenti, Stefano Bontate. Il capomafia latitante Matteo Messina Denaro, insieme ad altri boss corleonesi, ha avviato affari con il clan dei Casalesi. Il dato emerge da indagini avviate da tre procure antimafia: Palermo, Roma e Napoli.
Le indagini degli inquirenti avrebbero individuato i legami tra il capomafia trapanese, ricercato da 15 anni e condannato per le stragi del 1993, il clan camorristico dei Casalesi e altre organizzazioni criminali romane.Vittime. Nel corso della sua storia, il Clan dei Casalesi, ha prodotto diverse vittime, alcune delle quali molto note, uccise talvolta con modalità estremamente violente. L'elenco è incompleto: Filomena Morlando muore a 25 anni in Giugliano in Campania il 17 dicembre 1980, utilizzata come scudo per salvarsi da un attentato l'allora nascente boss Francesco Bidognetti. Salvatore Nuvoletta, carabiniere, ucciso a Marano di Napoli il 2 luglio 1982 perché venne considerato uno dei responsabili della morte di un affiliato avvenuta durante uno scontro a fuoco, in realtà Nuvoletta non partecipò all'operazione. Salvatore Squillace: morto il 10 giugno 1984 a Marano di Napoli, colpito da una pallottola vagante dopo che Bardellino e i suoi uomini avevano assaltato la masseria dei Nuvoletta. Giuseppe Mascolo: assassinato a Baia Domizia il 20 settembre 1988 per non aver ceduto alle richieste estorsive imposte dal clan Beneduce, organico ai casalesi. Strage di Pescopagano: avvenuta il 24 aprile 1990 a Mondragone, si contarono 5 morti e 7 feriti. Antonio Nugnes: medico e assessore al comune di Mondragone, ucciso l' 11 luglio 1990 a Falciano del Massico perché non voleva far entrane in affari il clan La Torre nella clinica che stava costruendo.
Salvatore Richiello: dodicenne ucciso insieme al padre Michele (anche lui non appartenente alla camorra) durante un agguato il 18 aprile 1991 a Castelvolturno. Cristiano Festa: ventunenne ucciso l' 8 luglio 1991 in Castel Volturno, cameriere, coinvolto nell'omicidio del boss Salvatore Bianco. Angelo Riccardo: ventunenne ucciso il 21 luglio 1991 in San Cipriano d'Aversa da una pallottola vagante durante un attentato contro il boss Luigi Venosa. Gennaro Falco: medico ucciso a Parete il 31 ottobre 1993, il boss Francesco Bidognetti lo riteneva responsabile della prematura morte della moglie. Antonio Magliulo: venne ucciso nel 1994 perché corteggiava la parente di un boss. Venne sequestrato, portato su una spiaggia, legato ad una sedia e gli fu ficcata della sabbia in gola fino alla morte. Don Giuseppe Diana: ucciso nel 1994 a colpi di arma da fuoco per il suo impegno contro la camorra. Genovese Pagliuca: venticinquenne ucciso il 19 gennaio 1995 perché alla ricerca della sua ragazza, rapita da Angela Barra (amante del boss Francesco Bidognetti e capozona di Teverola) la quale si era invaghita di lei così tenendola prigioniera e vittima di stupro. Francesco Salvo: cameriere, morì il 20 marzo 1999 all'interno del bar Tropical di Ischitella, bruciato vivo. Il gestore aveva rifiutato, di installare all'interno dell'esercizio alcuni video-poker commissionati dalla famiglia Cantiello in quel periodo contrapposta ai Bidognetti.
Luigi Putrella: guardiano di ville ucciso il 19 settembre 1999, ritenuto responsabile dell' arresto del latitante Giuseppe Dell' aversana. Antonio Petito ucciso l' 8 febbraio 2002 perché aveva avuto una discussione con Gianluca Bidognetti (figlio di Francesco) per banali motivi di viabilità. Federico Del Prete: sindacalista, venne ucciso nel 2002 perché si era ribellato alla logica delle estorsioni. Giuseppe Rovescio: falegname ucciso il 28 settembre 2003 in Villa Literno, fu scambiato per un camorrista. Umberto Bidognetti: zio di Francesco Bidognetti e padre del collaboratore di giustizia Domenico Bidognetti, venne ucciso all'alba del 2 maggio 2008 a Castelvolturno con dodici colpi di pistola. Domenico Noviello: ucciso con venti colpi di pistola il 16 maggio 2008; titolare di una scuola guida venne eliminato per aver denunciato nel 2001 3 esponenti dei casalesi. Raffaele Granata: imprenditore balneare ucciso a Marina di Varcaturo l' 11 luglio 2008, ucciso per ritorsione al figlio sindaco di Calvizzano o come seconda ipotesi, perché prima aveva denunciato gli estorsori del clan e poi si era rifiutato di pagare il pizzo. Strage di Castelvolturno: perpetrata il 18 settembre 2008, vennero uccisi 6 immigrati a Castelvolturno e Antonio Celiento, titolare di una sala giochi, a Baia Verde. Lorenzo Riccio: ragioniere di una ditta di pompe funebri, venne ucciso il 2 ottobre 2008.
Stanislao Cantelli: ucciso il 5 ottobre 2008, zio dei collaboratori di giustizia Luigi e Alfonso Diana. Collaboratori di giustizia:Carmine Schiavone, Giuseppe Quadrano, Dario De Simone, Francesco Di Bona, Raffaele Ferrara, Domenico Bidognetti, Luigi Diana, Alfonso Diana, Oreste Spagnuolo, Emilio Di Caterino, Luigi Guida, Roberto Vargas, Massimo Amatrudi, Angela Barra, Anna Carrino, Salvatore Caterino, Luigi Basile, Giuseppe Guerra, Salvatore Laiso, Nicola Cangiano, Gaetano Ziello, Tammaro Diana, Luigi Grassia, Raffaele Piccolo, Luigi Tartarone, Massimo Iovine, Francesco Della Corte, Orlando Lucariello, Aldo Ferrucci, Cipriano D'Alessandro, Tancredi Marco Fazzi. I Nuvoletta-Polverino hanno avuto le loro rogne. Sebbene dopo l'omicidio di Lello Lubrano, genero di Lorenzo Nuvoletta, pare che i rapporti fra i due clan, dopo vent'anni di tregua, non siano più gli stessi. l 7 marzo 2012 veniva catturato il superboss della Camorra Giuseppe Polverino, avvenuto due giorni fa in Spagna, in collaborazione con il personale dell'UCO (Unidad Central Operativa) della Guardia Civil; inserito nell'elenco dei latitanti più pericolosi e capo dell'omonimo clan camorristico che opera a Marano, Villaricca, Quarto, Qualiano, Pozzuoli e controlla un impero da un miliardo. La Giustizia non si ferma e anche per gli altri clan sono dolori.
Il 27 settembre 2013 è stato arrestato dagli agenti del Commissariato di Giugliano, il presunto boss, Mauro Moraca latitante dal 2009, colpito da OCCC, ultimo reggente del clan Mallardo. L'uomo, era in ospedale dove si è registrato a nome suo. La polizia, ha fatto accertamenti e lo ha poi ammanettato. Il boss non è trasportabile, pare stia molto male.
Funerali pubblici si diceva per Angelo Nuvoletta. Salvo altra decisione del questore di Napoli, Luigi Merolla, che dovrebbe motivarla con motivi di ordine pubblico e sicurezza. Domenico Salvatore
Luigi Palamara
Giornalista, Direttore Editoriale e Fondatore di MNews.IT
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