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Fermi tutti, ho fatto uno scoop, hanno arrestato...mio padre

"Reggio di Calabria: arrestato il pericolosissimo giornalista Francesco Gangemi. Era inserito nell'elenco dei 5 giornalisti più pericolosi d'Italia stilato da tutti i Ministeri del Paese" . In nessun altro Paese civile, un giornalista che ha nel DNA la sete di Giustizia che ognuno di noi dovrebbe avere è, da oggi, recluso in un carcere! Che sia chiaro a tutti (a scanso di equivoci e qualora non lo si fosse colto): oggi, più di ieri, sono fiero ed orgoglioso di MIO PADRE!!!"

FERMI TUTTI LO SCOOP È MIO, HANNO ARRESTATO…MIO PADRE, INVALIDO CIVILE AL 100%, UN GENITORE, DI CUI SONO FIERO ED ORGOGLIOSO. FRANCESCO GANGEMI DIRETTORE DEL PERIODICO "IL DIBATTITO", EX SINDACO DI  REGGIO CALABRIA, EX PRESIDENTE DELL'USL  REGGINA 

Domenico Salvatore


Disse un notissimo giornalista della piazza :"Se ammazzassero mio padre, prima darei la notizia e poi  andrei a piangere sul suo cadavere". Come dire, che quando ci sia la notizia, bisogna darla. Questo è anche il "Credo" di Luigi Palamara, che i suoi maestri gli hanno trasmesso. Le fonti nostre, in questo caso, sono state due. Quella della Questura di Reggio Calabria, diretta dal dottor Guido Nicolò Longo e l'articolo che Maurizio Gangemi, ha scritto sul suo blog. Da cui tracima l'amore, l'affetto e la stima se non l'ammirazione per il suo caro genitore. Atipico rispetto ai tempi post moderni, dove i papà, giocano in media solo quindici minuti al giorno con i propri figli. Quando tornano a casa, si siedono davanti alla tv, anziché dedicarsi alla prole; giocano al computer o  smanettano con l'i phone e con l'i-pad.  Maurizio Gangemi, invece, ritiene che il suo papà abbia svolto bene  la funzione educativa;  i padri sono il simbolo dell'autorità; padri capaci di essere buoni modelli. Capaci di  ascoltare un figlio per comprenderne gli interessi, le passioni e le caratteristiche personali; per dare al figlio autostima e sicurezza. Formare le strutture che daranno forma alla personalità. Dapprima mente assorbente, poi mente cosciente.  I padri, devono essere autorevoli, ma non autoritari; amici-confidenti, non   padri-padrone. Fermo restando, che nell'età adolescenziale, i padri,  debbano premiare o punire, ma mai giudicare; e fornire regole e valori.  Molto importante il buon esempio, perchè i figli imparano da quello che i padri fanno….


"Stamane, due uomini ed una donna della Polizia di Stato di Reggio di Calabria (garbatissimi ed al contempo sconcertati per il dover adempiere a simile ordine ricevuto), proprio nel giorno della visita in Città del loro Capo dr. Alessandro Pansa, dando esecuzione ad un "Provvedimento di esecuzione di pene concorrenti con contestuale ordine di esecuzione per la carcerazione" (artt. 663 segg. C.P.P.) (in basso) emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catania ed a firma del Sostituto Procuratore Generale Elvira Tafuri, hanno dapprima accompagnato in Questura e, poi, alla Casa Circondariale "San Pietro", il pericolosissimo giornalista reggino Francesco Gangemi. Colpevole di cosa? Associazione a delinquere, truffa, estorsione, omicidio colposo o premeditato? Rapina, stupro, molestie e maltrattamenti? Rapina, corruzione, abuso d'ufficio o traffico di rifiuti radioattivi? Nulla di tutto questo, ovviamente. La pericolosità sociale del Gangemi, che impone al Tribunale di emettere tale provvedimento e che lo relega il reo in una cella delle patrie galere è dovuta all'aver commesso nientepopodimeno che il reato di… diffamazione a mezzo stampa (art. 595 C.P.). 

