Ribellarsi all’usura in Calabria, si può. Ma anche ribellarsi al pizzo si può. Un imprenditore messo sul lastrico ha pagato finchè ha potuto. Poi, ha gettato la spugna, ha preso il cuore in mano ed è andato dritto alla Polizia di Stato. Ora vive sotto protezione.Un'operazione della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dei Commissariati di p.s. di Bovalino e Siderno ha portato all'esecuzione di 5 fermi emessi dalla Dda di Reggio Calabria, nei confronti di presunti affiliati alla cosca dei Belcastro-Romeo di Sant'Ilario. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di estorsione, riciclaggio ed usura, aggravati dall'aver agevolato la 'ndrangheta. Secondo l'accusa, avrebbero esercitato pressanti richieste ad un imprenditore affinche' pagasse il ''pizzo'''
FAIDA DI SANT’ILARIO DELLO JONIO, C’ERA UNA VOLTA LA ‘NDRINA DEL PATRIARCA DI CANOLO, MAMMASANTISSIMA ‘DON NICOLA’ D’AGOSTINO, POI, VENNERO LE SCISSIONI? MA I D’AGOSTINO, HANNO “DOMINATO” SU ROMA, MILANO E TORINO?
Un rilievo meritano anche gli intrecci tra politica e malavita dei quali Canolo è stato protagonista. La figura più carismatica, fonte Wikipedia, è stata quella di Nicola D’Agostino, citato anche da Nicola Gratteri, sui libri ed in conferenza stampa, fattosi notare nell’immediato dopoguerra per avere capeggiato i contadini di Canolo in una rivolta agraria; divenne in seguito sindaco del paese per numerose legislature, venendo poi sostituito dal figlio Domenico, nel 1975, decaduto nel 1977 e resosi latitante in seguito all’incriminazione per aver partecipato alla strage di Razzà. Tuttavia, la vera mente criminale della famiglia, era stato il fratello di Domenico, Antonio, che riuscì a costruire un impero criminale presente oltre che sul basso ionio calabrese, anche a Roma Genova, Torino e Milano, e che venne ucciso a Roma nel 1976.
Domenico Salvatore
SANT’ILARIO DELLO JONIO (RC). Oggi parliamo dei D’Agostino e di converso della faida di Sant’Ilario; dei Belcastro e dei Romeo. Un po’ meno dell’imprenditore- coraggio, che si è ribellato all’usura ed al pizzo. Il suo nome è… “Top Secret”. I D'Agostino, uno, nessuno e centomila…Un toponimo abbastanza diffuso in Calabria e non solo… Reggio Calabria, Laureana di Borrello, Canolo, Locri-Siderno, Sant’Ilario, Taurianova, Rosarno, Gioia Tauro ecc. Ma anche Roma, Milano, Torino. Senza avere una conoscenza del territorio, sia pure approssimativa, diventa difficile, se non impossibile, orientarsi nella giungla dei D’Agostino. Si rischia di prendere fischi per fiaschi e lucciole per lanterne. Di non capire bene, l’àmbito in cui si muovono; se non il contesto ed il ruolo di primissimo piano all’interno del gotha della ‘ndrangheta. Padrini di peso e di statura nazionale ed internazionale. Di getto, sembrano accomunati da una sola ed unica cosca, ma non è così. Ci sono quelli della Piana e quelli della Locride (o della montagna), che arrivano a…”toccarsi” con la Strage di Razzà di Taurianova; ‘dove un «summit della mafia» era stato convocato con un appetitoso ordine del giorno: i 36 miliardi di appalti decisi per il famigerato V° Centro Siderurgico di Gioia Tauro. Si trattava della spartizione del bottino. Ebbene fra gli... invitati Domenico D'Agostino, ragioniere trentenne. Sindaco di Canolo (Reggio Calabria), eletto nelle liste del PCI, fonte www.beppeniccolai.org.’, e non solo, arrestato il 14 gennaio 2006 a Siderno. Come il padre Nicola ed il fratello Raffaele. Scrive Nicola Gratteri, in coppia con il giornalista-scrittore Antonio Nicàso…
”In quegli anni, il gruppo guidato da D’Agostino, dicono gl’inquirenti, entrò a far parte di un cartello composto anche dai Commisso di Siderno, gli Aquino di Marina di Gioiosa, gli Ursino di Gioiosa ed i Cordì di Locri, per l’acquisto direttamente dai produttori colombiani, di ingenti quantitativi di cocaina. A spingere D’Agostino nel grande giro, fu il matrimonio con Domenica Bruzzaniti, appartenente ad una famiglia di Africo, aderente al cartello Morabito-Bruzzaniti-Palamara. Il pentito di Cosa Nostra Leonardo Messina, arrivò a dire, che D’Agostino, fosse il rappresentante della ‘ndrangheta, dentro la Piovra siciliana. Altre gole profonde, indicarono D’Agostino, quale anello di congiunzione fra i cartelli Serraino-Condello-Imerti con Commisso-Aquino-Cordì. Dei rapporti mafia-politica, in quegli anni, parla il boss pentito di Platì-Corsico-Buccinasco, Saverio Morabito, di cui diremo più avanti,. fonte Corriere della Sera …” Antonio Nirta, “’Ntoni Du’ Nashji”, fu infiltrato tra le Brigate Rosse e fu fisicamente presente al sequestro dell' onorevole Moro. “Ho saputo tutto questo da Domenico Papalia e Paolo Sergi". Tuttavia anche nel mandamento di “Centro” ( o della città di Reggio Calabria), troviamo insediamenti dei D’Agostino; non solo ad Ortì. “I D’Agostino, fonte Wikipedia, sono una 'ndrina di Sant'Ilario dello Ionio (in Provincia di Reggio Calabria), sono alleati dei De Stefano e dei Bellocco. Un po’ di storia sulla loro presenza nella Tirrenica. Siamo negli Anni Ottanta, quando nella faida di Laureana di Borrello aveva visto contrapposte le cosche Albanese-Cutellè-Tassone e i Chindamo-Lamari-D’Agostino. La faida, scoppiò perché né uno schieramento, né l'altro erano d'accordo col vecchio capobastone Giuseppe Gullace.
