La vittima, era il padre di Francesco Mesiano, condannato a 20 anni di reclusione per l'omicidio di Nicholas Green, il bambino statunitense di sette anni, morto a Messina, dopo essere stato ferito nel corso di un tentativo di rapina lungo l'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Nicholas Green, un bambino statunitense, vittima a sette anni di un omicidio sull'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. Il 29 settembre 1994, all'uscita di Serre presso Vibo Valentia mentre era diretto in Sicilia con la famiglia a bordo di un’ Autobianchi Y10, fu accidentalmente scambiata per quella di un gioielliere. Dapprima il bambino venne ricoverato al centro neurochirurgico del Policlinico di Messina, dove morì qualche giorno dopo; i genitori autorizzarono l'espianto e la donazione degli organi: ne beneficiarono sette italiani; ricevettero la medaglia d'oro al merito civile con la seguente motivazione:"Cittadini statunitensi, in Italia per una vacanza, con generoso slancio ed altissimo senso di solidarietà disponevano che gli organi del proprio figliolo, vittima di un barbaro agguato sull'autostrada Salerno - Reggio Calabria, venissero donati a giovani italiani in attesa di trapianto. Nobile esempio di umanità, di amore e di grande civiltà. Messina, 1º ottobre 1994." Momenti di tensione si sono registrati all'arrivo dei parenti della vittima.
MILETO (V.V.) IL PANETTIERE GIUSEPPE MESIANO, 60 ANNI, CONIUGATO, ASSASSINATO NELLA CONTRADA “CALABRO’”, LOCALITÁ ‘PIGNA’ A COLPI DI PISTOLA AL TORACE, DA IGNOTO KILLER CHE HA FATTO PERDERE LE SUE TRACCE. IL CORPO SENZA VITA, RITROVATO IN APERTA CAMPAGNA DAI FAMILIARI, PREOCCUPATI PER L’INUSUALE RITARDO, RISPETTO AL RIENTRO A CASA ABITUDINARIO
La vittima designata, al momento del delitto, secondo le prime sommarie indagini, si trovava in un casolare di campagna in localita' "Pigno" all'interno di un suo appezzamento di terreno. Raggiunto da diversi colpi d'arma da fuoco in punti vitali che non gli hanno lasciato scampo, è stramazzato sul tavolino in una pozza di sangue. Avvisati telefonicamente, sono giunti sul posto i carabinieri della Stazione di Mileto e quelli della Compagnia di Vibo Valentia, diretta dal capitano Diego Berlingieri; in sinergìa anche la Squadra Mobile di Vibo, diretta dal vicequestore aggiunto Antonio Turi. Nonché il p.m. di turno, Michele Sirgiovanni, che si muove sotto le direttive del procuratore capo della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo; il medico legale Katiusha Bisogni, l’ambulanza del 118 e la ditta del caro estinto. Le indagini. Sotto la lente d’ingrandimento degl’investigatori, diverse ipotesi circa la causale o movente del delitto. Non trova molto spazio all’origine del delitto l’ipotesi di una vendetta del rakett delle estorsioni, legata agli interessi economici nel settore della panificazione. Giuseppe Mesiano era il padre di Francesco Mesiano, che di recente, ha finito di scontare una condanna a 20 anni di carcere per quell’omicidio. Padre anche di Fortunato Mesiano, il 39enne arrestato nel maggio scorso con l’accusa di un tentato omicidio aggravato compiuto a Mileto ai danni di Michele Tavella, 38 anni, con precedenti. Tavella poi è morto in un incidente sul lavoro il 6 luglio, quando è rimasto schiacciato da un trattore; un sinistro, su cui ancora s’indaga.