Minchia, signor Tenente (come cantava Giorgio Faletti)! In sostanza non un reato "veniale" come potrebbe essere l'omicidio colposo (magari commesso guidando sotto l'effetto di alcol e/o droga per il quale al reo sono concessi gli arresti domiciliari) o l'abuso d'ufficio (magari commesso in ambienti istituzionali per il quale al reo è comunque garantita la libertà fino a dopo il terzo grado di giudizio e, fors'anche, dopo). No, il reato gravissimo di cui si è macchiato il Gangemi è addirittura "diffamazione a mezzo stampa" durante la propria direzione de "Il Dibattito". Oddio, in verità ne ha commesso anche un altro di reato (quello specificato al punto 1) del provvedimento: quello di cui all'art. 372 C.P. ("falsa testimonianza"). 
A proposito di quest'ultimo, sapete perché è stato condannato? Perché non ha rivelato, dinnanzi al Giudice, le proprie fonti. Gli ultraquarantenni come me ricorderanno certamente il cosiddetto "scandalo delle fioriere" o "tangentopoli reggina" che investì la Città della Fata Morgana nel 1992. In quell'epoca, l'intera Giunta Licandro venne arrestata (tranne il Licandro che si pentì e collaborò finendo anche tra la letteratura con il libro a 4 mani "La città dolente") per aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di vecchie lire. Mio padre, all'epoca Consigliere comunale, se non ricordo male ancor prima che scattassero le manette alla Giunta, in aula a Palazzo San Giorgio, si alzò dallo scranno ed affermò che in qualche stanza le valigette entrano piene (di soldi) e ne uscivano vuote. Al processo che ne seguì, interrogato dal Giudice, si rifiutò categoricamente di rivelare chi ed in che circostanza gli diede la notizia. Reato gravissimo, quello commesso da mio padre. 

Vero? Adesso so che vi stupirò scrivendo, consapevolmente, che le sentenze si rispettano! Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po'. Posso, per esempio, dire che per reati molto più gravi si rimane liberi (magari di reiterarli); posso, per esempio, dire che mio padre ha da poco compiuto 79 anni; posso, per esempio, elencare tante di quelle patologie gravi che affliggono mio padre da riempire cartelle cliniche di quasi tutte le specializzazioni mediche esistenti; posso, per esempio, dire che mio padre è stato riconosciuto invalido civile al 100% (senza diritto di accompagnatore e, quindi, senza indennizzo economico – diciamo l'opposto di qualche onorevole, ecco!); posso, per esempio, dire che ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutto quello di cui soffre e con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo scrupolosamente preparato non dimenticando di appuntarli dosi ed orari. E' una vicenda grottesca Fonte: Il Reggino.IT quella che vede protagonista mio padre. E' così tanto grottesca, che solo in Italia poteva verificarsi".


Il giornalista Francesco Gangemi, direttore de "Il Dibattito",  ex sindaco di Reggio Calabria; ex presidente dell'Usl 31,  pure di Reggio Calabria, per giunta avvocato, non ha bisogno della nostra difesa. Lo facemmo già sebbene non richiesto, molti anni fa, su altro periodico; bastian contrario,  rispetto al coro di molti giornali e giornalisti, "cacasotto e piscialetto", che invece di difendere la libertà di stampa, opinione ed informazione, sancita dall'art. 21 della Costituzione, gli diedero grottescamente e subdolamente, la croce addosso. Appiattiti, sottomessi e soggiogati, se non servi del potere; utili idioti e servi sciocchi, funzionali alla schiavitù del sistema, doppiogiochisti e voltagabbana. Per quell'articolo avemmo i nostri grattacapi. Proprio così. Prosit! Così impari a scrivere certe cose…scribacchino, pennivendolo, intruso, ficcanaso, pettegolo, impiccione ed intrigante, che altro non sei. Amen! Lo chiamano "inconveniente del mestiere".  Di quello che scriviamo, daremo sempre conto alla deontologia professionale; intanto, alla nostra coscienza. A  difendere Gangemi, ci pensano i suoi legali di fiducia. Il direttore de "Il Dibattito", è stato coinvolto in varie inchieste giudiziarie. Di recente, è stato assolto dal Tribunale di Catanzaro con formula piena, "perché il fatto non sussiste". Scriveva l'Avv.Gregorio Viscomi(Brillante legale di fiducia del Direttore de "Il Dibattito" ) su uno dei tanti numeri del periodico in questione, giugno 2009…". 

