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Operazione Eldorado, azzerato il clan dei "Paddechi"?





L'uscita degli arrestati. DIRETTA a partire dalle ore 9,30



Conferenza stampa Diretta a partire dalle ore 11 

Un'operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria per l'esecuzione di 22 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di 22 presunti appartenenti alla cosca ''locale di Galliciano''', operante a Condofuri e in provincia di Viterbo, dove secondo le indagini era riciclato denaro sporco. Le accuse sono associazione mafiosa, detenzione illegale di armi, riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita con l'aggravante delle modalita' mafiose. “Questi signori – ha ribadito il comandante dei carabinieri Lorenzo Falferi – sono arrivati a Viterbo con un camion scassato e nel giro di 5 mesi, ne hanno comprati 10 nuovi di zecca”. Scoperti i riti di affiliazione e un sistema di riciclaggio di denaro sporco. Il provvedimento è stato firmato dal gip Silvana Grasso su richiesta del procuratore aggiunto Nicola Gratteri e del sostituto Antonio De Bernardo. Deus ex machina dell’operazione, il capitano Gennaro Cascone, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Melito Porto Salvo, che si muove sotto le direttive del colonnello Lorenzo Falfèri, comandante provinciale, complimentato in conferenza dal procuratore

OPERAZIONE EL DORADO, ANNIENTATO IL CLAN DEI “PADDECHI”

Gl’inquirenti, hanno individuato le precise delimitazioni territoriali e le competenze dei rispettivi locali. Infatti, la località Acquapendente dividerebbe il confine del locale di Gallicianò con quello di San Carlo. Alberto Corso, socio in affari dei fratelli Nucera e loro referente nella provincia di Viterbo, è indicato da Domenico Foti e Antonio Nucera come “contrasto onorato” ed è lui stesso a ricevere un'illuminante lezione sulla ‘ndrangheta da parte di Domenico Nucera. Intercettazioni telefoniche e ambientali. Domenico Vitale, ritenuto il tramite tra la famiglia Nucera e l'anziano boss Rocco Musolino, la cui posizione è stata stralciata,  nelle settimane scorse raggiunto da un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio. 20 milioni di euri il valore dei beni sequestrati; e 6 aziende, operanti nel settore dei trasporti, ortofrutticolo ed immobiliare, le cui sedi sono a Terni e Viterbo, tutte riconducibili ai fratelli Corso e Nucera. Fusti di plastica pieni di soldi, partivano per la Svizzera. Il presunto boss Rocco Musolino, “forziere” della ‘ndrangheta
Domenico Salvatore
 
REGGIO CALABRIA-Abbiamo partecipato ad un paio di conferenze stampa. Una alla Questura; l’altra dai Carabinieri, ma non abbiamo avuto la fortuna di poter stringere la mano del nuovo procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho. In entrambi i casi, è stato delegato, l’aggiunto Nicola Gratteri. Senza per questo voler alludere a nulla, per carità. Semplice coincidenza, casualità, concomitanza e convergenza. Di semplice coincidenza, si deve parlare, anche, circa la sorpresa di Nicola Gratteri,  di fronte alla scoperta-esistenza di una ‘ndrina pure a Gallicianò, punta di diamante della grecanicità, oltre che a  San Carlo e Limmàra (Marina di Condofuri); siamo nel cuore dell’isola ellenofona. Infatti anche l’ex procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, restò allibito, esterrefatto e sbalordito, in occasione delle due precedenti operazioni della DDA: ‘Parola d’onore’  e ‘Konta Korion’ del 15 aprile 2010 con due cosche a Condofuri e Amendolea. Un terremoto politico-giudiziario che produsse a parte lo scioglimento del consiglio comunale per mafia, anche la scoperta di un locale di ‘ndrangheta, formato da due ‘ndrine.  Il procuratore Nicola Gratteri, ha elogiato la professionalità dell’Arma...pionieri dell’indagine informatica. Il Comando provinciale diretto dal colonnello Lorenzo Falfèri, ma anche la Compagnia di Melito, diretta dal capitano Gennaro Cascone, deus ex machina dell’operazione Eldorado. In questi ultimi anni si parlò sempre dell’esistenza del clan dei Condofuresi; del clan dei boviciani; del clan dei Palizzitani; del clan dei Roghudesi; del clan dei Laurentini; del clan dei Montebellesi; del clan dei Melitesi; del clan dei Roccaforticiani; del clan degli Africoti e così via. Solo apparentemente scollati. In realtà, ben collegati tra di loro. Gli esperti di mafia, dicono che si tratti, tuttavia di “satelliti” che ruotano, intorno alla ‘società’ degli Iamonte di Melito Porto Salvo. Il comunicato stampa ufficiale dell’Arma dei Carabinieri…”