I Piromalli-Pesce appoggiavano il primo gruppo; i Bellocco il secondo; ma, dopo la conclusione della faida sono proprio loro a chiedere delle trattative. Agli Albanese viene affidato Acquaro, Candidoni, Dinami, Galatro, Melicucco, Serrata e San Pietro di Caridà, ai Chindamo-Lamari Laureana di Borrello. I D'Agostino, poi, iniziarono ad avere un ruolo importante nel traffico internazionale di stupefacenti. Spostiamoci ora sulla Jonica. Il 15 agosto 1990 scoppia la cosiddetta Faida di Sant'Ilario. Quel giorno, viene ucciso Emanuele Quattrone (mandato dai De Stefano per proteggerlo dalla faida con gli Imerti) e secondo l'operazione Primaluce si apre una nuova faida tra i Belcastro-Romeo (Giuseppe Belcastro e Tommaso Romeo) si vogliono distaccare dai D'Agostino. Nella faida, al capobastone Giuseppe D'Agostino sono stati imputati ben 10 omicidi, compresa l'uccisione su commissione della cosca Bellocco. Il 9 luglio 1990, avviene la strage di Barbasano di Laureana di Borrello (Michele, Biagio e Leonardo Cutellé di 36, 25 e 21 anni, cugini; e di Demetrio Ozzimo). Esponenti di rilievo. Giuseppe D'Agostino, il 23 marzo 2006, viene arrestato dopo quasi 10 anni di latitanza a Rosarno (RC), in una riunione con 4 affiliati, dai carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e dei Cacciatori di Calabria. Considerata una delle 30 persone più pericolose in ambito nazionale, oltre ad una condanna già definitiva per omicidio, pendevano condanne per traffico di sostanze stupefacenti ed altri omicidi. Ilario D’Agostino, 47 anni (nel 2009), fu condannato per traffico di sostanze stupefacenti nel 2002.
Era il contabile, con l'incarico di riciclare negli appalti e nel settore immobiliare piemontese, i soldi di un narcotrafficante, il boss Antonio Spagnolo, di Ciminà e controllava l’immobiliare Ediltava di Rivoli, (Torino), di Italia costruzioni srl e Domus Immobiliare srl, con il nipote Francesco Cardillo, per mezzo di un prestanome, il commercialista Giuseppe Pontoriero, dal 2005 amministratore e socio unico di Ediltava, per mezzo di un fittizio contratto di cessione, stilato dal notaio Carmelo Ceraolo, ad una irrisoria stima di 30 000 euro, per mezzo di un falso in atto pubblico, fatta dal revisore contabile Giuseppe Morena, queste ultime due persone, indagate per concorso in riciclaggio . D'Agostino, secondo gli inquirenti, ha intrattenuto comprovati rapporti con il boss Rocco Lo Presti, con gli affiliati Bruno Polito, Pietro Guarnieri, Nicola Polito, Pasqualino Marando, Cosimo Salerno, Peppe Aquino e con il boss Cosimo Barranca. Da Gazzetta del Mezzogiorno del 23/03/2006 “…'ndrangheta: carabinieri arrestano boss Giuseppe D'Agostino. D’Agostino, 39 anni, ricercato da quasi dieci, è stato sorpreso all’interno di un’abitazione della periferia di Rosarno (Reggio Calabria), nel pieno di un summit con quattro affiliati. I carabinieri del Ros e dei «Cacciatori di Calabria» hanno arrestato nel pomeriggio il boss Giuseppe D’Agostino, inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi in ambito nazionale. D’Agostino, 39 anni, ricercato da quasi dieci, è stato sorpreso all’interno di un’abitazione della periferia di Rosarno (Reggio Calabria), nel pieno di un summit con quattro affiliati.
