Mons. Morosini ai giornalisti: “Siate missionari di carità e verità”
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Giuseppe Fiorini Morosini |
GERACE (Reggio Calabria) – Un’omelia densa e incalzante, che non ha
scelto la strada della formalità, quella rivolta ieri ai giornalisti e a
i tanti credenti che hanno partecipato alla Santa messa nella
cattedrale di Gerace, nella ricorrenza di San Francesco di Sales, da
monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo-giornalista di
Locri-Gerace.
Ne riportiamo, di seguito, il testo integrale per offrire, anche a chi non ha potuto partecipare alla cerimonia di ieri, la possibilità di una riflessione, mai scontata, sotto il pungolo delle parole del presule:
Ne riportiamo, di seguito, il testo integrale per offrire, anche a chi non ha potuto partecipare alla cerimonia di ieri, la possibilità di una riflessione, mai scontata, sotto il pungolo delle parole del presule:
Tu, dunque, cingiti i fianchi,
alzati e dì loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti alla loro
vista, altrimenti ti farò temere davanti a loro (Ger 1, 17).
Carissimi, i testi
biblici che la liturgia ci ha proposto, vogliono farci riflettere sulla
missione di Gesù, che nella Sinagoga del suo paese, Nazaret, inaugura la
sua azione di profeta, subito ostacolata dai suoi paesani, che cercano
addirittura di eliminarlo fisicamente. Ecco perché a sostegno ed
esplicazione della pagina evangelica c’è stato il brano della vocazione
di Geremia.
Oggi i giornalisti della Calabria che professano la fede cattolica, celebrano il loro Patrono San Francesco di Sales.
Vi rivolgo subito
una domanda, a bruciapelo: e se identifichiamo in Geremia, che si sente
chiamato dal seno materno per essere profeta delle nazioni, ogni
giornalista credente che vede la sua
professione come una chiamata da parte di Dio, una vocazione?
concluderemmo che egli è un moderno profeta inviato da Dio in mezzo alla
gente, cioè uno che cerca e professa una verità e l’annuncia.
E’ una considerazione chiave, miei cari, dalla quale faccio dipendere le riflessioni di questa omelia.
Il raduno annuale
dei giornalisti cattolici in un luogo della Calabria è un appuntamento
ormai consacrato dalla tradizione; esso potrebbe essere inficiato da
quella stanca ripetitività, che non permette più di discernere il
significato autentico e profondo di tale appuntamento religioso, dal
quale oggettivamente dovrebbero scaturire decisioni e comportamenti
sempre più moralmente motivati.
Ecco allora l’anno
della fede a sollecitare tutti voi, signori dell’informazione, a
riflettere su quella domanda posta ripetutamente dal Papa: dove sta
andando la mia fede? Che tipo di religione sto costruendo dentro di me?
Domande ineludibili ed incalzanti in questo divenire storico sempre più
travolgente, che sembra non darci più alcuna sicurezza, neanche in campo
religioso e morale.
Domanda necessaria
per questa celebrazione, che corre il rischio di bloccarsi nelle secche
di una ripetitività senza vita. Siamo qui per una presenza formale,
perché apparteniamo ad una data categoria, che ci porterà a raccontare
sui nostri giornali l’avvenimento, riferire sulle presenze, valutare i
discorsi fatti, omelia non esclusa, scambiarci qualche impressione o
raccontarci qualche retroscena in questa vigilia elettorale? Oppure
siamo qui per lasciarci coinvolgere da una proposta di vita, qual è la
fede cristiano-cattolica, che soprattutto quest’anno bussa alla porta
della nostra coscienza e ci chiede di guardarla in faccia e fare i conti
con essa?
La risposta a
quest’ultima domanda, miei cari, ci pone dinanzi alla nostra
responsabilità di giornalisti, che esercitiamo anche il ruolo di
formatori di pensiero e di coscienza. Si tratta di scoprirsi chiamati da
Dio, come afferma il profeta, ed inviati per un servizio alla verità.
Allora una delle motivazioni dell’anno della fede, prendere cioè
coscienza del divario tra fede e vita e superarlo, diventa motivo di
riflessione da parte nostra. Dinanzi ai grandi problemi della società,
siamo solo registratori imparziali del fluire delle opinioni, o entriamo
anche noi nel vivo del dibattito e portiamo avanti, coerenti con la
nostra fede, i valori che da tale fede scaturiscono?