Domenico Salvatore
MILETO (V.V.) - Una storia, solo apparentemente scollata e scollegata da contesti mafiosi. Tutta da verificare, se vi sia di mezzo, una pur sempre possibile situazione passionale. Il Vibonese continua ad ardere, bollire e scottare, peggio del magma infocato della Valle del Bove, sopra Catania. Un delitto, un altro ed un altro ancora. Sparatine, tritolo, lupara, pistole, kalashnikov, bazooka, lanciagranate, bombe a mano. L’altro ieri i Carabinieri di Asti, hanno bloccato un arsenale ( un sacco ed una sporta di pistole e fucili) diretto nel Vibonese. Lo Stato sorveglia e svolge intelligente opera di prevenzione e se occorra di repressione. Un deterrente che ha risolto molte situazioni. Sebbene si continui a sparare, intimidire, spaventare, minacciare, sopraffare. Il Ministero degl’interni si è mosso con sufficiente attenzione. I comandi di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, la DDA di Catanzaro, la DNA, il CSM, fanno tutto il possibile. Compatibilmente con le risorse economiche disponibili, ma non è decisivo. La cronaca asettica ed impersonale, purtroppo non lascia troppo spazio all’ottimismo. Benchè gli arresti ci siano; i processi si celebrino; le condanne siano chiare e forti; la galera corposa e dura; a parte il famigerato 41 bis; i sequestri e le confische dei beni mobili ed immobili continue. Delle cinque province, due delle quali rischiano l’estinzione (proprio Vibo Valentia e Crotone), la più turbolenta, negli ultimi anni, sembra essere quella di Vibo. La dinamica del delitto, presenta ancora qualche zona d’ombra.
Il killer che conosceva bene le mosse della vittima, si è presentato all’incontro con il Mesiano nelle campagne di Mileto, in provincia di Vibo Valentia, in un casolare, definito anche “villetta di campagna”, che si trova alle spalle di una fabbrica di ceramiche ormai in disuso: non si è ancora capito bene se si sia trattato di un regolamento di conti; di un appuntamento per un chiarimento; di una vendetta privata e personale, di rackett delle estorsioni o di un movente passionale, che comunque, di prassi, figura sempre nel ventaglio di ipotesi; per risalire all’esecutore materiale del delitto ed all’eventuale mandante.
I due, hanno avuto qualche discussione, un alterco, un battibecco, una baruffa?Non è chiaro. Sta di fatto che ad un certo momento il sicario, abbia estratto la pistola ed incominciato a sparare. La vittima designata raggiunta al capo ed al tronco è stramazzata in un lago di sangue. Il corpo, oramai senza vita è rimasto lì per tutto il pomeriggio. Solo a sera la famiglia si è mossa per andare a cercarlo. Sul posto, i carabinieri della Stazione di Mileto e quelli della Compagnia di Vibo Valentia, diretta dal capitano Diego Berlingieri col maggiore Massimo Carrara; tutti agli ordini del comandante provinciale Daniele Scardecchia; in sinergìa anche la Squadra Mobile di Vibo, diretta dal vicequestore aggiunto Antonio Turi. Nonché il p.m. di turno, Michele Sirgiovanni, che si muove sotto le direttive del procuratore capo della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo; il medico legale Katiusha Bisogni e la ditta del caro estinto. Domani si svolgerà l’autopsia a cura del perito settore, nominato dal Tribunale. Poi, la salma verrà restituita alla famiglia per i funerali, che si svolgeranno a Mileto, in forma pubblica. Salvo diversa decisione del questore di Vibo Valentia. Le indagini. Sotto la lente d’ingrandimento degl’investigatori, diverse ipotesi circa la causale o movente del delitto.
Non trova molto spazio all’origine del delitto l’ipotesi di una vendetta del rakett delle estorsioni, legata agli interessi economici nel settore della panificazione. Giuseppe Mesiano era il padre di Francesco Mesiano, che di recente, ha finito di scontare una condanna a 20 anni di carcere per quell’omicidio. Padre anche di Fortunato Mesiano, il 39enne arrestato nel maggio scorso; catturato a Biassono dai Carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, supportati dai colleghi di Monza; accusato del tentato omicidio di Michele Tavella, 38 anni, con precedenti compiuto a Mileto. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ad inchiodare Fortunato Mesiano sono le immagini registrate da una telecamera che lo ha ripreso nell’atto di sparare contro Michele Tavella, il 31 dicembre 2012. Tavella poi, è morto in un incidente sul lavoro il 6 luglio, quando è rimasto schiacciato da un trattore. Per cause ancora da accertare, il mezzo agricolo si e' ribaltato finendo in un dirupo; un sinistro, su cui ancora s’indaga. Per il delitto Mesiano, procede la Procura della Repubblica di Vibo Valentia, diretta dal procuratore capo Mario Spagnuolo. Salvo diversa decisione del procuratore capo della DDA di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo. Qualora dalle indagini in corso, dovessero emergere elementi del tipo mafioso. Non si hanno notizie invece, del mezzo usato dal giustiziere, che di solito viene dato alle fiamme, per impedire di risalire a qualsiasi traccia utile.