Al momento della cattura D’Agostino e gli altri stavano festeggiando con pesce spada e champagne. Alcuni dei presenti sono riusciti a scappare. «E’ un ennesimo colpo positivo - ha commentato il sostituto procuratore distrettuale antimafia Roberto Di Palma - che la Dda di Reggio Calabria mette a segno. Frutto - aggiunge - dell’impegno di tutti quanti, della bravura delle Forze di Polizia e dell’intuizione del procuratore di creare dei coordinatori per la cattura dei latitanti. Riteniamo che si trattasse di una vera e propria riunione di ’ndrangheta, la circostanza dei soggetti senza armi confermerebbe questo dato. E’ il frutto - conclude il magistrato - di una lunga attività messa in atto che ci ha permesso di catturare altri latitanti». Sul capo di D’Agostino, boss dell’omonima cosca della ’ndrangheta di Laureana di Borrello, oltre ad una condanna già definitiva per concorso in omicidio, pendevano numerosi provvedimenti cautelari per associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti ed altri omicidi. Già alla fine degli Anni ’80, il pericolosissimo criminale si era imposto nel corso della sanguinosa faida di Laureana di Borrello, che aveva visto contrapposte le cosche Albanese-Cutellè-Chindamo-Lamari-D’Agostino. Queste ultime, appoggiate dal clan Belloco di Rosarno, erano riuscite ad affermarsi sul territorio, assumendo il controllo delle attività illecite dell’area ed acquisendo un ruolo di primo piano nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Nell’ambito della stessa guerra di mafia, sono stati addebitati al D’Agostino dieci omicidi, tra cui l’uccisione di Michele Messina, avvenuta nel ’91 in provincia di Padova, e di Francesco De Bartolo, consumata sempre nello stesso anno in provincia di Reggio Calabria, eseguite su richiesta di Umberto Bellocco, alla cui cosca il D’Agostino ha sempre fatto riferimento. Il blitz di oggi - spiegano gli investigatori - «rientra nell’incessante pressione investigativa dell’Arma, che ha consentito, negli ultimi due anni, l’arresto di numerosi latitanti al vertice di altrettante cosche, quali Giuseppe Morabito, Pasquale Tegano, Gregorio Bellocco e i fratelli Giuseppe e Vincenzo Iamonte». Questi ultimi, continuavano a dirigere le rispettive famiglie mafiose, da una latitanza condotta sul territorio calabrese, dove si sentivano protetti da una fitta rete di affiliati. Poco tempo fa le cronache anche nazionali (Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il sole 24 Ore ecc) si occuparono dei D’Agostino e della faida di Sant’Ilario… Alla cattura di D’Agostino i carabinieri sono arrivati «a conclusione di una serrata attività tecnica e di prolungati appostamenti». Crimeblog riprende un nostro articolo ed aggiunge …”Giuseppe Belcastro, 54 anni, di Sant’Ilario dello Jonio, condannato alla pena dell’ergastolo nell’ambito del processo conseguente all’operazione “Prima Luce” (attualmente in attesa degli esiti del ricorso pendente in Cassazione), è stato scarcerato per decorrenza termini.
Il provvedimento è stato adottato stamani dai giudici della Corte di Assise d’appello di Reggio Calabria. Le motivazioni della sentenza d’appello del processo “Prima Luce” erano state depositate dopo ben 1.700 giorni. Il processo di primo grado, si era svolto dinanzi ai giudici della Corte d’assise di Locri e si era concluso il 17 novembre del 2003 con tre ergastoli ed altre condanne a pene dai ventiquattro ai ventisette anni di reclusione per i reati di associazione mafiosa, traffico d’armi e di droga e omicidi. Il 3 marzo del 2006 la Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria ha emesso la sentenza di secondo grado riformando in parte quella dei giudici di Locri. Da allora erano passati 4 anni e sei mesi per poter arrivare alle motivazioni della sentenza che sono state depositate lo scorso 28 ottobre. A causa del mancato deposito delle motivazioni della sentenza d’appello, nel maggio del 2009 uno degli imputati, Luciano D’Agostino, condannato a quindici anni, fu scarcerato. A maggio 2005, per un vizio di procedura rilevato dalla Cassazione, era stata invece annullata la condanna all’ergastolo per Giuseppe D’Agostino. L’uomo alla fine di aprile dell’anno successivo rimarrà vittima di un agguato.
E se non fosse stato per un altro processo, in cui gli era già stata inflitta la pena del carcere a vita, anche Tommaso Romeo, altro condannato all’ergastolo in Prima Luce, sarebbe stato scarcerato. Il ministro della giustizia Angelino Alfano, dopo la scarcerazione di Belcastro, ha avviato un’indagine, incaricando gli ispettori di via Arenula di compiere accertamenti preliminari sulla vicenda “per verificare i motivi, e l’eventuale sussistenza di fatti di rilevanza disciplinare, che hanno portato alla scarcerazione”. “La notizia della scarcerazione del boss Belcastro mi ha provocato turbamento e inquietudine perchè‚ vanifica il lavoro degli inquirenti, delle forze dell’ordine che arrestano i criminali e degli stessi giudici che li condannano. I cittadini, devono sapere che il governo sia dalla loro parte nella lotta alla mafia”. Storie, che s’intrecciano con altre storie di ‘ndrangheta. I D’Agostino di Canolo, fonte books.google.it, contro i Papalia di Platì per esempio….” Il padrino di Buccinasco ( e di Platì) Domenico Papalia fu coinvolto nel delitto del boss Antonio D’Agostino, figlio di ‘don Nicola’, consumato a Roma-Parioli. Un giudice romano, Vittorio Occorsio, poi assassinato, indagava su Ordine Nero. Si scoprì, che i killers provenissero dalle file della ‘ndrangheta; grazie agli spifferi di Antonio D’Agostino?