Nell’omelia della
messa celebrata all’inizio di questo anno pastorale lamentavo l’assenza
di un laicato cattolico attivo e combattivo nella nostra Regione attorno
ai grandi temi che toccano la persona umana. Lamentavo un laicato
troppo mimetizzato nella massa e incapace di andare controcorrente; un
laicato cattolico che sta abdicando al suo ruolo di essere fermento
rintracciabile, individuabile, udibile e trasparente nella nostra
società calabrese, lasciando alla gerarchia, a noi Vescovi, il compito
di intervenire per affermare, difendere, gettare nel vivo del dibattito
culturale i grandi temi su l’uomo, la vita, la libertà, la giustizia, la
difesa degli ultimi.
Nella mia diocesi lamento ancora il silenzio totale di medici, giuristi, politici, operatori sociali e anche giornalisti cattolici che attraverso le loro associazioni facciano sentire la loro voce, la voce dei cattolici, sui temi che ci riguardano. Per altre ragioni, diverse da quelle della religiosità popolare, debbo dire anche a loro che la fede non è solo culto; essa non può chiudersi in un individualismo sterile, che abbia come prospettiva solo la salvezza della propria anima. E’ necessario che si scopra la portata rivoluzionaria delle parole del Signore: Voi siete fermento, voi siete luce, voi siete sale. Voi, cioè i credenti in Gesù Cristo, non solo i preti, non solo i Vescovi. E bisogna avere il coraggio di andare controcorrente, sicuri dell’aiuto del Signore, così come promette a Geremia: Ecco io faccio di te una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il paese… Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti (Ger 1, 20).
Nella mia diocesi lamento ancora il silenzio totale di medici, giuristi, politici, operatori sociali e anche giornalisti cattolici che attraverso le loro associazioni facciano sentire la loro voce, la voce dei cattolici, sui temi che ci riguardano. Per altre ragioni, diverse da quelle della religiosità popolare, debbo dire anche a loro che la fede non è solo culto; essa non può chiudersi in un individualismo sterile, che abbia come prospettiva solo la salvezza della propria anima. E’ necessario che si scopra la portata rivoluzionaria delle parole del Signore: Voi siete fermento, voi siete luce, voi siete sale. Voi, cioè i credenti in Gesù Cristo, non solo i preti, non solo i Vescovi. E bisogna avere il coraggio di andare controcorrente, sicuri dell’aiuto del Signore, così come promette a Geremia: Ecco io faccio di te una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il paese… Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti (Ger 1, 20).
Anche i
giornalisti, che si definiscono cattolici, spesso perdono il valore
comunionale della Chiesa e nei loro scritti parlano di essa come di una
realtà distante da loro, come se non appartenesse anche a loro, come
fosse la parte avversa o per lo meno che sta di fronte e non come quella
aggregazione nella quale si entra in forza del battesimo e in forza di
quella consapevolezza che si dovrebbe avvertire quando si dice: io sono
cattolico.
Manca tra i nostri fedeli il senso dell’appartenenza, forse perché la fede non è stata mai una conquista dopo il travaglio della ricerca, ma fragile filo che ci lega ad una cultura, che ha radici cattoliche perché tali sono le radici del mostro territorio. E’ così che mi spiego, se mi permettete questo esempio, la domanda ingenua, anche se ormai vecchia e monotona: cosa ha fatto e fa la chiesa contro la ‘ndrangheta. Come se su questo problema a fare la verifica nel contesto di tutta la società devono essere solo i preti o i vescovi (sarebbero la Chiesa), e non invece anche i cattolici laici collocati in tutte le sfere della società; di più tutti i membri della società.
Manca tra i nostri fedeli il senso dell’appartenenza, forse perché la fede non è stata mai una conquista dopo il travaglio della ricerca, ma fragile filo che ci lega ad una cultura, che ha radici cattoliche perché tali sono le radici del mostro territorio. E’ così che mi spiego, se mi permettete questo esempio, la domanda ingenua, anche se ormai vecchia e monotona: cosa ha fatto e fa la chiesa contro la ‘ndrangheta. Come se su questo problema a fare la verifica nel contesto di tutta la società devono essere solo i preti o i vescovi (sarebbero la Chiesa), e non invece anche i cattolici laici collocati in tutte le sfere della società; di più tutti i membri della società.