Sono 22 le persone arrestate nell'ambito dell'operazione denominata "El Dorado", condotta dai carabinieri della Compagnia di Melito Porto Salvo, diretta dal capitano Gennaro Cascone e del Reparto operativo (tenente colonnello Carlo Pieroni) e del Nucleo investigativo (maggiore Michele Miulli) del Comando provinciale, coordinata dalla locale Direzione investigativa antimafia. Si tratta di Antonino Casili, 58 anni, di Condofuri; Alberto Corso, 37 anni, di Canepina (VT); Augusto Corso, 51 anni, di Vallerano (VT); Domenico Foti, 55 anni, di Condofuri; Concetto Manti, 43 anni, di Condofuri; Tommaso Mesiano, 55 anni, di Condofuri; Antonio Nucera, 72 anni, di Gallicianò; Antonio Nucera, 58 anni, di Condofuri; Bruno Nucera, 55 anni, di Condofuri e residente a Visp (Svizzera); Carmelo Nucera, 63 anni, di Gallicianò; Carmelo Nucera, 43 anni, di Condofuri; Diego Nucera, 65 anni, di Condofuri; Domenico Nucera, 42 anni, residente a Graffignano (VT); Filippo Nucera, 72 anni, di Condofuri; Francesco Nucera, 32 anni, di Condofuri; Giuseppe Nucera, 67 anni, di Condofuri e residente a Reggio Calabria; Raffaele Nucera, 50 anni, di Condofuri; Raffaele Nucera, 40 anni, di Condofuri; Roberto Raso, 41 anni, di Mazzano Romano (RM); Pietro Rodà, 47 anni, di Condofuri; Domenico Vitale, 54 anni, di Santo Sefano in Aspromonte e residente a Reggio Calabria; Girolamo Zindato, 40 anni, di Condofuri.All’operazione hanno partecipato anche i carabinieri dei Comandi provinciali di Viterbo, Terni, Chieti e Roma. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, è stata emessa dal capo dell’Ufficio Gip Silvana Grasso, che ha accolto le richieste formulate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale (sostituto procuratore Antonio De Bernardo, procuratore aggiunto Nicola Gratteri). Gli indagati, devono rispondere a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, detenzione illegale di armi comuni da sparo, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, tutte ipotesi delittuose aggravate dall’associazione per delinquere di stampo mafioso.

L’indagine dei carabinieri nasce nel settembre 2009 nei territori di Condofuri, ponendo la propria attenzione sulla famiglia Nucera e sulle loro attività economico-commerciali.Uno degli elementi essenziali è la scoperta del locale di ‘ndrangheta di “Gallicianò”, cuore dell’area Grecanica e frazione aspromontana del Comune di Condofuri, caratterizzato tra l’altro dalla presenza di già due locali: Condofuri Marina e Condofuri San Carlo. Le attività, ancora una volta, dimostrando la presenza e il controllo del territorio da parte della ‘ndrangheta, hanno consentito individuare, addirittura, le precise delimitazioni territoriali e le competenze dei rispettivi locali. La località Acquapendente, infatti, dividerebbe il confine del locale di Gallicianò con quello di San Carlo. Eloquente è il contrasto sorto per l’assunzione del “comando” all’interno della famiglia, dove, per ribadire i poteri di un capo su un altro, sono dovuti intervenire altri soggetti “importanti” che, nonostante non appartenessero a quel locale, hanno posto soluzione alla questione.Il tutto nasce nel 2002 con l’arresto per associazione mafiosa di Giuseppe Nucera classe ’46, già capo-locale di Gallicianò e allorquando, secondo gli inquirenti, Antonio Nucera classe ’55, si surroga il diritto di autonominarsi capo-locale, senza chiedere alcuna autorizzazione ne far giungere al primo alcuna “imbasciata”.