Un altro giudice, Ferdinando Imposimato, rinviò a giudizio Domenico Papalia. In quegli anni a Roma, impazza per intenderci la cosiddetta “Banfda della Magliana. Tempi di sequestri di persona (1970-1988:576 in tutto: 207 compiuti alla ‘ndrangheta; 132 in Calabria). Si comincia negli Anni Cinquanta, con il sequestro dell’industriale Giuseppe Sofo. Poi nel luglio del 1963, tocca all’imprenditore Ercole Versace. Ma il 9 luglio 1973 a Roma viene sequestrato John Paul Getty Junior, figlio del petroliere americano; un rapimento firmato dalla 'ndrangheta che, per sollecitare la famiglia al pagamento di un riscatto, gli tagliò l'orecchio destro. Paul Getty morto il 7 febbraio 2011, era da tempo malato, paralizzato e quasi cieco. I D’Agostino, sono parte integrante dell’operazione “Minotauro” a Torino (7-8 giugno 2011)… 142 arresti, in Piemonte. Nelle carte anche i nomi di politici. L'operazione ha fatto emergere contatti tra le cosche e la politica. Centottantadue indagati, per un'inchiesta resa possibile anche grazie alle dichiarazioni rese negli ultimi anni da due collaboratori di giustizia, Rocco Varacalli e Rocco Marando. Circa 70 milioni di euro il valore dei beni sequestrati. L’operazione “Minotauro” , ha impegnato più di mille carabinieri; gli arresti, furono sottoscritti dal gip Silvia Salvadori, che si muove sotto il coordinamento del procuratore capo della Repubblica di Torino Giancarlo Caselli, tra Torino, Milano, Modena e Reggio.
Sequestrati beni mobili ed immobili (dieci società, circa 127 tra ville e appartamenti, più di 200 conti correnti, diverse cassette di sicurezza, appezzamenti di terreni edificabili e automezzi per il trasporto merci). Colpiti e decapitati i clan calabresi attivi all’ombra della Mole, un’organizzazione imponente con centinaia di affiliati tenacemente e capillarmente radicata nel territorio. Con diramazione anche in altre parti d’Italia, come a Modena, dove sono stare arrestate cinque persone: tra cui anche un cittadino albanese e due marocchini, residenti a Carpi, Savignano sul Panaro e Vignola. In Piemonte la ‘ndrangheta si dedica a diverse attività illecite tra cui traffico di stupefacenti, estorsioni e gioco d’azzardo. L’organizzazione è profondamente infiltrata in alcuni settori dell’economia come l’edilizia e gode di un efficace ed efficiente controllo del territorio. Lungo l’asse che dalla cittadina di Borgaro (To) giunge fino a Cuorgné (To). Il canavese e il cuorgnese, residenze storiche di famiglie della ‘ndrangheta, Sul territorio piemontese risultano presenti almeno nove “locali”, ognuno con circa 50 affiliati. Nell’ordine: il locale di Natile di Careri a Torino, Courgné, Volpiano, Rivoli (chiuso), San Giusto Canavese, Siderno a Torino, Chivasso, Moncalieri, Nichelino.
Capo della ‘Provincia ‘ di Torino era stato indicato Giuseppe Catalano; altri personaggi…Franco D’Onofrio, indicato come padrino del “Crimine” di Torino. Adolfo Crea, pluripregiudicato e indicato come responsabile del “Crimine” di Torino 2009 e sostenuto secondo l’indagine da Benvenuto Praticò, indicato come appartenente al “Crimine”; la pena inflitta dai giudici della Corte d’Assise d’appello di Reggio Calabria (presidente Bruno Finocchiaro, a latere Ornella Pastore) a Giuseppe Filippone, 30 anni, di Gerace, accusato di omicidio e associazione mafiosa.Tutto questo bailamme per arrivare all’operazione “Dogville” del 24 gennaio 2013…Reggio Calabria arrestato il capobastone della ‘ndrangheta di Sant’Ilario (rc) Giuseppe Belcastro. Al comunicato stampa della Questura di Reggio calabria…”Alle prime ore di stamane, a conclusione di una brillante ed articolata attività d’indagine, personale della Squadra Mobile e dei Commissariati di P.S. di Bovalino (RC) e Siderno (RC) hanno dato esecuzione a nr. 5 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto nr. 70/13 R.G.N.R. mod. 21 D.D.A. emessi nella giornata di ieri dai dott.ri Nicola GRATTERI ed Antonio DE BERNARDO, Procuratore della Repubblica Aggiunto e Sostituto Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, a carico dei sottonotati indagati:
1. BELCASTRO Giuseppe, nato a Locri il 03.07.1956, residente a Sant’Ilario dello Ionio in via Marconi nr 67.
2. GALIZIA Antonio, nato a Locri il 19.12.1989, residente a Sant’Ilario dello Ionio c.so Umberto I nr 16.
3. NOCERA Giuseppe, nato a Sant’Ilario dello Ionio (RC) in data 11.04.1963, ivi residente in Fraz. Condajanni via De Amicis, Tv. I nr 18;
4. MUSOLINO Domenico, nato a Portigliola (RC) il 12.01.1956, residente a Sant’Ilario dello Ionio via Aldo Moro nr 60.
5. TEDESCO Ivano, nato a Roma il 03.09.1963, residente a Sant’Ilario dello Ionio in c.so Umberto I nr 4.
Le indagini condotte da quest’Ufficio e dai Commissariati di P.S. di Bovalino e Siderno, effettuate con il ricorso ad attività di captazione telefonica ed ambientale corroborati da delicate attività di videosorveglianza e da specifici servizi di o.c.p., hanno permesso di documentare la commissione, da parte degli indagati in concorso tra loro e con ruoli e condotte variamente tipizzatesi, di più delitti di estorsione, riciclaggio ed usura aggravati dall’aver agevolato la cosca di ‘ndrangheta denominata BELCASTRO-ROMEO, operante nel comprensorio di Sant’Ilario dello Ionio (RC).