Quando, circa cinque anni fa,appresi che Francesco Gangemi era stato arrestato perché facente parte di un'associazione mafiosa rimasi attònito. Gli si può rim-proverare un'esagerazione nella dosimetria delle parole usate in alcuni suoi scritti giornalistici, ma accusarlo di essere mafioso è, richiamando un istituto di diritto penale,un reato impossibile!La formula assolutoria utilizzata dal GUP del Tribunale di Catanzaro in occasione della pronuncia della sentenza dello scorso27 maggio non lascia spazio a dubbi circa l'assoluta inconsistenza dell'ipotesi di accusa. Il fatto reato non sussiste. Gli articoli pubblicati su "Il Dibattito" non miravano a delegittimare la magistratura reggina e, nel contempo, a favorire la'ndrangheta. Rimandando a dopo il deposito della motivazione della sentenza l'analisi più dettagliata delle singole contestazioni, quel che in questo momento non può essere sottaciuto è quel lungo anno di privazione della libertà personale che Francesco Gangemi ha dovuto subìre per un'accusa rivelatasi destituita del benché minimo fondamento. Chi, cosa potrà mai ricucire le ferite inferte da quell'ordinanza di custodia cautelare? Il danno è ancor più irreparabile perché quelle ferite sono state inflitte a chi si è sempre battuto per la Giustizia attraverso la denunzia di fatti che la sentenza del GUP Battaglia ha stabilito non essere nè falsi né calunniosi. ". 

Non concordiamo con i forcaioli, lecchini che per i loro reconditi ed inconfessabili fini, strisciano ai piedi della Giustizia, architettano e manovrano. Ma nemmeno con i giustizialisti, che danno la croce addosso ai giudici, tanto per; a prescindere da. Siamo sempre convinti che la Giustizia in Italia funzioni. Poi, si potrà pur sempre dire, in caso contrario, che ci siamo sbagliati e chiediamo scusa. Lasciamo stare i giudici corrotti, collusi, traviati, depravati e traditori della toga e del giuramento; peraltro, regolarmente perseguiti a termini di legge, arrestati, processati, condannati ed incarcerati. Scripta manent, verba volant. Od anche questo è falso? Alcuni giornali, qualche redazione, se la memoria non c'inganni ("Memoria minuitur nisi eam exerceas"), sono stati sequestrati, questo è innegabilmente vero. Ma da qui a dire, che la libertà di stampa (dapprima a macchia di leopardo ed ora a macchia d'olio, sia minacciata dalla Magistratura, ce ne passa. Intanto stavolta la Magistratura reggina non c'azzecca. Il "papello" è partito dalla Procura di Catania. Eseguito dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, diretta da Gennaro Semeraro. Inevitabile il "chiacchiericcio" (collegato con la notizia) che se ne sta facendo su internet e la pubblicità involontaria che "Il Dibattito" ne trarrà, ancora una volta. Il giornale, non era molto diffuso, a suo tempo, ma la vicenda giudiziaria, paradossalmente, lo fece diventare uno dei colossi dell'informazione locale di un certo tipo. Anche perché alla vicenda, s'interessarono addirittura giornali e Paesi esteri. Va da sé, che non tutte le inchieste siano azzeccate, questa non è solo la nostra opinione. Ma molte, anzi moltissime sì. Per queste, Gangemi, non fu mai arrestato, né processato o condannato. A parte le assoluzioni catanzaresi. Domenico Salvatore

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