Quando nel 2008, Giuseppe Nucera viene scarcerato ed ha terminato tutti gli obblighi di legge, pretende nuovamente la carica toltagli. Gli investigatori sostengono che Domenico Nucera, genero di Giuseppe e nipote di Antonio Nucera, interviene per porre fine alla questione e organizza un incontro che si risolve a favore di Giuseppe Nucera. Le investigazioni, rivela il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Lorenzo Falferi, hanno consentito di appurare come sin dall’inizio, Alberto Corso socio in affari dei fratelli Nucera e loro referente nella provincia di Viterbo, è indicato da Domenico Foti e Antonio Nucera come “contrasto onorato” ed è lui stesso a ricevere un illuminante lezione sulla ‘ndrangheta da parte di Domenico Nucera che gli spiega l’organizzazione, l’assegnazione delle cariche in occasione della festa della Madonna di Polsi, la suddivisione dei locali, lo sviluppo della carriera ‘ndranghetistica dal basso, gli fa vedere la propria incisione e la carica di Santa che detiene.Alberto Corso, spiega il procuratore aggiunto Nicola Gratteri viene poi rassicurato da Domenico Nucera che gli promette direttamente la carica di sgarrista, senza passare per quella intermedia di camorrista e che, se poi vorrà andare oltre, non deve preoccuparsi poiché comunque lo aiuterà lui. Domenico Nucera continua raccontandogli il rito del Battesimo, la lettura di una formula, la ferita da procurarsi con un coltello sul dito e la goccia di sangue che deve fare cadere su un limone ed infine il santino che deve essere completamente bruciato.

L’indagine ha consentito, evidenzia il capitano Gennaro Cascone, di appurare un sistema di riciclaggio di denaro sporco che partendo dalla Calabria, passava per il Lazio attraverso alcune ditte e ritornava in provincia di Reggio Calabria. Già nel mese di aprile 2009, Alberto Corso e Francesco Nucera, titolari di alcune piccole aziende nella provincia di Viterbo, si sarebbero presentati a Reggio Calabria e tramite Antonio Nucera, avrebbero chiesto del denaro poiché la ditta ortofrutticola Cimina dei fratelli Corso era in forti difficoltà economiche.Nel maggio 2009, Antonio Nucera, fermato a un posto di controllo nella provincia di Viterbo, viene trovato in possesso di circa 50.000 euro in contanti dalla Guardia di finanza e lo stesso dichiara che erano soldi provenienti dalla Svizzera e che servivano ai nipoti Nucera per pagare gli operai. Invece, rivelano gli inquirenti, si evince che i soldi erano per i fratelli Corso e provenivano dalla Calabria.

I fratelli Nucera e Corso si stima abbiano preso circa 600.000 euro dalla Calabria e reinvestiti nelle ditte Nucera Trasporti, Vitercalabra, Ortofrutta Cimina. La restituzione del denaro, spiega ancora il procuratore aggiunto Gratteri, avveniva mediante l’invio mensile di 7.500 euro e di 50.000 euro una tantum, allo zio Antonio Nucera, che per il tramite di Domenico Vitale, li restituiva a chi aveva dato il credito, fra cui Rocco Musolino.L’intera operazione, convenzionalmente denominata “El Dorado”, prende il nome proprio da questa attività di riciclaggio, che ha consentito di costruire un intero impero e paradiso economico nella provincia di Viterbo. Sono state poi sottoposte a sequestro probatorio sei aziende del valore complessivo di circa 20 milioni di euro, tutte riconducibili ai fratelli Corso e Nucera. Le aziende sottoposte a sequestro sono: Trasporti Centro Italia srl; Vitercalabria autotrasporti srl; Ortofrutta Cimina srl; Ortfruit internazionale srl; Cimina immobiliare. Alla conferenza stampa hanno partecipato il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, il colonnello Lorenzo Falferi, il tenente colonnello Carlo Pieroni, il maggiore Michele Miulli, il capitano Gennaro Cascone e il tenente Alberto Provenzale

ELENCO DEGLI INDAGATI COLPITI DA ORDINANZA
CAUTELARE DI CUSTODIA IN CARCERE
 

Nr.    GENERALITA’
1.            CASILI Antonino, classe 1955
2.            CORSO Alberto, classe 1976
3.            CORSO Augusto, classe 1962
4.            FOTI Domenico, classe 1958
5.            MANTI Concetto, classe 1970
6.            MESIANO Tommaso, classe 1958
7.            NUCERA Antonio, classe 1941
8.            NUCERA Antonio, classe 1955
9.            NUCERA Bruno, classe 1958
10.        NUCERA Carmelo, classe 1950
11.        NUCERA Carmelo, classe 1970
12.        NUCERA Diego, classe 1948
13.        NUCERA Domenico, classe 1971
14.        NUCERA Filippo, classe 1941
15.        NUCERA Francesco, classe 1981
16.        NUCERA Giuseppe, classe 1946
17.        NUCERA Raffaele, classe 1963
18.        NUCERA Raffaele, classe 1973
19.        RASO Roberto, classe 1972
20.        RODA’ Pietro, classe 1966
21.        VITALE Domenico, classe 1959
22.        ZINDATO Girolamo, classe 1973
AZIENDE SEQUESTRATE
- T.C.I. Trasporti Centro Italia srl;
- VITERCALABRA AUTOTRASPORTI srl;
- NUCERA TRASPORTI srl;
-ORTOFRUTTICOLA CIMINA srl;
- ORTFRUIT INTERNATIONALE srl;
- CIMINA IMMOBILIARE srl;




