In particolare, le attività estorsive venivano perpetrate, ai danni di un imprenditore locale, titolare di una ditta individuale, che veniva, in un primo momento costretto ad assumere formalmente, in qualità di braccianti agricoli, alcuni affiliati alla cosca mafiosa e, successivamente, a subire pressanti condotte intimidatorie finalizzate a ottenere, con cadenza periodica, corresponsioni di denaro e compensi economici di varia natura, fatti questi che venivano regolarmente denunciati presso il Commissariato di Bovalino (RC).
L’inchiesta, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ha consentito di documentare tali pressanti richieste di denaro, necessarie a pagare il “pizzo”, venivano talvolta soddisfatte mediante il pagamento, da parte dell’imprenditore sottoposto ad estorsione, di assegni che venivano portati all’incasso da uno degli indagati che, a sua volta, consegnava direttamente i relativi importi al capo cosca BELCASTRO Giuseppe cl. 56, ostacolando, in tal modo, l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Al fine di inquadrare il contesto ambientale in cui i fatti si sono verificati occorre lumeggiare, per l’appunto, la condotta ed il ruolo criminale dell’odierno indagato BELCASTRO Giuseppe il quale, seppur condannato all’ergastolo nell’ambito del Procedimento Penale nr. 99/97 R.G.N.R. D.D.A (“operazione Prima Luce”) veniva scarcerato, in data 14.12.2010, a seguito di provvedimento emesso dalla Corte D’Assise d’Appello di Reggio Calabria che dichiarava cessata, per decorrenza dei termini massimi, l’efficacia della misura cautelare in carcere disponendo l’applicazione nei suoi confronti della misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza. Da ultimo, in data 18.07.2011 il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila disponeva la trasformazione della misura in libertà vigilata per anni due a seguito della quale il BELCASTRO faceva ritorno a Sant’Ilario dello Jonio.
Il BELCASTRO è ritenuto capo indiscusso della consorteria di ndrangheta dei BELCASTRO-ROMEO che, nel comune di S. Ilario dello Jonio, agli inizi degli anni ’90
dei fratelli D’AGOSTINO, Domenico, cl. 47, Vincenzo, cl. 50 e Raffaele, cl. 55.
Sino alla scissione, il BELCASTRO era stato fedele braccio destro e infallibile killer della cosca ma i metodi prevaricatori dei fratelli D’AGOSTINO e l’accaparramento da parte di questi dei proventi delle attività illecite cui erano dediti gli affiliati – principalmente traffico di stupefacenti con regioni del Nord-Italia, estorsioni, usura – determinarono il coagularsi del malumore di alcuni affiliati intorno alla figura del BELCASTRO, personalità forte e carismatica.
Ad ogni buon fine si riportano qui di seguito le imputazioni per le quali, accogliendo integralmente le risultanze investigative emerse dalle investigazioni di questa Squadra Mobile e dei Commissariati di P.S. di Bovalino e Siderno, la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria si è determinata ad emettere l’od, ha scatenato una terribile guerra contro la cosca D’AGOSTINO, con la quale era già federata, insanguinando, con numerosi omicidi consumati in danno di esponenti delle opposte fazioni, le strade del comune jonico, al punto di indurre i vertici dei clan dominanti a Locri e Siderno a svolgere un’opera di mediazione per porre fine al cruento conflitto.
Lo scontro tra le due consorterie era stato causato dal crescente prestigio conquistato dal BELCASTRO Giuseppe che, in pochi anni, aveva messo in discussione la leadership ierno provvedimento di fermo di indiziato di delitto a carico dei sottonotati indagati:
MUSOLINO Domenico:
A) delitto previsto e punito dagli artt. 110, 81 cpv., 629 c.p. e 7 l. n. 203/91, perché, mediante minaccia consistita nel far valere il potere di intimidazione derivante dalla nota appartenenza del MUSOLINO alla ‘ndrangheta di S. Ilario, dal suo coinvolgimento in vicende giudiziarie anche per reati di criminalità organizzata, nonché dalla sua vicinanza al boss di S. Ilario BELCASTRO Giuseppe già coinvolto in vicende giudiziarie per reati di criminalità organizzata ed omicidio, in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, costringevano l’imprenditore estorto ad assumere formalmente in qualità di bracciante agricola la moglie, in numerosi periodi di tempo determinati, ed a versare i contributi previsti dalla legge, senza che la stessa svolgesse alcuna apprezzabile attività lavorativa, procurandosi così un ingiusto profitto in danno della p.o.
In particolare, MUSOLINO Domenico teneva i contatti direttamente con la vittima, avanzando nei suoi confronti le richieste estorsive a favore della bracciante agricola quale concorrente morale, beneficiaria della condotta estorsiva, nella piena consapevolezza delle modalità con le quali era stata ottenuta l’assunzione fittizia.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi di modalità mafiose sopra specificate e per favorire l’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetisico operante in S. Ilario dello Ionio denominata “cosca Belcastro-Romeo”.