Nemmeno si ha notizie sulla cintura militare organizzata dalle forze di polizia in sinergìa, intorno al vasto comprensorio; anche con posti di blocco volanti, controllo dei pregiudicati della zona, loro alibi-orario e guanto di paraffina per capire se abbiano sparato. Come in ogni delitto, tutte le situazioni di famiglia, vengono tirate fuori e rivoltate come un calzino. Vedi, l’omicidio del bambino Nicholas Green, rispetto al quale l’imputato, difeso dall’avvocato Armando Veneto, che riuscì ad evitare al suo cliente, il carcere a vita, l’ergastolo, si era sempre dichiarato innocente. Francesco Mesiano (di 22 anni) e Michele Iannello (di 27 anni), entrambi originari di Mileto (VV); nel 1997 furono assolti dalla corte d'assise di Catanzaro, mentre nel 1998 la corte d'assise d'appello di Catanzaro condannò Mesiano a 20 anni di reclusione e Iannello (in qualità di autore materiale dell'omicidio) all'Ergastolo, sentenza poi confermata in Cassazione. Iannello, ex affiliato alla 'Ndrangheta, decise in seguito di collaborare con la giustizia confessando vari delitti ma professandosi sempre innocente riguardo al delitto del bambino americano, chiedendo la revisione del processo ed accusando suo fratello dell'omicidio.
Il gravissimo fatto di sangue accadde il 29 settembre 1994, durante un tentativo di rapina sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria, durante il quale, venne ferito il bimbo statunitense Nicholas Green, che viaggiava in auto insieme ai genitori. Nicholas morì pochi giorni più tardi nell'ospedale di Messina e i suoi organi furono donati. Fortunato Mesiano, raggiunto da un’OCCC, firmata dal gip Gabriella Lupoli su richiesta del pm Santi Cutroneo, deve rispondere anche dei reati di detenzione e porto illegale di arma da fuoco e spari in luogo pubblico. Carabinieri e Polizia di Stato spulciano anche i dossier del clan dei Tavella-Pititto-Prostamo, cosche egemoni sul territorio, alla ricerca di possibili appigli, in qualche modo collegabili. Il boss di San Giovanni di Mileto, Giuseppe Prostamo, anche lui di 60 anni, ritenuto un esponente di spicco della cosca Tavella–Prostamo–Pititto di San Giovanni di Mileto, venne ucciso con cinque colpi di pistola al volto, il 4 giugno 2011 nella piazza centrale di San Costantino Calabro. Il delitto avvenne nei pressi di una tabaccheria. La vittima, dopo aver acquistato un biglietto della lotteria “Gratta e Vinci” si era appena seduta nella sua auto, una Toyota Rav4. Il killer si è avvicinato, ha infilato la pistola una Smith & Wesson 40, nell´abitacolo ed ha fatto fuoco. Quindi è fuggito a bordo di un ciclomotore Yamaha Mbk.
Purtroppo per lui, nella fuga, è incappato in una pattuglia dei carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia accorsa per cinturare la zona del delitto, subito dopo aver ricevuto la segnalazione alla ricerca degli autori; facendosi trovare con addosso una pistola con matricola cancellata dello stesso calibro Per quel delitto venne arrestato su disposizione del gip di Vibo Valentia, Alessandro Piscitelli, richiesta del pm Alessandro Pesce e perseguito a termini di legge, Francesco Pannace, ritenuto contiguo alla cosca Fiaré-Gasparro-Razionale di San Gregorio d´Ippona alleato dei Mancuso di Limbadi-Nicotera. Francesco Pannace, è stato condannato all’ergastolo. Recentemente era rimasto invischiato nell’operazione “Bocca di rosa”, per la quale, nel successivo processo, aveva subìto la condanna a 12 anni di reclusione; due di meno del capobastone Rosario Fiarè. In mezzo, anche l’operazione “Attila” che ha visto coinvolti Nazareno Prostamo, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pietro Cosimo e Francesco Prostamo, padre e figlio, accusati di essere i mandanti di un tentato omicidio, quello di Rocco La Scala; parenti stretti del mammasantissima defunto, “don Peppe” Giuseppe Prostamo. Quest’ultimo avrebbe avuto una relazione coniugale con la moglie di un venditore ambulante, Rocco La Scala da cui nacque una bambina.