Le precedenti operazioni, eseguite da Polizia e Carabinieri (‘Kontàkorion e Parola d’onore’), portarono all’omonimo processo…”Operazione Parola d’Onore, fonte Reggio TV) denominata anche Konta Korion, antico nome di Condofuri, comune jonico reggino sciolto per infiltrazioni nell’ottobre del 2010, quando era sotto la guida di Antonino Caccamo. Proprio questo comune al centro della stessa operazione condotta nell’aprile 2010 da Polizia e Carabinieri, che adesso approda alle prime 22 sentenze condanna ed alle prime 5 assoluzioni degli imputati ammessi al rito abbreviato dal Gup di Reggio Calabria Tommasina Cotroneo. Dopo le richieste dei pm della Dda reggina Antonio De Bernando e Federico Perrone Capano, la condanna più pesante è stata comminata a Francesco Bruzzese (dieci anni di reclusione), ritenuto il capo del locale di Ndrangheta di Condofuri punto di raccordo anche con le cosche operanti in Piemonte, come emerso anche dalle risultanze dell’operazione Minotauro della Dda di Torino.

Quasi duecento anni di carcere ed un risarcimento di 500 mila euro per Ministero dell’Interno, Regione Calabria e Provincia di Reggio, due milioni per il comune di Condofuri, costituitosi parte civile su richiesta della terna commissariale inviata da Viminale e composta da Antonia Surace, Giuseppe Castaldo e Maria Laura Tortorella. Le indagini, coordinate dal procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, avevano accertato l’ingerenza della ‘ndrangheta anche nelle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno 2009, oltre che in materia di appalti e di gestione generale della cosa pubblica. Provata anche la forte pressione esercitata per l’elezione e la nomina ad assessore ai Lavori Pubblici di Filippo Rodà, presto processato con rito ordinario come altri degli iniziali 89 indagati. Luce sulle pressioni operate dalla cosca Rodà-Casile all’interno dell’amministrazione comunale di Condofuri attraverso attività di danneggiamento, estorsioni, detenzione di armi, gestione degli appalti, condizionamento delle competizioni elettorali. Tutto aveva un prezzo, persino la fiumara dell’Amendolea, enorme bacino per l’estrarre materiale inerte. Documentate, altresì, attività di pressioni sui commercianti ed infiltrazione nella ditte dedite, in modo particolare, alla movimentazione terra.

Le altre 21 condanne hanno riguardato Concetto Bruno Candido (9 anni e 4 mesi), Carmelo Manti (8 anni), Domenico Foti (8 anni e 8 mesi), Giorgio Macrì e Giorgio Fascì (7 anni e 4 mesi), Maurizio Iaria (7 anni e 8 mesi), Daniele Filippo Poerio (7 anni); a sei anni sono stati condannati Antonino Altomonte, Carmelo Modaffari di 27 anni, Raffaele Nucera, Francesco Ollio, Filippo Antonio Poerio, Pietro Poerio, Leo Romeo, Vincenzo Stilo e Giuseppe Vitale; a sei anni e sei mesi Pietro e Antonio Casili; Pasquale Caridi (2 anni e 4 mesi); Francesco e Giuseppe Frisina (6 mesi).Assoluzione, invece, per Valter Tedesco, Rocco Guerrisi , Salvatore Lo Prete, Domenico Romeo e Leone Modaffari”. Un sipario cala ed un atro si alza. Conndofuri (RC), con cinque clan di ‘ndrangheta censiti ed altri ipotizzabili, si riscopre, improvvisamente (ma non troppo), un comune ad alta densità mafiosa.  Fino a prova contraria. Sebbene il procuratore Gratteri, abbia parlato di intercettazioni telefoniche ed ambientali probatorie schiaccianti. A parte le indagini tradizionali che comunque sono efficienti, efficaci e funzionali. La parola passa ora al collegio degli avvocati, che tenteranno di smontare il castello delle accuse. E non è solamente, questione di diritti da difendere. Altro giro, altra corsa. Si parte, con l’interrogatorio di garanzia, alla presenza dei legali di fiducia. Domenico Salvatore


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