In S. Ilario dello Ionio (RC) dal 03.08.2004 al 31.12.2011
GALIZIA Antonio - MUSOLINO Domenico
B) delitto previsto e punito dagli artt. 110, 81 cpv., 629 c.p. e 7 l. n. 203/91, perché, mediante minaccia consistita nel far valere il potere di intimidazione derivante dalla nota appartenenza del MUSOLINO alla ‘ndrangheta di S. Ilario, dal suo coinvolgimento in vicende giudiziarie anche per reati di criminalità organizzata, nonché dal rapporto di parentela e della vicinanza con il boss di S. Ilario BELCASTRO Giuseppe già coinvolto in vicende giudiziarie per reati di criminalità organizzata ed omicidio, in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, costringevano l’imprenditore estorto ad assumere formalmente il GALIZIA, prima quale dipendente della ditta dell’imprenditore sottoposto ad estorsione, poi quale bracciante agricolo, nonché ad assumerlo in “nero” di nuovo presso la sua ditta individuale dall’estate del 2011 al gennaio 2012, quindi a versare, in relazione a tali rapporti di lavoro fittizi, i contributi previsti dalla legge ed a pagare il relativo stipendio (500,00 euro mensili), senza che il GALIZIA svolgesse alcuna apprezzabile attività lavorativa, procurandosi così un ingiusto profitto in danno della p.o..
GALIZIA Antonio prima quale concorrente morale, beneficiario della condotta estorsiva, nella piena consapevolezza delle modalità con le quali era stata ottenuta l’assunzione fittizia, poi anche quale concorrente materiale, tenendo direttamente i contatti con la vittima, reiterando la richiesta di assunzione, dopo un periodo di interruzione, nell’estate del 2011 e riscuotendo lo stipendio senza prestare alcuna apprezzabile attività lavorativa;
MUSOLINO Domenico intervenendo di supporto al GALIZIA nell’ultimo trimestre del 2011 ed in particolare richiedendo all’imprenditore estorto di assumere il GALIZIA quale bracciante agricolo nel periodo sopra specificato, sottolineando di avanzare la richiesta per conto del padre del GALIZIA, ossia BELCASTRO Giuseppe.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi di modalità mafiose sopra specificate e per favorire l’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetisico operante in S. Ilario dello Ionio denominata “cosca Belcastro-Romeo”.
In S. Ilario dello Ionio (RC) dal 17.03.2010 fino al mese di gennaio 2012
GALIZIA Antonio
C) delitto previsto e punito dagli artt. 56 - 629 c.p. e 7 l. n. 203/91, perché, mediante minaccia consistita nel far valere il potere di intimidazione derivante dal rapporto di parentela e della vicinanza con il boss di S. Ilario BELCASTRO Giuseppe già coinvolto in vicende giudiziarie per reati di criminalità organizzata ed omicidio, nonché nell’affermare, all’indirizzo dell’imprenditore estorto - in occasione del rifiuto di questi di protrarre la situazione descritta al capo che precede - che non avrebbe dovuto prendere una tale decisione, che non poteva andare a Sant’Ilario e dettare le regole, che sapeva chi era sua padre (BELCASTRO Giuseppe) ed altre frasi del genere allo scopo di intimidirlo, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la suddetta p.o. a continuare a versare al GALIZIA 500,00 euro mensili, senza che quest’ultimo prestasse alcuna attività lavorativa e a procurarsi così un ingiusto profitto in danno della p.o., non riuscendo nell’intento per cause diverse dalla sua volontà.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi di modalità mafiose sopra specificate e per favorire l’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetisico operante in S. Ilario dello Ionio denominata “cosca Belcastro-Romeo”.
In S. Ilario dello Ionio (RC) nel mese di gennaio 2012
BELCASTRO Giuseppe – MUSOLINO Domenico
D) delitto previsto e punito dagli artt. 110, 629 c.p. co. 2 (rif. art. 628 co.3 n. 1) e 7 l. n. 203/91, perché, mediante minaccia consistita nel far valere il potere di intimidazione derivante dalla loro nota appartenenza alla ‘ndrangheta di S. Ilario, dal loro coinvolgimento in vicende giudiziarie anche per reati di criminalità organizzata ed omicidio, in concorso tra loro, costringevano l’imprenditore estorto a consegnare loro una somma di denaro pari ad euro 5.000,00, suddivisa in assegni bancari, procurandosi così un ingiusto profitto in danno della p.o.
Con le aggravanti di aver commesso il fatto in più persone riunite ed avvalendosi di modalità mafiose sopra specificate e per favorire l’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetisico operante in S. Ilario dello Ionio denominata “cosca Belcastro-Romeo”.
In S. Ilario dello Ionio (RC) nel mese di gennaio 2012
BELCASTRO Giuseppe – MUSOLINO Domenico – NOCERA Giuseppe – GALIZIA Antonio
E) delitto previsto e punito dagli artt. 110, 81cpv., 56, 629 co. 2 (rif. art. 628 co.3 n. 1) - 629 co. 2 (rif. art. 628 co.3 n. 1) e 7 l. n. 203/91, perché, mediante minaccia consistita nel far valere il potere di intimidazione derivante dalla nota appartenenza del MUSOLINO e del BELCASTRO alla ‘ndrangheta di S. Ilario, dal loro coinvolgimento in vicende giudiziarie anche per reati di criminalità organizzata ed omicidio, nonché mediante esplicite minacce di morte, in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, richiedevano all’imprenditore a titolo estorsivo la complessiva somma di euro 60.000,00 e si facevano consegnare dal medesimo, tra il marzo ed il dicembre del 2012, la somma di euro 1.000,00 mensili, quindi richiedevano al medesimo il versamento di una ulteriore somma di euro 10.000,00 da effettuarsi entro il 25 gennaio 2013, riservandosi di percepire in seguito ulteriori somme di denaro sino a coprire l’importo di euro 60.00,00 originariamente richiesto, procurandosi così un ingiusto profitto per euro 10.000,00 (dieci mensilità tra marzo e dicembre di euro 1.000,00 cadauna) e compiendo atti idonei diretti in modo non equivoco a procurarsi ulteriori profitti sino alla somma di euro 60.000,00, in danno della p.o., non riuscendo per questa parte compiutamente nell’intento per la scelta dell’imprenditore di non consegnare la “rata” di 10.000,00 euro richiesta per il mese di gennaio 2013 e di denunciare i fatti alle Autorità Inquirenti.