Miei cari, con
questo esempio, siamo entrati nel secondo aspetto del significato di
questo raduno in Chiesa dei giornalisti cattolici. Lo indico con questa
domanda: in che modo i giornalisti cattolici aiutano la gente a leggere i
problemi del territorio? In che modo da cattolici li spronano ad una
coscienza critica che li porti ad un protagonismo responsabile e
coraggioso?
E’ la missione di
carità della quale ha parlato S. Paolo nella II lettura: la carità che
si compiace della verità. La missione del giornalista cattolico deve
essere quella della carità nella verità; una carità che aiuta a
raggiungere la coscienza di uomo, abbandonando tutto ciò che appartiene
al mondo dei bimbi, cioè una visione superficiale ed emotiva degli
avvenimenti: quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino,
ragionavo da bambino.
Il giornalista cattolico aiuta il popolo a raggiungere una coscienza matura per discernere gli avvenimenti ed essere protagonista; offre elementi di riflessione che sfuggono, notizie che non si sanno.
Il giornalista cattolico aiuta il popolo a raggiungere una coscienza matura per discernere gli avvenimenti ed essere protagonista; offre elementi di riflessione che sfuggono, notizie che non si sanno.
Nel saluto rivolto
al Ministro degli Interni il 3 maggio scorso evidenziavo una serie di
problemi nella Locride, che avrebbero bisogno di interventi seri e di
una presa di coscienza da parte dei cittadini, che forse manca o non
riesce ad esprimersi per paura o per resa ormai dinanzi ad una realtà
che non cambia. Mi riferisco:
* Alle provvidenze non sfruttate che sono piovute sul nostro territorio.
* All’assenza di
progetti chiari e realizzabili in loco, come il rilancio ad alto livello
dell’artigianato e dell’agricoltura e un maggior impegno nel recupero,
risanamento e valorizzazione del patrimonio archeologico, artistico e
storico in rovina per mancanza di fondi, la salvaguardia dell’ambiente.
* A non ridurre la
lotta alla criminalità alla sola repressione, ma al bisogno che
soprattutto i giovani vedano il volto amorevole dello Stato, che si
preoccupa del loro presente educativo (scuole dignitose, strade
percorribili, mezzi di comunicazione rapidi, strutture sportive, centri
di aggregazione), e del loro futuro lavorativo, senza lo spauracchio
dell’emigrazione.
* Al problema dello scioglimento dei comuni, che è un intoppo per la democrazia di una società.
* Allo spopolamento
dei piccoli centri e alla garanzia della sicurezza di quei cittadini
che vogliono impegnarsi nella politica senza nulla temere per se stessi e
per le proprie famiglie.
* Al difficile e tragico problema della carcerazione preventiva.
* Al
sovraffollamento delle carceri, le cui condizioni di vita spesso sono
disumane, e al problema altrettanto difficile e controverso del recupero
dell’ex carcerato, per il quale alcune volte si accusa la Chiesa di
predicare un perdono facile, a basso prezzo.
Qual è stato il
contributo del giornalista cattolico nell’agitare questi problemi e nel
creare opinione, facendo maturare la coscienza della gente?
E che dire oggi del
problema della spazzatura, che invade le nostre strade? Abbiamo avuto
il coraggio di denunciare le responsabilità.
E che dire del
problema tutto proprio dei giornalisti, quello di buttare senza pietà il
mostro in prima pagina, senza il benché minimo rispetto della dignità e
della riservatezza di una persona, anche di fronte alla pubblicazione
di intercettazioni telefoniche, che nulla hanno di rilevante per un
processo in corso? Siamo capaci di impegnarci a sacrificare i nostri
interventi al rispetto della vita privata delle persone?
Ecco, miei cari,
dove dovrebbe mirare una giornata di questo genere per un giornalista
cattolico: far maturare la coscienza e creare opinione tra la gente,
promuovendo una riflessione che rispetti carità e verità allo stesso
tempo.
Per far questo,
dobbiamo avere il coraggio di andare controcorrente. La verità non teme
reazioni o contraccolpi. Come non li ha temuti Gesù, il quale dinanzi
all’incredulità dei suoi paesani e al tentativo di farlo fuori, non ha
avuto paura di affermare la sua identità di inviato dal Padre per essere
il messia vaticinato da Isaia, ma ha camminato in mezzo a loro con la
testa alta, fiero di proclamare la verità.
Ci aiuti in questa missione San Francesco di Sales.
Fonte: Giornalisti Calabria
Fonte: Giornalisti Calabria
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