I Prostamo, ritenevano che mandante dell’omicidio del loro congiunto, fosse stato proprio il La Scala, fruttivendolo, sposato e padre di tre figli; per vendicare l’onore. Venditore, che il 13 settembre del 2011, rimase vittima di un agguato, mentre si trovava nel suo podere in località Castagnara di San Giovanni di Mileto, lungo la strada che conduce a Francica. Venne crivellato di colpi di fucile caricato a lupara, mentre era a bordo del suo Fiat-Fiorino. Si salvò, ma rimase paralizzato. La donna, tornò a vivere col marito, portandosi appresso la figlia. Storie, apparentemente scollate e scollegate, che ora s’intrecciano ed ora si sparpagliano. Vous cherchez la femme? La cronaca, non solo quella giudiziaria ci dice, che in alcuni casi, la mafia non possa intervenire e sebbene informata sui fatti, lasci fare. Quando ci sia di mezzo l’onore da vendicare, per esempio.Domenico Salvatore
MILETO (V.V.) IL PANETTIERE GIUSEPPE MESIANO, 60 ANNI, CONIUGATO, ASSASSINATO NELLA CONTRADA “CALABRO’”, LOCALITÁ ‘PIGNA’ A COLPI DI PISTOLA AL TORACE, DA IGNOTO KILLER CHE HA FATTO PERDERE LE SUE TRACCE. IL CORPO SENZA VITA, RITROVATO IN APERTA CAMPAGNA DAI FAMILIARI, PREOCCUPATI PER L’INUSUALE RITARDO, RISPETTO AL RIENTRO A CASA ABITUDINARIO
La vittima designata, al momento del delitto, secondo le prime sommarie indagini, si trovava in un casolare di campagna in localita' "Pigno" all'interno di un suo appezzamento di terreno. Raggiunto da diversi colpi d'arma da fuoco in punti vitali che non gli hanno lasciato scampo, è stramazzato sul tavolino in una pozza di sangue. Avvisati telefonicamente, sono giunti sul posto i carabinieri della Stazione di Mileto e quelli della Compagnia di Vibo Valentia, diretta dal capitano Diego Berlingieri; in sinergìa anche la Squadra Mobile di Vibo, diretta dal vicequestore aggiunto Antonio Turi. Nonché il p.m. di turno, Michele Sirgiovanni, che si muove sotto le direttive del procuratore capo della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo; il medico legale Katiusha Bisogni, l’ambulanza del 118 e la ditta del caro estinto. Le indagini. Sotto la lente d’ingrandimento degl’investigatori, diverse ipotesi circa la causale o movente del delitto. Non trova molto spazio all’origine del delitto l’ipotesi di una vendetta del rakett delle estorsioni, legata agli interessi economici nel settore della panificazione. Giuseppe Mesiano era il padre di Francesco Mesiano, che di recente, ha finito di scontare una condanna a 20 anni di carcere per quell’omicidio. Padre anche di Fortunato Mesiano, il 39enne arrestato nel maggio scorso con l’accusa di un tentato omicidio aggravato compiuto a Mileto ai danni di Michele Tavella, 38 anni, con precedenti. Tavella poi è morto in un incidente sul lavoro il 6 luglio, quando è rimasto schiacciato da un trattore; un sinistro, su cui ancora s’indaga.
Domenico Salvatore
MILETO (V.V.) - Una storia, solo apparentemente scollata e scollegata da contesti mafiosi. Tutta da verificare, se vi sia di mezzo, una pur sempre possibile situazione passionale. Il Vibonese continua ad ardere, bollire e scottare, peggio del magma infocato della Valle del Bove, sopra Catania. Un delitto, un altro ed un altro ancora. Sparatine, tritolo, lupara, pistole, kalashnikov, bazooka, lanciagranate, bombe a mano. L’altro ieri i Carabinieri di Asti, hanno bloccato un arsenale ( un sacco ed una sporta di pistole e fucili) diretto nel Vibonese. Lo Stato sorveglia e svolge intelligente opera di prevenzione e se occorra di repressione. Un deterrente che ha risolto molte situazioni. Sebbene si continui a sparare, intimidire, spaventare, minacciare, sopraffare. Il Ministero degl’interni si è mosso con sufficiente attenzione. I comandi di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, la DDA di Catanzaro, la DNA, il CSM, fanno tutto il possibile. Compatibilmente con le risorse economiche disponibili, ma non è decisivo. La cronaca asettica ed impersonale, purtroppo non lascia troppo spazio all’ottimismo. Benchè gli arresti ci siano; i processi si celebrino; le condanne siano chiare e forti; la galera corposa e dura; a parte il famigerato 41 bis; i sequestri e le confische dei beni mobili ed immobili continue. Delle cinque province, due delle quali rischiano l’estinzione (proprio Vibo Valentia e Crotone), la più turbolenta, negli ultimi anni, sembra essere quella di Vibo. La dinamica del delitto, presenta ancora qualche zona d’ombra.