In particolare:
MUSOLINO teneva i contatti con la vittima, riferendogli i messaggi del BELCASTRO anche di contenuto minaccioso e minacciandolo direttamente, riscuotendo materialmente le somme di denaro, insistendo nelle richieste estorsive, convocandolo a tal fine presso la propria officina o fissando appuntamenti con BELCASTRO, accompagnando la vittima direttamente al cospetto del BELCASTRO.
NOCERA teneva i contatti con la vittima, riferendogli i messaggi del BELCASTRO.
GALIZIA Antonio, presente all’incontro tra l’imprenditore e BELCASTRO Giuseppe nel corso del quale per la prima volta veniva avanzata la richiesta di euro 60.000,00, pressava la vittima sostenendo le ragioni del BELCASTRO.
BELCASTRO decideva ed organizzava le azioni da compiersi, impartiva disposizioni agli altri correi, interloquendo con la vittima sia per il tramite dei suoi emissari, sia direttamente, rivolgendogli richieste di denaro e minacce.
Con le aggravanti di aver commesso il fatto in più persone riunite ed avvalendosi di modalità mafiose sopra specificate e per favorire l’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetisico operante in S. Ilario dello Ionio denominata “cosca Belcastro-Romeo”.
In S. Ilario dello Ionio (RC) a partire dal mese di gennaio 2012 condotta in atto
TEDESCO Ivano
F) delitto previsto e punito dagli artt. 81cpv., 648bis, 61 n. 2 c.p. e 7 l. n. 203/91, perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso e per consentire a BELCASTRO Giuseppe di conseguire il profitto e di occultare i reati di cui ai precedenti capi D) e E), in più occasioni faceva intestare a sé o alla moglie CASTRENZE Tiziana gli assegni a firma dell’imprenditore sottoposto ad estorsione consegnati a seguito delle richieste estorsive per i mesi di novembre e dicembre 2012;
quindi provvedeva a portarli all’incasso ed a consegnare i corrispondenti importi a BELCASTRO Giuseppe, in tal modo compiendo operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, anche in considerazione dei leciti rapporti di lavoro intercorrenti tra il TEDESCO Ivano e l’imprenditore.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto per favorire l’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetisico operante in S. Ilario dello Ionio denominata “cosca Belcastro-Romeo”.
In S. Ilario dello Ionio (RC) a partire dal mese di gennaio al mese di dicembre 2012
TEDESCO Ivano
G) delitto previsto e punito dall’art. 644 co. 1 – 3 – 5 n. 3 e 4 c.p., perché, quale corrispettivo di un prestito di euro 2.500,00, si faceva promettere e consegnare dall’imprenditore interessi usurari pari al 10% mensile per due mensilità (in particolare, si faceva consegnare un assegno bancario in bianco da incassarsi a due mesi per la somma di euro 3.000,00) superiori al tasso-soglia previsto dalla legge.
Con le aggravanti di cui ai nn. 3 e 4 del comma 5 per aver commesso il fatto nei confronti di imprenditore in stato di bisogno
In S. Ilario dello Ionio (RC) in data 31.12.2012
TEDESCO Ivano
H) delitto previsto e punito dall’art. 644 co. 1 – 3 – 5 n. 3 e 4 c.p., perché, quale corrispettivo di un prestito di euro 6.000,00, si faceva promettere e consegnare dall’imprenditore interessi usurari pari al 10% mensile (per tre mensilità), superiori al tasso-soglia previsto dalla legge.
Con le aggravanti di cui ai nn. 3 e 4 del comma 5 per aver commesso il fatto nei confronti di imprenditore in stato di bisogno
In S. Ilario dello Ionio (RC) nell’anno 2010
Sono tutt’ora in corso perquisizioni domiciliari, delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, a carico dei soggetti indagati destinatari dell’odierno provvedimento di fermo di indiziato di delitto nonché presso gli Istituti di credito che hanno intrattenuto rapporti con gli stessi.
Gli arrestati, dopo le formalità di rito sono stati associati presso la casa circondariale di Reggio Calabria, a disposizione dell’Autorità giudiziaria competente.
Giuseppe D’Agostino il capobastone di Sant’Ilario dello Ionio, invischiato nella famigerata faida contro i Belcastro-Romeo ed il boss Giuseppe D’Agostino invischiato nell’operazione “Ulisse” della DDA di Milano, dell’11 settembre 2012 (avrebbe minacciato l’assessore regionale Domenico Zambetti), sono la stessa persona o no? Emerge dalle dichiarazioni d'intenti scambiate a bordo di una BMW tra i presunti 'ndranghetisti Eugenio Costantino, classe '61, nato a Cosenza, ma di fatto residente a Marcallo con Casone (MI), accusato dagli inquirenti di essere membro di primo piano della cosca dei Morabito-Bruzzaniti-Palamara, nonché del clan platiese dei Barbaro-Papalia, incaricato di intrattenere i rapporti con i rappresentanti della ”zona grigia”, ed Alessandro Gugliotta, arrestati nell'ambito dell'ultima operazione (“Ulisse”)conclusa dalla DDA milanese che ha visto scattare le manette, tra gli altri, per l'assessore regionale Domenico “Mimmo” Zambetti (concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. Secondo l'accusa avrebbe acquistato per 200.000 € un pacchetto di 4.000 voti al fine di assicurarsi l'elezione quale consigliere regionale): ”Ascolta, noi a Bergamo abbiamo sempre guadagnato bei soldi, no? Adesso ci riprendiamo la piazza di Bergamo, tanto a Bergamo non c'è nessuno, sempre noi ci siamo volendo, sempre noi!”. Ed ancora…” ”Dobbiamo trovare un paio di troione, una sera di queste dobbiamo invitare Zambetti a cena, lo dobbiamo tenere sotto a Zambetti, quello esce pazzo per le femmine”.