Il killer che conosceva bene le mosse della vittima, si è presentato all’incontro con il Mesiano nelle campagne di Mileto, in provincia di Vibo Valentia, in un casolare, definito anche “villetta di campagna”, che si trova alle spalle di una fabbrica di ceramiche ormai in disuso: non si è ancora capito bene se si sia trattato di un regolamento di conti; di un appuntamento per un chiarimento; di una vendetta privata e personale, di rackett delle estorsioni o di un movente passionale, che comunque, di prassi, figura sempre nel ventaglio di ipotesi; per risalire all’esecutore materiale del delitto ed all’eventuale mandante.
I due, hanno avuto qualche discussione, un alterco, un battibecco, una baruffa?Non è chiaro. Sta di fatto che ad un certo momento il sicario, abbia estratto la pistola ed incominciato a sparare. La vittima designata raggiunta al capo ed al tronco è stramazzata in un lago di sangue. Il corpo, oramai senza vita è rimasto lì per tutto il pomeriggio. Solo a sera la famiglia si è mossa per andare a cercarlo. Sul posto, i carabinieri della Stazione di Mileto e quelli della Compagnia di Vibo Valentia, diretta dal capitano Diego Berlingieri col maggiore Massimo Carrara; tutti agli ordini del comandante provinciale Daniele Scardecchia; in sinergìa anche la Squadra Mobile di Vibo, diretta dal vicequestore aggiunto Antonio Turi. Nonché il p.m. di turno, Michele Sirgiovanni, che si muove sotto le direttive del procuratore capo della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo; il medico legale Katiusha Bisogni e la ditta del caro estinto. Domani si svolgerà l’autopsia a cura del perito settore, nominato dal Tribunale. Poi, la salma verrà restituita alla famiglia per i funerali, che si svolgeranno a Mileto, in forma pubblica. Salvo diversa decisione del questore di Vibo Valentia. Le indagini. Sotto la lente d’ingrandimento degl’investigatori, diverse ipotesi circa la causale o movente del delitto.
Non trova molto spazio all’origine del delitto l’ipotesi di una vendetta del rakett delle estorsioni, legata agli interessi economici nel settore della panificazione. Giuseppe Mesiano era il padre di Francesco Mesiano, che di recente, ha finito di scontare una condanna a 20 anni di carcere per quell’omicidio. Padre anche di Fortunato Mesiano, il 39enne arrestato nel maggio scorso; catturato a Biassono dai Carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, supportati dai colleghi di Monza; accusato del tentato omicidio di Michele Tavella, 38 anni, con precedenti compiuto a Mileto. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ad inchiodare Fortunato Mesiano sono le immagini registrate da una telecamera che lo ha ripreso nell’atto di sparare contro Michele Tavella, il 31 dicembre 2012. Tavella poi, è morto in un incidente sul lavoro il 6 luglio, quando è rimasto schiacciato da un trattore. Per cause ancora da accertare, il mezzo agricolo si e' ribaltato finendo in un dirupo; un sinistro, su cui ancora s’indaga. Per il delitto Mesiano, procede la Procura della Repubblica di Vibo Valentia, diretta dal procuratore capo Mario Spagnuolo. Salvo diversa decisione del procuratore capo della DDA di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo. Qualora dalle indagini in corso, dovessero emergere elementi del tipo mafioso. Non si hanno notizie invece, del mezzo usato dal giustiziere, che di solito viene dato alle fiamme, per impedire di risalire a qualsiasi traccia utile.
Nemmeno si ha notizie sulla cintura militare organizzata dalle forze di polizia in sinergìa, intorno al vasto comprensorio; anche con posti di blocco volanti, controllo dei pregiudicati della zona, loro alibi-orario e guanto di paraffina per capire se abbiano sparato. Come in ogni delitto, tutte le situazioni di famiglia, vengono tirate fuori e rivoltate come un calzino. Vedi, l’omicidio del bambino Nicholas Green, rispetto al quale l’imputato, difeso dall’avvocato Armando Veneto, che riuscì ad evitare al suo cliente, il carcere a vita, l’ergastolo, si era sempre dichiarato innocente. Francesco Mesiano (di 22 anni) e Michele Iannello (di 27 anni), entrambi originari di Mileto (VV); nel 1997 furono assolti dalla corte d'assise di Catanzaro, mentre nel 1998 la corte d'assise d'appello di Catanzaro condannò Mesiano a 20 anni di reclusione e Iannello (in qualità di autore materiale dell'omicidio) all'Ergastolo, sentenza poi confermata in Cassazione. Iannello, ex affiliato alla 'Ndrangheta, decise in seguito di collaborare con la giustizia confessando vari delitti ma professandosi sempre innocente riguardo al delitto del bambino americano, chiedendo la revisione del processo ed accusando suo fratello dell'omicidio.
Il gravissimo fatto di sangue accadde il 29 settembre 1994, durante un tentativo di rapina sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria, durante il quale, venne ferito il bimbo statunitense Nicholas Green, che viaggiava in auto insieme ai genitori. Nicholas morì pochi giorni più tardi nell'ospedale di Messina e i suoi organi furono donati. Fortunato Mesiano, raggiunto da un’OCCC, firmata dal gip Gabriella Lupoli su richiesta del pm Santi Cutroneo, deve rispondere anche dei reati di detenzione e porto illegale di arma da fuoco e spari in luogo pubblico. Carabinieri e Polizia di Stato spulciano anche i dossier del clan dei Tavella-Pititto-Prostamo, cosche egemoni sul territorio, alla ricerca di possibili appigli, in qualche modo collegabili. Il boss di San Giovanni di Mileto, Giuseppe Prostamo, anche lui di 60 anni, ritenuto un esponente di spicco della cosca Tavella–Prostamo–Pititto di San Giovanni di Mileto, venne ucciso con cinque colpi di pistola al volto, il 4 giugno 2011 nella piazza centrale di San Costantino Calabro. Il delitto avvenne nei pressi di una tabaccheria. La vittima, dopo aver acquistato un biglietto della lotteria “Gratta e Vinci” si era appena seduta nella sua auto, una Toyota Rav4. Il killer si è avvicinato, ha infilato la pistola una Smith & Wesson 40, nell´abitacolo ed ha fatto fuoco. Quindi è fuggito a bordo di un ciclomotore Yamaha Mbk.
Purtroppo per lui, nella fuga, è incappato in una pattuglia dei carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia accorsa per cinturare la zona del delitto, subito dopo aver ricevuto la segnalazione alla ricerca degli autori; facendosi trovare con addosso una pistola con matricola cancellata dello stesso calibro Per quel delitto venne arrestato su disposizione del gip di Vibo Valentia, Alessandro Piscitelli, richiesta del pm Alessandro Pesce e perseguito a termini di legge, Francesco Pannace, ritenuto contiguo alla cosca Fiaré-Gasparro-Razionale di San Gregorio d´Ippona alleato dei Mancuso di Limbadi-Nicotera. Francesco Pannace, è stato condannato all’ergastolo. Recentemente era rimasto invischiato nell’operazione “Bocca di rosa”, per la quale, nel successivo processo, aveva subìto la condanna a 12 anni di reclusione; due di meno del capobastone Rosario Fiarè. In mezzo, anche l’operazione “Attila” che ha visto coinvolti Nazareno Prostamo, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pietro Cosimo e Francesco Prostamo, padre e figlio, accusati di essere i mandanti di un tentato omicidio, quello di Rocco La Scala; parenti stretti del mammasantissima defunto, “don Peppe” Giuseppe Prostamo. Quest’ultimo avrebbe avuto una relazione coniugale con la moglie di un venditore ambulante, Rocco La Scala da cui nacque una bambina.
I Prostamo, ritenevano che mandante dell’omicidio del loro congiunto, fosse stato proprio il La Scala, fruttivendolo, sposato e padre di tre figli; per vendicare l’onore. Venditore, che il 13 settembre del 2011, rimase vittima di un agguato, mentre si trovava nel suo podere in località Castagnara di San Giovanni di Mileto, lungo la strada che conduce a Francica. Venne crivellato di colpi di fucile caricato a lupara, mentre era a bordo del suo Fiat-Fiorino. Si salvò, ma rimase paralizzato. La donna, tornò a vivere col marito, portandosi appresso la figlia. Storie, apparentemente scollate e scollegate, che ora s’intrecciano ed ora si sparpagliano. Vous cherchez la femme? La cronaca, non solo quella giudiziaria ci dice, che in alcuni casi, la mafia non possa intervenire e sebbene informata sui fatti, lasci fare. Quando ci sia di mezzo l’onore da vendicare, per esempio.Domenico Salvatore
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