La Bergamasca è terra di conquista mafiosa. ’Ndrangheta, ma anche Cosa Nostra. Le attività sono tipiche del suo disegno criminoso: omicidi, traffico di stupefacenti e di armi, estorsioni e attività di usura; non solo, ma, ha favorito la latitanza del boss Gaetano Fidanzati, arrestato nel suo villino a Parre, Val Seriana, il 6 dicembre 2009 l'operazione “Crimine-Infinito” del 13 luglio 2010, risultato della collaborazione tra le Procure di Milano e Reggio Calabria, che ha portato in carcere complessivamente quasi 300 persone accusate di essere appartenenti alla 'ndrangheta, ha contribuito a fornire un allarmante spaccato della situazione bergamasca. In sede dibattimentale, infatti, hanno deposto quali testi dell'accusa diverse vittime d'usura residenti nella provincia di Bergamo. Il presunto usuraio sarebbe, secondo le prospettazioni accusatorie, Pio Domenico, detto Mimmo, appartenente alla locale di Desio, arrestato, processato e condannato. Con la compagna ventinovenne Angelica “Vanessa” Riggio, anch’essa condannata, Mimmo, era dedito all'attività di strozzinaggio e a lui, complice la crisi economica, si sarebbero rivolti molti commercianti ed imprenditori in difficoltà. La mafia in Lombardia non si accontenta più di inserirsi nei cardini dell’economia, oppure di cercare di influenzare la politica, ma ha alzato il tiro, soggiogando completamente il politico di turno e rendendolo un mero strumento nelle mani della criminalità. Galeotta fu quella visita-perlustrazione casuale, dei Carabinieri della stazione di Sant'Omobono Terme.
I militari, nel corso di un controllo occasionale in un cascinale dove era stata segnalata la presenza di auto sospette, avevano infatti scoperto all'interno dell'edificio una raffineria di grandi dimensioni; il posto in cui gli stupefacenti subiscono la trasformazione. La raffineria si trova a Rota Imagna, anonimo paesino della bergamasca, è lì che viene lavorata e raffinata in enormi quantità, dai “chimici” marsigliesi Alain Mazza e Gilles Pairone, nonché Annunziatino Romeo, il cugino della ‘gola profonda’, Saverio Morabito, tutta la droga proveniente dal Medio Oriente e dalla Turchia; e poi immessa nel nord e nel centro Italia. Al centro del traffico Roberto Pannunzi, già sodale di due boss palermitani, Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, entrambi uccisi nei primi anni ’80. Pannunzi è in rapporti, secondo il collaboratore di giustizia Morabito, con la famiglia Papalìa, Michele Amandini e naturalmente con i Sergi, diretti dal capoclan Francesco, che aveva affidato al suocero, Giuseppe Zavettieri, tutti gli affari del gruppo: pizzerie, immobiliari, finanziarie, ristoranti, garage, ville, immobili, acquisti di Bot e Cct. Negli Anni Ottanta il dottor Vincenzo Macrì, procuratore della Dda di Reggio Calabria, aveva dichiarato che la mancanza di conoscenza e la capacità di lavorare nell'ombra, di non entrare nel mirino degli investigatori, della stampa, dell'opinione pubblica, hanno consentito alla 'Ndrangheta di crescere, di rafforzarsi e diventare quello che è attualmente, cioè un fenomeno diffusissimo, molto ramificato sul territorio, ma anche potente sotto il profilo economico e militare.
Non manifestazione di arretratezza e di sottosviluppo quindi, ma organizzazione che, "nel silenzio e nell'indifferenza, ha oltrepassato nei decenni scorsi i confini regionali e si è impiantata stabilmente al Nord. Concetto ribadito nelle varie sedi. Il 18 novembre del 1997, pure nell'audizione davanti alla Commissione Antimafia…”Oggi è l'organizzazione sicuramente più diffusa in Piemonte, in Lombardia, in Emilia-Romagna, in Trentino Alto Adige e in Liguria. E ha un forte radicamento all'estero e precisamente in Australia, nei paesi dell'Est, in Europa, in Canada e in America Latina. Non solo. Nel corso della recente Operazione Armonia, condotta dalla Dda di Reggio Calabria e imperniata sulle intercettazioni ambientali, è emersa l'esistenza di un nuovo assetto di vertice della 'Ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria che prevede la suddivisione del territorio in tre "mandamenti" denominati tirrenico, jonico e di centro, quest'ultimo riferito al capoluogo reggino. Tali macroaree sarebbero a loro volta suddivise in collegi mentre le funzioni di coordinamento e di direzione delle attività criminali sarebbero svolte da un organismo denominato "provincia", in grado di intervenire anche nelle questioni interne dei singoli locali.”
Domenico Salvatore





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